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Autore: Yoan Seiyryu    08/09/2014    6 recensioni
[Penny Dreadful - Once upon a time] [Dorian/Wendy]
Spin-Off della storia "Dark Side of London" pubblicata nella sezione Once upon a time.
Wendy Darling si ritrova ad essere prigioniera di un gentiluomo che non ha mai incontrato prima ma che pare far parte di qualcosa che va al di là della sua comprensione.
**
Dorian inumidì il bicchiere di cristallo con poche dita di vino rosso e lo sollevò per sorseggiarlo con gusto.
“E’ proprio qui che cadete in errore Miss Darling. Io non vi ho rapita, vi siete lasciata rapire. Non è questo un aspetto interessante? La vostra innocenza chiama il peccato a voce così alta che non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra richiesta”.
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dorian Gray
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NdA Parte I:
° Questa one-shot è uno Spin-Off dalla storia principale pubblicata inizialmente nel fandom di Once upon a time: Dark Side of London, in futuro sarà rimaneggiata perché diventi un cross-over con gli eventi e i personaggi di Penny Dreadful.
° I personaggi che troverete citati sono Michael e John Darling, fratelli minori di Wendy ed Alice di Once upon a time in Wonderland.
° Dorian Gray, seguendo la storia che sto scrivendo, si trova dalla parte del nemico rispetto ai protagonisti della storia principale e per questo ho inserito l’avvertimento OOC. Non ci saranno comunque riferimenti a nulla di tutto questo, proprio perché devo ancora decidere le linee generali.


 

 

 
 
 

 

Animal I Have Become

 

 
 
 
Le prigioni non sono fatte di materassi di piume, né di pareti dipinte di rosso e ritratti di nobili che si ostinano ad osservarti durante il sonno.
Le prigioni, Wendy, non le aveva nemmeno mai viste. Aveva inventato storie di prigionieri che con tenacia erano evasi per creare la propria avventura, ma la cella in cui ora era rinchiusa non assomigliava affatto agli antri bui in cui vigeva solo l’oscurità. Le sue prigioni erano fatte di specchi dorati e di una finestra posta nel migliore angolo della casa, lì dove le stelle erano visibili in quelle notti tetre e senza luna.

La puntualità è ladra del tempo [1]. L’unica volta in cui Wendy arrivò in ritardo, perse se stessa e le rubarono quel tempo di cui ricamava sempre la precisa puntualità, come la sua amica Alice le aveva insegnato da bambina. Insegnamenti vani ora che era prigioniera, ora che non poteva più disporre del suo tempo.
Provare paura sarebbe stato un comportamento saggio ma non riusciva a sentire il peso di quella condizione come qualcosa di temibile. Wendy peccava di ingenuità, di innocenza, di purezza. Ma ad ogni modo peccava e il peccato non è che purificazione di un’azione tanto desiderata. Ognuno porta con sé le sue colpe.

E’ la confessione che assolve, non il prete [1].


 
 
*
 


La notte a Londra non corrisponde alla luce delle stelle che infiammano il cielo, che illuminano strade innumerevoli verso isole sperdute e sconosciute, isole fatte di sogni ma vere quanto le emozioni. In quegli ultimi tempi la notte era disegnata dagli incubi e dall’incertezza di una vita che non era più in mano a chi la possedeva. Il sangue scivolava tra le strade grigie e buie, tra fiaccole consumate prima che le falene riuscissero ad ardere, sciogliendo in un solo attimo una vita esageratamente breve.
Michael l’aveva visto quel sangue scorrere a teatro, dietro le quinte, dove la finzione non era più finzione e la realtà assumeva un colore più brunito di quella che gli attori mettevano usualmente in scena. Prima di ogni cosa, Michael aveva raccontato a Wendy cosa aveva visto, quello a cui aveva assistito. Membra tagliate, corpi indecifrabili, firme di un mostro che non conosceva pietà.

John l’aveva visto il corpo di Annie Miller[2], lì dove il collo non era più attaccato alla testa. Anche se era stato ripulito dal sangue, la morte l’aveva incontrata per la prima volta. Aveva descritto sul The Illustrated London News i particolari di quel crude avvenimento e si era fatto forza mentre lo raccontava a denti stretti.
E Wendy? Wendy, la morte, non l’aveva mai neppure concepita. La morte era così lontana per chi vive di giovinezza e per chi ne fa un’eternità. Tutti coloro che le stavano attorno avevano preso parte in quella storia ricamata di fragili ombre e lei avrebbe rischiato solo di diventarne una vittima. La morte, forse, non l’avrebbe vista ma la sarebbe diventata lei stessa, la morte. Lei e la morte la stessa cosa?

Si accingeva a scendere le scale vellutate di rosso, scale ai cui lati ospitavano altri ritratti che insistevano ad osservarla e a studiarne ogni respiro, ogni movimento. Era libera in quella prigione, ma rimanervi l’avrebbe soffocata dentro. Dov’era John? Dov’era Michael? Dov’era Alice? Sarebbero arrivati, prima o poi. Ma se il poi fosse stato troppo tardi…
Diversi abiti le erano stati lasciati nella camera rossa e tutti erano di straordinaria bellezza, tessuti da una mano esperta che di certo apprezzava l’estetica in ogni suo aspetto. Tra tutti, però, aveva scelto di indossare l’abito bianco, il più evanescente e il più luminoso tra tutti: spiccava tra i rubini e gli smeraldi delle altre stoffe.
Raggiunse con calma serafica la sala da pranzo dove ogni sera dalla sua reclusione aveva cenato in compagnia del suo carceriere. Fino a pochi giorni prima aveva rinunciato alla conversazione e al tentativo di esprimere le proprie emozioni. Si era chiusa in un forzato silenzio per evidenziare il suo disappunto nell’esser stata rapita senza nemmeno aver avuto il tempo di salutare i suoi cari. Era stato o no un gesto che un gentiluomo non avrebbe mai dovuto compiere?

Poi, però, si arrese. Riprese a parlare e la sua voce compiacque molto quel carceriere che continuava a trattarla come un’ospite d’onore anziché come un ostaggio. A volte, durante quelle notti solitarie, non credeva nemmeno che stesse dalla parte di Coloro che colorano la Notte. Il rapimento fungeva come semplice avvertimento, perché Alice e i suoi compagni smettessero di indagare su affari che non erano di loro competenza. Una volta accertatosi della fine della loro curiosità, il carceriere l’avrebbe liberata senza indugi.
Si sorprese Wendy nel constatare che nella sala non vi era la presenza dell’uomo che l’aveva rapita. In quel momento le sembrò così vuota eppure così colma di qualcosa di inspiegabile che provò il desiderio di uscire e tornare nella cella predisposta appositamente per lei. Quella casa reclamava avvenimenti che lasciavano il segno persino dopo esser accaduti. Solo dopo poco che decise di accomodarsi su una poltrona davanti al camino sentì dei passi misurati che si avvicinavano con cadenza regolare e composta.
“Siete in ritardo”.
Gli occhi di lui sorrisero e subito dopo anche le labbra li accompagnarono. Wendy si alzò per ricambiare l’inchino e mantenere quel poco di formalità che una prigionia poteva conservare. Lui si avvicinò e le porse il braccio per accompagnarla alla tavola imbandita per la cena imminente. Lei non rifiutò e si lasciò guidare.


“Avete sentito la mia mancanza?”
“Terribilmente” ironizzò Wendy, come se si potesse sentire davvero la mancanza di qualcuno che toglie la libertà.
“Allora avrei dovuto tardare di più, così mi avreste pensato più a lungo”. [3]

Le scostò la sedia e la lasciò accomodare perché la cena avesse inizio. Si sedette al lato estremo della tavola, con la sola luce delle candele ad illuminare un viso che sembrava scevro di malignità, colpe, impurità. Wendy si limitava ad osservarlo lasciandosi andare ad osservazioni silenziose, inserendole in racconti che girovagavano nella sua testa. Qual era il segreto di quell’uomo?
“Non crederete di controllare i pensieri altrui, Mr Gray? Influenzarmi positivamente non servirà a nulla. Non cambierò idea su di voi” sorrise Wendy all’angolo delle labbra.
Era stata ritrosa con lui, all’inizio. Si era mostrata scostante e il più possibile colma di astio verso colui che l’aveva portata via da un mondo che non conosceva ombre. Un mondo ancora fatto di innocenza e di storie raccontate prima di andare a dormire. Ora non ne aveva più di storie da raccontarsi, visto che ne stava vivendo una in prima persona.
Poi aveva cambiato linea di azione e aveva deciso di mostrarsi gentile, disponibile, proprio per avvicinarsi a quel carceriere che non sembrava volesse causarle alcun male. Forse non era altro che un burattino costretto da un qualche ricatto, per questo doveva essersi spinto a compiere quel rapimento. E se invece non fosse stato così?
Dorian Gray attese che i servitori lasciassero le portate davanti ad entrambi ed uscissero dalla sala, poi si decise a rispondere. La osservava di sottecchi, con curiosità e con occhi così suadenti che  Wendy si sentì in pericolo.


La buona influenza non esiste. Qualunque influenza è immorale perché influenzare qualcuno significa dargli la propria anima” [1]
Wendy lo osservò per quel che possibile dall’altro lato della tavola ed inclinò appena la testa.
“E voi avete timore di dare la vostra anima a qualcuno?”
Dorian non  lasciò leggere nulla di quello che al momento stava pensando e si limitò a scrollare appena le spalle.
 
“C’è chi un’anima non la possiede nemmeno, Miss Darling. La vostra però è di mio particolare interesse: si rispecchia nell’abito che avete scelto di indossare questa sera”.
Wendy non comprese. Come si può non possedere l’anima? Eppure, ora che ci pensava, la prima volta che si ritrovò faccia a faccia con lui le era capitato di chiedersi dove fosse la sua anima. Ne sembrava privo, in quegli occhi brillanti che coloravano di tutto, tranne che di uno spirito presente. Il suo sguardo era vivo, ma assente.

“Non vi è nulla di interessante in me, Mr Gray. Mi avete rapita con facilità tale da rendermi totalmente scevra di aspetti interessanti”.
Le giovani donne delle sue storie non si sarebbero lasciate ingannare in quel modo. L’idea che aveva di sé era spesso messa a raffronto con gli ideali che si era creata nella testa e finiva per rimpiangere quei tempi in cui da bambina sorvolava i cieli con la sua vivida immaginazione. A volte aveva avuto persino la sensazione che quei sogni fossero stati reali.
Dorian inumidì il bicchiere di cristallo con poche dita di vino rosso e lo sollevò per sorseggiarlo con gusto.
“E’ proprio qui che cadete in errore Miss Darling. Io non vi ho rapita, vi siete lasciata rapire. Non è questo un aspetto interessante? La vostra innocenza chiama il peccato a voce così alta che non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra richiesta”.
Wendy smise immediatamente di mangiare e posò la forchetta al suo posto, sollevando uno sguardo lucido e adirato. Le guance avevano preso a colorarsi di un rosso più intenso, finché non si impose di farle tornare  al candore abituale.
“Il mio peccato è l’ingenuità, non il desiderio stesso di peccare. Qualunque idea vi siate fatto di me, di certo è errata”.
Dorian si alzò dalla sedia con eccessiva lentezza. L’eleganza che esprimeva in ogni singolo movimento del corpo era in grado di affascinare Wendy più di ogni altra sua parola. Dorian era desiderio, istante durevole, eternità e giovinezza. Eterna giovinezza. E lei non voleva crescere, non lo aveva mai voluto. Si avvicinò a lei per sollevarle il mento con l’indice ed osservarla in quegli occhi che iniziarono a tremare.
“Tutti noi desideriamo, tutti noi prima o poi siamo costretti a peccare. L’unico modo che si ha per superare una tentazione è abbandonarvisi”. [1]
Le accarezzò il mento con il pollice, senza osare distaccare gli occhi da quelli di lei, un abisso profondo da cui emergere non sarebbe stato possibile.
“Le vostre tentazioni Mr Gray sono riprovevoli. Di giorno mi tenete rinchiusa perché io non assista ai peccati di cui la vostra casa è schiava e la sera mi lasciate libera di attraversarla come se voleste preservare l’unica cosa che non è stata ancora macchiata dalla vostra mano”.
Le dita di Dorian arrivarono a sfiorarle il collo e a posarvisi come se avesse provato il bisogno di studiare il calore della sua pelle candida. I riccioli biondi di Wendy le ricadevano scomposti sulla fronte e le circondavano il viso con tanta grazia che per un attimo gli tornò alla mente l’immagine opposta di Vanessa Ives.
Come potevano due donne essere così dissimili?
Vanessa aveva l’anima compromessa da qualcosa che era ben più grande di lei. Toccata dalla convivenza di un demone interiore che sprigionava una voce in grado di avvolgere chiunque avesse attorno.
 
Wendy era pura e priva di qualunque malattia perversa che l’anima fosse in grado di suscitare. Una bambina cresciuta con l’idea che il mondo possa essere salvato dalla propria interiorità.
“Lasciatemi andare”.
La sua voce era rotta dal principio di un pianto che avrebbe trattenuto.
“Ogni sera mi fate la stessa richiesta ed ogni sera vi risponderò allo stesso modo. Una volta sfiorato questo mondo è impossibile uscirne come si è entrati. Iniziate già a cambiare, Miss Darling”.
Le dita di Dorian risalirono sulle sue labbra per schiuderle lentamente.
“Quali cambiamenti avete notato?”
I sussurri di Wendy erano come una brezza leggera, nella sua confusione era diventata una preda in grado ancora di reagire. Una preda con unghie, artigli e denti affilati che aspettava solo il momento adatto per scatenare la furia che teneva repressa da tutta una vita.
Wendy era innocenza, ma al tempo stesso era forza e caparbietà. Era speranza. Cosa che Dorian non aveva mai avuto. Perché vivere di speranza, se lo scopo della vita era la vita stessa?
Dorian smise di giocare con le sue labbra e la aiutò ad alzarsi dalla sedia, senza abbandonare la mano che strinse nella propria con una certa determinazione.
“I vostri occhi sono colmi di curiosità. Morite dal desiderio di conoscere ciò che fino ad ora vi è stato precluso e vi dannate per questo stesso desiderio. Io potrei essere un vostro desiderio. Sto forse errando?”.
Wendy non riuscì a trovare una risposta confacente. Lo guardò in silenzio, stringendogli la mano come se fosse un’ancora di salvezza in cui rifugiarsi. Per un attimo sentì il bisogno di abbandonarsi una volta per tutte in quello che davvero poteva essere un desiderio mai provato prima. Le tentazioni giungono solo al momento in cui ci si avvicina a conoscerle.
“Io-“
“Siete afflitta da mille dubbi, Miss Darling e il dubbio non è che una risposta stessa alla domanda. Avete mai pensato di affrontare un problema scegliendo la soluzione più semplice? Fate ciò che volete”.
Dorian non attese la sua risposta e si sospinse in avanti perché le sue parole si avvicinassero di più a quelle labbra limpide e pure, che nessuno aveva mai osato sfiorare o immaginare di farlo. Wendy non si ritrasse e socchiuse appena gli occhi, perché lo desiderava. Lo desiderava, come diceva lui. Avrebbe dovuto scegliere la soluzione più semplice? Fare ciò che voleva?
“Se iniziassi a scegliere sempre ciò che desidero finirei per compromettere la mia anima e trasformarmi in un’ombra, schiava di tentazioni a cui non riuscirei più a rinunciare. Non sarò il vostro specchio, Mr Gray”.
Velocemente sciolse il legame della sua stretta e lo superò in fretta, sollevando appena l’abito perché la fuga fosse meno difficile. Avvertiva il suo sguardo farsi pesante ed ostile, ma non la seguì. Wendy sapeva che non l’avrebbe fatto e che sarebbe riuscita a tornare nella sua prigione senza alcun impedimento. Ma quanto sarebbe riuscita a resistere?
Dorian, di certo, avrebbe continuato ogni sera a giocare con la sua anima e alla fine di quella storia sarebbe tornata a casa avendone una?
 
 
*
 
 
Le stelle erano lontane, per la prima volta Wendy ebbe la sensazione di non essere in grado di raggiungerle. La seconda a destra, poi, le pareva totalmente irraggiungibile. Se anche l’avessero salvata sarebbe riuscita a salvarsi da se stessa?
Seduta sul davanzale della finestra teneva gli occhi fissi verso il cielo alla ricerca di una risposta lontana da cui trarre la forza per superare ogni tipo di ostacolo. Le eroine delle sue storie lottavano contro nemici imbattibili. Lei avrebbe lottato con se stessa in quella prigione di tentazioni e di perdizione. Avrebbe vinto?

 
 
*
 
 
Dorian rimase seduto a lungo sulla poltrona rossa nella sala dei ritratti. Osservava un punto fisso davanti a sé mentre i pensieri scorrevano veloci nella testa.
Wendy Darling non era un mistero per lui, né per nessun altro. Wendy Darling era limpida, chiara e non aveva alcuna mostruosità da nascondere. Il suo peccato era solo l’innocenza. Sarebbe riuscita a portargliela via?
Non voleva distruggerla, né nutrirsi della sua anima. Voleva solo estirpare quel peccato che lui non possedeva più o forse non aveva mai avuto. Voleva. Tutto qui, non c’era bisogno di altro se non volere ciò che desiderava.

 
 



 
Note:
[1] Cit. Wilde
[2] Annie Miller è il primo omicidio di una lunga serie della storia di Dark Side of London. Annie Miller era una modella della Confraternita dei Preraffaelliti.
[3] Rimaneggiamento del dialogo tra Mabel Chiltern ed Arthur Goring in ‘Un marito ideale’ di Wilde.
 





NdA Parte II:
Ringrazio le ragazze che mi hanno sostenuta in questa piccola creazione prima di ogni cosa: la mia Ciurma e Mania. Per ora non si tratta che di un piccolo esperimento per vedere come questi due personaggi così diversi si muovono insieme, anche se non ho approfondito le tematiche ho giusto accennato.
Se il tutto mi convince, credo proprio che farò altre creazioni di questo tipo oltre alla long che ho in mente :D.
Grazie per chi leggerà! 
   
 
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