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Autore: kamony    04/09/2014    11 recensioni
Nella Firenze del Rinascimento un assassino prezzolato decide di non dare peso ad un presagio e così andrà inevitabilmente incontro ad un bizzarro destino.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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INGANNEVOLE APPARENZA

 

Si narra che all’epoca delle faide tra Medici e Pazzi, che agitavano le strade della bella Firenze, ci fosse un famoso assassino prezzolato di nome Lapo Cavalcanti a cui toccò in sorte uno strano destino.

I suoi servigi erano stati richiesti in egual misura sia da Lorenzo de’ Medici che da Jacopo de’ Pazzi. Veleni, coltelli, spada o le nude mani, non aveva importanza, perché lui non mancava mai un bersaglio.
La sua fama era ormai consolidata e le sue credenziali erano conosciute fin oltre le mura della città. Avevano tutti paura di lui, perché ad ammazzare un cristiano ci metteva quanto a schiacciare una formica.
L’uccidere gli era diventata cosa naturale. Addirittura amava studiare le sue vittime e sapere che avrebbe tolto loro la vita, gli dava una sorta di delirio d’onnipotenza che quasi gli rendeva piacevole il lavoro, che però faceva solo ed unicamente in cambio di sacche piene di fiorini d’oro, belli sonanti. Perché l’unico padrone che serviva fedelmente era il denaro.
Usava la morte per arricchirsi.
Non aveva paura di niente e di nessuno e si sentiva quasi immortale.

*

Quel pomeriggio, in via de' Neri, mentre camminava lesto per andare sbrigare una commissione, fu strattonato da una vecchia ricurva e coperta di stracci, a cui non s’intravedeva neppure il viso, dato che un cappuccio logoro lo nascondeva.
Si girò appena infastidito e la guardò di traverso.
“Fate la carità ad un povera donna” disse quella con voce tremante e arrochita.
“Levati di qua vecchia!” le rispose in malo modo strattonandola.
“Sei stato scortese Lapo Cavalcanti” disse la donna catturando immediatamente la sua attenzione, era così famoso che anche i mendicanti lo riconoscevano?
“Ma io voglio essere magnanima e ti do un avviso. Stai attento, un leone si porterà via la tua vita prima della fine di questo mese”.
“Ma che vai blaterando vecchia! Non ci sono leoni a Firenze. Togliti di mezzo!” e la spintonò ancora facendola finire a terra.
Era un uomo pratico e non credeva a niente che non fosse la sua spada e le sue sacche di danaro.

*

Erano passati diversi giorni e Lapo Cavalcanti aveva già bella che dimenticata la vecchia e il suo presagio, quando gli si fece incontro un giovinetto di sua conoscenza, tal Bartolomeo Nelli, un valletto della famiglia de’ Pazzi.
“Buongiorno messere. Il mio signore vi comanda un lavoro” gli disse consegnandogli una pergamena insieme come sempre all’anticipo: una sacchetta piena di fiorini, che era la metà del suo compenso.
Nel plico trovò scritto così: Troverete nome ed istruzioni nella bocca del leone che si trova alla porta laterale del Duomo.

Fu allora che si ricordò della vecchia. Che avesse detto il vero quella volta in via de’ Neri? Ma quel leone lì era di pietra, che male poteva mai fargli?
Si trattava forse di un’imboscata?
Decise d’essere accorto e prudente.
La sera stessa celatosi tra le falde di un mantello scuro, si diresse a Santa Maria del Fiore in gran segreto.
Prima di avvicinarsi alla porta laterale del Duomo stette un bel po’ nascosto ad osservare se vi fossero movimenti strani, ma era tutto deserto.
Con cautela si avvicinò alla fiera di pietra, sempre guardandosi attorno per evitar soprese.
Non c’era anima viva.
Rassicurato infilò la mano nella bocca del leone pensando che era stato uno allocco a farsi suggestionare così, ma subito, appena la mano fu nella fauce, sentì un dolore lancinante.
Era stato punto da uno scorpione velenoso che aveva fatto proprio lì il suo nido.

Non ci fu nulla da fare, in poche ore gli salì una febbre altissima, mentre il veleno spietato faceva inesorabile il suo corso mortale.
Era sul punto di crepare quando gli parve di intravedere al suo capezzale quella vecchia di via de’ Neri che ghignava.
“Povero uomo sciocco!” gli disse “Non mi hai voluto ascoltare, e dire che ti volevo dare un’occasione! Troppe volte hai abusato di me, e troppe volte mi hai mancato di rispetto usandomi in modo bieco. E allora ho deciso di portarti via e ti ho gabbato”.
“Ma chi sei?” chiese con un filo di voce Lapo Cavalcanti, che stava per rendere l’anima a Dio.
“Ancora non l’hai capito?” gli disse quella spogliandosi dei suoi stracci da mendicante e mostrando il suo vero volto ossuto, con tanto di falce alla mano.
“Sono colei che credevi di comandare, ma nonostante le vostre illusioni di uomini stolti, io sono libera e ghermisco chi voglio, come voglio e quando voglio. Sono la morte sciocchino!”.
Detto ciò l’afferrò per un braccio e seco, lo portò via per davvero.

 

 


Nota: Basata su una vera storia/leggenda fiorentina ambientata però nel 1400 che narra di un uomo ossessionato da un incubo ricorrente, in cui ogni notte sognava di essere divorato da un feroce leone. Complice la superstizione e il desiderio di esorcizzare questa paura, egli decise di recarsi alla porta laterale del Duomo di Firenze per mettere la propria mano nelle fauci marmoree della statua rappresentante la fiera che tanto lo intimoriva di notte. Sfortunatamente, nella bocca della scultura si annidava uno scorpione velenoso che morse il malcapitato. A nulla valsero i tentativi di salvarlo: l'uomo, nella vana speranza di vincere le proprie fobie, morì il giorno stesso. Così, si conclude amaramente la storia, il sogno fu vero profeta: un ‘leone’ aveva davvero ucciso il pover’uomo.

Ho letto questa storia che non conoscevo e sono stata fulminata. Mi è venuto in mente di usarla per raccontare uno spaccato di vita nell’epoca più fiorente e leggendaria della mia bellissima città, così è nata questa shot.

Grazie a chiunque si sia fermato a leggere

Curiosità: se clikki QUI puoi vedere la foto del leone posto nella porta laterale del Duomo di Firenze, Santa Maria del Fiore.

  
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