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Autore: Fear    06/09/2014    2 recensioni
[Angst, H/C; death, spoiler! del dodicesimo episodio in poi – Mana!centric, hint!Mana/Shu, implicit!Mana/Inori]
Cit/: Lo spirito non moriva mai, ma soffriva atrocemente, e sanguinava. Così ogni giorno l'alba giungeva, e così ogni volta la notte l'avrebbe succeduta, con l'oro negli occhi. Per questo quelli di Mana stridevano di alizarina, così come la sua bocca, che gocciolava storie da raccontare e segreti da rivelare alle farfalle, che un tempo erano apparse in mezzo ai viburni del viale, attorniate da aure inferme. Ma nell'algido vento di inizio Febbraio, quegli erranti colori non esistevano; tali anime senza peccato – fragili ed indifese, non avrebbero mai goduto un velo d'immortalità eterno. Qualcuno accanto, eppure siamo tutti soli; premendo con le dita sulla lunga gonna indossata, desiderò vestire il suo corpo di farfalle e profumare di primavera. [...]
• {scritta perché Mana aveva tutto, ed adesso non ha niente}
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shoujo-ai | Personaggi: Mana Ouma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Cantò solo per quell'estate
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Fase II: Infezione






 
«Guardami, Shu. Dimmi, vorresti che la tua sorellona ti raccontasse una storia?», Mana afferrò i bordi in legno d'abete bianco della culla; ormai non c'era più bisogno per lei di alzarsi in punta di piedi per poter accarezzare la guancia levigata del fratellino. E lui era così soave: un piccolo essere completamente rosa, i piccoli palmi che spesso dissimulavano le lacrime composte d'acqua ancora dolce, ed il visino pallido, così come gli occhi di quel colore assiduamente nebuloso ed impreciso. A Mana piaceva sfiorargli i piedi morbidi e la pelle vellutata, specialmente quando dormiva nella penombra della stanza tappezzata di un blu fiordaliso, nonostante Mana fosse sicura gli sarebbe piaciuto di più il rosso. Amava starsene seduta di fianco al giaciglio del neonato, soprattutto durante i piovosi pomeriggi di Novembre, leggendo favole perdute e oscurate dal passare dei giorni senza Saeko. Kurosu non apprezzava l'ambiente casalingo, ed in sei mesi, l'unica volta che aveva incontrato il calore di Shu, fu quando lui e Mana tornarono dall'ospedale in macchina, dopo che Saeko li abbandonò pronunciando come ultima parola semplicemente il nome del secondogenito – permettendo al marito di amare il suo tepore almeno per una volta. Rincasava dopo il tramonto, Kurosu, inseguendo la via più lunga, in modo da evitare lo sguardo preoccupato della figlia prima che andasse a letto, sfuggendo dalla sua voce flautata e gli occhi madidi di mestizia. Con ciò, si raggomitolava su di un letto ora fin troppo grande; senza nemmeno averle augurato la buonanotte, senza nemmeno un bacio regalato sulla fronte od un mezzo alzamento del lato della bocca – perché era colpa sua, non di Mana, e gli inutili autunni li avrebbe passati solamente lui davanti al calendario, decomponendosi adagio. Se il suo viso si fosse illuminato grazie a quella mezzaluna presente sulle sue labbra, avvolto dal marmoreo dell'eucharis che le ornava i capelli, si sarebbe sentito precipitare, e quasi certamente, un giorno, non avrebbe più posto resistenza; sarebbe marcito da solo nel suo ufficio, soffocando tra il profumo di foglie e di muschio della sua candida Saeko, lasciando Mana e Shu sbocciare solitari, come rose d'inverno, nel campo coperto di neve. 
Mana, spesso, durante la notte sbirciava dalla sua finestra, e senza una luce accesa, lei attendeva. Una volta, la strada dinanzi era stata un ampio viale ornato dall'erba lucente ed ordinatamente falciata, ospite di alberi ed arbusti di svariati tipi tra i suoi fili smeraldo, vivi con le risate di una famiglia distrutta, di bambini che avrebbero preferito lesionarsi un ginocchio piuttosto che il cuore. Ora quelle banche erbose erano un pasticcio di verde spettinato, fango e fronde morenti, mentre gli alberi venivano soffocati da un'edera prosperosa ed ingannatrice. Ogni tanto, Mana riusciva a resistere al Dio del sonno, stringendo ed affidandosi a quel Dio che le aveva portato la felicità, che lei si illudeva le volesse bene e che otteneva ogni notte una preghiera sussurrata da quell'angelo dagli occhi rossi che era, e che desiderava soltanto un leggero tocco, avvertire un mormorio d'amore da parte del suo papà. Alle volte, due fanali accecanti le dipingevano il volto di gioia, e se era anche così privilegiata da riuscire ad individuare l'ombra di Kurosu nel crepuscolo, con il camice bianco, gli occhi gonfi ed una camminata barcollante, Mana avrebbe sorriso ancora di più, riempendo interamente quella casa così vuota e mesta con polvere di stelle e raggi di sole.
Shu avrebbe continuato a dormire fino alle ultime ore del pomeriggio. Sogna, fanciullo mio, sorrideva Mana restando fedele alla sua famiglia ed al suo ambiente infantile – nonostante l'oscurità arrivasse anche per lei, con il suo manto azzurro, adornato di gioielli. Lei, celeste, con gli occhi chiusi, non si muoveva, e sognava di respirare tra le onde, per poi camminare su di un bagnasciuga caldo e brillante, fermandosi ogni dieci passi per raccogliere delle conchiglie misteriose. La spuma del mare le solleticava ancora la pelle quando alla brezza della mattina si risvegliava, con l'odore della salsedine rimasto nell'anima e la marea risuonante per tutta la stanza. Lo spirito non moriva mai, ma soffriva atrocemente, e sanguinava. Così ogni giorno l'alba giungeva, e così ogni volta la notte l'avrebbe succeduta, con l'oro negli occhi. Per questo quelli di Mana stridevano di alizarina, così come la sua bocca, che gocciolava storie da raccontare e segreti da rivelare alle farfalle, che un tempo erano apparse in mezzo ai viburni del viale, attorniate da aure inferme. Ma nell'algido vento di inizio Febbraio, quegli erranti colori non esistevano; tali anime senza peccato – fragili ed indifese, non avrebbero mai goduto un velo d'immortalità eterno. Qualcuno accanto, eppure siamo tutti soli, continuando a contornare il volto di Shu con lo sguardo, Mana si mise a sedere; premendo con le dita sulla lunga gonna indossata, desiderò vestire il suo corpo di farfalle e profumare di primavera. Eppure, le lacrime discendevano dritte sull'arso del volto, cadendo tra le tristi piume delle sue ali invisibili, celando l'impensabile – e tutto quello a cui Mana pensava si trasformò in scintille, mentre un esiguo volatile dal petto infiammato beccava briciole sul davanzale, donate a lui da Mana. Questo scrutava la campagna circostante, soffermandosi con uno strano scatto della piccola testa sull'orizzonte, riparandosi per un momento il rostro grigio e facilmente infreddolito con le sane ali da Icaro, mentre la sua ombra si placò per qualche istante. Mana la osservava, così come la sua, proiettata sul pavimento; inconsistente e leggermente oscillante. All'improvviso, il passero volteggiò nell'aria sbattendo un incalcolabile numero di volte le falde piumate delle sue ali; mentre la sua scura sagoma sfuggiva alla vista, e quella di Mana rimaneva ferma davanti a lei, perché incapace di volare.
«Tanto tempo fa, dei pettirossi birichini risiedevano in un bosco incantato, felici» iniziò a dettare Mana, aprendo di poco la finestra e respirando profondamente la brina svolazzante della terra circostante. Chiuse gli occhi e lasciò che le sue lacrime fossero condotte via dal vento, forse Dio avrebbe potuto sapere come confonderle con la rugiada. Prima di richiuderla, come parentesi, le sue ciglia si serrarono, arrestando il tremolio degli occhi e le lacrime acide e roventi dal tatuare ancora il suo volto. «Quanto lo erano quando mangiavano le bacche del grande Dio della foresta, scappando poi, con le pance piene», Mana sperò che, nonostante la tristezza che racchiudeva quel suo racconto, i sogni di Shu sarebbero stati pieni di giostre e risate, «un giorno, però, il Dio si arrabbiò quando vide loro saccheggiare un altro suo ramo, ed infuriato, fece crescere delle spine sulle sue fronde». Mana aveva vissuto nella città più dolce della Terra, che le avevo donato strade spianate e clementi, ora invece, spesso si smarriva in mezzo a quello stesso percorso, forse abbandonata dall'infanzia e tentata da ciò che dimorava oltre le montagne, e lo stesso mare. Avrebbe amato giocare nuovamente con le lucciole l'estate successiva, come faceva pochi anni prima, nelle ore più buie, mentre papà la cercava, senza mai farsi del male, risanando la mente e cancellando le guerre. «Disperati ed affamati, i passerotti piccini ed accaldati, andarono incontro alle mature bacche rosse adornate di spine. Volarono dritti ad ali spiegate, infilzandosi uno ad uno con gli aculei menzogneri, che attraversavano i loro addomi», salate erano le lacrime che sfociavano dalle iridi colpevoli d'aver infranto l'estivo coprifuoco, quando papà la sgridava e mamma poi la consolava, a differenza dell'amarezza del presente, in cui piangeva veleno. «Impalati ed ignari, sotto il caldo di un'estate cocente, loro, incapaci di muoversi, cantavano. Cinguettavano centinaia di scuse, pregando per tutta la stagione calda, mentre lentamente morivano nel bosco che tanto elogiavano e di fronte al loro Dio, a cui regalarono una delle più belle sinfonie mai sentite».
Come mai avrebbe potuto fermarle, le sue lacrime avvelenate da angelo nefasto, capaci di fuoco congelato e crudele bontà? Il bambino addormentato, il suo gracile corpo disteso in qualche modo sereno, anche se qualche volta scosso da impercettibili vibrazioni, e le sue mani aggrappate ad un mondo di sole imperituro, le sue piccole labbra si arcuavano in smorfie che parevano sorrisi. Mana lo guardò un altro momento, questa volta con occhi tristi e tuoni di lacrime improvvisi, che si trasformarono in un gusto metallico di labbra inconsciamente morse per contenere il dolore, mentre con i palmi sulle costole abbracciava sé stessa, inchinandosi e piangendo. 











Come potrei spiegare il tutto? Dovrei incominciare con lo scusarmi, perché il ritardo c'è e non posso negarlo... però, ecco, non lo avevo promesso, non sapevo quando avrei aggiornato. E soprattutto, sono stata impegnata con l'inizio della scuola (ripetendo per la centesima volta che qua in Deutschland s'incomincia verso la seconda settimana d'agosto), e tutto il resto. Inoltre, per quanto riguarda EFP, ho pubblicato una one-shot sul Kagerou Project a cui ho lavorato veramente tantissimo e a cui tengo – essendo sulla mia OTP più Ayano-san. In poche parole: occupata, ma presente. Ringrazio tantissimissimo Amai per aver recensito lo scorso capitolo con una recensione carinissima e che mi ha incoraggiato ancora di più a portare avanti il progetto (oltre tutte le visite ricevute, ovviamente e chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite), anche se: cliccate qua ed osservate i miei skillsss. Questo capitolo è abbastanza triste, perché è così che ho voluto immaginare la relazione di Kurosu con Mana dopo la morte di Saeko: non voglio inquadrarlo come cattivo, ma come atrocemente segnato dalla morte della moglie. Si vede che Mana ama Shu, no? Ed io mi voglio anche concentrare su questa loro relazione nella storia (oltre che quella con Mana ed Inori alla fine). La "felicità" inizierà nel prossimo capitolo, promesso, quindi aspettatemi! Anche perché tra quattro giorni è il mio compleanno, aye, esattamente come Ami Mizuno, signori e signore. Miku.
   
 
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