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Autore: Tim_Ber_Lak_Er_JT    05/09/2014    4 recensioni
Ricordo a tutti che la storia è OOC.
Dal testo:
''Courtney Pov's
Entrai dentro un po' spaventata dal buio che ricopriva l'intera casa. Mi guardai un po' intorno. Notai un grande divano bianco ad ''L'', molto famigliare. Una grande scossa invase il mio corpo. Mille e mille ricordi invasero la mia testa ed il mio cuore.
Ora era tutto più chiaro.
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Duncan Pov's
Provai ad infilare la chiave, che fortunatamente riuscì ad aprire il portone. Entrai coraggioso, nonostante i lievi brividi di paura che mi invadevano la schiena. Spalancai gli occhi, avevo una fitta al cuore il quel momento. Come se mille frecce puntarono quest'ultimo, dovevano essere ricordi.
Ora era tutto più chiaro.''
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Trent | Coppie: Duncan/Courtney
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Courtney Pov's

Tutta la mattinata passata a pulire e a spazzare la casa. Che ci potevo fare? Ero sola con una bambina non più molto piccola a cui badare. Il mio ragazzo mi aveva ingravidata sei anni prima, quando entrambi avevamo solo diciotto anni, ed è scappato. Se non altro quello stronzo mi ha donato una fantastica principessa: Rosalyn . Ha solo un lato negativo: è l'esatta copia del padre. Occhi azzurri, che si possono confondere facilmente con il colore dell'oceano. Nasetto piccolino da dove spuntano fuori alcune lentiggini color beige. Pelle candida, quasi completamente bianca, e dita affusolate. Capelli color miele, che ti che ti inebriano di un dolce diabete solo a guardarli. Io sono completamente diversa. Pelle lievemente abbronzata, occhi neri come la pece e capelli castano chiaro, con delle mèche più scure. La piccola ha preso da me solo le sue belle mani e le lentiggini.
Pulendo le scale della soffitta notai una grossa ragnatela, esattamente sull'angolo del muro. Salii in fretta cercando di fare piano: Rosalyne stava stranamente dormendo. Erano oramai mesi o addirittura anni che non vi entravo. Presi la scopa ed iniziai a spazzare starnutendo più volte a causa della montagna di polvere. Girando lo sguardo vidi una chiave sconosciuta. Non era del portone di casa... Non era nemmeno del mio motorino, o della macchina di mia sorella Phyliss, la quale si scorda sempre tutto quando mi viene a trovare. Mi avvicinai e la raccolsi da terra. Attaccato a quest'ultima c'era un portachiavi verde con scritto l'indirizzo, il numero di telefono ed il nome del proprietario, che si riteneva fossi io. Non ricordavo affatto quella strana chiave. Approfittai del fatto che Rasalyne stesse dormendo, per andare a quell'indirizzo e scoprire il mistero.

Duncan Pov's

Solo. Completamente solo. Sdraiato sul divano a non fare niente. Un anno fa, la mia ragazza mi ha lasciato. No, avete capito male. Non mi ha mollato perché non gli piacevo più o cose del genere... Mi ha lasciato in tutti i sensi, è morta. Si è suicidata dopo la nascita dei nostri due bambini, due gemelli, Marcus e Rainard, che si erano rivelati tutti e due sordomuti. L'idea di avere dei figli andicap non le andava, ed ora non è più qui tra noi. Eppure sono così carini e dolci... Marcus è il più piccolo (se così vogliamo mettere, è uscito per secondo dalla pancia della mamma). Molto spesso mi arrabbio per causa sua: è il più birichino ed il più attivo, non che Rainard non lo sia. Quest'ultimo è il ''capo della situazione'', se lui va in un posto, il fratello lo segue, se lui fa una cosa, la fa anche Marcus. Entrambi hanno occhi verdi e lucenti, come due smeraldi, presi dalla madre, dei capelli molto scuri e ricci, sembra quasi che in testa abbiano una parrucca, ed un viso paffutello dove spunta un nasino piccolino, un misto tra me e Deborah, la mia ex-ragazza. Tornavo a casa dal lavoro quando la ritrovai a terra con i polsi tagliati e i bambini che sguazzavo tranquilli in mezzo al sangue. Ma non ci tengo a ricordarmelo. Piansi lì per lì, ma dopo due giorni mi era già passata, grazie alle dolci parole del mio migliore amico Trent.
***
- Duncan, non te la meritavi una come lei. Suicidarsi per una cavolata del genere. E se avessero avuto un tumore? Sarebbe stato anche più grave, no? Gwen aspettava un figlio da me. Dopo mesi e mesi di attesa scoprimmo che era una femmina. Decidemmo di chiamarla Hettie, ma c'era qualcosa che non andava. Il ginecologo non poteva sapere lì per lì quale fosse il problema, ci disse semplicemente che dovevamo aspettare l'indomani. Avevo il mal di stomaco, mia figlia aveva qualcosa che non andava. Il giorno dopo mi svegliai con gli urli di Gwen che piangeva: aveva perso la bambina. Non tornammo dal dottore ne rispondemmo alle sue chiamate. Dopo qualche giorno ritrovammo le forze e provammo a fare un altro bambino. Ce l'avevamo fatta, ma questa volta era un maschietto. Il dolce bambino che ora viene quasi tutti i giorni a giocare con Marcus e Rainard: il piccolo Richie. Loro non possono sentirti con le orecchie, Duncan, questo lo sappiamo tutti e due, ma ti sentono con il cuore. Non arrenderti, ce la farai anche da solo, ti conosco troppo bene.-
***
Come al solito stavo tranquillo sul divano a guardare i due piccoli che giocavano insieme. Sorrisi di gusto, erano proprio dolci! Vidi Rainard allontanarsi (ormai avevo imparato a riconoscerli da un piccolo neo sul collo di quest'ultimo), ma non feci nulla, non c'è niente di pericoloso a casa mia. Posai il mio sguardo su Marcus che si stava mangiucchiando un piede. Presi il suo polpaccio con la mia grande mano e spostai la gambetta, non permettendo a quel furbacchione di masticarsi la carne. Passati alcuni secondi sentii un rumore metallico. Girai lo sguardo e vidi il piccolo Rainard giocare con un paio di chiavi. Corsi subito da lui e glie le strappai dalle mani stringendole con il pugno. Lui mi guardò perplesso, come per chiedermi ''Perché me l'hai tolto? Ci stavo giocando io''.
- Non devi giocare con queste cose! Sono pericolos...- mi bloccai dopo essermi ricordato che non poteva sentirmi. Guardai le chiavi, dove diamine le aveva prese? Non erano mie, non le avevo mai viste prima. Presi il piccolo portachiavi attaccato a queste e iniziai a leggere. C'era l'indirizzo, il numero di telefono ed... Il mio nome?! Ero sicuro di non aver mai visto quelle chiavi in vita mia... Le misi in tasca prendendo in braccio i bambini e mettendoli poi sui loro seggiolini in macchina. Accesi il motore portandoli a casa di mia sorella Tammie, la quale ama stare con i miei bambini. Le spiegai velocemente la situazione per poi correre il macchina e seguire l'indirizzo scritto sul portachiavi.

Courtney Pov's.

Salii sul motorino e corsi via alla velocità della luce. Ogni singola cellula del mio corpo era curiosa di sapere a cosa servivano quelle chiavi. Fu un viaggio abbastanza lungo, la cosa non mi preoccupò, non avevo alcuna intenzione di arrendermi. Girai lo sguardo avvistando un cartello rettangolare con lo stesso indirizzo scritto sulla chiave. Riportai lo sguardo sulla strada, notando la grande villa completamente isolata che si trovava di fronte a me. Parcheggiai di fianco al grande portone principale, togliendomi il casco e saltando giù dal motorino. Non c'era nessun'altra macchina, arrivai quindi alla conclusione che non era di nessuno, anche per il fatto che era tutta sporca e ammuffita. Mi avvicinai alla porta cercando di aprirla invano, era chiusa. Presi la chiave e provai ad infilarla nella serratura, tentativo che andò a buon fine tantoché il portone si aprì dopo appena due giri di chiave. Entrai dentro un po' spaventata dal buio che ricopriva l'intera casa. Mi guardai un po' intorno. Notai un grande divano bianco ad ''L'', molto famigliare. Una grande scossa invase il mio corpo. Mille e mille ricordi invasero la mia testa ed il mio cuore.
Ora era tutto più chiaro.

Duncan Pov's

Stavo girando in cerchio da più di mezz'ora oramai. Ma chi me l'aveva fatto fare? Intravidi una casa abbastanza grande, una villa, pensai. Riguardai la chiave per pochi secondi, per poi girare lo sguardo. Nel cartello di fronte a me c'era l'indirizzo sconosciuto che da tanto stavo cercando. Mi asciugai il sudore soddisfatto avvicinandomi alla grande casa. Proseguendo il percorso la macchina inizio a barcollare. Mi fermai di scatto affacciandomi dal finestrino: la strada era piena di grandi sassi e buchi. Scesi guardandomi intorno e mettendomi le mani sui fianchi. La casa era abbastanza lontana, a piedi. Feci un grande respiro per poi incamminarmi. Non mi sarei sicuramente arreso per due o tre chilometri di strada! Mi infilai gli auricolari nelle orecchie, proseguendo il cammino sulle note di ''Mirrors'', scritta da Justin Timberake. Non sembrerebbe, ma sono un ragazzo romantico. Chiusi gli occhi per pochi secondi assaporandomi gli acuti del cantante.
Aprii finalmente gli occhi trovandomi davanti la grande villa. C'era solo una piccola porta verso destra: doveva essere il retro della casa. Provai ad infilare la chiave, che fortunatamente riuscì ad aprire il portone. Entrai coraggioso, nonostante i lievi brividi di paura che mi invadevano la schiena. Spalancai gli occhi, avevo una fitta al cuore il quel momento. Come se mille frecce puntarono quest'ultimo, dovevano essere ricordi.
Ora era tutto più chiaro.

Courtney Pov's

Mille lacrime salate scesero sul mio viso. Mi leccai le labbra assaporando il sapore non molto gradevole di quelle gocce. Ogni cosa che vedevo, che toccavo o magari solo che intravedevo con la coda dell'occhio, mi immergevano in un mondo di ricordi, dei bellissimi ricordi.
Mi sedetti sul divano bianco ad ''L'', oramai non più di quel colore, ma grigio a causa delle cattive condizioni d'igiene della casa. Chiusi lentamente gli occhi e feci un piccolo ritorno nel passato.
***
Correvo instancabilmente, con la valigia stretta saldamente sulla mia mano destra. Con la sinistra stavo cercando invano di chiamare il mio migliore amico. Riuscii finalmente a fare il numero, fermandomi in una stradina stretta e isolata. Mi guardai intorno per essere abbastanza sicura che nessuno mi stesse cercando e mi portai il cellulare all'orecchio sinistro, cercando di calmare il fiatone.
- Pronto?- rispose lui.
- Hey sono io, sono scappata di casa ancora una volta... Ma ora non ho intensione di tornare indietro... Per favore, solo per l'ultima volta...-. Feci alcune pause dovute alla stanchezza e dal terrore che qualcuno potesse trovarmi. Lui sospirò per poi continuare.
- ...Okay, ma ora ne parliamo... Arrivo tra dieci minuti, solito posto.- disse lui per poi chiudere la chiamata. Mi avviai nel nostro solito posto, una grande villa che prima apparteneva a suo nonno, che ci eravamo promessi di curare e di visitare quando non avevamo nulla da fare, o nelle situazioni come questa.
Corsi per la strada sfalsata, piena di sassi e pietre, nonostante sia la più pericolosa, infatti caddi in piena faccia con la valigia oramai tutta sfilacciata e polverizzata. I sassi sotto di me, divennero di un colore rosso sangue, alcuni addirittura, si erano conficcati dentro la mia pelle. Cercai di alzare lo sguardo debolmente, sentendo dei passi veloci, che piano piano si avvicinavano sempre di più a me. Sentii qualcuno sollevarmi da terra, doveva essere il mio migliore amico, dato che solo lui sapeva che ero lì.
Pochi minuti dopo, mi ritrovai distesa su un grande divano bianco, con dei grandi occhi azzurri davanti alla faccia.
- Cotty... Devi stare più attenta, sapevo che saresti caduta, e non è la prima volta- mi disse lui con tono molto prepotente, ma lo conoscevo troppo bene, e sapevo sicuramente che se mi chiamava ''Cotty'', non era affatto arrabbiato. Iniziò a tamponarmi il viso e le braccia con un po' di cotone, atto che mi fece sorridere.
La verità? Si, mi piaceva, e anche tanto. Ma è la solita storia della serie ''Friendzone: amici o fidanzati?''. Io lo amavo, ma avevo paura della sua risposta. E se non mi amava? E se temeva che con l'amore la nostra amicizia si frantumasse? E se non l'avrei più mai visto? Come potevo vivere senza il suo sorriso?
- Come va, ora?- chiese lui per poi sedersi sul divano.
- Mi fanno meno male, ti prometto che la prossima volta starò più attenta- affermai per poi mettermi seduta affianco a lui. Non rispose, si limitò ad annuire con lo sguardo basso. Posai delicatamente due dita sotto il suo mento, spostandolo verso di me, ed incrociando il suo sguardo con il mio.
- Ho fatto qualcosa di sbagliato..?- gli domandai con le farfalle allo stomaco, fatto che succede sempre quando lo guardo negli occhi. Scosse la testa avvicinandosi e sussurrando un ''shh'' a pochi centimetri dalle mie labbra.
Il mio cuore era oramai andato a puttane, stava per esplodere. Il suo viso sempre più vicino al mio. Le sue labbra più grandi e più delicate. Il silenzio che si era creato metteva più ansia che il suo sguardo che stava penetrando il mio. Quei due diamanti blu, si chiusero non appena la sua fronte si appoggiò sulla mia, senza farmi male. Due calde mani si poggiarono sulle mie guancie, oramai tutte rosse e calde, per poi iniziare ad accarezzarmele con i polpastrelli. I fili di vento che entravano piano dalla finestra facevano svolazzare i miei capelli che, con le punte, sfioravano la pelle candida del ragazzo di fronte a me, procurandogli una sensazione di solletico. Tolse una mano dalla mia guancia e prese i miei capelli, annusandoli, per poi ritornare ad accarezzarmi.
Più vicino, ed ancora più vicino. Finalmente le mie labbra erano sulle sue. Le mie mani si muovevano da sole sulla sua schiena, per poi finire fra i suoi capelli. Il mio petto era incollato al suo, e non aveva intenzione di staccarsi. Riuscivo a sentire i battiti del mio cuore nella gola, oramai quest'ultimo era finito lì. Le sue labbra, sì... Me le aspettavo piccole e delicate, come si notano all'apparenza, invece non grandi e morbide, come se stessi baciando una nuvola. Entrambi aprimmo gli occhi, blu contro nero, contrasto, due litiganti, stavano giocando a rincorrersi.
***

Duncan Pov's.

Una lacrima percorse la mia guancia per poi essere assaporata dalla mia lingua, un gusto non gradevole, salato.
Mi ritrovai in una stanza molto lunga e larga, una specie di corridoio, dedussi. Intravidi un filo di luce proveniente da una porta, o così sembrava. Mi avvicinai a passo lento e convinto. Durante il cammino, la mie mente si riempì di domande e pensieri riguardanti la casa. Chissà se dopo tutti questi anni sia stata rivenduta? Dalle sue condizioni d'igiene direi proprio di no. Posai una mano sulla porta, aprendola. Ero finito in una sorte di bagno, considerando il lavandino, la doccia, la vasca e la tazza in se.
Beh, voi penserete che sia un comune bagno, vi sbagliate. Quello era il bagno.
***
Mezz'ora appoggiato alla porta di quella diavolo di toelette. Certo che le donne ce ne mettono di tempo per farsi la doccia! La mia ragazza soprattutto. Ma non mi arrabbio quasi mai con lei per due semplici motivi: scappa spesso da casa sua e si viene a rifugiare con me in questa villa, e io non voglio metterla a disagio quando sta con me; il secondo, beh, è il più ovvio, la amo. Amo tutti i suoi strani modi di fare, i suoi strano comportamenti, il suo sorriso, i suoi occhi, tutto. Non avevo il coraggio di dirle quello che provavo, almeno fino al giorno in cui cadde per la strada pietrosa. Eh si, non resistetti più e la baciai. E che bacio ragazzi... Non avevo mai assaggiato labbra più dolci... Ora, eravamo felicemente fidanzati.
 
Continuavo a bussare.
- Ehilà, hai finito ora?- urlai per farmi sentire. Non ci fu risposta, il che è molto strano perché quando urlo lo fa anche lei. 
L'ansia saliva... E se era caduta? E se era scivolata? E se si era anche solamente fatta male?
Aprii la porta, gli occhi diventarono lucidi.
Era nuda, si stava specchiando. Girò il suo sguardo sul mio.
Davanti a me non c'era più la mia ragazza, ma un angelo caduto dal cielo. La mia sola voglia in quel momento, era di assaggiare ogni singola cellula di pelle nuda del suo corpo. Mi avvicinai, lei non si oppose, non si vergognava nemmeno. Le mie mani vagavano sul suo corpo per poi prenderla in braccio e riportarla dentro la vasca pena d'acqua. I miei vestiti finirono a terra, come i suoi, ma tolti in precedenza. Il suo sguardo sul mio. Due secondi, ed ero in lei. Il modo in cui pronunciava il mio nome era più soave di una farfalla che vola sopra i fiori, inconsapevole che il giorno dopo morirà. La sua pelle era più delicata di una nuvola. I suoi respiri sulla mia pelle erano più caldi di una giornata afosa d'estate.
In quel momento, tutto era perfetto.
***

Courtney Pov's.

Mi alzai dal divano curiosa di vedere come era ridotto il resto della casa e quanti ricordi avevo ancora nella mente (mi correggo: nel cuore).
Le lacrime non smettevano di scendere ed il flusso peggiorava ad ogni oggetto che vedevo: lo specchio, mi ricordava quando insieme lo rompemmo con la palla e scoprimmo che era uno specchio di grande valore inestimabile; la cucina, mi venne in mente quando provammo a cucinare invano biscotti al cioccolato, che finirono per diventare palle di cenere nere, come i miei occhi. E tanti altri esempi.
Proseguendo il giro della casa, mi ritrovai davanti a una pila di scale. Non ricordavo fosse a due piani, ma decisi lo stesso di salire. In cima, vi era un lungo corridoio addobbato da un tappeto lungo e rosso, come quello delle pop star, ma accompagnato da un filo di pizzo oro ai lati.
Alzai lo sguardo e diedi un'occhiata alle porte infinite ed ai quadri che si trovavano per tutta la direzione dei muri. In quella casa i soli rumori che sentivo erano i miei singhiozzi dovuti al pianto e il mio respiro. Fino ad un tratto in cui una porta verso la fine del corridoio si aprì.
I respiri iniziavano a farsi pesanti, la paura saliva ed io ero lì, immobile, a non fare nulla. Le lacrime finirono sul tappeto per poi sciogliersi, insieme ad esse anche le piccole gocce di sudore che stavano scendendo dalle  mie tempie.
D'un tratto l'uscio si aprì e da lì, ne uscì un ragazzo alto e moro, con una bassa cresta verde da moicano. Ero sicura di averlo già visto, ma era girato di spalle ed era un impresa scoprire di chi si trattava.
Poi si girò, ed ancora una volta tutto era più chiaro.

Courtney & Duncan Pov's.

Ed eravamo entrambi immobili a squadrarci ed a guardarci increduli, bocca aperta occhi spalancati. Il pavimento era pieno di piccole gocce che non smettevano di scendere ed accumularsi. Ancora una volta i nostri occhi si incrociarono ed il giaccio fece contrasto con la pece. Stavano ancora litigando e giocando a rincorrersi. Cosa poteva essere successo per riuscire dividerci? Quale forza era stata creata per aiutarci a ritrovarci dopo tanti anni?
Uno, due, tre! Correvamo e correvamo, più veloci di un leone che insegue affamato la sua preda, senza distogliere i nostri sguardi. Il corridoio sembrava essere lungo chilometri e chilometri. Chiudemmo gli occhi ed in pochi secondi, ci ritrovammo una attaccata all'altro, persi in una stretta che nemmeno Dio poteva sciogliere. Dopo anni, le nostre labbra potevano riunirsi, non ci pensammo due volte. Sì, calde, morbidi, delicate, soavi... Un po' come i bambini immaginano il  primo bacio del principe e della principessa, anche meglio. Le nostre mani si muovevano senza comando, accarezzavano i nostri corpi.
Delicatamente le nostre labbra si staccarono. Un sorriso si dipinse sul nostro viso, ancora eravamo immersi nella nostra stretta possente.
***
- Riuscirai tu, Cotty, a prenderti cura di due bambini di un anno sordomuti?- riuscì a dire lui ancora coperto di lacrime.
- Si, lo farò. E tu? Riuscirai a prenderti cura di una bambina di sei anni pimpante e birichina? Ma soprattutto... Riuscirai a prenderti cura di me, Dunchy, una ragazza donna sbadata e con un carattere del cazzo?- rispose lei, guardandolo preoccupata.
Il ragazzo si limitò ad annuire sorridendo per poi stamparle un altro bacio.
Tutto ora era estremamente chiaro. Sarebbero stati insieme per tutta la vita, ma soprattutto, avrebbero vissuto uno affianco all'altra in quella casa, che oramai era solo un mondo di...
Ricordi.
***
 

Angolo autrice ^^:
Lo so, è lunghissima per essere una One-Shot... Ma non sapevo davvero come fare, quindi, scusatemi per la lunghezza infinita del racconto...  Avviso a tutti i lettori che l'ultimo paragrafo scritto nei "***" é in terza persona, quindi, ne Courtney ne Duncan stanno pensando.  Mi scuso per il "assaporando il sapore, detto dalla ragazza nel suo terzo Pov's, so che è sbagliato, ma non sapevo con cosa sostituirlo. T.T Scusatemi anche per le tre parolacce usate nel testo, non ho esagerato, vero? :'( Nel terzo Pov's di Duncan, la "tazza" sarebbe il gabinetto :') Per quanto riguarda il flashback in cui i ragazzi fanno l'amore e quando scrivo che i bambini sguazzavano nel sangue (fa schifo anche a me)... Non mi sembrava opportuno mettere il Rating rosso, no?:\ Ricordo a tutti che la storia è OOC, cioè i personaggi non hanno gli stessi comportamenti che ci sono sul reality, sono completamente diversi. Mi scuso per i continui passaggi di tempo (dall'imperfetto al passato remoto e viceversa). :(
Grazie per  aver letto la storia! Recensite, anche negativamente! :)
                                                                                                         
                                                                                                          Tim_Ber_Lak_Er_JT xx

 
   
 
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