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Autore: alix katlice    08/09/2014    3 recensioni
Nadia ha quindici anni e deve ancora scoprire chi è, qual è il suo posto.
Quando il migliore amico di suo fratello -Simone, che di anni ne ha diciannove e ha già capito tutto, si trasferisce a casa loro, Nadia pensa di aver finalmente trovato il suo principe azzurro.
Ma sarà davvero così?
La realtà è davvero come lei la vede?
Cosa succederebbe se, inconsapevolmente, cominciasse una partita pericolosa, di un gioco da cui non sa tirarsi fuori?
[...]
Ero troppo presa dalle parole di Nicola, che non mi accorsi dell'altra figura che era scesa dalla macchina.
Un paio di occhi verdi mi scrutarono, ed io scrutai loro: il ragazzo che li possedeva aveva una folta chioma di capelli neri come la notte, ricci, dei lineamenti non propriamente dolci ma in un certo senso femminili.
Era bello.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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prologo



La neve di Gennaio mi aveva sempre affascinato tanto.
Ero seduta sui gradini gelidi della casa, un cappotto pesante che mi stava troppo largo e un paio di guanti di lana come unica protezione dal freddo: sotto, indossavo il mio pigiama blu, quello con su scritto "villains do it better", e osservavo il viale silenzioso senza disturbare quella quiete.
Solo osservando.
I miei occhi scuri scorrevano veloci dal marciapiede scivoloso agli alberi, coperti di neve, alle casette per gli uccelli che il mocciosetto dei vicini aveva costruito per poterli catturare e poi ammaestrarli.
Cavolate, dicevo, mormoravo quando i miei e i suoi non potevano sentirci, come una litania lenta e melodica che lui per non ascoltare si tappava le piccole orecchie con i palmi: mi faceva la linguaccia, rideva, mi assicurava che sarebbe riuscito a catturarne uno, un giorno.
Io scuotevo la testa e ripetevo ciò che lui non voleva sentire.
Il mio sguardo correva ora verso l'unica fonte di rumore che quel paesaggio silenzioso mi offriva: un furgoncino grigio topo che produceva un suono assordante, tanto che dovetti trattenermi dalla voglia di tapparmi le orecchie, per proteggerle.
Avvertii dentro di me quel sentimento familiare che ogni volta provavo in quella situazione: una sorta di risveglio, come se fino a quel momento fossi rimasta a dormire e solo allora avessi aperto gli occhi.
Il furgoncino si avvicinò lentamente, e più avanzava -cautamente, a causa della neve, più io avevo voglia di tirarmi in piedi e correre verso di esso, fermarlo, sorridere e urlare dalla felicità.
Mi trattenni finché non si parcheggiò proprio davanti a casa nostra: allora mi alzai in piedi e cominciai ad avvicinarmi verso la figura che intanto era scesa dal furgone e aveva spalancato gli sportelli posteriori: gli saltai addosso, stringendolo fra le mie braccia sottili. Un verso di sorpresa, poi una risata.
« Nena, sei completamente scema » disse mio fratello con affetto e ricambiando la stretta.
Sapevo a cosa si riferiva: ogni volta che tornava io aspettavo lì, con impazienza, al gelo o al sole bollente, questo non importava.
Io lo aspettavo e lo abbracciavo, perché a dodici anni l'unica cosa che mi importasse oltre alla mamma era lui, lui soltanto.
Quella volta fu come tutte le altre: lo abbracciai e gli baciai la guancia, gli scompigliai i capelli e gli sorrisi.
Anche lui lo fece, continuando a chiamarmi Nena, quel soprannome di bambina che io consideravo troppo infantile, e che impedivo a chiunque altro di pronunciare: tranne a lui, lui poteva chiamarmi come voleva.
Ero troppo presa dalle parole di Nicola, che non mi accorsi dell'altra figura che era scesa dalla macchina.
Un paio di occhi verdi mi scrutarono, ed io scrutai loro: il ragazzo che li possedeva aveva una folta chioma di capelli neri come la notte, ricci, dei lineamenti non propriamente dolci ma in un certo senso femminili.
Era bello. La consapevolezza mi trafisse come una lama acuminata, una consapevolezza che non avevo mai provato nei miei scarsi dodici anni di vita -o almeno non così forte e pungente.
Aveva tanti amici Nicola, -a diciassette anni è sempre così, ma nessuno mai mi aveva colpita così violentemente.
Nicola si accorse che lo stavo fissando e sorrise di nuovo, quel sorriso che gli illuminava gli occhi scuri quanto i miei e lo faceva sembrare più bello di quanto già non fosse.
« Scusa, non vi ho presentati. Questo è un mio amico, Nena, quello da cui sono stato per questi giorni: Simone, Nadia; Nadia, Simone. »
Il ragazzo strinse la mia piccola mano, dolcemente, ed io ricambiai la stretta.
Mi rimase sempre impresso il modo in cui il ragazzo mi aveva guardata, come se io, piccola bimbetta, fossi una persona a cui donare attenzione, come se fossi importante.
Mi rimasero sempre impressi quei suoi occhi chiari e quei capelli ricci, che non avevo mai visto in un ragazzo -almeno non così lunghi.
Mi rimase impresso tutto, dall'odore della neve al gelido freddo che durante quella mattinata mi era entrato nelle ossa, sotto la pelle, le casette per gli uccelli del moccioso dei vicini, mio fratello e il suo sorriso, gli occhi, i capelli, i lineamenti gentili di Simone.
Fino ad adesso.
Sono passati tre anni da quel giorno.



 





 
  
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