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Autore: Melora    16/01/2005    8 recensioni
[Priscilla, la regina del deserto]
"E con la qui presente io battezzo questo squallido camper di Barbie...Priscilla, la Regina del Deserto"
-Adam-
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA DELL'AUTRICE: Allora, questa fic è ispirata al film "Priscilla, Queen of the Desert". E' il mio film preferito, lo adoro assolutamente e ho sempre desiderato scrivere una fic su questo piccolo capolavoro. I due personaggi sono Anthony e Adam, alias Mizzie e Felicia. Sono due omosessuali e due drag queen. Le drag queen, per chi non lo sapesse, sono quegli uomini, o quei transessuali, che si travestono da donne e cantano in playback su canzoni famose. Sono estremamente affascinanti secondo me, ma questa storia vuole concentrarsi di più su quello che c'è dietro, dietro la facciata di trucco e sorriso. Scritta in omaggio a Hugo Weavin e Guy Pearce, che a mio parere sono due attori fenomenali.

Lo guardai. Bagnato fino al midollo da quella scrosciante pioggia estiva.
Struccato, spettinato.
Senza niente che ricordasse la sua perenne ironia, il suo dire costantemente in faccia al mondo: -Io sono Adam, sono omosessuale e mi piace vestirmi da donna, avete qualcosa da ridire?-
Lo guardai senza parlare, incapace di distogliere gli occhi da lui, respirando piano per non disturbare il silenzio. Stregato. Totalmente, completamente stregato da quel viso d'angelo. Avevo sempre pensato che fosse splendido. Bellissimo, intoccabile.
E l'avevo sempre ammirato. Ad ogni spettacolo che facevamo riusciva sempre a stupirmi, ogni volta mi lasciava a bocca aperta. Era capace di reinventarsi ad ogni esibizione, di apparire dolce, ironico, sensuale. Non sapevi mai cosa aspettarti da Adam. O meglio, da Felicia. Perché lui quando saliva sul palco, e anche per la maggior parte del tempo giù dal palco, si trasformava in Felicia.
Sapeva truccarsi in maniera strabiliante e, se non fosse stato per il fisico statuario e ben poco femmineo, tutti l'avrebbero scambiato per una bellissima donna.
E invece era un uomo. Uno splendido, ammaliante uomo, che si vestiva da donna. Un po' come me. Solo che io non ero splendido, né tantomeno ammaliante.
-Vuoi entrare?- mi decisi a parlare, scostandomi appena per permettergli di passare. Ma lui non si mosse. Si limitò a fissarmi, la bocca un poco dischiusa, i capelli scuri appiccicati sulla fronte in tanti umidi riccioli.
E in quel momento pensai, non senza uno sfondo di paura, che non l'avevo mai visto così serio, così malinconico. Neppure quando, un mese prima, era stato quasi violentato da un facinoroso, alla periferia di Couper Peedy*.
Gliene avevo dette di tutti i colori quando eravamo tornati in albergo, dopo l'aggressione. Vedere il suo labbro perfetto deturpato da un enorme livido mi aveva sconvolto, così come l'elegante vestito mezzo strappato che lasciava intravedere la biancheria. I suoi occhi terrorizzati e dilatati per via della droga che aveva assunto avevano incontrato i miei, provocandomi una dolorosa fitta al cuore, e io ero esploso. Avevo iniziato ad urlargli contro, sfogando così tutta la paura, tutta la mia preoccupazione per lui. Non potevo fare altro.
Poi tutto si era chiarito, ma non avrei mai dimenticato la sua espressione quel giorno. Quella di una persona messa a nudo, scoperta, priva di difese.
Cominciavo a non sopportare più il silenzio quando Adam si decise. Mosse un passo all'interno dell'appartamento, poi un secondo, un terzo, fino a raggiungere il centro del piccolo salotto. Io rimasi appiccicato alla porta, senza riuscire a staccare gli occhi da quel fisico scolpito, messo in mostra dall'aderente maglietta nera. Lasciai scivolare il mio sguardo sui pettorali, poi più in basso lungo le gambe snelle fasciate in un paio di jeans stretti e risalendo raggiunsi il suo viso. E i suoi occhi.
Mi incatenarono.
Chiusi la porta meccanicamente, tenendo gli occhi ancorati a quelli di lui.
-Benjamin non c'è- gli dissi, tanto per spezzare il silenzio. Ben era mio figlio, aveva otto anni e una mentalità straordinariamente aperta, per un ragazzino della sua età. In effetti non potevamo aspettarci altro, io e Marion. Lei bisessuale, io omosessuale e travestito. Sconvolgevamo un bel po' di gente, quando uscivamo insieme. E poi era arrivato Benjamin, e adesso Marion si era presa una vacanza per riposarsi un po', e il ragazzino si era trasferito qui.
Adam spesso veniva a prenderlo, per portarselo ad una qualche mostra, o a fare shopping. Per mio figlio Adam era una specie di fratello maggiore, uno con cui divertirsi.
Non per me, però. Per me Adam era il frutto proibito. L'amico di infanzia che troppo tardi ci si accorge di amare. Il desiderio più sfrenato e l'affetto più casto. Quando eravamo partiti per Alice Springs*, mesi prima, mi ero detto che lo portava con me in tournee perché Adam era un bravo artista. Balle, un mucchio di balle. L'avevo portato con me perché il pensiero di non vederlo per settimane, per mesi, mi faceva uscire pazzo. E così eravamo partiti, e visto che Adam non aveva problemi con i gesti affettuosi c'erano state tante occasioni di abbracciarsi, di toccarsi. Sarei dovuto essere contento, e invece mi infuriavo con me stesso ogni volta che accadeva. Adam mi abbracciava perché mi considerava il suo migliore amico. Io accoglievo il suo abbraccio perché speravo sempre che potesse esserci qualcosa di più.
E in qualche modo mi sembrava di tradirlo.
Ero decisamente teso. Per essere sinceri una corda di violino sarebbe sembrata una bolla di sapone, in confronto a me.
Poi Adam iniziò a cantare, spiazzandomi totalmente. Ed io ero così perso nei suoi occhi che mi ci volle qualche istante per capire che era proprio lui, e non qualche cassetta registrata, a diffondere quella canzone nell'aria.
La conoscevo benissimo, la usavamo spesso in tutti i nostri spettacoli.
-First I was afraid...I was petrified...Kept thinking I could never live...without you by my side...- Adam cantava, cantava e cantava.
Teneva lo sguardo fisso su di me e cantava.
Possibile che intendesse veramente quello che stava cantando?
Le parole parlavano di amore, di paura.
Raccontavano di dolori e rinascite.
Era mai possibile che lui provasse tutto questo nei miei confronti?
Confuso, continuavo a guardarlo, e Adam non smetteva di cantare.
-I should have changed my stupid lock…I should have made you leave your key...If I had known for just one second you'd be back to bother me...-
Sapevo cosa Adam stava cercando di fare. Ne avevamo parlato tante volte, di come la musica e le canzoni potevano esprimere sentimenti. Così non mi soffermai sulle parole esatte, in fondo era lui a essere venuto da me, e non io a essere andato da lui. Andai oltre il mero significato delle frasi, cercando di cogliere la sfumatura che lui voleva farmi comprendere.
Quando finì la prima strofa, e iniziò con il ritornello storse la bocca in una smorfia amara. -Go on now go...Walk out the door...Just turn around now...'cause you're not welcome anymore...- Sembrava quasi che si rivolgesse queste parole contro. Invece che dirigerle verso di me, come accadeva nella canzone, Adam se le stava gettando addosso.
Pensava davvero che avrei potuto cacciarlo via?
Mi resi conto che tutto quello che voleva dirmi era contenuto in quelle prime parole, tutto il resto della canzone era mero sfondo a quei due concetti chiave. L'amore e il rifiuto.
E improvvisamente mi sentii molto stupido.
Adam, che pure era più giovane di me, aveva trovato il modo di spiegare tutto quell'insieme di sentimenti confusi che ci legavano. Era talmente semplice. Così elementare e nonostante ciò assolutamente stupefacente.
Io l'amavo. E lui mi amava.
Ce l'eravamo detti tante volte, in una miriade di gesti, ogni giorno. Ma non eravamo mai riusciti a dircelo.
Mossi qualche passo verso di lui, incerto su cosa fare. Avevo paura, proprio come recitavano le prime parole della canzone. Paura di aver frainteso, paura di essere ferito. Avevo una paura folle di ferire Adam, o di deluderlo. Ero terrorizzato all'idea di instaurare un qualcosa di più tra di noi.
E poi la canzone finì, con una semplice frase. -We will survive-
Adam sorrise dolcemente, pronunciando queste parole create apposta per cancellare tutti i miei dubbi.
Non c'era più paura, o gioia, o stupore. C'era soltanto lui.
Adam e io.
Insieme, come sempre da quando avevamo cinque anni. Ma adesso eravamo qualcosa di più.
Io e Adam.


*Mi scuso se i nomi dei posti che ho citato nella fic non corrispondono a quelli del film. La pronuncia molto spesso può ingannare e non ho testi scritti sui quali basarmi.
  
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