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Autore: Adeia Di Elferas    09/09/2014    14 recensioni
Questo pezzo racconta un momento inedito tra Asha (nel telefilm nota come Yara) Greyjoy e Tristifer, in cui i due si interrogano sul loro futuro. Si trovano ancora sulle Isole di Ferro, Balon è già passato a miglior vita e un'Acclamazione di Re avrà luogo a breve. Chi l'ha letto mi ha detto che è un buon lavoro. Spero sia così!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Yara Greyjoy
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nei Sette Regni e al di là del Mare'
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Il Dio Abissale vedrà tutti gli Uomini di Ferro festeggiare nelle liquide sale in cui si terrà la cerimonia più bella di sempre. Gli Annegati, quelli presi dal mare e quelli risputati dalle sue onde... Tutti saranno invitati a festeggiare assieme al Dio Abissale, perchè è così che lui vuole.
 I volti gonfi dei convitati sorrideranno e alzeranno tutti i calici, bevendo acqua di mare e lodando il Dio Abissale, che ha dato loro l'acqua salata, che li ha fatti annegare per tornare alla vita. Perchè è così che si deve dire: ciò che è morto non muoia mai.
 Sale liquide che rimbombano di suoni ovattati, dove lei adesso si aggira, vedendo il volto di chi aveva conosciuto. Cerca suo fratello, ma non riesce a trovarlo. Vede altri che aveva conosciuto, ne vede certi che lei stessa ha mandato in quelle sale anni prima. Ma il fratello non c'è da nessuna parte...  Ma quale sta cercando? Rodrik, Maron... o forse Theon?
 Uno stemma familiare, la piovra della sua familia. Si mette a correre, ma le sue gambe sembrano scivolare nell'acqua, e prima che se ne accorga, proprio mentre tra la folla scorge il volto del padre, Balon, si sente cadere in terra, respirando acqua.
 Ciò che è morto non muoia mai.

 Sentendosi mancare il fiato, proprio come se stesse annegando, Asha Greyjoy aprì gli occhi di colpo. Dovette respirare a lungo e lentamente, prima di riprendersi dall'orribile incubo che aveva fatto.
 Il solo pensare alle liquide sale del Dio Abissale la faceva rabbrividire. Non solo perchè per arrivarci, avrebbe dovuto morire, ma perchè la sua famiglia, ormai, era quasi tutta lì.
 Con un altro respiro rotto, e la mente che vagava verso la figura nebulosa di suo zio Capelli Bagnati, il santone, quello che di Dio Abissale ne sapeva più di tutti, Asha si mise seduta sul letto.
 Il fuoco nel camino era ancora acceso, anche se ardeva con meno intensità. O forse era solo un'impressione. Gli unici rumori erano dovuti al legno che schioppettava sommesso tra e fiamme, le onde che si infrangevano nella tempesta e il respiro lento e tranquillo di Tristifer.
 Con un brivido che le fece accapponare la pelle, Asha prese la tunica che aveva appoggiato accanto al letto e se la infilò. Cominciò a misurare la camera a grandi passi, pensierosa.
 L'aria nella stanza era impregnata dell'odore acre del sesso, dei loro corpi sudati, del sale portato dal mare e del fumo che il camino, ogni tanto, rispediva indietro. Se non fosse stato per il freddo, Asha avrebbe spalancato la finestra. Ma c'era troppo umido e troppo vento: avrebbe rischiato di prendersi qualcosa, e non poteva permetterselo.
 Guardò Tristifer, alla luce danzante del camino. Era prono, per metà scoperto ed abbracciato ad uno dei cuscini. La sua schiena era dritta e perfetta, senza un segno, pallida. Non era la schiena di Uomo di Ferro, questo Asha lo sapeva e non poteva smettere di ricordarsene ogni volta. Poteva vestirsi come loro, poteva anche salire su una nave e parlare di Dio Abissale, Annegati e danzare con la asce, ma non era uno di loro.
 Stringendosi le braccia in grembo, Asha si avvicinò al bracere e si mise a fissare le fiamme, fino a farsi lacrimare gli occhi. Tutto quello a cui riusciva a pensare erano Euron, Victarion e Aeron, i fratelli di suo padre, che ora sembravano essere stati mandati sulla sua strada da un destino beffardo che la voleva vedere morta.
 Si strofinò gli occhi e tirò su col naso, mentre alle sue spalle avverì un rumore sommesso e poi un sospiro. Tristifer si era svegliato.
 “Cosa c'è?” chiese lui, passandosi una mano sul volto, nel tentativo di risvegliarsi. Aveva caldo e la luce del camino gli dava fastidio.
 “Niente, stavo pensado...” disse Asha, ritornando a sedersi sul letto. Dato che Tristifer ormai era sveglio, tanto valeva coinvolgerlo: “Cosa faremo adesso?”
 Tristifer la fissò un momento, con il suo profilo da ragazzino, poi fece un mezzo sorriso, avvicinandosi appena: “Te l'ho detto. Sposami. Andiamo lontano e lasciamo che gli uomini e le donne dei Sette Regni si facciano guerra senza il nostro aiuto.”
 Asha strinse le labbra e gli voltò le spalle: “Sono la tua regina, non tua moglie. Mi sembrava di essere già stata chiara.” “Ah, sì? Me l'avevi già detto? Si vede che ho la memoria corta.” rise Tristifer, facendosi ancora più vicino.
 Asha sentiva ormai il suo respiro sul collo e dovette armarsi di autocontrollo per non dimenticare quello che stava per dire: “E se mio fratello fosse morto?” “Theon?” “Sì.” “Sei sempre stata convinta del contrario.” il tono di Tristifer adesso era serio, ma il suo respiro scottava ancora sulla pelle di Asha.
 “Perchè non vuoi sposarmi?” chiese improvvisamente Tristifer. 'Perchè non sei un Uomo di Ferro' avrebbe voluto rispondere Asha. Invece disse: “Perchè ho altro a cui pensare, adesso. Se fossi un uomo ti potrei prendere come Moglie del sale, ma così...” A Tristifer l'idea parve piacere: “Sarò il tuo Marito del sale, se è questo che vuoi.” E la baciò tra le scapole. Asha detestò la tunica che indossava, perchè si era frapposta tra la sua pelle e le labbra di quel ragazzo gentile e delicato, così diverso dai marinai che era solita comandare.
 “Tu sei la regina, puoi fare quello che vuoi.” constatò Tristifer, continuando a baciarla. “Non sono regina di niente.” fece, amara, Asha, scostandosi un po'.
 “Tuo padre ti voleva come erede. I tuoi zii non hanno diritto di salire sul trono. Le Isole di Ferro sono tue. Solo tue...” La voce di Tristifer si era fatta sottile, e le sue labbra cercavano il collo di Asha, che però continuava a spostarsi, fino a che si alzò in piedi.
 “Sei Asha Greyjoy.” le dovette ricordare Tristifer, alzandosi in piedi. Per un momento Asha non sentì nulla, se non il sottofondo burrascoso del mare che si riversava contro gli scogli con tutta la sua rabbia. “Sei il frutto dei lombi di Balon Greyjoy e sei la più brava nella danza delle asce.” All'ultima affermazione, ad Asha scappò un sorriso.
 “Meriti una vita da regina. Io sarò il tuo sposo e avremo dei figli che...” “I miei figli sono quelli.” lo interruppe Asha, indicando le sue due fedeli asce appese alla porta: “Lo sai meglio di me. Smettila di dirmi certe cose.”
 Tristifer fece un paio di passi verso di lei. Non era particolarmente prestante, non aveva la pelle cotta dal sole e dal sale, ma ad Asha piaceva così com'era.
 “Lo sai che siamo nati per stare insieme.” disse Tristifer, con sicurezza: “Lo sanno tutti. Devo ricordarti perchè fui cacciato da casa tua?” Asha non aveva bisogno che glielo ricordasse. Erano stati scoperti e, ovviamente, il loro avvicinamento non era stato gradito.
 “Smettila, Tris.” tentò lei, mentre Tristifer si avvicinava inesorabile, sempre di più, pronto a ricominciare da dove li avevano interrotti molti anni addietro, prima che venissero separati per così tanto tempo. “Tu sei l'unica ragazza che...” Asha, senza ragionare, lo afferrò per la gola e lo minacciò: “Non sono una ragazza. Sono una donna. E sono la tua regina.”
 Per tutta risposta, Tristifer l'afferrò a sua volta per la gola. Quando entrabi furono senza fiato, lui l'attirò a sé e prese a baciarla. “Smettila...” provò a dire lei, ma era lei stessa la prima da convincere a smetterla.
 Tristifer la trascinò quasi a forza sul letto e le tolse la tunica, gettandola a terra. Asha gli passò le mani sulla schiena, sulla sua schiena liscia e senza un difetto, e poi, dopo aver finto un'ultima volta la ribellione, si lasciò prendere. 
 
 Ancora con il fiato corto, sudato e stanco, Tristifer la baciò ancora una volta sul collo e poi si accoccolò poggiando la testa sul suo petto. Asha lo lasciò fare, e non si lamentò nemmeno quando lui iniziò ad acarezzarle lentamente il braccio.
 Con lui era così, non riusciva a ragionare lucidamente. Alla fine prendeva il sopravvento una forza che nessuno dei due riusciva a controllare. E in fondo che male c'era?
 “Asha...” sussurrò Tristifer, solleticandola, con il movimento delle sue labbra: “Sposami.” “Non posso.” disse lei, la voce arrochita e bassa. “Tu sei la mia regina, non mia moglie.” bisbigliò lui, come se se ne ricordasse all'improvviso, triste.
 “Adesso dormi. Domani devo andare dal Maestro a farmi dare del latte di luna.” fece, più secca, Asha. “Il latte di luna...” fece lui, inarcando un sopracciglio. “Se tu stessi più attento, non dovrei continuare a berne.” ribattè Asha, con una velata ostilità. “Con te non riesco a stare attento.” Sorrise Tristifer, la voce un po' impastata per il sonno.
 Asha gli passò una mano tra i capelli e non aggiunse più nulla. Tristifer chiuse gli occhi e cadde in un sonno tranquillo e profondo.
 Asha si dovette sforzare per non pensare di nuovo ad Euron, Aeron e Victarion e all'eredità scomoda lasciatale da suo padre, l'illustre Balon. Cercò di pensare solo a Tristifer, alla sua pelle calda, al suo respiro lento e sicuro, e al suo sapore. Si abbandonò a quei dolci pensieri, unico momento di umanità nel mondo bestiale in cui si era trovata a vivere. E dopo poco, si addormentò.

   
 
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