Anime & Manga > Kagerou Days
Segui la storia  |       
Autore: Kuri    08/09/2014    1 recensioni
[Anime] "Ayano si sentiva un mostro per quello che lo aveva costretto a sopportare, per i sotterfugi, le bugie, gli inganni, e per essere stato sul tetto della scuola nel giorno in cui lei aveva creduto di aver trovato la soluzione in ogni cosa. Nel suo cuore l'amore e quell'orrore angosciato crebbero finché non fu più in grado di trattenerli, come era già accaduto due anni prima. Sentì quella marea immensa erompere dal suo petto, ogni pensiero, ogni singolo frammento di emozione, e investire Shūya ancora stretto tra le sue braccia."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayano Tateyama, Shintaro Kisaragi, Shuuya Kano, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A







Ogni eroe è solo





Era di sicuro alle sue spalle. Se si fosse voltata, discostando lo sguardo dagli appunti che stava leggendo, lo avrebbe visto affacciarsi quasi con timore oltre lo stipite della porta, aggrappandosi al legno come un gatto in procinto di cadere da un albero.
Ayano voleva tanto bene a Shūya, tanto da sentire il cuore straziarle il petto ogni volta che incrociava il suo sguardo, carico di domande mute e apprensione. Eppure, l'amore che provava verso i suoi fratelli e Shūya in particolare non le era mai sembrato così doloroso come in quel momento.
Appoggiò la matita in mezzo al quaderno e si voltò, il sorriso perfetto stampato in faccia. Quello che le faceva più male era che, fino a quel pomeriggio sul tetto della scuola, quel sorriso era sempre stato sincero.
«Shūya-chan! Hai già finito i compiti?» da quando il serpente si era portato via loro padre, costringendoli a vivere da soli, lei aveva tentato di colmare il silenzio spaventato dei suoi fratelli con quel genere di preoccupazioni, nella speranza di fargli sentire che la loro famiglia esisteva ancora.
Lui annuì piano, continuando a guardarla.
«Dovresti farli anche tu, onee-chan. Altrimenti sarai costretta a partecipare anche ai corsi di recupero invernali, e sarebbe davvero un brutto modo di vivere l'ultimo anno di liceo.»
Ayano ridacchiò.
«Beccata. Ma temo che questo sia il mio destino, non sono brava come voi.»
Shūya rimase a fissarla, come se non l'avesse sentita. Sembrava un piccolo animale intento ad annusare l'aria per capire se c'erano pericoli in agguato nell'ombra.
Ayano si portò una mano al petto e strinse la camicetta tra le dita. Sapeva con esattezza cosa stava tentando di captare Shūya, tuttavia ingoiò un profondo respiro e continuò a sorridere ostinata.
«Volevi dirmi qualcosa, Shūya-chan? Perché altrimenti io continuerei a leggere ancora un po'...»
Suo fratello si staccò dalla porta e fece un passo dentro la stanza. Ayano, d'istinto, si ritrasse e strinse le dita contro lo schienale della sedia.
«Onee-chan, devi smetterla di leggere quegli appunti. Ormai tu... non pensi ad altro, ma questo non riporterà indietro mamma e papà.» esclamò Shūya stringendo i pugni lungo i fianchi. Le sue braccia tremavano per lo sforzo di reprimere la frustrazione.
«Shūya, ne abbiamo già parlato.» disse lei cercando di mantenere la calma. Qualsiasi cosa venisse detta, era fondamentale che lei riuscisse a stare calma «Non posso. Purtroppo ogni giorno che passa siamo sempre più in pericolo. Un giorno quella... cosa verrà a cercarci. E io non posso permettere che vi faccia del male.»
Lui si lasciò sfuggire un sibilo tra i denti.
«Onee-chan!» disperazione, rabbia, il desiderio straziante di trovare finalmente pace «E non pensi a noi? Anche tu corri il nostro stesso rischio, anzi, sei così esposta! E io non potrei... non potrei vedere ancora...» un singulto interruppe il suo grido, strozzato dalla promessa che lei gli aveva strappato due anni prima sul tetto della scuola.
Prometti, Shūya. Promettimelo. Promettimi che non dirai mai a Tsubomi e Kōsuke che ho tentato di uccidermi. Anzi, promettimi che faremo come se non fosse mai accaduto nulla.
Si alzò dalla sedia. La penna, con un piccolo coniglietto rosa all'estremità, scivolò dalla scrivania e cadde a terra, rotolando sul tappeto.
«Non mi accadrà nulla, Shūya. Se riesco a capire bene cosa fare...»
Lui scosse la testa, le spalle strette nella felpa nera che tremavano. Ayano mosse un passo incerto verso di lui.
«Shūya...»
«Nee-chan...» lui percorse il breve tratto che li separava e la circondò con le braccia, stringendola forte. Ayano rimase per un istante con le mani sospese, poi gli restituì l'abbraccio.
Era così magro e indifeso, e aveva già dovuto sopportare così tanto peso da solo. Poteva nascondersi dietro i sorrisetti, le battutine cariche di sarcasmo e quel potere elusivo, ma per lei rimaneva sempre il bambino scarmigliato e incerto, alla disperata ricerca di sentirsi nel posto giusto. E si sentiva un mostro per quello che lo aveva costretto a sopportare, per i sotterfugi, le bugie, gli inganni, e per essere stato sul tetto della scuola nel giorno in cui lei aveva creduto di aver trovato la soluzione in ogni cosa. Nel suo cuore l'amore e quell'orrore angosciato crebbero finché non fu più in grado di trattenerli, come era già accaduto due anni prima. Sentì quella marea immensa erompere dal suo petto, ogni pensiero, ogni singolo frammento di emozione, e investire Shūya ancora stretto tra le sue braccia. Il corpo di lui si contrasse, come se gli avesse sferrato un pugno allo stomaco. Le sue braccia si sciolsero e la testa si piegò all'indietro, mentre la bocca si spalancava, cercando di ingoiare più aria possibile. I loro occhi si incrociarono, e Ayano credette per un istante di poter vedere le proprie iridi rosse riflesse in quelle del fratello.
«Aaaahhh...» il grido di Shūya le riempì la testa.
Indietreggiò di un passo. Shūya si piegò in avanti stringendosi il petto, tentando di reprimere i singhiozzi mordendosi le labbra.
«Mi dispiace...» mormorò appena.
Quando i suoi occhi si alzarono, vide Tsubomi e Kōsuke sulla porta immobili, muti.
Qualcosa crollò dentro di lei, come se ogni parte della propria anima si stesse accartocciando su se stessa. Non poteva permettersi di pensare che fossero sempre stati lì, schermati dal potere di Tsubomi. Se si fosse concessa di pensarci, non sarebbe più riuscita a controllare quella marea dalle dita nere e fredde che le si agitava nel petto.
Tsubomi raggiunse Shūya al centro della stanza e gli circondò le spalle con un braccio, nel tentativo di calmare i suoi singhiozzi. Un istante prima di portarlo fuori dalla camera le lanciò una lunga occhiata. Non c'era rimprovero o biasimo. Solo la richiesta di non lasciarli soli come era già successo prima con la mamma, poi con papà.
«Onee-chan...»
Ayano sollevò la testa verso Kōsuke e sorrise.
«Mi dispiace, non volevo farvi preoccupare. Non sono ancora brava come voi a controllare il mio potere, e sono davvero tanto preoccupata per i miei risultati scolastici...» si chinò per raccogliere la matita e radunò le carte sparse sulla scrivania «Mi sono un po' agitata e purtroppo non sono riuscita a trattenermi. Mi sa che dovrò fare un bel regalo a Shūya-chan per farmi perdonare.»
Si lasciò cadere sul letto, senza smettere di sorridere. Da quando era diventata una bugiarda? Forse anche il serpente annidato nel suo petto era nero come quello che si era preso suo padre?
Kōsuke si avvicinò e si sedette accanto a lei, senza smettere di guardarla.
«Mah... di sicuro se ne è già dimenticato. Stai tranqui.»
Allungò la mano e la posò sopra quella di lei, stringendo con delicatezza. Il suo palmo era un po' ruvido, ma quel contatto era piacevole.
Ayano tentò di ricacciare indietro il nodo che le aveva afferrato la gola. Sollevò la testa.
«Certo che sei diventato davvero alto, Kōsuke-chan. Quasi non me ne sono accorta.»
Lui sollevò il braccio libero e lo piegò su sé stesso, quasi a mostrarle i muscoli attraverso il tessuto della tuta.
«Devo diventare forte per proteggere le persone a cui voglio bene, no?» le rispose con un sorriso allegro.
Ayano sentì le lacrime scivolarle silenziose lungo le guance. Le lasciò andare, anche se aveva il timore che non si sarebbero fermate mai più. Si concentrò solo sul calore della mano di Kōsuke attorno alla sua, a quel lieve legame con la realtà.


L'aria era resa bollente per il caldo. A spingere lo sguardo oltre la finestra, poteva vedere i contorni dell'edificio scolastico tremolare in una luce che stava iniziando a virare verso l'arancio e il cremisi.
Ayano chiuse gli occhi e lasciò che tutto il proprio campo visivo venisse invaso da quella tinta rossastra.
Il colore degli eroi. Eppure perché, anche se conosceva quel gioco a memoria, si sentiva annaspare, come se le regole fossero state cambiate di colpo senza che lei se ne accorgesse?
«Se non mi stai neppure ad ascoltare, è inutile che perda il mio tempo a farti ripetizioni. Tateyama, tu vuoi essere bocciata, anche se ne ignoro il motivo.» Ayano sentì del movimento accanto a sé «Io me ne vado.»
Aprì gli occhi, appena in tempo per afferrare la stoffa della camicia del ragazzo che si stava alzando.
«Shintarō, scusami. È che... fa davvero molto caldo.» piagnucolò con un sospiro, anche se era certa che questo non lo avrebbe intenerito «E queste formule sono così... eheh.»
Lui si risedette con uno sbuffo spazientito, incrociando le braccia.
«È roba dell'anno scorso.»
«Lo so...»
Riprovò a concentrarsi sul quaderno che aveva davanti, stringendo i denti. Essere bocciata all'ultimo anno sarebbe stata una vera e propria tragedia.
«Tateyama, non potresti chiedere a Enomoto di spedirti i suoi vecchi quaderni? Magari ha degli appunti che ti possono tornare utili.»
Ayano contrasse la mano, e la penna le sfuggì dalle dita. Anche se era la prima a sostenere quella farsa, parlare di Takane e Haruka come se si fossero semplicemente trasferiti le riempiva la bocca di un sapore amaro e velenoso. Ridacchiò con nervosismo.
«Tenterò, ma sai come è fatta Takane-san: è molto probabile che il giorno del diploma abbia bruciato tutti i suoi libri in un falò propiziatorio.» disse sistemandosi una ciocca di capelli sfuggita alle mollette. Un rivolo di sudore le corse lungo la tempia «Piuttosto, ti ho sempre detto di chiamarmi Ayano. Da quanti anni ci conosciamo, sei?» si sporse verso di lui che si ritrasse appena squadrandola in modo guardingo «Su, prova a dire. A-ya-no.»
«Eh? Io non... Ecco, adesso...» balbettò Shintarō aumentando la distanza tra di loro «Insomma, lasciami in pace!» esclamò alzandosi e uscendo dall'aula.
Ayano si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro reso rovente dall'afa.
Non ricordava con precisione quando aveva iniziato ad amare quel ragazzo scontroso e annoiato. Forse tra la seconda e la terza media quando, dopo essergli andata a sbattere addosso dietro una curva dei corridoi della scuola, lui l'aveva ignorata per l'ennesima volta con una scrollata di spalle. Se ci pensava, da lui non aveva ricevuto altro, ma non le importava e di sicuro sapeva che non le serviva un motivo valido per poter amare qualcuno.
Quel sentimento quieto sarebbe potuto andare avanti per l'eternità, ma la consapevolezza della morte di Haruka e Takane aveva cambiato tutto, peggiorato dagli effetti del serpente dentro di lei. A volte si svegliava all'improvviso nella notte, scossa dagli incubi scaturiti dalle sue stesse emozioni. Nei suoi sogni stringeva tra le mani un cubo trasparente in cui aveva rinchiuso tutto il suo mondo. Attraverso le pareti adamantine della scatola sentiva le persone che amava urlare, ma lei faceva finta di nulla perché almeno in quel modo erano al sicuro.
Ayano uscì dall'aula, incamminandosi lungo il corridoio deserto della scuola. La luce del pomeriggio disegnava sul pavimento lunghi nastri dorati alternati a ombre profonde e nere. Il suono dei suoi passi era quieto, quasi in tutto il mondo fosse calato il silenzio.
Trovò Shintarō intento ad armeggiare ai distributori automatici.
«Maledizione...»
«Di nuovo bloccato?» gli chiese portandosi le mani dietro la schiena.
«Si.... dannata macchina!» sbottò lui tirando un calcio al distributore che rispose sputandogli ai piedi delle monetine.
«Lascia, faccio io.» disse Ayano scivolando davanti a lui «Il solito?»
Non aspettò la sua risposta. Inserì la monetina, digitò un numero sul tastierino e si chinò per raccogliere la lattina di cola che era scesa. Gliela porse con un sorriso incerto. Quando lui si allungò per prenderla, le loro dita si sfiorarono e Ayano vide Shintarō arrossire.
Si avvicinò alle finestre e rimase a fissare le colline che circondavano il complesso scolastico. I prati aveva sfumature gialle e marroni, l'erba arsa dal sole.
«Tutto bene a casa?» udì alle proprie spalle.
«Sì, tutto bene, grazie!» le bugie erano migliori se ci metteva tutto l'entusiasmo di cui era capace «I mie fratelli sono bravissimi, pensa che Kōsuke ha anche iniziato a fare qualche lavoretto, perciò siamo un po' più tranquilli economicamente. Devo solo riuscire a passare gli esami del prossimo semestre con un buon voto.»
«Questo dipende da te. Sei sempre distratta. Pensare che il programma che abbiamo è così elementare...»
Ayano ridacchiò.
«Te l'ho detto mille volte, Shintarō. Non hai mai pensato di essere tu troppo intelligente?»
Lui rispose con un brontolio infastidito.
Ayano lo osservò riflesso sul vetro della finestra mentre sorseggiava distrattamente dalla lattina. Il suo petto di alzava piano sotto la camicia leggere della divisa estiva e i capelli scuri gli si erano incollati alla fronte. Come se l'avesse sentita, alzò una mano per scostarli.
Sentì il proprio cuore battere più forte. Le piaceva, le piaceva tantissimo, e ogni volta che si fermava a guardarlo, al riparo dall'indifferenza o dallo scherno che lui riservava al mondo senza eccezioni, sentiva una strana sensazione di calore salirle dal diaframma, avvolgerle il petto e raggiungerle la gola, lasciandola senza parole. Era una percezione nuova, diversa dal timido amore che aveva provato alle medie, o dal sentimento ostinato e allegro del primo anno di superiori, quando erano stati vicini di banco per un semestre. Quella che provava ora era passione, il desiderio di appoggiare i palmi delle proprie mani contro il suo viso per sentirne ogni dettaglio, di percepire le sue braccia attorno a lei, di affondare per sempre nello stesso calore di quell'aria estiva.
Prima che potesse accorgersene, quel sentimento traboccò, riversandosi nello spazio intorno a lei. Vide solo per un attimo lo scintillio dei proprio occhi cremisi riflesso contro il vetro e lo sguardo confuso e stupito di Shintarō, la sua mano che si bloccava a mezz'aria e le dita che lasciavano cadere la lattina a terra con un tintinnio metallico.
Ayano si voltò, il respiro soffocato in gola.
Shintarō si mosse piano, prima un passo, poi l'altro, come se il suo corpo fosse intrappolato in una rete fittissima.
«A... A-aya...»
Colmò la distanza tra di loro con un unico lungo passo, mentre insinuava le mani tra i suoi capelli, stringendole le dita attorno alla nuca. Le loro labbra si scontrarono con violenza mentre il respiro di lui le riempiva la bocca quasi con un gemito di dolore.
Ayano chiuse gli occhi perché lui non potesse vedere le sue iridi rosse. Le sembrava che ogni suo muscolo andasse a fuoco, chiusa tra la superficie calda della finestra e la pressione del corpo di Shintarō contro il suo.
Aveva pensato tanto a quel momento, al suo primo bacio, e c'erano sempre stati i fiori di ciliegio, l'aria frizzante della primavera e sussurri dolci e timidi, mai quella furia affamata e triste.
Le mani di Shintarō sembrarono rispondere a quei pensieri. Le dita scivolarono lungo la sua schiena e ne percorsero la curva come se stessero andando in cerca di un brandello di pelle nuda a cui aggrapparsi.
«Nee-chan?»
Ayano spalancò gli occhi mentre Shintarō si separava da lei, allontanandola con entrambe le braccia.
In fondo al corridoio, Shūya la osservava, stringendo a sé uno scatolone pieno. Dietro di lui si allungava un'ombra scura come la pece.
«Shu...» bisbigliò sentendosi avvampare. Riusciva solo a guardare il suo viso, privo di espressione, la bocca appena dischiusa, la lunga ombra immobile che lo seguiva.
«Scusate...» Shintarō la oltrepassò, la testa bassa, i capelli che nascondevano il suo sguardo. Solo in quel momento Shūya sembrò accorgersi di lui. Lo fissò mentre gli passava accanto e svoltava alla fine del corridoio, i suoi passi che si affievolivano in lontananza, poi i suoi occhi tornarono a posarsi su Ayano.
Il silenzio si dilatò tra loro due riempiendo ogni spazio, infiltrandosi ovunque.
Ayano si riavviò una ciocca di capelli.
«Cosa ci fai a scuola oggi, Shūya? Non ci sono più lezioni.»
Lui non rispose subito. Lei si tormentò le dita con nervosismo e sentì il proprio viso farsi più accaldato.
«Stiamo mettendo in ordine il laboratorio del club di teatro.»
«Capisco.»
Ancora silenzio, dentro e fuori.
«Ci vediamo a casa, onee-chan. Ricordati di passare a prendere il miso. È finito.»
«Si.»
Shūya imboccò le scale di fianco a lui e scese.
Ayano si portò le mani al viso. Le sembrava che almeno in quel modo sarebbe riuscita a non infrangersi in mille pezzi, lungo le incrinature che erano comparse nel suo cuore dopo la morte di sua madre e che con il tempo si erano fatte più fitte e intime, fino a intaccare completamente quello che era sempre stata. Certo, continuava a ridere, a prendere la vita alla leggera, a prendersi cura di tutti, eppure quelle crepe avevano permesso anche all'ombra di affacciarsi dentro di lei.
Si incamminò lungo il corridoio. I piedi le sembravano pesantissimi.
Quando fu vicino alla porta dell'aula in cui stava studiando con Shintarō si bloccò, sopraffatta dalla vergogna. Non solo aveva pensato qualcosa di cui non si credeva capace, ma aveva trasmesso a lui quei sentimenti che lo avevano portato a...
Scosse la testa con ostinazione. Avrebbe fatto finta di nulla, al massimo avrebbe detto una bugia, in fondo era diventata brava a farlo negli ultimi tre anni, no?
Inspirò a fondo e si affacciò oltre lo stipite, il sorriso già pronto. L'aula era vuota e la cartella di Shintarō non c'era più. Si avvicinò al tavolo e si sedette, tormentando l'angolo del proprio quaderno con l'unghia.
Lo sguardo le cadde sulla sciarpa rossa che aveva appoggiato sul tavolo mentre studiava. Una lunga sciarpa di cotone, che aveva cucito quasi per gioco, per non smettere di indossarla anche d'estate e poter giocare con i suoi fratelli ai supereroi. Ogni volta che l'aveva messa, si era sentita davvero in grado di poter fare qualsiasi cosa, forte e invincibile, fino al momento in cui tutta la sua volontà di era scontata con la debolezza di cui era fatta, il giorno in cui aveva tentato di buttarsi dal tetto della scuola. In quegli istanti, in cui aveva percepito prima il vuoto sotto di sé e poi la disperazione di suo fratello e il compiacimento del serpente che si era impossessato di suo padre, si era resa conto che non era affatto un eroe, ma solo una stupida ragazzina troppo presa da un gioco più grande di lei.
Il suo viso si distorse in una smorfia. Allungò la mano e afferrò la sciarpa, lanciandola lontano con un gemito di frustrazione.
La sciarpa colpì il muro e scivolò a terra nell'aria immobile.


«Sono a casa!» gridò mentre si toglieva le scarpe con un saltello e la cartella le scivolava dalla spalla. Prima che potesse cadere a terra, due mani si allungarono per afferrarla.
«Grazie Tsubomi-chan! Ecco il miso per stasera...» le disse agitando il sacchetto della spesa.
«È andata bene la tua giornata, onee-chan?»
«Sì, Io...»
«Nee-chan! Nee-chan!» la corsa di Kōsuke le travolse entrambe, stringendole in un abbraccio soffocante «Nee-chan, c'è qualcuno che vorrei presentarti...»
«Cosa? Ehi...»
«Le sue misteriose passeggiate solitarie, nee-chan...» bisbigliò Tsubomi con un sorrisino malizioso.
Ayano spalancò la bocca e alzò il viso per osservare il fratello.
«Kōsuke! Non dirmi che finalmente ti sei deciso...»
«Ssst!» disse lui con foga mettendole una mano sulla bocca per zittirla «È di là, ti sentirà se tu...» il suo viso si era fatto rosso mentre tentava di bloccare anche Tsubomi che era riuscita a sciogliersi dal suo abbraccio.
«S-scu... scusate...» pigolò una vocina dalla porta del soggiorno.
Ayano si ritrovò libera dalla stretta di Kōsuke e vide una ragazzina che si fissava con imbarazzo la punta delle scarpe, i lunghi e folti capelli chiari che le cadevano al lato del viso minuto fino ai fianchi.
«Nee-chan...» le sussurrò Tsubomi all'orecchio, schermandosi la bocca con la mano «Avresti mai detto che Kōsuke fosse un lolicon?»
Ayano scoppiò a ridere.
«Aahh... come siete cattive!» piagnucolò Kōsuke grattandosi la testa «Comunque nee-chan, lei è Mary, la mia amica. Mary, questa è la mia nee-chan di cui ti ho parlato.» disse alla ragazzina abbracciando Ayano e punzecchiandole una guancia con le dita.
«Pia-piacere!» rispose Mary inchinandosi con determinazione. Era davvero graziosa nel suo vestitino azzurro e bianco, quasi una piccola principessa.
«È un piacere anche per me, Mary-chan... posso chiamarti così, vero?»
Lei annuì con un sorriso timido.
All'inizio, quando Kōsuke le aveva parlato della sua misteriosa amica che abitava nella foresta, si era sentita un po' gelosa. Le era sembrato che qualcuno di pericoloso si fosse insinuato nella pace precaria della sua famiglia, e soprattutto minacciasse il suo piccolo Kōsuke. Per fortuna, quel sentimento era durato poco. Quando si era accorta che quelle passeggiate nella foresta lo rendevano più allegro e meno terrorizzato dal potere che odiava tanto, Ayano si era tranquillizzata e aveva messo sull'avviso Tsubomi, ma soprattutto Shūya, che li avrebbe puniti severamente se avessero seguito Kōsuke o se, peggio, gli avessero tirato un brutto scherzo.
«Ti fermerai per cena, vero? Vuoi avvertire i tuoi genitori?»
Lei lanciò un'occhiata interrogativa verso Kōsuke.
«Non ce ne sarà bisogno, nee-chan. L'ho già invitata io, è già quasi tutto pronto. Stavamo solo aspettando te e Shūya... non era con te?» le chiese Tsubomi.
«L'ho visto a scuola ma... aveva ancora da fare.»
«Speriamo non faccia tardi, la cena è quasi pronta!» concluse con un sorriso, avviandosi verso la cucina.
Il campanello suonò. Ayano lasciò che Kōsuke e Mary tornassero in soggiorno e alzò il ricevitore del citofono.
«Si?»
«Tateyama?»
Il respiro le si bloccò tra le labbra.
«Arrivo.»
Quando aprì la porta di casa, lo vide appoggiato contro il muretto, lo sguardo perso lungo la strada, gli auricolari nelle orecchie come sempre. Al sentire la porta richiudersi, si voltò verso di lei.
«Shintarō...» fu l'unica cosa che riuscì a dire, mentre sentiva il calore diffondersi sul suo viso. Lui la osservava con un'espressione interrogativa «Ecco, per oggi...»
Ancora silenzio. E attesa. Ayano fece dondolare un piede avanti e indietro con nervosismo. Era consapevole che lui aveva solo reagito ai suoi sentimenti, sopraffatto da quella comunicazione forzata che aveva scatenato una risposta tanto violenta.
«Tateyama, vorrei che ci comportassimo come se non fosse successo nulla.»
«Ah...» lei si sforzò di guardarlo in faccia e lui rispose al suo sguardo senza imbarazzo. Al contrario, nei suoi occhi scuri sembrava ribollire la rabbia «Sì, certo. È stato solo un errore, perdonami.»
«Ci vediamo, allora.»
Shintarō si staccò dal muretto e si incamminò lungo la strada.
«C-ciao.» balbettò lei alle sue spalle, mordendosi le labbra.
Rimase in piedi in mezzo al marciapiede finché lui non scomparve dalla sua vista. Forse, in un angolo nascosto di se stessa, aveva sperato in una reazione diversa. Forse, aveva desiderato di essere amata a sua volta e di potersi abbandonare in un abbraccio dove dimenticare tutta la fatica e la paura degli ultimi tre anni. Ma era anche consapevole che non poteva chiedere a Shintarō di essere le braccia in cui trovare l'oblio, semplicemente perché era lei a non essere giusta. Era sbagliata perché non gli si opponeva, perché preferiva sorridere piuttosto che litigare, perché era solo la vicina di banco con i voti sempre bassi e dei fratelli troppo rumorosi, banale e noiosa.
«Senpai!» il grido alle sue spalle lacerò il silenzio.
Ayano si voltò e vide Kisaragi Momo che la salutava agitando la mano.
«Senpai!» esclamò ancora quando le fu di fronte dopo aver colmato la distanza tra di loro con una corsa veloce. Alle sue spalle Shūya avanzava piano lungo la strada «Ayano-san, come stai? Mi ha invitata Tsubomi-chan, ho deciso di venire anche se fa davvero troppo, troppo caldo, non trovi? Ma non hai caldo con quella sciarpa? Io ho caldissimo! Hai visto chi ho incontrato all'angolo? Eppure Kano oggi sembra un po' giù di corda... non mi ha neppure preso in giro!» disse tutto d'un fiato sventolandosi con la mano, lasciando che il cappuccio della felpa scivolasse giù dalla testa.
Ayano rise.
«Sono felice che ci sia anche tu stasera, Momo-chan. Vai pure dentro, credo che Tsubomi ti stia aspettando.»
«Tsu-bo-mi-chan!» modulò Momo a voce altissima mentre saltellava verso l'ingresso «Sto arrivando!»
«Se continua così, tutto il vicinato saprà che Kisaragi è qui e dovremo sorbirci un concerto improvvisato.» sbuffò Shūya.
«Però sarebbe divertente. Momo-chan è sempre così allegra!»
«Troppo.»
«Shūya-chan... da quando sei diventato così cupo?»
Lui corrugò le sottili sopracciglia chiare. Ayano si sentì arrossire.
«Senti, per quello che hai visto oggi pomeriggio...»
Lui la interruppe alzando la mano e lanciandole un sorrisetto.
«Non devi giustificarti con me, nee-chan. Anche perché non è un mistero che ti piaccia quel Kisaragi. Ti ricordi che mi sono dovuto sorbire tutte le confidenze con Enomoto-san quando fingevo di andare a scuola al posto tuo? Mi stupisce solo che provi dei sentimenti verso chi ti tratta con così tanta freddezza.»
«Shūya...» mormorò Ayano impacciata «Purtroppo non possiamo decidere di chi innamorarci.»
Lui la squadrò a lungo. Ayano deglutì. Si odiava per averlo ferito così tanto.
«Già, immagino che tu abbia ragione.» rispose con un'alzatina di spalle, avviandosi verso la porta d'ingresso.
Ayano lo seguì. Dalla casa arrivavano risate e strepiti, suoni spensierati che la avvolsero come una coperta. Almeno per quella sera, avrebbe cercato di essere la sorella migliore del mondo. Non ci sarebbero state bugie, né speculazioni sul destino che gravava su di loro. Ci sarebbe stata solo felicità e amore, le uniche cose che lei desiderava e che sembravano sempre sfuggirle dalle mani.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kagerou Days / Vai alla pagina dell'autore: Kuri