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Autore: _Aras_    08/09/2014    1 recensioni
La mente aprì gli occhi.
Si trovava in un’ampia sala oscura, rischiarata appena da una luce proveniente da luoghi ignoti.
Davanti a lei stavano sagome imponenti e oggetti sconosciuti, immagini di sogni che non avrebbe mai ricordato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mente aprì gli occhi

La mente aprì gli occhi


La mente aprì gli occhi.

Si trovava in un’ampia sala oscura, rischiarata appena da una luce proveniente da luoghi ignoti.

Davanti a lei stavano sagome imponenti e oggetti sconosciuti, immagini di sogni che non avrebbe mai ricordato.

Alla sua destra stava una grande costruzione in legno che rassomigliava al vecchio confessionale della chiesa che aveva frequentato per tanti anni.

Incapace di controllare le sue membra, la mente vi entrò.

Sentì una voce, una voce bassa e cupa che parlava una lingua mai sentita prima. Sembrava una cantilena, era dettata da una musicalità antica e inebriante.

Presto si aggiunse un altro suono, le parole di una donna dalla voce trillante che sembrava urlare a squarciagola. Era assordante, completamente opposto al magico ritmo della voce più bassa che stava sovrastando.

Poi un’altra. Questa volta non sembrava nemmeno umana, un insieme di ruggiti, ansiti e ringhi minacciosi.

La mente cominciò a sentire caldo, voleva uscire ma non sapeva come. Il telo che aveva scostato per entrare era scomparso, ora si trovava rinchiusa in una gabbia di legno senza aperture.

Un’altra voce. Un pianto.

Un’altra voce. Risate ghiacciate, taglienti, spaventose.

Mille voci, l’una sopra l’altra, in un concerto terribile di suoni e rumori.

Infine un rombo profondo, tenebroso, a cui si unì un movimento improvviso dell’aria e della terra.

Una luce bianca, splendente - troppo splendente – la costrinse a ripararsi gli occhi con le mani e poi a chiuderli, incapace di sopportarla.

All’improvviso fu il silenzio.


Con cautela, la mente riprese a guardare.

Era uscita, si trovava di nuovo in quella stanza ampia e buia.

Ora il suo sguardo fu attirato da un piccolo oggetto brillante a cui si avvicinò, sebbene il suo cuore le gridasse di scappare.

Sopra un cuscino di velluto nero, che notò solo quando vi fu davanti, stava una fedina dorata che riluceva sebbene non ci fosse nulla ad illuminarla.

Con mano tremante, l’afferrò. Al suo interno era incisa una data.

20 – 06 – 1995

Le dita le bruciavano, eppure non riusciva a lasciarla andare.

Immagini orribili si presentarono ai suoi occhi, orribili per l’amore che contenevano.

Loro due, insieme, abbracciati.

Loro due, innamorati, a giurarsi fedeltà eterna.

Loro due, con un piccolo bambino tra le braccia.

Loro due, circondati da nipotini.

Loro due, separati da una bara. Lei, in piedi a fissarla, con lo sguardo velato di lacrime. Lui, in un altro mondo, forse più sereno.

Cercò di chiudere gli occhi per non dover più vedere, cercò di coprirli, ma le sue mani restavano immobili a stringere quell’anello.

Cercò di gridare per far uscire da sé una parte del dolore, ma la bocca non si aprì.

Dovette restare lì, ferma, mentre i ricordi di una vita le scorrevano davanti.

Poi di nuovo la luce bianca, quella luce dolorosa che l’abbagliò e, andandosene, la portò con sé. 

Davanti a lei c’era una porta nera come la pece.

Era arrivata al lato opposto della sala e, voltandosi, la ritrovò vuota.

Riportò la sua attenzione alla porta che si stagliava minacciosa lungo la parete.

La sua mano corse alla maniglia, iniziando a girarla.

Per un inspiegabile istinto di sopravvivenza, la mente si oppose. Con tutte le sue forze tentò di resistere alla mano, rallentandone il movimento.

Lentamente, ma senza fermarsi, la mano continuò.

Dagli spifferi della porta entrava la luce bianca, ancora più forte di prima.

Incapace di opporsi, la mente cedette.

La porta si spalancò e il bagliore la circondò.

Una forza sovrumana la prese tra le braccia, attirandola di là.

Di là.

In un posto sconosciuto, immerso nel bianco.

O forse erano i suoi occhi che avevano smesso di vedere, accecati?

Poi la mente capì.

Capì cos’era quella luce che non le dava tregua.

Era la morte.

   
 
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