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Autore: Silen    27/09/2008    7 recensioni
In principio era il Trio, ma poi si aggiunse… Uno!
[Scritta per la "FIRST-AID KIT Challenge!"]
Genere: Comico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Sorpresa, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'e'
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CT OneShot

Questa breve storia partecipa alla FIRST-AID KIT Challenge!
Prompt 1# Cotone Idrofilo

Stavolta facciamo un altro salto nel passato giapponese di Inseguire un sogno, afferrare il destino


Questione di… altezza

Nankatsu – Agosto 1979

Durante un torrido pomeriggio, stava giocando a calcio con i suoi tre amici in giardino da ormai più di un’ora, quando, all’improvviso, si bloccarono tutti a guardarlo stupiti.

– Capitano! –

– Ti esce sangue… –

Il terzo era bianco come un cencio e lo scrutava con gli occhi sgranati.

Si toccò il naso sotto le narici, che sentiva colare leggermente, poi osservò indice e medio macchiati di rosso; faceva caldo, molto caldo, e loro quattro avevano sudato e faticato parecchio con gli allenamenti, e ora si sentiva anche la testa un po' ovattata.

– Tieni Capitano! – l’amico gli stava porgendo la manichetta dell’acqua, mentre l’altro era già corso ad aprire il rubinetto. Si tolse il cappellino rosso, e il suo terzo compagno di squadra, che continuava a fissarlo senza parlare, allungò una mano per tenerglielo, mentre lui chinava la testa e la bagnava sotto il getto fresco.

Ora andava molto meglio, pensò scuotendo la corta criniera nera gocciolante. L’amico, sempre silenziosamente, tirò fuori dalla tasca dei calzoncini un fazzoletto stropicciato, incrociò il suo sguardo e arrossì lievemente – Non è sporco, Capitano… –

Lo prese rivolgendogli un sorriso – Grazie! – lo inzuppò e lo usò per tamponare il naso sanguinante. Gli altri due, ora, lo osservavano apprensivi.

– Dovresti andare all’ombra, Capitano – stabilì quello che aveva parlato per primo.

– Giusto! Il sole picchia oggi… – approvò il secondo, mentre il terzo annuiva.

Così si diressero tutti e quattro sotto un grande albero di ginkgo, mentre il quadrato di stoffa diventava sempre più rosso. Gli amichetti continuavano ad osservarlo ansiosi, perché non sapevano cosa fare, poi, quello più reattivo sorrise illuminandosi in un’idea – Ci vorrebbe il cotone… – e quello più coraggioso approvò – Giusto: vado a chiamare la governante! – poi, però, tentennò – Ma non ci vado da solo… –

– No! – protestò lui sbuffando, – Piuttosto, preferisco morire dissanguato… – aggiunse con la voce attutita dal fazzoletto, e i due ragazzi ridacchiarono, canzonandolo in coro – Ah, ma allora fa paura anche a te, Capitano! –

– Magari in bagno… – suggerì timidamente il più tranquillo dei tre. Gli altri annuirono simultaneamente e si avviarono verso la villa, poi si bloccarono, voltandosi perplessi.

– Ehm, Capitano… –

– …in quale dei tanti? –

Sorrise da dietro la stoffa.

– Accanto allo studio di papà, e dovrebbe esserci un armadietto dei medicinali. –

– Ok! – risposero all’unisono, poi corsero via.

L’ultimo rimasto sogghignò leggermente – Andiamo anche noi, Capitano? Che magari si perdono come l’ultima volta… – Sghignazzarono insieme e li seguirono.

* * *

Sollevò lo sguardo dalle sue scartoffie e guardò dalla finestra della veranda che dava sul giardino, inarcando un sopracciglio. – I mocciosi sono spariti – commentò ad alta voce scrutando il suo interlocutore silenzioso, che aprì un occhio; in effetti, era ormai da un po' che non li sentiva più schiamazzare dietro al loro amico pallone.

Si alzò dalla scrivania riabbottonandosi la giacca del completo nero e lo raggiunse, accendendosi una sigaretta, poi lo sollecitò toccandogli leggermente il ventre con la punta della scarpa – Dai, su, andiamo a vedere che stanno combinando! –

Questi lo fissò con un’espressione che, se fosse stata umana, sarebbe stata di scazzo immenso. Allora sogghignò – Guarda che, se si perdono di nuovo, poi tocca comunque a te cercarli… – provò a convincerlo chinandosi e grattandolo dietro l’orecchio.

John sbadigliò, parecchio seccato, si alzò stiracchiandosi sulle zampe e scrollando il manto di pelo candido, poi fiutò l’aria facendo fremere impercettibilmente il tartufo nero e scattò uscendo di corsa dalla stanza.

Lo seguì tranquillamente, con il suo passo lungo e silenzioso, per il corridoio della villa, finché non udì le voci dei ragazzi. Il cane li osservava dalla porta del bagno, e pareva persino quasi divertito, poi si voltò verso il padrone con aria soddisfatta e, visto che il suo compito era stato portato a termine con successo, trotterellò via per tornare nello studio e riprendere il suo sacro sonnellino pomeridiano interrotto a metà.

Yūta si avvicinò quatto e sbirciò il buffo quadretto per un po', appoggiato di sbieco con la spalla allo stipite e le lunghe gambe incrociate, e un sogghigno sulle labbra sottili.

– Uffa, non ci arrivo! – si lamentò frustrato Taki saltellando; Genzō era seduto sul water all’occidentale con un fazzoletto sotto il naso, mentre Kisugi aveva bagnato un asciugamano sotto il getto d’acqua del lavabo e ora lo stava porgendo al portiere.

– Tieni Capitano! – che sostituì il tampone improvvisato ringraziando il ricciolino. Izawa si allungò sulle punte dei piedi, reggendosi con una mano appoggiata sulla spalla dell’amico, mentre con l’altra cercava di raggiungere la confezione di cotone idrofilo, per poi rinunciare, anche lui frustrato.

– Idea! – esclamò illuminandosi, – Dai, reggimi – sollecitò il ragazzino con i denti un po' sporgenti, che, subito, lo scrutò perplesso, poi annuì e si chinò per permettergli di arrampicarsi sulla sua schiena. – Kamisama, quanto pesi! – protestò mentre lo teneva sulle spalle, – Sbrigati, dai! – Non avevano un aspetto molto stabile e solido…

Il capellone era il più sveglio del Trio, considerò Yūta, sempre sogghignando.

– Uffa, è ancora troppo in alto – sbuffò scendendo.

– È stato messo ad altezza “monaco oscuro” – intervenne suo figlio, facendo ridere i tre amichetti, – Dai, prendo io uno di voi a cavalluccio – e si alzò.

Sentendo quell’appellativo, gli sfuggì una risatina, così i quattro mocciosi si voltarono sorpresi verso la porta, esclamando – Papà – e in coro – Wakabayashi-san! –

Si staccò dallo stipite e raggiunse l’armadietto in due passi, prese il cotone allungando appena il braccio, ne strappò un pezzetto, poi sollevò il mento di Genzō e gli infilò due pallottole bianche su per le narici, mentre indagava – Oggi fa parecchio caldo e siete sudati come cammelli: avete bevuto qualcosa di fresco? –

Il Trio annuì in simultanea, mentre il Numero Uno rispose – Acqua, in giardino… – con una buffa vocetta nasale. Yūta inarcò un sopracciglio – Perché non avete chiesto alla governante di portarvi… – rifletté, che diavolo bevevano i mocciosi? – …della limonata ghiacciata? – Poi si accigliò – E perché non sei andato a farti medicare da lei? –

Tutti e quattro si scambiarono un’occhiata incerta, poi il portiere lo fissò con aria furba e impertinente – La vecchia megera è odiosa, e ci caccia sempre fuori dalla cucina… –

– Ah, davvero? – anche l’altro sopracciglio scattò verso l’alto: come si permetteva di trattare così il figlio e suoi ospiti? – Bene, allora adesso ci andiamo tutti assieme, a bere qualcosa in cucina… – e sospinse i ragazzi fuori dal bagno.

Percorse un altro lungo corridoio, camminando con le mani in tasca e un’altra cicca all’angolo della bocca, con i “Tre più Uno” che gli trotterellavano dietro ridacchiando.

La vecchia, quando lo vide entrare avvolto in una nuvoletta grigia, spalancò gli occhi, si alzò di scatto e fece un inchino. – Se desideravate qualcosa, Wakabayashi-sama, potevate usare l’interfono, avrei subito… –

La interruppe liquidandola con un’occhiataccia – Desidero – e calcò sinistramente sulla parola, – che i ragazzi usufruiscano di ogni stanza della villa, ogni volta che vogliono, e per qualsiasi esigenza. – Lei si inchinò nuovamente, piuttosto seccata, ma si limitò a chiedere – Posso fare qualcosa per Voi, adesso, Wakabayashi-sama? –

Yūta aprì il grande frigorifero, soppesandone il contenuto, e valutando che nel minibar del suo studio ci fosse abbastanza spazio anche per le bevande da mocciosi, allora le ordinò di fare una scorta di succhi e cubetti di ghiaccio, portarcele subito e restare lì.

La donna obbedì senza proferire altre parole.

Mitsuki aveva avuto l’accortezza di arredarlo in stile occidentale, con ampia scrivania, libreria enorme, comodo divano e poltrone in pelle, e attrezzatissimo mobile bar, ben conoscendo il suo saltuario bisogno di un drink durante le pause dal lavoro.

Tornò sui suoi passi, sempre con Trio e Numero Uno che lo seguivano bisbigliando e ridacchiando, evidentemente soddisfatti che l’odiosa megera (e insolente, aggiunse lui) fosse stata ‘punita’. Una volta di nuovo nella sua “tana”, le fece servire il succo di frutta ai ragazzi, poi nel suo aggiunse personalmente due dita di liquore trasparente.

– Vodka e pesca! – esclamò Izawa. – Hai inventato un nuovo cocktail, papà! –

– Dovrebbe brevettarlo, Wakabayashi-san – suggerì Taki, e Kisugi approvò annuendo.

La governante attendeva istruzioni, immobile e seccata.

Sogghignò sbirciando di sottecchi i mocciosi, che stavano finendo piuttosto in fretta il loro drink analcolico, mentre lui sorseggiava il suo, lentamente.

– Possiamo tornare a giocare fuori papà? – Gli tolse delicatamente i tamponi dal naso, che ora non sanguinava più, poi annuì sollecitandolo, anche se era una pura formalità – Tieni il cappellino in testa, però! – che finora era rimasto in custodia cautelare del ricciolino silenzioso. Genzō lo calcò, mentre, nel frattempo, capellone e dentone erano andati ad importunare con le carezze uno scazzatissimo John, che non gradiva affatto troppe coccole, perché era un virile e orgoglioso Akita Inu, e di razza nobile, lui…

Dopodiché Tre più Uno uscì in giardino alla veloce per riprendere gli allenamenti; gli schiamazzi dei mocciosi ricominciarono, così si mise alla finestra ad osservarli, sempre sorseggiando lentamente, che la vecchia aspettasse ancora!

Stuzzicò di nuovo l’animale con la punta della scarpa – Forza, vai a giocare anche tu, dormiglione! – che si rialzò, scrollando il lungo e soffice pelo bianco, e trotterellò fuori. Poi, adocchiata la sfera di cuoio, scattò e se ne appropriò, ringhiando scherzosamente contro i tre piccoli calciatori che cercavano infruttuosamente di riprendersela, mentre il portiere sorrideva e li canzonava – Ma non siete neanche capaci di rubare palla a un difensore così… cane! – e tutti e quattro risero di gusto.

– Ora può anche andarsene – congedò bruscamente la governante, e senza nemmeno voltarsi. – Come desiderate Wakabayashi-sama. – Poi, però, la bloccò sulla porta – E non si permetta più di cacciare nessuno dei ragazzi fuori dalla cucina o qualsiasi altro posto di questa casa, che, le ricordo, non è sua. – La vecchia si inchinò, ossequiosa, ma comunque con un leggero velo di rabbia sul volto rugoso.

Poi Yūta riprese a lavorare, meditando se licenziarla, oppure no, concludendo che era molto più divertente continuare a tormentarla.



Immaginiamo che Genzo, già al suo primo anno di scuola elementare, fosse diventato capitano della Shutetsu,
perché, dopotutto, è pur sempre il futuro SGGK!

* * *

Dedicata alle mie socie di panchina ai giardinetti: eos75, agatha e OnlyHope in ordine di vecchiaia…
E ringraziando, ancora una volta, l’ideatrice del contest, :Mnemosyne: aka Reichan86.

  
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