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Autore: Ashura_exarch    05/09/2014    2 recensioni
Questa storia commemora le 100 recensioni raggiunte dalla mia vecchia storia "Change of Life", please enjoy.
Dal testo:
- Signore...
Ken non rispose. Quella notizia aveva confermato tutte le sue preoccupazioni. Tutte le supposizioni si erano rivelate esatte. E la colpa era tutta sua. Era lui il responsabile del reparto tecnologico dell'azienda, e ciò che era successo era una sua responsabilità. Ma era qualcosa di troppo grande per poterlo sopportare da solo.
Genere: Malinconico, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Signore...
Ken non rispose. Quella notizia aveva confermato tutte le sue preoccupazioni. Tutte le supposizioni si erano rivelate esatte. E la colpa era tutta sua. Era lui il responsabile del reparto tecnologico dell'azienda, e ciò che era successo era una sua responsabilità. Ma era qualcosa di troppo grande per poterlo sopportare da solo.
- Signore?
Ken si riscosse dal torpore nel quale era caduto, ricordandosi finalmente che non era solo.
- Vuole che le porti qualcosa?
- No no, puoi andare Takami, grazie.
- Mi faccia sapere se ha bisogno di qualcosa, signor Sugimori.
Takami uscì dalla stanza, lasciando Ken da solo con i suoi pensieri. Se quello che l'assistente gli aveva riferito era vero, doveva assolutamente discuterne con Satoshi. Ma Satoshi odiava parlare di quella cosa. D'altro canto era un problema grave, ed era solo e unicamente colpa loro.
L'uomo si alzò, deciso. Che fosse volente o nolente, Satoshi lo avrebbe ascoltato. Uscì dal suo ufficio, e si diresse a passo spedito verso quello dell'amico. Appena aprì la porta, si stupì di quello che vide. Satoshi gli dava le spalle, stando fermo e immobile, rivolto verso la finestra. Apparentemente stava guardando lontano, ma Ken capì subito cosa stava facendo. Stava pensando. Sicuramente anche a lui era stata comunicata la notizia.
- Ken...
Quindi Satoshi si era accorto della sua presenza. Era strano, perché quando era assorto nei suoi pensieri niente e nessuno lo potevano distogliere dalle sue idee. Si girò, e nei suoi occhi c'era incertezza. Molta incertezza. La cosa era molto più grave di quanto Ken pensasse.
- Quindi hai saputo.
Satoshi non rispose, ma annuì. Rimasero zitti entrambi per un po', finché Ken decise di rompere il silenzio.
- Satoshi, questo è un problema grave. Non possiamo non far nulla come ci siamo limitati a fare (o a non fare) fino ad adesso. Bisogna prendere provvedimenti.
- Hai perfettamente ragione, Ken. Ma la colpa non è nostra. Chi è che produce quegli apparecchi? La Nintendo. Noi non c'entriamo nulla. Non è colpa nostra.
Quella riflessione colpì molto Ken. Non era da Satoshi. Lui non avrebbe mai detto una cosa del genere, persino se ne fosse andata della sua stessa vita. Ma si sa, la paura fa diventare l'uomo l'ombra di quel che realmente è.
Ken non la prese bene.
- Non è colpa nostra?! Chi è che inventa i "mostriciattoli", come li chiamano i produttori? Chi è che nel '96 ha lanciato quello che oggi è uno dei più grandi marchi che siano mai esistiti? E chi è... che ha causato tutto?
Satoshi abbassò lo sguardo. Ken aveva assolutamente ragione, ma non era solo ed unicamente una loro colpa. Certo, avevano creato egli stessi quel target, ma non erano i responsabili della messa in elettronica.
- A-anche la Nintendo ha delle responsabilità.
- Su questo hai ragione, ma la colpa è anche nostra.
Satoshi abbassò di nuovo lo sguardo, ma solo per un attimo.
- E quindi? Che vorresti fare? Uscire fuori e dire al mondo che cento bambini sono scomparsi per colpa nostra? E poi che dovremmo fare? Chiudere?
Stavolta fu Ken ad abbassare la testa. Satoshi aveva ragione. Sarebbero stati rovinati se la gente avesse scoperto la verità. Ma poi chi mai gli avrebbe creduto? Chi avrebbe dato credito alla storia di bambini scomparsi all'interno di un videogame? "Nessuno", sperò Ken.
- E quindi? - chiese - Che dovremmo fare?
- Aspettare e vedere, come abbiamo sempre fatto. - rispose calmo Satoshi.
Ken non rispose, e si limitò ad uscire dall'ufficio.
- Ken...
Il richiamo dell'amico lo fece bloccare un attimo sulla soglia, ma alla fine si decise ad andarsene. Puntò direttamente verso la sua stanza, evitando gli altri colleghi. Non voleva parlare con nessuno. Fece un brusco cenno a Takami, che nel suo vocabolario voleva dire "Non voglio essere disturbato", e si chiuse a chiave dentro il suo ufficio.
Doveva pensare. Doveva pensare a ciò che aveva portato a tutto questo. Dal 1996, ovvero dalla vendita delle prime cartucce dei primi due giochi, erano cominciate le sparizioni. Non molte, circa cinque o sei all'anno, ma erano comunque abbastanza da finire sotto l'attenzione dei giornalisti. L'ultimo caso era avvenuto in Canada appena due giorni prima. Ed era colpa loro.
La polizia trovava le scuse più varie: scappati di casa, rapiti, oppure semplicemente stavano giocando un brutto scherzo. Ma nessuno di loro tornava. Nessuno lo avrebbe fatto. Bastava un cavo difettoso, un filo scoperto, una connessione scalibrata, un file corrotto, un bug ad un punto nevralgico, ed era fatta. Bastava intromettere una materia organica, e venivi preso. Da allora non venivi più visto.
Fin dal 1997, quando i bambini scomparsi erano più di una dozzina, era stata costituita un equipe segreta formata da staff della Game Freak e della Nintendo, con l'intento di chiarire questa faccenda. Era stato esaminato un esemplare di GameBoy Advance, ed erano stati riscontrati tutti questi sintomi. Era per questo che l'apparecchio dopo poco andò fuori produzione.
Le versioni nel corso degli anni si erano evolute, ma i problemi persistevano, e le sparizioni continuavano. E nessuno degli scomparsi avrebbe mai fatto ritorno. Tutti all'interno delle due aziende erano a conoscenza della loro destinazione, ma non avevano né la forza né il coraggio per dichiararlo pubblicamente. E poi nessuno gli avrebbe creduto.
Era appena arrivata la conferma che i bambini erano arrivati a cento, e a Ken faceva male questa cosa. La squadra esaminava le sparizioni caso per caso, ed il verdetto era sempre lo stesso: preso dal gioco. Alcune volte riuscivano a recuperare qualche cartuccia, e facevano dei test. C'erano personaggi prima assenti, oppure mostri con comportamenti anomali. Dovevano essere loro, per forza. I presi continuavano a vivere, anche se non erano più salvabili. Erano condannati a vivere lì dentro. Per sempre.
Da un idea dello stesso Ken alcuni anni prima era stata inventata una nuova serie. Nei suoi progetti avrebbe dovuto onorare la memoria di coloro che erano stati presi, ma nel corso del tempo si era andata a perdere notevolmente. Era rimasto deluso anche da questo. Ed anche dal comportamento tenuto dall'amico.
"E allora aspetteremo" pensò "Ma fino a quando? Col passare degli anni da cento i bambini diventeranno duecento, trecento, cinquecento, mille. Per quanto tempo dovremo tacere?".
  
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