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Autore: Viviane Danglars    26/09/2008    4 recensioni
8 - Vesper
- Non c’è sangue, Nanao – le rivelò con dolcezza.
» [Shunsui/Nanao] [raccolta di one-shot: non sempre l'acqua fa sentire puliti]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Citazioni evidenti e dichiarate: Casino Royale e V per Vendetta. "Vesper" anche per l'ora del giorno. :P
Per il resto, una AU spero non troppo ooc. (no, lei è ooc e pure lui, dammit, lo sapevo)

Avvertenza: da adesso in poi, finiscono i capitoli già pronti, il che vuol dire che i prossimi (se ce ne saranno) li devo ancora scrivere. Perciò sono ben accetti i suggerimenti, ma attenzione: non sono capace di scrivere su commissione, perciò non posso garantirvi nulla, i suggerimenti sono solo un misero modo di porre rimedio alla mia mediocre immaginazione. XD


Vesper
[Shunsui/Nanao]




L’aveva cercata per mezza Soul Society, partendo dalla Quarta Divisione e risalendo fino all’Ottava.
Aveva iniziato nel pomeriggio ed ora era sera inoltrata, e il sole era rosso sangue: un adattissimo rosso sangue che pulsava contro il cielo notturno e scendeva come liquido sugli edifici. Si era solo al tramonto, e già la notte nera premeva per scendere.
E Shunsui non riusciva a trovarla.
Unohana aveva detto che aveva solo una piccola ferita alla spalla, niente di grave. Che si era alzata silenziosamente e se ne era andata dal suo letto. Che era ancora troppo sconvolta per stare da sola.
Aveva iniziato proponendo di mandare qualcuno a cercarla, ma Shunsui aveva scosso la testa. No. Toccava a lui.
La colpa era sua. Se lo ripeteva girando ogni angolo, nella sua ostinata e silenziosa ricerca, sempre più frenetica, sempre più spaventata.
La colpa era sua, che non aveva avuto abbastanza cura del suo luogotenente. Era stato lui a lasciarla andare in quell’orrenda guerra per la quale lei non era preparata. Era colpa sua se aveva rischiato di morire, la piccola Nanao dai libri stretti al petto, la più piccola della sua divisione… Lei e i suoi occhiali e i suoi capelli mai fuoriposto.
Continuando a cercarla finì col dimenticare perché lo stava facendo. Nella sua mente era ben presente la nozione più importante – era ferita e sconvolta, non doveva rimanere sola – ma non era quella che dava forza al suo shunpo, non era quella frenesia che sollevava le sue mani, una porta dietro l’altra.
Voleva vederla. Per la prima volta dopo il bagno di sangue che era stata quella guerra.
No, Nanao non era pronta per la carneficina.
Doveva trovarla.
Entrò negli uffici bui senza avere molte speranze: Nanao non aveva motivi per tornare lì. Percorse i corridoi silenziosi e le stanze vuote dell’Ottava Divisione in fretta; non c’era nessuno rimasto a lavorare fino a tardi, quella notte, perché c’era la guerra e nessuno aveva tempo da perdere dietro le scartoffie.
Poi, inaspettata, una piccola luce, un rumore confuso e attutito. Shunsui voltò a destra e si ritrovò nello spogliatoio. La luce era accesa e le docce illuminate; il rumore del getto d’acqua aperto arrivava costante dalla stanza accanto.
Aprì la porta, senza riflettere, concedendosi di sperare. Ed eccola lì.
Si permise un momento di pausa sulla soglia, recuperando la sua calma, mentre studiava lo spettacolo inatteso che si era trovato davanti agli occhi.
Nanao era accucciata sulle piastrelle della doccia più vicina, il getto d’acqua che batteva incurante sulle spalle e sulla testa. Era vestita del suo kimono nero sporco di sangue e sudore, ormai completamente bagnato; i capelli erano irrimediabilmente sciolti e le pupille un po’ dilatate mentre si stringeva con forze le dita delle mani sotto l’acqua, le une con le altre. Non aveva gli occhiali; da sotto l’orlo della manica strappata si poteva vedere la fasciatura bianca.
E continuava a strofinarsi le mani, come se non si fosse neppure accorta di lui.
- Nanao-chan! … Sei ferita, dovresti riguardarti! – fu la sua prima reazione, e fece per avvicinarsi, camuffando la preoccupazione dietro alla sua dolce indolenza, in un modo che avrebbe dovuto convincere la piccola shinigami ad avere fiducia in lui.
Ma un solo passo avanti e già si era reso conto che non era quello il caso. Nanao aveva a malapena sollevato gli occhi verso di lui, e Shunsui fu stupito e spaventato dal modo in cui quegli occhi, senza occhiali, senza controllo, sembrassero grandi come quelli di una bambina.
- Nanao-chan… - ripeté, chinandosi di fianco a lei. La vide seguire istintivamente il movimento dell’haori, glielo vide negli occhi. Per il resto si sarebbe quasi detto che lei non fosse lì.
Cautamente, allungò una grande mano, esitando ancora a toccarla. – Nanao-chan… che cosa fai qui? – chiese, la voce bassa, il tono dolce.
- Il sangue – rispose lei in un sussurro senza fiato, e lo guardò in viso, sbattendo le palpebre una volta sola, come per chiedergli aiuto. Poi abbassò lo sguardo sulle proprie mani arrossate. – Non riesco a lavarlo via… - Shunsui raccolse lo sguardo nei suoi occhi, seguì il percorso che gli occhi indicavano, e donò un’occhiata di tenerezza a quelle povere mani. Una delle sue andò a prenderle, entrambe, in un palmo solo, mentre l’altra si decideva a posarsi gentilmente sulla china testa bagnata di Nanao. La sentì rabbrividire al tocco, ma non si oppose.
Strinse con fermezza le mani fredde. L’acqua era gelida.
- Non c’è sangue, Nanao – le rivelò con dolcezza.
Lei fissava le loro mani, tremando piano. Scosse piano la testa e lui la precedette, iniziando a massaggiarle dolcemente le dita con le proprie, nel tentativo di calmarla col movimento ritmico dei pollici sulla sua pelle: - E’ andato tutto bene, Nanao. – La sua voce era come una ninna nanna. Era roca, ma calda. Era perfetta per cullare i bambini. - Abbiamo vinto. -
- Sì, - concesse lei, e chinò il capo per annuire. Sapeva che lui cercava di tranquillizzarla, lo sentiva, e voleva rispondergli. Doveva controllarsi.
La stanchezza e il freddo le scuotevano il corpo, e Shunsui era chino, vicino, ma non troppo. Non poteva avvicinarsi troppo. L’avrebbe spaventata di più, così temeva.
Ah, Nanao, non è il momento giusto questo per essere il tuo seccatore innamorato. Hai bisogno di un capitano forte, ora.
Ma proprio quando la debolezza di Nanao avrebbe dovuto far risaltare la sua forza, Shunsui sentiva il cuore tremare alla vista del dolore di lei. Tremava perché, oh piccola Nanao, potrei stringerti ora, chiudere quest’acqua e asciugarti i capelli con il respiro.
Ma non posso farti questo, tu non lo vuoi, tu non ne hai bisogno.
Asciughiamo queste mani…

- Vieni, avanti… devi asciugarti – mormorò, tirandole gentilmente le dita.
Ma Nanao si strinse di più contro la parete della doccia e scosse la testa, guardandolo quasi stupita, con qualcosa di indefinibile negli occhi. Shunsui non capiva il perché, ma quell’ovvio rifiuto ebbe il potere di fargli un po’ male. Tentò uno dei suoi sorrisi, che gli uscì così triste. – La tua ferita si riaprirà… - la avvertì, cercando di essere logico. Ma non si sentiva logico. E non si sentiva bene.
Perché provava nausea per la guerra che avevano vinto, perché non avevano davvero vinto, perché poteva sopportare tutto il sangue ma non la vista di Nanao ridotta in quel modo.
Si scostò, sospirò, e si spostò gentilmente, poi si sedette di fianco a lei sotto le gocce sottili come spilli, morbide come steli d’erba. Nanao non reagì mentre gli strati del kimono e dell’haori si macchiavano piano piano, bagnandosi, e si attaccavano alla pelle del capitano che stava seduto completamente vestito, in silenzio.
- Hai ragione, Nanao-chan – sussurrò dopo un istante. - Come sempre hai ragione. C’è troppo sangue – disse, rovesciando la testa contro la parete di piastrelle, per guardare verso l’alto. L’acqua che scendeva in gocce fredde avrebbe potuto essere Dio.
Lei continuava a tremare, di fianco a lui. Solo allora mormorò, senza guardarlo: - Sono venuta qui… per cercarti. -
Shunsui non disse nulla, ma si voltò appena.
- Io… non sapevo dove andare… ma avevo bisogno… - Nanao strizzò gli occhi per un istante, - speravo che tu fossi qui. -
E il capitano sentì stringersi il cuore, davanti alla piccola Nanao che, di tutti i posti della Seireitei, era venuta fin lì sperando di trovare lui. La voce esile di Nanao che gli rinfacciava di non esserci stato gli soffiò sul cuore, accusatrice e calda insieme.
- La quarta divisione… - iniziò.
Ma Nanao sollevò una mano e gliela posò sul braccio, riconquistando la sua attenzione; strinse la stoffa bagnata con forza, e per un istante anche Shunsui vide il sangue sulle sue mani, e tremò.
Allora le prese di nuovo, stavolta le racchiuse nel palmo, e chinandosi sotto la pioggia artificiale le portò alle labbra e le baciò. Baciò dita sottili che sussultavano al suo tocco rilassandosi impercettibilmente di secondo in secondo.
Lasciò perdere ogni inutile spiegazione. - Sono qui – sussurrò sulle sue nocche.
Poi sollevò lo sguardo su di lei ed ora c’era qualcos’altro negli occhi di Nanao, uno sguardo attonito di meraviglia e di gratitudine, la bocca socchiusa e una ciocca nera che disegnava un arabesco sulla guancia.
- Va meglio, ora? -
Lei annuì appena.
Shunsui liberò una mano e le passò il braccio attorno alle spalle, facendola appoggiare a sé; Nanao gli si aggrappò all’istante.
Lui non disse nient’altro, chiuse gli occhi, e lasciò che l’acqua continuasse a scorrere mentre la accarezzava in silenzio.
   
 
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