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Autore: BlackSocks    05/09/2014    0 recensioni
E' la metà del 1900: l'epoca delle caldarroste sulle strade, delle cabine telefoniche, delle favolose ascese sociali, del misero dopoguerra.
Quali amori, quali vicende e avventure sconvolgeranno la vita di un'audace e splendida ragazza?
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Sette - Sentimenti e Sorprese
 

«Vuoi ancora una fetta di torta?» chiese Elisa gentilemente. Chissà perché quando c'erano ospiti sue madre diveniva improvvisamente molto gentile.
«No, grazie, ma era buonissima» rispose Vito.
«Oh, non fare complimenti!» contunuò la donna mettendogliene un'altra bella fetta nel piatto. Vito guardò Jo, uno sguardo disperato. Gli sembrava di essere nella casa di Hansel e Gretel, all'ingrasso per poi essere fatto arrosto.
«Mamma, penso che Vito stia per fare un'indigestione...» ridacchiò la bambina.
«Oh, che sciocchezze! Guardalo, è un mucchietto d'ossa, proprio come te! I bambini hanno bisogno di zucchero, per crescere!»
«Non sono sicura che tre fette di crostata, due panini con la marmellata, due mele, una torre di frittelle e un'arancia gli facciano tanto bene...» continuò lei, ma la madre finse di non sentire. Suonò il telefono.
«Ora vi lascio studiare, eh.» disse mentre andava a rispondere velocemente.
Vito si portò una mano allo stomaco. «Non mi sento molto bene, Jo»
«Oh, dammi qui.» prese la crostata, l'avvolse in un fazzoletto e gliela mise in cartella.«La darai a qualcuno stasera, va bene?» chiese preoccupata, perché il suo amico stava diventando quasi viola.
«Mmh» annuì lui.
«Ce la fai a tornare al greco?» domandò lei.
«S-si» rispose lentamente.
Ogni pomeriggio, alle cinque, quando finiva la scuola, andavano a casa di Jo e studiavano fino alle sette. Ormai era un'abitudine. Elisa trovava Vito simpatico, perchè stava quasi sempre zitto e lei poteva raccontargli tutte le sue storie. Vito non trovava altrettanto simpatica Elisa, però... ecco da chi aveva preso la parlantina Jo! Sotto qualunque altro fronte, però, erano completamente diverse.
«Penso che stasera ci fermeremo qui. Ti va una passeggiata?»
«Per digerire, intendi? Si!» annuì energicamente lui.
Uscirono fuori in giardino, nel fresco delle sere di Aprile.
«Dopodomani è il mio compleanno...» buttò lì Jo.
«Undici anni? Farai una festa?»
«Magari, spero che mia madre dica di si. Sto cercando di convincerla, sai... ma chiederò a mio padre.»
Vito annuì. A lui non piacevano le feste, a parte quelle che si facevano nel suo paese in giorni particolari come Ferragosto o il giorno della Festa della Bruna, ma lì era diverso... era con tutta la sua famiglia. Gli mancavano, sopratutto sua madre.
«Perché sei triste?» chiese Jo.
«Stavo pensando alla mia famiglia.» rispose sinceramente. Ormai le comunicava ogni suo pensiero, erano diventati amici in quei mesi e lui sentiva di potersi fidare, inoltre non lo giudicava o prendeva in giro, mai.
«Ti manca?» chiese, preoccupata.
«Un po'. Soprattutto ora che mio fratello partirà. Sai, va con gli alpini... quindi non lo rivedrò per un pezzo» rispose.
«Tuo fratello, quello che di solito vai a trovare la domenica?»
Vito annuì.
Jo gli passò un braccio intorno alle spalle. «Dai, tra poco ci saranno le vacanze estive! E poi vedrai che il mio compleanno ti tirerà su.» sorrise lei.
«Ah, il mio compleanno è tra un mese: vorrei un regalo bello grosso, grazie» scherzò Vito.
Jo rise.
«COSA CI FATE VOI DUE QUI FUORI? VOLETE PRENDERVI UNA POLMONITE?! SENZA NEMMENO IL CAPPOTTO, CIELO!»
Jo e Vito si scambiarono un'occhiata e poi scoppiarono nuovamente a ridere, correndo al caldo nella casa.
Il mattino dopo Jo cercava ancora di convincere sua madre a lasciarle fare una festa.
«Mamma, per favore! E' proprio il destino, quest'anno è capitato precisamente di Domenica. Per favore!»
«Dai, Elisa, lasciaglielo fare...» si intromise Lino.
«Oh! Adesso ci ti metti anche tu, eh!» disse esasperata Elisa puntando l'indice sul marito. «E sia. Ma sia chiaro che non ho intenzione di cucinare per trenta bambini, lo farai tu.» disse sempre rivolta a Lino.
Jo guardò preoccupata il padre, forse alla sua festa avrebbero mangiato solo prugne secche in scatola, pazienza... avrebbe dato la sua prima vera festa! Sorrise entusiasta.
Lino aggrottò la fronte. Certe volte sua moglie lo lasciava perplesso. Annuì rassegnato.
«Jo, cosa... cosa mangiano di solito i bambini?» chiese in un sussurro quando Elisa fu lontana. «Mmh... credo pane e marmellata, percoche al tè, qualcosa al cioccolato e una torta.» rispose lei. In realtà quelli erano i suoi cibi preferiti.
Il giorno dopo avrebbero iniziato i preparativi. Suo padre si svegliava sempre prestissimo, per andare in caserma, e con lui anche la madre. Poi, poco prima che suo padre uscisse Jo scendeva di corsa le scale, mezza addormentata, per salutarlo. Erano le cinque meno venti quando saliva a svegliare anche suo fratello. Di solito ogni mattina si beccava un paio di calci nelle costole. «Nooooooooooooooooooo!» urlava il bimbetto.
«Lor, faremo tardi. Devi alzarti, presto» lo rimbeccava lei.
Di solito era costretta a sollevarlo per le braccia, ma qualche volta anche quel sistema era inutile poiché continuava a dormire in piedi.
«Lor, arriveremo in ritardo!» cercava di scuoterlo dolcemente, ogni mattina.
Poi lo portava in bagno, lo vestiva e lo pettinava. Lo accompagnava al piano di sotto, in cucina, dove lo lasciava a fare colazione. Poi di corsa saliva di nuovo su, si vestiva e si intrecciava i capelli biondi, che ormai erano lunghi fino alla base della schiena.
Dopo aver mangiato la sua super veloce colazione a base di uova crude usciva di corsa di casa, con il saluto “il signore vi accompagni” della madre.
A passo svelto attraversava le campagne che separavano la sua casa di periferia al centro della città, dove lasciava Lor a scuola, e poi correva verso il convitto.
Erano le otto e cinque. Dannazione! Bussò piano alla porta della sua classe.
«Avanti» sentì.
Entrò. Dannazione! La fissavano tutti. Imbarazzata e arrossita si sedette accanto a Vito. Tutti tornarono alle loro occupazioni.
«Tutto bene?» gli chiese a voce bassa e lei annuì. «Ho convito mia mamma» sussurrò sorridendo.
«Bene» rispose lui, non troppo sicuro. Domani sarebbe stato un giorno non proprio divertente. Doveva andare ad una festa, dove c'erano bambini e adulti pronti fare domande, a voler chiacchierare, giocare... e poi c'era il fatto di suo fratello. Dopodomani sarebbe partito, sarebbe andato lontano e non lo avrebbe rivisto per tanto tempo. Il distacco dalla sua famiglia, da suo padre che ora si trovava a migliaia di chilometri di distanza e ora anche da suo fratello... aveva la testa che gli scoppiava.
Guardò Jo, affianco a lui. Era così serena, felice, intelligente... aveva parenti e amici accanto a se e sembrava non le mancasse niente. Sentendosi osservata lei si voltò e ricambiò lo sguardo. E allora, inspiegabilmente, lui si sentì di nuovo felice.
Quando uscirono da scuola lei lo invitò a casa sua per aiutarla nei preparativi. Passarono a prendere Lorenzo e poi corsero a casa. Suo padre aveva comprato tutto il necessario e Jo emise un gridolino di gioia. Lor aprì la bocca meravigliato.
«Grazie papà!» disse mentre lo abbracciava.
Cucinare una torta non fu tanto facile come si aspettava. Una volta finito era piena di farina dalla testa ai piedi, aveva sporcato mezza cucina e c'era più impasto sul pavimento che nel forno. Osservò furiosa i tre uomini che la fissavano dalla porta. «Cosa c'è?» chiese seccamente. «Nulla, nulla, tesoro» rispose suo padre sghignazzando insieme a Vito.
Dopo aver pulito e poi sistemato i festoni, tolto tutti i vasi e gli ammennicoli preziosi, tutti si rilassarono, stesi sul divano, stanchissimi.
«Ho invitato tutta la classe, anche le ragazze della danza, verranno quasi tutti e poi... mamma credo abbia invitato le commari e i cugini. Saremo tantissimi!» disse entusiasta.
«Ma entreranno tutti? Intendo, come faremo stare tutti in questa casa?» chiese Lino, preoccupato. Jo alzò le spalle.
«Il cibo basterà, secondo te?» chiese la bambina.
«Secondo me, no...» iniziò Vito «...sento odore di bruciato...».
«LA TORTAAA!!!» gridò Jo alzandosi dal divano e catapultandosi in cucina.
Si sentì un suono di pentole e tagami e un «Ahià!»
Poi Jo sbucò dalla porta. «Si è...salvata!» gridò esultante.
Vito se ne andò alle sette, prima che facesse troppo buio. Uscì in fretta e percorse le campagne che ormai conosceva come quelle in cui era cresciuto. Tornò in tempo e si sedette su suo letto, ma era talmente stanco che si addormentò quasi subito.
La Domenica arrivò. Un raggiò di sole lo fece svegliare.
Si chiese se anche Jo fosse già sveglia, molto probabilmente si. Si alzò a sedere e poi si vestì. Non voleva affrontare quella giornata, proprio no. Alle sette si teneva la Messa, e tutti gli alunni erano tenuti a presenziare a quella o a quella successiva, alle undici. Di solito alle sette la chiesa era piuttosto vuota, quindi avrebbe avuto il tempo per pensare.
Dopo si recò in caserma e chiese di suo fratello.
«Vito!» gli sorrise.
Vito si gettò tra le sua braccia, anche se non era un gesto da vero uomo, in quel momento non gli importava. Abbracciò suo fratello sentendosi meno solo.
«Mi mancherai anche tu, fratellino...» disse piano Angelo.
«Vorrei che tu non partissi»
«Non preoccuparti, tornerò. Questa potrebbe essere l'occasione che aspetto da molto, potrei diventare tenente, finalmente.» rispose, come sempre sorridente, il fratello maggiore. Teneva molto a questa promozione e quasi sicuramente l'avrebbe ottenuta. Era tra i migliori dei cadetti, aveva ottenuto i migliori risultati nello studio e ora avrebbe avuto ancora più possibilità dopo l'esperienza sulle montagne.
Angelo arruffò i capelli al fratellino. «Ti scriverò tutte le settimane» promise.
Vito annuì, non avrebbe ricordato a suo fratello che le lettere molto spesso si perdevano.
Erano ormai le quattro meno venti quando lasciò la caserma e si diresse a casa di Jo. Aveva quasi pensato di non andare, lei avrebbe capito, ma suo fratello aveva insistito. Forse anche lui aveva qualcosa da fare dopo...
«Eccoti!» lo accolse Elisa. Vito la salutò, cercando con gli occhi Jo. Era attorniata dalle sua compagne della classe di danza. Cercò di incrociare il suo sguardo.
«Sai, Carmela, questo bambino qui» disse Elisa rivolta ad una donna anziana, con strani capelli bordoux e un abito a grandi fiori arancioni «viene molto spesso a studiare con Jo! E vero?» gli chiese. «Frequentano, la stessa classe, sai...» continuò senza aspettare la risposta.
«Oh! Ma che bel bambino!» gracidò l'altra signora avvicinando la sua mano alla guancia di Vito. Il ragazzo indietreggiò. «Dovrei andare... in bagno, scusate» disse allontanandosi dalle ventose di quella donna.
«Vito!» sentì gridare dietro di sé, ma non si voltò finché non si sentì tirare per il colletto.
«Sono io, ehy!» continuò Jo «tutto okay?» chiese, vedendo la sua faccia.
«Certo, si. Auguri.» rispose portandosi una mano alla tasca.
«Grazie» sorrise lei, poi gli prese la mano e lo tirò in giardino. «Tah daaaaah!» urlò «Ti piace?» domandò lei, indicando tutti gli striscioni e le bandierine appesi agli alberi e alla staccionata. Vito annuì con un sorriso poco convinto. Si sentiva in colpa, ma non riusciva a fingere di sentirsi felice, non in quel momento.
Jo continuò a tirarlo per la mano, lontano dal rumore e dalla folla. «Hai salutato tuo fratello?» chiese lei sedendosi sulle radici della quercia. «Si, poco fa.» rispose lui, sedendosi accanto a lei. Non voleva parlare di questo, però. Non voleva intristire nessuno, non quel giorno, non la sua amica. Così tirò fuori dalla tasca un pacchettino. «Per te.» annunciò, porgendoglielo. «Oh.» disse Jo. Non se lo aspettava. Guardò il regalo, impacchettato con la carta di una rivista e colla, e se lo rigirò tra le mani. Si capiva che aveva speso del tempo a cercare di dargli una dignità. «Cos'è?» chiese. Lui fece un cenno del capo per dire di aprirlo.
Ruppe la carta e tra le sue dita scivolò una catenina, poi un medaglione. Jo poggiò la carta a terra e aprì il piccolo gioiello d'argento. C'era una loro foto, fatta forse durante una gita, ritagliata lì dentro. Erano loro due, insieme.
«Oh» ripeté di nuovo Jo. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi scuri di lui. Si alzò e andò ad abbracciarlo. «Grazie, Vito.»
Allentò l'abbraccio. Sentiva il suo cuore battere fortissimo e contro il suo petto sentiva anche quello di Vito. Sciolse le braccia, confusa. Cosa... cosa?
I suoi occhi, lentamente si avvicinarono e poi le loro labbra si sfiorarono.
Un piccolo bacio, innocente. 

 
Angolo scrittrice: Mi scuso, mi prostro in gincchio e chiedo perdono. Sono in ritardo, di molto.
Spero che i miei lettori non si sieano scocciati di me...
Comunque questo capitolo è piuttosto lungo, per farmi perdonare! Aggiornerò sabato prossimo, a presto!

 
   
 
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