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Autore: StelladelLeone    05/09/2014    6 recensioni
Sono passati cento anni dalla guerra con i Quincy e sia la Soul Society che l'Hueco Mundo ne sono usciti a pezzi. Ora una nuova minaccia si appresta all'orizzonte ed è più pericolosa dei Quincy. Una vecchia shinigami, creerà un'accademia per addestrare i nuovi eroi che combatteranno contro questo potente nemico ma non sarà un accademia di soli shinigami...oh no...sarà un'accademia di Shinigami & Hollow!!!
[Storia ad OC, posti esauriti, spero apprezzerete lo stesso la storia]
Questa storia la scrivo in collaborazione con andry_94_hell! Un mio caro amico/nemico!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kusajishi Yachiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andry: CHAOS A TUTTI!!!

Stella: Vi siamo mancati?

Andry: E' colpa sua!!! Ve lo dico subito!!! E' colpa sua per il ritardo, io ho finito la mia parte due mesi fa!!!

Stella: *lo guarda scioccata* E meno male che dovremmo essere una squadra!

Andry: Infatti lo siamo! Tu ti prendi le lamentele e io la gloria *sorride*

Stella: *alza gli occhi al cielo* Lasciamo stare... ragazzi, vi chiediamo scusa per il ritardo ma tra vacanze, compiti (N.d.Andry: Io non ne avevo XP) e quant'altro, il tempo scarseggiava... gomen >.<

Andry: Ma sì dai, vedrai che ci perdonano! Altrimenti i loro OC faranno una brutta fine uhuhuhuhuhuhu...

Stella: *lo colpisce in testa* Non puoi minacciarli, è anche la mia storia! Ultima cosa e poi vi lasciamo al capitolo: le ossa sono un'idea di andry, non mia!

Andry: Vedrai che apprezzeranno uhuhuhuhu...

Stella: Buona lettura!!!

 

 

 

Nuovi compagni e drammatiche scoperte

 

 

 

Ashuros camminava spedito per i corridoi dell'edificio che, per chissà quanto tempo, sarebbe stato il loro quartier generale. Gli Shinigami erano ancora impegnati nelle loro prove per ottenere le loro zampaktou e non sarebbero usciti da quella stanza per chissà quanto tempo.

 

Minuti? Ore? Giorni? Nessuno poteva dirlo, nemmeno la vecchia Yachiru, ora impegnata a leggere una vecchia pergamena nella sua stanza.

 

L'albino bussò un paio di volte sulla sottile porta e da dentro sentì “Avanti, entra pure.” e così fece, sedendosi subito su un cuscino imbottito verde posto a pochi passi dalla porta.

 

“Volevi chiedermi qualcosa, Ashuros?” chiese la vecchia Shinigami alzando il viso dalla pergamena “Se vuoi sapere dov'è Aika, sta dormendo nell'altra stanza. E' stata una giornata impegnativa per lei e posso dedurre che non dormisse così da giorni”.

 

L'Arrancar non si curò di quelle parole anche se in fondo ora era più tranquillo ma era andato da lei per un'altra questione. Una questione molto più seria.

 

“Vorrei avere il permesso di andare in missione esplorativa nel mondo degli umani.” disse l'albino senza battere ciglio suscitando l'attenzione dell'anziana spadaccina.

 

“Per quale motivo, se posso sapere?”

 

“Gli Shinigami non saranno pronti per chissà quanto tempo e, se devo essere sincero, alcuni Arrancar si stanno stufando di quest'attesa perciò vorrei impiegarli in una missione esplorativa. Ora nel mondo umano è notte fonda perciò potremo muoverci nell'oscurità.” spiegò l'albino.

 

“Capisco. Quindi stai cercando di prevenire una crisi interna... o per meglio dire, una rivolta?” chiese Yachiru. L'albino non potè non ricordarsi delle parole degli altri Arrancar riguardo il ribellarsi e prendere il possesso della Soul Society ma ora doveva pensare ad altro.

 

“Diciamo di sì.” si limitò a rispondere con una scrollata di spalle.

 

“D'accordo, permesso accordato ma... un consiglio, non portare tutti gli Arrancar con te. Alcuni di loro non sono esattamente portati per questo genere di missioni.” acconsentì Yachiru tornando a leggere la pergamena.

 

L'Arrancar si alzò in piedi e, dopo averla salutata, si diresse verso il Senkaimon dove lo stavano già aspettando tutti gli altri della sua specie.

 

“Beh, che ti ha detto la vecchia?” chiese Yuuko visibilmente seccata dal dover aspettare.

 

“Ci ha dato il consenso ma prima di partire devo purtroppo avvisarvi che non verrete tutti.” disse l'albino e gli altri lo fissarono con uno sguardo a metà tra la sorpresa, nel sapere quella notizia, e la paura, del dover restare ancora con le mani in mano.

 

“Solo quattro di noi andranno nel mondo umano, ovvero io, Amlach, Kurari e Jean. YuuKo, Stun e Izumi resteranno qui ad attenderci.

 

Probabilmente non c'era modo migliore di scatenare la furia di Yuuko e Izumi le quali si precipitarono davanti ad Ashuros iniziando a tempestarlo di insulti variopinti e allegri.

 

“Che cazzo significa che devo restare qui ad aspettare eh?!?” urlò Yuuko indignata.

 

“Proprio ora che volevo fare a pezzi qualcosa tu mi fermi così a freddo?!?” aggiunse Izumi.

 

“Volete sapere perché ho deciso di non portarvi?” chiese Ashuros calmo e le due Arrancar urlarono un secco SI.

 

“Bene, ripercorrete quanto successo negli ultimi dieci secondi: avete gridato come matte dicendo di voler torturare, massacrare, trucidare, distruggere, mutilare, uccidere e tante altre cose. Non proprio l'ideale per una missione di esplorazione.” spiegò l'albino.

 

Le due si fissarono per qualche secondo e, incredibilmente, abbassarono lo sguardo.

 

“Prima o poi ti servirà la mia rabbia e sappi che questa me la lego al dito!!!” urlò Yuuko allontanandosi non senza aver prima tirato giù un muro a suon di pugni mentre Stun e Izumi rimasero lì. L'Arrancar corazzato non aveva neanche bisogno di chiedere il motivo per cui non era stato scelto.

 

“Bene, Jean, tu verrai con me mentre Amlach e Kurari esploreranno un'altra zona.” spiegò l'albino mentre il portale veniva preparato. Gli altri tre annuirono in silenzio e Jean si affiancò all'albino, dopodichè saltarono nel portale. Destinazione: Karakura Nord.

 

[Karakura Nord. Ore 02:39]

 

I due Arrancar osservavano silenziosi la città dal tetto di un alto edificio. Date le luci spente e le tapparelle abbassate in tutte le finestre era plausibile pensare che si trattasse di un condominio e che tutti gli umani si fossero addormentati da ormai molto tempo.

 

Un urlò agghiacciante ruppe il silenzio della notte e, nel parchetto dall'altra parte della strada, i due identificarono la causa di quel grido: un Hollow a cui era stato mozzato il braccio destro. Era alto sui quattro metri e aveva le fattezze di un Minotauro con la coda lunga e irta di spine. Il braccio, di un blu intenso, giaceva a qualche metro di distanza, sopra una siepe.

 

“Eccoli.” disse Jean individuando alcune ombre nere che camminavano nell'aria sopra all'Hollow. Erano alti tutti sul metro e ottanta e indossavano delle strane uniformi nere come la pece e delle strane linee argentate. Sulla schiena portavano una spada senza guardia e con l'elsa di acciaio nero percorso da delle linee rosse come il sangue che brillavano nel buio rendendo quelle figure simili a demoni o a spiriti.

 

L'Hollow urlò ancora ma nessuna luce illuminò le finestre. Era normale. In fondo gli umani non potevano vederli e anche se sapevano della loro esistenza restavano comunque incapaci di vederli.

 

Le figure vestite di nero, ce n'erano sette in tutto, scesero in picchiata verso l'essere ferito ed estrassero le loro spade dal filo affilato e percorso dalla stessa luce rossa. Colpirono tutti insieme. Tre gli conficcarono le spade nel corpo, uno gli tagliò una gamba, un altro ancora gli tagliò l'ultimo braccio rimastogli mentre gli ultimi due gli recisero la testa di netto.

 

La carcassa dell'Hollow crollò al suolo sollevando un sottile strato di polvere mista a sabbia. Una delle figure premette un piccolo pulsante posto sulla clavicola sinistra e disse “Hollow eliminato. Mandate un camion”.

 

Ashuros e Jean rimasero in attesa fino all'arrivo del camion provvisto di un enorme rimorchio dalla quale uscirono tre muletti automatici che, dopo aver fatto a pezzi la carcassa con delle grosse lame, caricarono i resti sul rimorchio e il camion ripartì. Il tutto si era svolto in pochi minuti e i sette carnefici dell'Hollow si erano allontanati insieme all'Hollow correndo a mezz'aria.

 

“Quindi è così che agiscono gli Atarashī kami...” disse Ashuros osservando il camion mentre si allontanava.

 

“Sì ma non sanno pulire bene.” commentò Jean lanciandosi di sotto fermandosi poi a pochi metri dal suolo. Ashuros lo raggiunse subito e gli chiese cosa stesse facendo. La risposta lo incuriosì molto “Hanno lasciato qualcosa.” e, dopo essersi avvicinato ad una piccola siepe, ne estrasse un frammento bianco grosso quanto la sua mano.

 

“Un frammento di maschera.” commentò Ashuros osservandolo per poi sgranare gli occhi di colpo voltandosi nel contempo in direzione del camion ormai scomparso.

 

“Quell'Hollow... non è scomparso.”

 

“Esatto. Non so come ma sono riusciti a far sì che il suo corpo restasse in questo mondo come un qualsiasi cadavere.” ipotizzò Jean osservando il frammento di maschera.

 

“Cosa diavolo stanno architettando...” chiese Ashuros anche se sapeva benissimo che Jean non poteva avere alcuna risposta. I due tornarono in cima all'edificio, in attesa che il portale si aprisse.

 

Presto avrebbe trovato una risposta a quel quesito ma quello che non sapeva era che la risposta sarebbe stata un durissimo colpo per gli Shinigami.

 

[Karakura Sud. Ore 02:47]

 

“Non male come azione.” disse Kurari pulendo le lame della sua arma con un panno, ora sporco di sangue.

 

“Già questi idioti non hanno avuto scampo... mi chiedo come abbiano fatto a metterci pressione a tal punto da doverci alleare con gli Shinigami.” commentò Amlach fissando la luna. Mancava poco per vederla piena.

 

“Beh ti ricordo che sono un corpo militare presente in tutto il mondo.” aggiunse Kurari “E questi erano probabilmente dei novellini.” concluse indicando poi i cinque cadaveri disseminati per il tetto della scuola dove erano morti. Tre dei copri erano stati tagliati a metà all'altezza della vita mentre gli altri due avevano dei grossi tagli sul torace.

 

L'azione si era svolta in completo silenzio. Non appena i due Arrancar li avevano individuati, intenti a volare a una ventina di metri d'altezza, Kurari aveva subito scagliato la sua lama sul gruppo , tagliando ed uccidendone tre in un solo colpo mentre gli ultimi due, che non avevano neanche capito cosa fosse successo, si erano ritrovati di fronte Amlach il quale li aveva uccisi con due fendenti fulminei e ben piazzati.

 

“L'unica cosa che mi rogna è averli dovuti uccidere in fretta...non ho neanche potuto torturarli un po'...” commentò Kurari passeggiando in mezzo ai corpi ormai privi di vita. Avevano delle uniformi davvero curiose e particolari. L'intero corpo era coperto da un tessuto nero e non era visibile neanche un lembo di pelle. Alla vita portavano una piccola cintura rigida nera con attaccati dei piccoli scompartimenti di acciaio nero ma la cosa che più catturava l'attenzione era lo strano esoscheletro nero argentato che li copriva.

 

Partendo dalla testa, l'esoscheletro prendeva la forma di un teschio con due buchi per gli occhi, nascosti comunque da un sottile vetro nero, e quelli che sembravano denti posti all'altezza della bocca. Dalla nuca scendeva uno spesso segmento che percorreva tutta la spina dorsale fino al bacino. All'altezza delle clavicole partiva due segmenti argentei che andavano a ricongiungersi alla base della gola a mo di collare e da lì scendeva un segmento più spesso che copriva lo sterno e dalla quale si diramavano tanti piccoli segmenti, uno per per costola, i quali si ricongiungevano con il segmento sulla schiena. Da quel collare argentato, però, si diramavano anche due segmenti più sottili che percorrevano le braccia, diramandosi poi in altri cinque segmenti più piccoli, uno per dito.

 

All'altezza del bacino, il segmento che percorreva tutta la schiena, si divideva in tre segmenti, due dei quali andavano a formare una specie di cintura sotto l'altra cintura mentre il terzo passava in mezzo alle gambe, a mo di protezione per l'inguine e si fondeva con gli altri due poco sotto l'ombelico. Dai fianchi della cintura, fuoriuscivano altri due segmenti argentati, uno per fianco, che a metà delle cosce, si spostavano di fronte e percorrevano le gambe fino al fondo dove si diramano i cinque piccoli segmenti, uno per ogni dito dei piedi.

 

Non c'è che dire, una divisa molto particolare e soprattutto complicata.

 

“Non so se lo hai notato ma... in queste strane protezioni argentate percepisco del reiatsu.” disse Kurari accarezzandone una.

 

“Sì l'ho notato ed è strano. Gli umani non dovrebbero possedere del reiatsu e non credo sappiano gestirlo a tal punto da metterlo nelle loro divise.” disse Amlach ora parecchio annoiato quando ad un certo punto sentì una debole suoneria, una canzone metallara, provenire dalla tasca dei suoi pantaloni.

 

Estrasse subito il localizzatore che gli era stato consegnato da Yachiru: un cellulare con schermo touch nero sul cui retro era presente un lupo tribale. Fissò per qualche secondo lo schermo e capì che Ashuros lo stava chiamando. A quanto pare gli Arrancar non erano molto ferrati con quella roba...

 

“Che succede Ashuros?” chiese il moro.

 

“Dobbiamo rientrare. Abbiamo scoperto qualcosa di interessante.” gli disse l'albino.

 

“Anche noi Ashuros, anche noi...” commentò Amlach prima di chiudere la chiamata e caricarsi un cadavere, uno dei due uccisi da lui, in spalla e dirigersi verso il punto dove si sarebbe aperto il portale.

 

“Perchè lo porti con noi?” chiese Kurari.

 

“Non lo so, me lo dice l'istinto.” rispose Amlach ghignando per pooi entrare nel portale seguito a ruota dall'arrancar.

 

* * *

 

Meiko alle parole di Yachiru strinse i pugni e iniziò a incamminarsi verso Shiroken; doveva ammetterlo, quel mondo la faceva sentire strana: da una parte percepiva chiaramente il sentore di morte, il vento di distruzione che spirava in quella desolazione…dall’altra non aveva paura, era emozionata, con l’adrenalina che le scorreva al posto del sangue. Istintivamente sorrise sadica. Hiro e Ka-chan, vedendola avanzare, non poterono fare a meno di scambiarsi un’occhiata e un sorrisino: quella ragazza era forte, non si sarebbe fermata; e stando leggermente a distanza la seguirono.

Meiko si fermò ad alcuni metri dalla donna, ostentando sicurezza e fermezza.

“Allora, cosa devo fare per renderti la mia zampaktou?” le chiese assottigliando gli occhi; la giovane continuò a fissarla con i suoi occhi cristallini e si alzò in piedi, facendo frusciare le vesti nere.

“Sconfiggermi.” Rispose calma, ma con uno scintillio minaccioso negli occhi che fu d’avviso a Meiko: non sottovalutarla.

“A mani nude?” chiese lei altrettanto tranquilla; di solito non picchiava le ragazze, ma quello era un caso particolare e, inoltre, nella guerra che stavano per combattere non c’era spazio per i sentimentalismi.

La donna annuì e rimase ferma in attesa.

“Se sei all’altezza ti basteranno quelle.”

Hiro e Ka-chan indietreggiarono, e il ragazzo le augurò buona fortuna.

“Farò del mio meglio Hiro-sama!” trillò lei perdendo per un attimo la sua aria assassina e guardandolo adorante, gli occhi che le brillavano.

“Allora?” la incalzò la donna, senza però mostrare segni di impazienza; Meiko la guardò stranita: cosa ci faceva una creatura così calma ed eterea nel mezzo di quella miseria?

Meiko scrocchiò le nocche e scattò verso di lei; caricò il pugno destro con l’intenzione di colpirla in volto, ma la donna si limitò a spostarsi di lato all’ultimo secondo. Meiko perse l’equilibrio e Shiroken la colpì sulla schiena con un calcio, mandandola a terra.

La shinigami ringhiò mentre si rialzava, guardando la donna che aveva di nuovo assunto una posa calma e rilassata; i suoi occhi non tradivano nessuna emozione. Meiko si scagliò di nuovo contro di lei, questa volta cercando di farle perdere l’equilibrio con un calcio alle caviglie, ma lei con agilità insospettata balzò indietro per poi avanzare e colpirla con un calcio in pancia. Le mani ancora strette a pugni lasciate inerti lungo i fianchi.

Meiko provò a colpirla di nuovo con un pugno al torace ma questa la bloccò e rispose mozzandole il fiato con un pugno, poi la scagliò lontano apparentemente senza sforzo; Meiko rotolò nella terra bruciata, coprendosi di fuliggine, il respiro ansimante e gli occhi che brillavano feroci.

“Non ho ancora finito…” mormorò rialzandosi e andando di nuovo all’attacco; le sembrava che tutti i suoi attacchi fossero inutili, più si sforzava di sorprenderla più quella l’anticipava e rispondeva con una forza inaspettata. Si stava innervosendo sempre di più.

All’ennesimo attacco concluso con Meiko a terra ansante, la donna la osservò freddamente e poi le diede le spalle.

“Torna quando sarai più forte.” Le disse gelida e incamminandosi verso il suo albero, senza girarsi.

Meiko sbarrò gli occhi incredula: cosa?! Tutto lì?! Là liquidava così?! Chi si credeva di essere?!

“Non ti arrendere!” gli urlò Ka-chan emozionata e Hiro le sorrise.

Meiko sentì un calore nascerle nel corpo, mentre una rabbia crescente si impossessava di lei.

“Ehi tu!” le urlò rialzandosi a fatica, le mani appoggiate alle ginocchia per sostenersi, “Non mi sembra di averti dato il permesso di andartene!” le ringhiò contro, un aura rossastra intorno a lei. Nel cielo rosso iniziarono ad avanzare nuvole nere come il sole.

Sul volto di Shiroken nacque un sorrisino, ma lo cancellò prima di voltarsi verso di lei.

“Ti sei decisa a fare sul serio?” le chiese con un leggero tono di sprezzo.

Meiko inclinò la testa e sorrise; non sapeva da dove arrivava quella forza ma si sentiva come uno tsunami, un tornado distruttivo. Voleva colpirla, voleva dimostrarle che era alla sua altezza. Strinse i pugni e si concentrò attingendo a tutta la forza che trovava.

Senza perderla di vista si accucciò per scattare e neanche si accorse delle crepe nel terreno che si formarono ai suoi piedi e che invece stupirono i suoi accompagnatori; poi si scagliò con una potenza almeno raddoppiata e la donna per evitarla stavolta dovette muoversi in anticipo rispetto a prima, ma Meiko ruotò facendo perno sul piede che aveva appoggiato a terra, creando una conca, e la colpì con un calcio in pancia. Shiroken lo parò con le braccia ma la forza del colpo la scaraventò via, eppure rimase in piedi. Un sorriso simile a quello di Meiko a illuminarle il volto; poi attaccò lei.

Sembra un corvo che si gettava sul topolino, solo che in questo caso il topolino era una belva assetata di sangue che non esitò a slanciarsi anche lei al contrattacco. Le due si scontrarono con uno schianto impressionante e l’onda d’urto fece arretrare Hiro e Ka-chan; entrambe mano contro mano cercavano di spingere l’altra, di schiacciarla.

Il cielo ormai nero iniziò a riempirsi di lampi brillanti e tuoni assordanti.

Shiroken ha un certo punto la tirò verso di se e si spostò nella speranza che cadesse sbilanciata dall’improvvisa mancanza di resistenza, ma Meiko aveva già visto quel trucco: con una capriola si rialzò subito e si voltò con un calcio laterale che colpì Shiroken, presa alla sprovvista, e la scagliò a terra. Senza perdere tempo e con il respiro pesante, Meiko le fu subito addosso e prima che potesse alzarsi si piantò a cavalcioni sopra di lei, per poi stringerle la mano alla gola e schiacciarla a terra.

“Ho vinto.” Ringhiò mentre il suo furore iniziava a scomparire e le forze a venirgli meno.

Shiroken sorrise e annuì.

“Sarò la tua zampaktou, Meiko La Distruttrice.” Le disse seria con gli occhi azzurri che si specchiavano nel cielo rosso; poi Meiko svenne senza forze su di lei. La donna la sollevò senza sforzo e la porse a Hiro che era accorso insieme alla sua zampaktou. Poi li congedò con un cenno del capo e, spolverandosi il kimono, tornò a sedersi sotto l’albero raggrinzito, mentre il mondo intorno a loro diventava sfocato.

 

***

Ryoko guardò stupita quella ragazzina vestita da sacerdotessa e che si era appena dichiarata la sua zampaktou; cosa doveva fare ora con quella bambina?

“Ehm…piacere di conoscerti!” le disse indecisa accennando un sorriso e agitando la mano nella sua direzione, mentre Kei la guardava stranito: cosa aveva in mente?

La ragazzina la guardò altrettanto incuriosita e poi, sogghignando, saltò sulla stessa loro piattaforma, nonostante fosse piuttosto lontana, come trasportata dal vento.

“Il piacere è tutto tuo.” Le disse gelida inclinando la testa e sorridendo angelica, come se le avesse appena fatto un complimento, cosa che lasciò scioccati sia Kei che Ryoko.

“Che c’è?” continuò lei saltellandole intorno con aria infantile, “Non penserai che solo perché sei arrivata fin qui io accetti di obbedirti vero?” le chiese con una risatina coprendosi la bocca con la mano.

“E cosa dovrei fare?” le chiese la ragazza piccata poggiando una mano sul fianco: altro che dolce ragazzina, quella era una mocciosa viziata!

Kei doveva pensarla allo stesso modo, perché la guardò irritato e scosse la testa: mai che gli toccasse un bel combattimento…

“Dovrai prendermi!” rispose Kazenomiko sogghignando e indietreggiando di qualche passo, le mani incrociate innocentemente dietro la schiena.

Appunto.

“Prenderti?” chiese invece Ryoko stupita, ma quando l’avversaria annuì, sorrise con sguardo di sfida. “Ci sto!” e si lanciò contro di lei. Era sicura di prenderla, era piuttosto agile, ma all’ultimo momento la ragazza balzò…nel vuoto. Ryoko sbarrò gli occhi incredula e stava già per chiamare Kei per aiutarla, quando un’altra piattaforma rocciosa sfreccio verso l’alto, con sopra la ragazzina che faceva ‘ciao-ciao’ con la manina.

Un grossa vena iniziò a pulsare sulla sua testa: mocciosa…

“Ma che bambina adorabile…” commentò Kei scompigliandosi i capelli indeciso sul da farsi; dopo alcuni attimi di riflessione decise che avrebbe lasciato tutto sotto il comando di Ryoko, salvo in casi estremi. Pessima scelta.

Infatti, dopo alcuni minuti in cui Ryoko aveva analizzato la ragazzina che saltava allegra sogghignando da una piattaforma all’altra mentre queste si muovevano intorno a loro sospinte dal vento, la ragazza accennò un sorriso demoniaco verso Kei; poi si avvicinò a lui e assumendo l’aria più innocente del mondo, con tanto di labbro tremante, pronunciò le parole fatali.

“Mi puoi lanciare?” chiese sbattendo le ciglia.

“Eh?” sbottò il ragazzo preso in contropiede allontanandosi di qualche passo, non sicuro di aver assimilato bene le parole.

“Lanciami!” ripeté lei con più convinzione, per poi, davanti allo sguardo perplesso del compagno in attesa di spiegazioni, indicare le piattaforme che avevano iniziato a roteare a spirale intorno a loro, “Per prenderla devo saltare sulle piattaforme, ma non sono sicura di arrivarci da sola; ho bisogno che mi aiuti.” Gli spiegò infiammata: non gli piaceva perdere una sfida.

“Ti sei arresa?” urlava intanto la ragazzina saltellando di qua e di là in punta di piedi.

“Non mi sembra una grande idea, anzi sono abbastanza convinto che la mancherai e ti spiaccicherai al suolo come una frittella.” Commentò invece Kei acido sollevando un sopracciglio, ma lei lo ignorò completamente e, dopo averlo afferrato per un polso, lo porto vicino al bordo.

“Sei forte, giusto? Non avrai problemi” lo ignorò mentre calcolava dove posizionarlo per avere la massima spinta.

Una vena iniziò a pulsare sulla fronte del ragazzo che afferrò la ragazza per il colletto e la alzò alla sua altezza.

“E sentiamo cosa avresti in mente di fare una volta sulla piattaforma, sempre che tu la centri…” le chiese perforandola con lo sguardo, ma lei sorrise convinta.

“La prendo!” ghignò con il fuoco negli occhi verdi, poi approfittò del momento per liberarsi dalla sua presa e lo mise con le spalle al vuoto.

“Lanciami più forte che puoi!” gli urlò allontanandosi per prendere la rincorsa; il ragazzo sbuffò scocciato e intrecciò le mani per poi mettersi in posizione accucciata. Sperava solo di riuscire poi a prenderla prima che si schiantasse. Perché si sarebbe schiantata.

Passarono alcuni secondi in cui Kei osservò Ryoko: cosa stava facendo? Si accorse che non staccava gli occhi dalle piattaforme e che le sue labbra carnose si muovevano come se stesse…contando?

“Arrivo!” urlò all’improvviso e scattò verso di lui con una velocità inaspettata, in pochi secondi lo raggiunse e lo usò come trampolino; mentre volava per un attimo pensò che non ce l’avrebbe fatta, ma poi le sue mani si strinsero intorno al bordo marmoreo e un sorriso vittorioso: aveva contato giusto! Per fortuna si era accorta che le piattaforme passavano con la stessa intermittenza!

Kazenomiko, seduta coi piedi a penzoloni qualche piattaforma più sopra, aprì leggermente gli occhi colpita: non era stupida…

Ryoko si issò velocemente sopra la pietra e, dopo essersi sgranchita mani e braccia, puntò gli occhi sulla zampaktou.

“Arrivo!” le urlò con un sorriso sfacciato prima di prendere la rincorsa e saltare su una piattaforma che saliva verso l’alto.

Kei, a braccia incrociate, la guardò atterrare in piedi e dovette ammettere che l’aveva sottovalutata, adesso c’era solo da vedere se ce l’avrebbe fatta a prenderla.

Iniziò così un’assurda partita ad acchiapparello sospesa su piattaforme volanti.

Ryoko era in netto svantaggio dato che Kazenomiko sembrava poter cambiare a suo piacimento le traiettorie delle piattaforme, oltre che essere leggera come una piuma, ma l’aspirante shinigami non si arrendeva e la tallonava salto dopo salto.

“Non sei stanca?” le chiese dopo circa mezz’ora la ragazzina, sfrecciandole a fianco sulla pietra bianca, con una risata divertita. Era migliore di quel che pensava.

Sì, Ryoko era stanca, ma non avrebbe mollato per nulla al mondo. Eppure c’era qualcosa che non andava…che mancava…

Scuotendo la testa per scacciare pensieri distraenti, si preparò all’ennesimo saltò ma proprio mentre stava per atterrare la piattaforma scartò all’indietro a tradimento e lei si ritrovò a cadere.

“Ryoko!” sentì la voce di Kei come se venisse da un altro mondo e mentre osservava il cielo sopra di lei, sentì sgorgare in lei la voglia di vivere, la determinazione a continuare e un’energia inspiegabile come un improvvisa ventata fresca.

Sotto gli occhi stupiti di Kei, già in volo per prenderla, una piattaforma bianca uscì dalla formazione e salvò Ryoko, che atterrò dolorosamente sulla schiena; la vide alzarsi e guardarsi intorno perplessa, accorgendosi della stranezza, per un attimo guardò Kazenomiko, come chiedendosi se fosse stata lei ma lo sguardo deluso della zampaktou la convinse del contrario.

Un grosso sorriso le sbocciò in viso.

“Ho capito…” mormorò prima di scoppiare a ridere, poi batté un piede sulla superfice liscia della sua piattaforma e questa con uno strattone si innalzò veloce nel cielo verticalmente, per poi arrestarsi davanti a quella di Kazenomiko.

“Sei mia!” le urlò mentre si accucciava e la sua nave del cielo scattava all’inseguimento di quella di Kazenomiko, infrangendo ogni precedente prevedibilità.

La ragazzina piccata batté anche lei il piede sulla roccia e questa accelerò, ma Ryoko non perdette terreno, anzi ne guadagnò.

E poi accadde: Ryoko arrivò tanto vicino da poter balzare sulla ragazza e, come sospinta da un soffio di vento, le cadde sopra senza che potesse scappare.

“PRESA!” urlò al cielo tenendola ferma sotto di sé, soddisfatta e felice del suo risultato.

Kazenomiko sbuffò.

“Ho capito, ho capito: hai vinto. Sono la tua zampaktou e togliti quel sorrisino dal volto!” le rispose scocciata guardandola male coi suoi occhi rubino; poi parve illuminarsi.

“Un’altra partita!” la sfidò malandrina e Ryoko avrebbe anche accettato se una mano non l’avesse nuovamente afferrata per il colletto e sollevata in piedi.

“Spiacente, per oggi abbiamo finito.” La salutò Kei con uno sbuffo, prima che per entrambi il mondo iniziasse a diventare sfocato e a oscurarsi.

 

***

 

Iri era leggermente perplessa dal comportamento della sua zampaktou; dopo aver visto Mitsuki e Taiga si aspettava di doveresi cimentare in, come minimo, un combattimento brutale; invece era tranquillamente seduta, sotto suo stesso invito, davanti a Osiris con J. accucciato a fianco, in allerta. E le stava tornando sonno…ma Jin le aveva detto di non addormentarsi…eppure…

“Immagino ti stia chiedendo quale sarà la mia prossima mossa.” Proruppe con voce soffice come la neve Osiris, risvegliando la ragazza che stava già abbassando le palpebre.

Iri annuì timida.

“Ti conosco e non vedo il motivo di provarti inutilmente con un combattimento, nonostante ce ne saranno, e di grandi e sanguinosi, nella strada che ti aspetta; ora come ora non avresti una sola speranza…” L’avvisò inclinando leggermente la testa, mentre la ragazza la ascoltava in silenzio. Lo sapeva cosa l’aspettava, sperava solo di farcela.

“Ti propongo quindi una semplice prova per riconoscerti come la mia Shinigami, ma ti avviso: dovrai essere sincera con te stessa.” L’avvisò per poi tacere, in attesa.

“Accetto.” Rispose flebile e titubante la ragazza, sotto lo sguardo vigile del leone nero.

“Devi trovare la vera Osiris.” Le spiegò alzandosi in piedi con un fruscio e le mani congiunte in grembo, poi, all’improvviso, si alzò un venticello freddo e la figura della zampaktou esplose in tante piccole foglioline di salice che dopo aver turbinato nel vento per alcuni istanti si sparpagliarono in tutta la radura intorno a loro.

Iri e J. Seguirono increduli quella trasformazione e sotto i loro occhi increduli le foglioline iniziarono a radunarsi in centinaia di piccoli mucchietti, che con un leggero turbinare si andarono a rimodellare in Osiris. O meglio, in tante e tante Osiris. Tutte in posizioni e atteggiamenti diversi.

Iri si guardò intorno leggermente spaesata, capendo pian piano cosa le avesse chiesto la zampaktou, e iniziò a muovere timidi passi tra quelle statue così terribilmente realistiche. J. La seguiva rendendosi conto che il supporto che poteva darle era ben poco, doveva solo tenersi in allerta in caso di attacchi a sorpresa.

Iri sorpassò un Osiris che giocava con una palla di stracci degnandola di una sola occhiata, passò tra una che cucinava con un vecchio grembiule e una che suonava un rozzo flauto, rivolgendo loro la sua attenzione solo per qualche attimo; cosa stava cercando? Non lo sapeva, ma sentiva che non era quella, non era quella che cuciva, quella che sembrava cantare…

Si fermò per alcuni istanti davanti a una accucciata in posizione fetale con le braccia a coprirle il viso, ma ancora non era lei; sentiva il cuore accelerare e un sentimento di inquietudine crescere, ma non era lei. Sobbalzò alla vista di un Osiris prostrata a terra e affrettò il passo tra quelle statue che perdevano sempre più giovialità, cominciando a capire.

Sorpassò tremante un Osiris vestita da sposa e…la vide. Inciampò cadendo in ginocchio e i suoi occhi si colmarono di fredde e silenziose lacrime che le rigarono il volto niveo, aveva trovato la sua zampaktou, ne era disperatamente sicura.

In mezzo alle neve e tra statue sofferenti, c’era Osiris inginocchiata e ripiegata su se stessa; le sue mani lattee che tenevano saldamente una wakizashi che le trapassava il petto. La maschera era rigata di lacrime.

“Sei tu…” mormorò con voce flebile, Osiris si girò a guardarla e annuì; poi tutte le statue esplosero in migliaia di foglioline di salice che in un turbinio si andarono a ricomporre in una sola persona.

“Hai superato la prova.” Le disse senza muovere un passo mentre J. Cercava di aiutarla a rialzarsi, cercando di raccapezzarsi su quello che aveva visto.

“Cosa sceglierai stavolta?” le chiese inclinando la testa prima che la vista dei due si oscurasse.

 

***

La pantera non ne poteva davvero più: era dieci minuti che cercava di presentarsi e iniziare la prova, ma quella dannata gattofila non faceva altro che inseguirla ovunque con sguardo assatanato facendo versetti per gatti. Era al suo limite.

Con uno scatto evitò per un pelo l’abbraccio di Norie e guardò male l’altra Shinigami e il suo spirito, che sembravano trovare il tutto molto divertente.

“Vieni qui micio micio…” chiamò ancora Norie gettandosi a braccia spalancate sulla pantera.

Ora basta.

La pantera con uno scatto saltò nell’inquietante lago di sangue attorno a loro, ma inaspettatamente invece di sprofondare atterò agilmente sulla superfice e le increspature si diramarono tutto intorno a loro. All’istante il sangue si innalzò verso l’alto in grandi colonne che subito scrosciando si abbatterono su Norie. Kyoko e Gareki, tornando seri all’istante si lanciarono per salvarla, ma il sangue si ritirò nel lago senza lasciare niente, la pantera era sparita.

“Dov’è finita quella dannata ragazzina?” sbuffò Gareki muovendosi inquieto lungo i bordi rocciosi.

“Deve averla presa con sé per la prova…” osservò Kyoko dopo essersi guardata attorno attentamente, la mano alla katana.

Gareki ruggì infastidito.

“E io che volevo godermi un bello scontro…quella mocciosa me la paga quando torna!” ringhiò per poi rivolgere un sorriso felino alla sua shinigami, “Beh? Ci divertiamo un po’ anche noi?” le chiese sgranchendosi le nocche.

Kyoko accennò un sorriso e per un attimo fu davvero tentata di accettare, ma poi si ricordò che era in missione e doveva essere pronta a tutto.

“Quando non saremo in missione…” sospirò leggermente delusa sedendosi a gambe incrociate, mentre Gareki si accascia a al suo fianco scocciato. Maledetta zampaktou e mocciosa…

 

 

Norie riaprì gli occhi a fatica e cercò di mettersi a sedere, sentiva il battito accelerato…cos’era successo? In un flash rivide tutto: il sangue che la sommergeva, la sensazione di annegamento e poi…il buio.

Cercando di calmarsi si guardò attorno: a prima vista avrebbe potuto essere esattamente dov’era prima, sulla croce di roccia ma…era sola. Non vedeva né Kyoko né Gareki…non che avesse bisogno di loro, comunque. Il suo sguardo fu calamitato da una lunga katana nera e rossa a pochi metri da lei.

Perplessa si alzò in piedi e, sempre guardandosi intorno circospetta, la raggiunse; la prese in mano: era leggere e affilata, di una bellezza che trovò incredibile. Stava giusto ammirandone la lama quando nel riflesso vede la pantera.

“Micio!” urlò voltandosi con gli occhi che le brillavano: la pantera era là, nel lago di sangue, tranquillamente seduta sulla superfice immobile. In attesa.

“Vieni qui mic-..” i suoi richiami coccolosi furono interrotti da alcuni passi.

“Norie!” girandosi di scatto vide Kyoko che le correva incontro con sguardo allarmato e stava già per correrle incontro, quando il suo sguardo registrò un particolare: la mano che Kyoko aveva immerso nel sangue era pulita…

“Stai bene?” le chiese la shinigami, ormai a pochi metri; a Norie bastò un luccichio rossastro negli occhi per scattare e con un colpo solo di katana tagliò in due la shinigami, che si dissolse in una pozza sangue.

La pantera inclinò il muso di lato assottigliando gli occhi.

Un piccolo sorriso soddisfatto si dipinse sul volto di Norie: lo sapeva che era una copia!

Dal lago iniziarono a sorgere tante e tante copie di Kyoko e Gareki che le correvano incontro per aiutarla, ma lei si lanciò in una danza mortale; con un agilità sorprendente e con movimenti sempre più naturali Norie fendeva le copie, roteava nel sangue, liquefaceva i suoi amici…eppure la prova non finiva. Più il tempo passava più si rendeva conto che c’era qualcosa che non andava: qual era l’obiettivo di quella prova? Le sembrava di aver già dimostrato di saper combattere…

Mentre staccava la testa di netto a un altro Gareki scorse con la coda dell’occhio la pantera: era delusa. I suoi occhi esprimevano solo disapprovazione. Perché? Con uno scatto irritato Norie falciò due Kyoko che si avvicinavano. Iniziò a riflettere senza smettere di muoversi: una prova doveva metterla in difficoltà e quello che stava facendo non le dava nessun problema; cosa ci voleva con una katana in mano a falciare i suoi compagni.

Ecco.

La lama della katana si fermò a mezz’aria mentre Norie sorrideva amara e altre copie le si facevano incontro a braccia tese. Era quella la prova, era quella la sua difficoltà da superare: fidarsi dei suoi compagni. Perché li stava colpendo? Quelle copie sembravano solo volerla aiutare, come quelli veri, ma lei li aveva colpiti senza esitazione. Sentiva tutto il suo corpo che la pregava di non fermarsi, la sua inadeguatezza nel trattare con le altre persone che la spingeva a continuare, ma lei con uno sforzo disumano…si placò. Abbassò la spada a terra con il corpo che fremeva e chiuse gli occhi.

Niente.

Quando riaprì gli occhi le copie intorno a lei si erano tutte fermate e la pantera avanzava sinuosa verso di lei.

“Brava,” si complimentò, “Cominciavo a credere che non avresti mai capito…” le disse con tono di rimprovero.

“Io…” iniziò Norie non sapendo cosa dire riguardo ai suoi limiti.

“Sarò la tua zampaktou.” La interruppe la pantera e Norie spalancò gli occhi per la felicità, prima di gettarsi con scatto felino su quella e stritolarla in un abbraccio.

“Ehi, lasciami!” iniziò a protestare cercando di scrollarsela di dosso, ma quella perseverava e aveva ripreso a trattarla come un gatto.

“Bravo il mio micione!” gli cinguettava con gli occhi che brillavano.

“Non di nuovo!” ringhiò la pantera prima che un’onda di sangue li travolgesse, con grande terrore di Norie che per poco non soffocò la zampaktou, rafforzando la presa. Quando riaprì gli occhi, si trovò davanti a Kyoko e Gareki che la guardavano perplessi.

“Va e viene con la marea?” chiese il ragazzo leonino alzando un sopracciglio, prima di ghignare e cercare di raggiungerla, “Per colpa tua siamo dovuti rimanere qui a…”

“Zitto Gareki!” gli intimò Kyoko stampandolo a terra con un pugno in testa.

“Dannata…” mugolò quello, ma lei andò da Norie e l’aiutò a rialzarsi.

“Vedo che ce l’hai fatta, complimenti!” le disse con un sorriso e Norie le rispose con uno di rimando.

“Cosa ti aspettavi?” chiese con la sua solita arroganza, ma dentro di sé era orgogliosa.

“Che morissi, fallissi, ti disintegrassi, ti perdessi, affogassi, fossi mangiata dalla zampaktou…” elencò Gareki con sarcasmo mettendosi a sedere, “…che, a proposito,  sta scappando” l’avvisò con un ghigno.

“Cosa?!” urlò Norie accorgendosi nella distrazione di averla lasciata andare e girandosi la vide correre sul sangue.

“Portate via quella gattofila!” urlò loro scatenando le risate dei due accompagnatori e le proteste della nuova shinigami, mentre il mondo si oscurava.

 

***

Shi dovette ammettere che domare una maledetta fenice che si rigenerava era più difficile di quel che pensava; dopo aver esplicitamente proibito a Jin, desideroso di combattere, di intervenire si era lanciato all’attacco della sua zampaktou senza esitazione, colpendola a mani nude ogni volta che si avvicinava, ma quella non faceva che svolazzare sopra di lui per poi precipitargli addosso ferendolo con il becco e gli artigli.

Evitando l’ennesimo attacco si spostò all’ultimo secondo e dopo aver fatto perno sul piede cercò di saltarle sopra, ma quella scartò e lui rotolò nella terra; la fenice ne approfittò e stridendo aprì le ali per poi richiuderla di colpo scagliando così un’ondata di fuoco contro Shi, che solo grazie ai riflessi pronti evitò di venir ridotto a un mucchietto di cenere.

Ecco, era come se fossero passati al livello due: ora lo inseguiva lanciandogli fiammate.

 Rialzandosi col fiatone guardò la fenice che si alzava di nuovo in aria e si asciugò il sangue che gli scendeva da un taglio sulla guancia, poi sogghignò: non era ancora finita. Approfittando della lontananza della zampaktou si arrampicò agilmente su un albero frondoso lì vicino; arrivato il più in alto consentitogli dai rami, aspettò che la fenice calasse per controllare dove fosse e saltò contro di lei colpendola con un pugno così forte da mandarla a schiantare a terra. Non che il suo impatto con il terreno fu dolce, ma non riusciva a non ghignare al pensiero di averla messo k.o.

Peccato che mentre si rialzava dolorante, la fenice esplose in una fiammata viola e si alzò in volo perfettamente rigenerata.

Shi si mise a ghignare apertamente: la sua zampaktou, era un osso duro, un combattimento degno di essere affrontato. Doveva essere sua.

Jin, al riparo da fiammate e beccate, inclinò la testa osservando il suo compagno: nonostante fosse parecchio malconcio sembrava divertito dallo scontro…quanto presto si sarebbe ricordato che era una prova?

“Vuoi rinunciare, Shi?” gli chiese la fenice, scrutandolo coi suoi occhi dorati in volo sopra di lui.

“Vuoi scherzare?” le rispose inclinando la testa, “Il divertimento è appena cominciato…” continuò mentre il suo reiatsu sembrava amplificarsi e il vulcano intorno a lui eruttava; eppure la zampaktou non era impressionata, conosceva quel ragazzo meglio di chiunque altro.

Shi iniziò a scrutarla attentamente, non sembrava impressionata né spaventata…il che significava che ai suoi occhi era ben lontano dal superare la prova; la cosa non lo infastidiva minimamente, si stava davvero divertendo a combattere con lei, ma forse era il caso di mostrarle che faceva sul serio. Era evidente che la prova non ruotava più sulle sue capacità fisiche, doveva per forza essersi spostata sul piano strategico…il suo punto debole.

Mentre evitava una fiammata e cercava di colpirla con un calcio ad un ala, ebbe un’illuminazione: la fenice aveva detto domare…quindi non per forza sconfiggerla e mandarla al tappeto.

Con il ghigno che si ampliava la costrinse di nuovo a una picchiata, cosciente così che avrebbe dovuto risalire nuovamente in quota e ne approfittò nuovamente per arrampicarsi sull’albero. La fenice, che lo aveva osservato, si avvicinò e lanciò dal becco una sfera di fuoco che diede fiamme all’albero. Per un secondo non successe niente e la fenice, perplessa si avvicinò; era a poco meno di un metro quando dalle fiamma si lanciò su di lei Shi. Lei si scostò sorpresa ma il ragazzo si aggrappò in fiamme alla sua ala e con una spinta le si issò in groppa.

“Presa!” esultò aggrappandosi al collo della zampaktou, con le carni che fumavano e un luccichio soddisfatto negli occhi, ma la fenice dovette pensarla diversamente perché con uno scatto si innalzò nel cielo, per poi ricadere a peso morto in un’avvitata.

Shi non mollò neanche per un secondo la presa, nonostante il volo folle nel cielo non lo entusiasmasse.

“Vai così!” gli urlò Jin da lontano facendolo sogghignare, mentre la fenice si lanciava in un volo a bassa quota tra le fronde degli alberi a zig zag, così che le fronde scorticassero il suo passeggero, ma quello non mollava la presa e continuava a ghignare.

Allora si alzò nuovamente nel cielo e si diresse verso il suo nido, il vulcano; accelerando si diresse all’interno tra volute di fumo incandescente che avrebbero ucciso chiunque, ma Shi continuava, anche se a fatica, a tenersi aggrappato.

“Lasciami e arrenditi o mi precipiterò con te nel magma!” gli disse ma il ragazzo ghignò e si strinse intorno al suo collo.

“Allora andiamo giù insieme.” Le sibilò prima che la fenice si lanciasse verso il basso con lui dietro. Per un attimo pensò che sarebbe morto, ma all’ultimo secondo la fenice si rialzò in volo sfiorando con le ali il magma e lo portò fuori dal nido, per posarlo poi sull’erba di fianco a Jin.

“Sarò la tua zampaktou.” Disse al ragazzo più morto che vivo, fumante e coi vestiti in fiamme.

“Lo so.” Le rispose con un ghigno prima che il mondo si oscurasse.

 

***

Mitsuki si era seduta all’entrata del tempio e aveva tracciato una linea di ghiaccio intorno a se, finché non l’avessero sorpassata lei non sarebbe intervenuta, mentre Taiga si muoveva davanti a lei irrequieta ed eccitata; Edward invece guardava la dua zampaktou impassabile, perfino dopo la minaccia di morte.

“Allora?” chiese apatico a braccia incrociate. Non fece in tempo a finire di parlare che il demone con uno solo balzo a velocità inumana attraversò la sala fino a dov’era Edward e lo colpì dritto in faccia con un pugno scagliandolo contro la parete dov’era Mitsuki.

“Ed!” lo chiamò lei facendo per corrergli incontro ma Taiga la rimise seduta con una zampata e le fece cenno col muso di aspettare.

Un grosso reiatsu si alzò dalle macerie del muro ed insieme a lui si rialzò Edward, il sangue che gli colava dalla fronte, l’espressione impassabile se non per un luccichio assassino negli occhi; poi scattò contro il suo avversario e cercò di colpirlo alla stessa maniera, ma quello parò il colpo incrociando le braccia davanti al viso per poi colpirlo con un calcio in pancia, scagliandolo nuovamente contro il muro.

Ancora una volta Ed si rialzò, il reiatsu che sembrava farsi sempre più pesante nella sala. Taiga soffiò.

“Non male.” Commentò Ed prima di partire nuovamente all’attacco e questa volta, quando lo colpì con un pugno la sua difesa fu Ashura ad indietreggiare, poi ricambiò con un pugno sullo zigomo e contemporaneamente uno in pancia ma Ed sputando sangue rispose afferrandolo e tirandoselo in contro così da tirargli una testata contro quella centrale che lo stordì abbastanza a lungo da poterlo calciare nello sterno e scaraventare contro la parate.

Senza attendere lo incalzò cercando di colpirlo nuovamente con un calcio, ma quello gli afferrò con una mano il piede e si rialzò in piedi tenendolo a testa in giù; a questo punto iniziò a colpirlo contemporaneamente con le altre cinque braccia come un sacco da boxe mentre il ragazzo cercava ci pararli, ma se ne teneva ferme due con sforzo disumano, le altre due lo tempestavano di pugni e infine il demone lo sollevò per il piede e lo sbattè violentemente contro il terreno.

“Devo intervenire!” mugulò Mitsuki con la mano appoggiata sull’elsa, fremente di fermare quella che le sembrava un massacro.

“Sta ferma Yuki!” le ringhiò invece Taiga prima di schiacciarla a terra con il suo peso e immobilizzarla mentre imprecava, “Il moccioso è tosto.” Le disse come unica spiegazione con delle fusa d’approvazione.

“Sei morto.” Pronunciò Ashura.

Il demone guardò il corpo di Ed supino a terra, svenuto, e lo afferrò per il collo per alzarlo alla sua altezza, ma non appena lo ebbe fatto il ragazzo spalancò gli occhi e gli tirò un'altra testata, e un’altra, e un’altra ancora, una per testa, per poi iniziare a tempestarlo di pugni approfittando della sorpresa; il demone ruggì e lo colpì con un pugno allo zigomo ma Ed non si fermò e iniziò a prenderlo a ginocchiate nello sterno e nel basso ventre.

Ashura lo scagliò voi nuovamente e Ed rotolò lungo il pavimento, ma non fece in tempo a fermarsi che si era già tornato in piedi e si stava nuovamente lanciando all’attacco in un groviglio di pugni, gomitate, ginocchiate, calci, testate…Ed assomigliava sempre più ad una maschera di sangue ma anche il demone cominciava a mostrare ferite e lividi.

Adesso sia Taiga che Mitsuki assistevano mute a quello scontro brutale e inimmaginabile.

Poi quando Ed corse ancora incontro alla sua zampaktou con furia animale, quella lo colpì con un triplice pugno in volgo schiacciandolo a terra.

“Basta.” Pronunciò vedendo ancora Ed usare tutta la sua forza per spostare i pugni che lo tenevano ancorato a terra e sentendo i calci alle gambe che scagliava inarrestabile, negli occhi il furore di chi non si sarebbe mai arreso, “Il tuo coraggio e la tua sete di combattimento ti rendono un degno compagno.” Gli disse mentre quello si immobilizzava prima di lasciarlo e tornare dove l’avevano trovato.

Dia Mitsuki che Taiga scattarono all’istante al suo fianco.

“Ed?! Sei ancora vivo?” gli chiese la ragazza cercando di capire se la riconosceva e i danni che aveva riportato: come minimo aveva la metà delle costole incrinate, un quarto rotte, le ossa del volto tumefatte, la schiena escoriata e le ginocchia ammaccate.

“Sto bene.” Biascicò con il suo solito tono, ricevendo un’occhiata scioccata da Mitsuki mentre Taiga decise di benedirlo leccandogli tutta la faccia, incurante del sangue.

“Mi piaci moccioso!” commentò divertita.

“Sei malato…” sospirò invece la shinigami mentre tutto si oscurava.

 

* * *

 

Mitsuki, insieme a tutti gli altri Shinigami festanti, bendati e che non riuscivano a fare a meno di chiacchierare tra loro, aprì la porta di una grossa sala dove erano radunati Yachiru, Aika e i vari Arrancar. La prima cosa che videro tutti fu il cadavere di un uomo con indosso una strana divisa nera sdraiato su un tavolo di ferro.

 

La seconda cosa che notarono e che era altrettanto, se non di più, preoccupante era che Yachiru aveva lo sguardo basso e sembrava molto stanca.

 

Terza cosa assolutamente strana: nessun Arrancar ghignava, sorrideva o faceva altro. Sembravano tutti...stanchi? Delusi? Non potevano esserne certi.

 

“Ehi vecchia Yachiru grandi notizie! Tutti hanno superato la prova!” disse Mitsuki cercando di portare un minimo di allegria in quella situazione così pesante. L'anziana spadaccina sembrò risvegliarsi da un sogno e, guardando la giovane Shinigami e tutti gli altri, gli sorrise dicendo “Bene, ottimo lavoro! Ora potete andare a riposare.”

 

Mitsuki rimase sorpresa. Di solito Yachiru era più allegra o per lo meno attiva... ora sembrava un'altra persona.

 

“Vecchia Yachiru...va tutto bene?” chiese Mitsuki il cui cuore aveva leggermente aumentato la velocità dei battiti.

 

“E? successo qualcosa?” chiese invece Kei facendo un passo in avanti.

 

“In effetti sì.” disse Ashuros voltandosi verso di loro “Abbiamo scoperto alcune cose sugli Atarashī kami.”

 

“Cosa? Davvero?” chiese Shi. Forse con quelle informazioni sarebbero potuti entrare subito in battaglia e lui non chiedeva di meglio.

 

“Sì.” disse Ashuros per poi mostrare loro il frammento della maschera recuperato “Questo è il frammento di una maschera di un Hollow abbattuto dai nostri avversari. Io e Jean abbiamo avuto modo di vederli combattere e a quanto pare, come potete vedere, benchè l'Hollow sia morto, la maschera non si dissolve in polvere come di solito accade... e lo stesso vale per il resto del corpo che è stato portato via dagli Atarashī kami”.

 

“Cosa? Il cadavere dell'Hollow non è scomparso? Com'è possibile?” chiese Hiroyuki esponendo il dubbio che tutti si stavano ponendo.

 

“Non lo sappiamo ancora ma probabilmente è a causa delle loro armi.” ipotizzò Jean.

 

“Oh questa sì che è una cosa interessante.” disse Mitsuki avvicinandosi al tavolo, imitata dagli altri dei della morte. Il senso di inquietudine però non si decideva ad abbandonarla “Perchè avete portato qui quel cadavere?”

 

“Per studiare il loro equipaggiamento.” rispose seccamente Yachiru.

 

“E cosa avete scoperto?” chiese nuovamente Mitsuki. Non lo capiva il perché ma lei voleva sapere. Voleva sapere cos'era quel senso di inquietudine e sapeva che la risposta era legata a quel cadavere.

 

“Niente che possa interessarvi.” sentenziò Ashuros fissandola dritta negli occhi. In lui, stranamente, non vide alcun cambiamento, aveva lo stesso sguardo di sempre.

 

“Ehi stupida lumaca guarda che non abbindoli nessuno! Si può sapere cosa state nascondendo?” chiese Mitsuki ora leggermente irritata.

 

“Ossa.” disse l'albino in un sussurro confondendo gli Shinigami.

 

“State nascondendo delle ossa?” chiese Kyoko confusa.

 

L'Arrancar si limitò ad indicare l'esoscheletro argentato dell'umano.

 

“Quelle protezioni argentate... sono ossa di Shinigami.”

 

Il tempo parve fermarsi e la sala precipitò in un silenzio tombale. Gli Shinigami erano allibiti e fissavano ad occhi sgranati l'Arrancar il quale non aveva battuto ciglio nel dargli quella scioccante notizia.

 

“C...cosa hai detto...?” biascicò Norie.

 

“Non hai sentito?” chiese Kurari “quelle sono ossa lavorate di Shinigami. A  quanto pare i nostri cari umani hanno a pezzi i cadaveri dei vostri compagni per crearsi delle armature. Non è un'idea geniale?”

 

“Inoltre sono piene di reiatsu e Yachiru ha già confermato che si tratta del reiatsu di uno shinigami eliminato tre anni fa.” aggiunse Amlach.

 

“Ma non è possibile...come...” iniziò Meiko leggermente spaventata da quella notizia. Gli umani erano davvero così brutali?

 

“Come già detto da Jean, è probabile che sia grazie alle loro armi che riescono ad impedire ai cadaveri di dissolversi così possono farci ciò che vogliono.” spiegò Ashuros per poi aggiungere “Io non so come funziona qua nella Soul Society ma se dei vostri parenti erano degli shinigami e sono stati uccisi è probabile che abbiano ricevuto lo stesso trattamento”.

 

I vari Shinigami sussultarono. Edward e Shi si fissarono per qualche secondo leggermente turbati. Hiroyuki strinse forte i pugni mentre gli altri cercavano di resistere all'impulso di andare subito nel mondo degli umani per fare una strage.

 

Una shinigami però non resistette al colpo e crollò in ginocchio davanti a tutti.

 

“Mitsuki!” urlò Ryoko precipitandosi di fianco all'azzurra ora visibilmente spaventata e con delle grosse difficoltà nel respirare.

 

“Ehi nanerottola che ti succede?” chiese Ashuros abbassandosi davanti a lei, per poi ricordarsi di una cosa “Oh... dimenticavo che i tuoi genitori, così come tua sorella, erano degli shinigami.”

Mitsuki sgranò di colpo gli occhi per poi alzarsi e correre via a perdifiato, svanendo in pochi secondi lungo il corridoio. Ryoko e Meiko non ci pensarono due volte e si gettarono al suo inseguimento. Non potevano lasciarla in quello stato.

 

“Oh oh mi sa che qualcuno non ha dei bei ricordi.” commentò Yuuko dopo aver finalmente ritrovato il suo ghigno sadico.

 

“Le passerà, ce l'ha già fatta una volta no?” disse Ashuros alzandosi in piedi come se nulla fosse.

 

Secco. Preciso. Brutale. Veloce. Il pugno che lo colpì sulla guancia sinistra lo fece volare oltre il tavolo, contro una parete che si crepò pesantemente. Ashuros cadde a terra di faccia mentre i vari Arrancar portavano il loro sguardo sull'artefice di quel gesto.

 

Jin. Lo Shinigami aveva ancora il pugno proteso in avanti e uno sguardo di puro odio rivolto in direzione di Ashuros, il quale si stava rialzando lentamente.

 

Senza esitare, il ragazzo si lanciò in avanti, evitando al pelo un braccio teso di Stun, per poi saltare oltre il tavolo, sollevare Ashuros di forza per il colletto della giacca e rifilargli un altro pugno in faccia.

 

“Rimangiati subito quello che hai detto!!!” urlò adirato il moro tirandogli poi un terzo pugno sempre diretto al volto ma questa volta doveva fare i conti con qualcun altro. Stun lo afferrò per il braccio e lo sollevò senza alcun problema per poi lanciarlo verso gli altri shinigami.

 

Jin atterrò in piedi e mise subito mano sulla sua zampaktou facendo spaventare ed indietreggiare Iri. Allo stesso tempo, Stun si parò tra lui e Ashuros. Voleva colpirlo di nuovo? Sarebbe dovuto passare sul suo cadavere.

 

“Levati di mezzo bestione!!!” ruggì Jin lanciandosi in avanti, stavolta affiancato da Edward e Shi.

 

“Smettetela!!! ORA!!!” la voce di Yachiru tuonò nella sala paralizzando tutti i presenti “Tornate immediatamente nelle vostre stanze.”

 

“Ma Yachiru, lui ha...!” protestò Jin ma Yachiru lo gelò con un'occhiataccia e non era un'occhiataccia qualunque: era piena di istinto omicida.

 

“Ho. Detto. ORA!” ripetè la donna e tutti se ne andarono pian piano. Tutti tranne Ashuros che si stava leccando il grosso livido sulla guancia e Aika che si era rifugiata dietro all'albino, spaventata da Yachiru.

 

“L'hai fatta davvero grossa, Ashuros.” sibilò l'anziana voltandosi verso di lui “Ora andrò da lei a vedere come sta. Tu vattene da qui e ritorna fra qualche ora per scusarti con lei. Spero che questo possa bastare.”

 

“Ashuros...” disse Aika che sembrava avere quasi paura di parlare.

 

“Non ti preoccupare Aika, ora andiamo a fare una passeggiata.” le disse Ashuros prendendola poi in braccio e facendola sedere sulla sua spalla.

 

In silenzio l'Arrancar si diresse fuori dal Gotei 13, diretto verso il boschetto dove l'aveva trovata quello stesso giorno.

 

* * *

 

Yachiru entrò silenziosamente nella camera di Mitsuki e la vide. Tremante. Le ginocchia portate al petto e le braccia incrociate a nasconderle il viso. Davanti a lei Ryoko e Meiko fissarono il comandante scuotendo la testa.

 

“Non riusciamo a calmarla...” disse Ryoko e Yachiru con un segno della testa, gli disse di uscire dalla stanza. Le due se ne andarono in silenzio e chiusero la porta appena uscite.

 

“Mitsuki...” iniziò la vecchia sedendosi di fronte a se ma non ebbe motivo di proferire nessun'altra parola. La giovane Shinigami le si era fiondata addosso abbracciandola per poi iniziare a piangere. Non si vergognava minimamente. Non poteva trattenerle ancora quelle lacrime e sapeva che Yachiru l'avrebbe capita.

 

“Ti prego! Ti prego dimmi che non è successo lo stesso a loro!” disse Mitsuki tra i singhiozzi.

 

“Tranquilla piccola mia. Li ho sepolti io e ho atteso che diventassero anime. Non hai di che temere...non gli è stato fatto nulla.” disse Yachiru accarezzandole i capelli. Mitsuki parve calmarsi un poco ma non smise di piangere. Ormai era tardi per fermare le lacrime.

 

“Perchè... perchè lo fanno? Perchè farci questo!”

 

“Non lo so... gli umani sono strani ed è probabile che sia l'oscurità dietro agli Atarashī kami la causa di questo comportamento.” disse Yachiru. Dopo qualche minuto Mitsuki si calmò completamente.

 

“Quella maledetta lumaca... me la pagherà cara!”

 

“Ecco la Mitsuki che conosco.” disse Yachiru sorridendole “Dovrebbe tornare tra poco. Pensaci con calma alla tua vendetta” e detto questo uscì dalla camera lasciandola alla prese con i suoi piani crudeli.

 

* * *

 

“Ashuros... sono stanca...” disse Aika sbadigliando.

 

L'Arrancar si fermò ma prima di metterla giù controllò per bene il sentiero avanti a sé.

 

“Non siamo molto lontani. Riesci a tornare da sola?” le chiese e Aika annuì sorridendo per poi tornare sulla strada di casa.

 

“Hai davvero una grossa faccia tosta.” proferì una voce maschile da dietro un albero.

 

“Lo considero un complimento, Jin.” disse Ashuros ghignando per poi voltarsi verso lo Shinigami uscito dal suo nascondiglio.

 

“Te lo dirò un'ultima volta. Rimangiati ciò che hai detto.” ringhiò Jin estraendo la sua zampaktou “E se non lo farai di tua spontanea volontà, ti aiuterò io.”

 

“Ci tieni molto a lei eh?” chiese l'albino ghignando e anche lui estrasse la sua spada.

 

“Non è come credi ma non posso permettere che soffra così e che tu la passi liscia. Ti avevo giudicato male Ashuros ma ora so che sei uguale a tutti gli altri. Un maledetto Arrancar senza scrupoli.” sibilò Jin avvicinandosi all'albino.

 

“Beh, vediamo di cosa sei capace Shinigami!” disse Ashuros poi, all'unisono, scattarono uno verso l'altro.

  
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