Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: felsah    09/09/2014    5 recensioni
“Ci hai fatto correre qui per dei fiorellini?” […].
“Ma questi non sono solo fiorellini, sai?” mormorò Anna indignata, mentre strappava fiori e correva verso Elsa.
Glieli lanciò addosso mentre raccontava in modo teatrale, “questo è il covo della Regina delle Nevi e questi sono i suoi servitori”.
Elsa rise di cuore ancora una volta. “Dei fiori?”.
“Dei fiocchi” consigliò Anna, facendole l’occhiolino, “fiocchi di neve”.
“E dove si nasconde la Regina?”.
“Quasi certamente non qui” rispose Anna, stando subito al gioco. “E’ troppo maestosa perché tutta la corte possa stare qui”.
“Ha anche una corte?”.
“Già, come ogni regina”.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Re, Regina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Exile



Capitolo 1
La processione di guardie e cavalli sembrava interminabile






 
Se la mia sorte vuole che io diventi re, ebbene:
la sorte può incoronarmi senza che io muova un dito.
[Shakespeare, Macbeth]



 


 
La processione di guardie e cavalli sembrava interminabile agli occhi della piccola principessa, che cavalcava insieme a uno dei soldati, avvolta in un mantello scuro. Le ciocche dei suoi capelli, così chiare da sembrare bianche, apparivano stranamente luminose alla luce della luna, che seguiva pazientemente gli spostamenti di quel corteo.
Elsa non riusciva a smettere di fissare il vuoto, la fronte leggermente corrugata, e pensieri così intensi le sfrecciavano nella mente uno dopo l’altro in rapida successione che avrebbe desiderato poter smettere di esistere in quello stesso istante. Le immagini che vedeva erano sempre le stesse, sempre più vivide, invece che confusi come dovrebbero essere i ricordi. Anna e l’incidente. La sua ciocca bianca. La profezia.
Il viso di sua madre e le lacrime che aveva cercato di nascondere. Non sapeva nemmeno se l’avrebbe rivista.
Elsa aprì in modo maldestro il ciondolo rotondo che aveva al collo, rivelando i visi dei suoi genitori che la fissavano austeri da un piccolo ritratto. Sembrava che anche lì la stessero rimproverando.
Perché era tutta colpa sua se ora stava andando via.
Se solo non si fosse alzata dal letto quella mattina, se solo non avesse accontentato i capricci di sua sorella, se non fosse scivolata…se…se. Forse sarebbe successo comunque, prima o poi.
Il nitrito di un cavallo la riportò alla realtà e si girò appena in tempo per vedere un uniforme verde sbalzata giù dal suo cavallo, con una freccia piantata in pieno petto.
L’animale s’imbizzarrì prendendo a correre furioso, e così qualcun altro.
“Un’imboscata!” urlò il capitano. Lo sentì ripetere da altri. Le loro voci confuse rimbombavano in quel tratto di foresta, e mentre guardava tra gli alberi, come avesse sperato di vedere chi aveva scoccato quel bastoncino portatore di morte, i soldati con il compito di proteggerla parlavano della sua sicurezza. Mentre delle ombre minacciose uscivano a man a mano dal fogliame, l’uomo che l’accompagnava incitò il cavallo, con il cuore in gola. Elsa riusciva a sentirlo tremare e se ne stupì. Gli vide la paura negli occhi quando si voltò verso di lui, mentre correvano via. Correvano via.

La bambina si strinse saldamente al pomo della sella, per non rischiare di cadere. Sembrava il più importante dei suoi pensieri in quel momento. Sentiva il vento correre insieme a loro, insinuandosi prepotentemente dentro il suo mantello. Sentì l’uomo dietro di lei rantolare e lo vide scivolare giù dalla cavalcatura rigido come un pezzo di legno, con gli occhi cerulei spalancati. Il cavallo continuò a correre così veloce che non ci volle molto perché cadesse anche lei, nonostante si stesse tenendo con tutte le sue forze.
L’urto fu così doloroso da strapparle un urlo, mentre metteva avanti le mani per proteggersi. Non servì a molto. Atterrò sul terreno sassoso e coperto di sfoglie, sbucciandosi le ginocchia.
Sentì il ghiaccio concentrarsi dentro la stoffa dei guanti lacerati. Provò ad alzarsi, ma barcollò pericolosamente e dovette appoggiarsi al tronco di un albero per non scivolare di nuovo.
Ma lasciò che succedesse, perché non aveva abbastanza forza per opporsi all’inevitabile. Guardò per un attimo i visi sul medaglione aperto e poi i suoi occhi si chiusero, lasciando spazio a un nero mostruoso.

 

 
13 anni dopo


“Allora? Hai finito il trattamento di bellezza?”. Hans si fece strada attraverso la boscaglia, scostando gli arbusti più bassi con le mani ed entrò nella casupola di legno.
Sorrise e scosse la testa con fare divertito non appena vide la persona cui la domanda era rivolta esattamente impegnata a fare ciò che si aspettava. Elsa era china su una bacinella piena di pece e la stava spalmando piano sulla sua chioma bionda, rendo i suoi capelli di un nero intenso.
“Trovo che il tuo colore naturale sia molto più bello” sbuffò Hans, appoggiandosi allo stipite della porta, “non riesco a capire perché lo disprezzi in questo modo”.
“Buongiorno principino, come mai così mattiniero?” domandò la ragazza, smettendo per un attimo quello che stava facendo per guardare il suo interlocutore.
“Ero troppo di buon umore per stare a letto” mentì lui, allungandosi per afferrare una mela dal cestino lì accanto. “ Così sono scappato dalla finestra per correre qui da te, dolce donzella. Sapevo che ti avrei trovato sveglia con questo schifo sui capelli, lo fai ogni inizio del mese”. Diede un morso al frutto, mentre Elsa tornava alla sua tintura. “Non mi hai risposto, però”.

“Tu non mi hai fatto nessuna domanda” obbiettò lei.
“Perché rovini i tuoi capelli, intendo”.
“Non hai fatto una domanda, era una constatazione”.
“Perché?”. La fissò con occhi di sfida.
Elsa lo guardò con un sorriso beffardo da dietro le ciocche di capelli gocciolanti di quel miscuglio scuro. “Primo, non li rovino affatto. Secondo, perché i miei capelli naturali sono bianchi, ecco perché”.
“Sono biondi” la corresse lui, “non bianchi”.
“Non c’è alcuna differenza”.
“Sì che c’è. E’ come portare la gonna o portare i pantaloni” la sbeffeggiò, lanciando una rapida occhiata ai calzoni che la ragazza portava.
Forse era addirittura un paio dei suoi, perché a volte gliene aveva regalato alcuni, ma non poteva esserne certo.
“Sei qui per criticare tutto quello che faccio?” chiese lei con voce dura.
“Assolutamente no, capitano!”. Lui le sorrise e tutta l’asprezza della voce di lei sparì in quel momento. Elsa accennò a un sorriso e gli lanciò il panno che aveva tenuto vicino alla bacinella per pulirsi le mani.
Lui si scostò appena in tempo, evitandolo.
“Allora…cosa vuoi fare?” chiese lei, posandosi le mani sui fianchi. Hans la fissò per qualche minuto e i pensieri che lo avvolgevano sempre quando si soffermava un po’ più del necessario su di lei si fecero intensi. Probabilmente lei era stata l’unica cosa che gli aveva permesso di tenere i piedi ben saldi per terra. Sin da quando era solo una bambina spaurita arrivata nelle Isole a bordo di una nave di merci, senza genitori né amici. Stando a quanto le aveva detto lei, i suoi erano morti e l’uomo che l’aveva portata fin lì non sembrava conoscere molto altro.
Aveva sempre la vaga sensazione che lei gli nascondesse qualcosa, ma non gliene aveva mai parlato. Aveva accettato la sua amicizia come la può accettare il tredicesimo fratello dimenticato, un bambino solo e bisognoso di un compagno di giochi.
Elsa si era dimostrata spesso poco disposta a giochi movimentati, ma in compenso era stata un’ottima compagna di studi e nella vita di tutti i giorni. A poco a poco si era sistemata a palazzo e tutti si erano abituati a vederla come fosse stato il suo posto da sempre. L’amichetta di Hans, così la chiamavano ancora alcuni dei suoi fratelli con tono un po’ più malizioso di quanto non facessero prima.
E pensare che non si erano mai scambiati più di qualche pacca sulla spalla.
Nonostante tutto a volte Elsa tornava, come quella mattina, nella casa dell’uomo che l’aveva portata con sé dal Nord. Sembrava più tranquilla ogni volta che era lì. Eppure anche nel palazzo, al cospetto di nobili e corte, aveva quella grazia e quella compostezza che avrebbe fatto invidia a qualunque fanciulla. Hans l’aveva vista talmente di rado con un bel vestito però che una volta gliene aveva addirittura fatto arrivare uno all’ultima moda dalla Francia per costringerla a metterselo.
“Una passeggiata a cavallo?”.
“Andiamo” sospirò Elsa, “ prima che cambi idea”. Lei odiava i cavalli, e forse odiava cavalcare ancora di più. Il principe rise, e la spinse leggermente fuori dall’uscio mentre lei si infilava un paio di guanti color panna. Passeggiarono tra gli alberi che separavano il villaggio dal retro del castello, dove si trovavano le stalle. L’odore della resina impregnava l’aria fresca che si posava sulle loro teste. Rimasero in silenzio per un po’, ognuno preso dai propri pensieri. Nella pace di quel luogo quasi idilliaco si sentiva solo il rapido cinguettare di qualche uccellino, e il suo librarsi nell’aria.
Presto comparve anche l’odore di cavallo e sudore, e quanto entrarono il ragazzo che si occupava delle scuderie era già lì a sbrigare il suo lavoro.

Lì salutò e preparò per loro due cavalli. Quando furono montati in sella, presero il solito sentiero che percorrevano durante la caccia. “Sai…in realtà…ho…ho da dirti una cosa. O da chiedertela” fece lui, dopo un po’, “è per questo che sono venuto a cercarti prima del solito. Non sono riuscito a chiudere occhio”.
“Cosa è successo?” chiese Elsa allarmata, tirando le redini appena, perché il cavallo si fermasse. Hans fece lo stesso.
“Non è una notizia spiacevole, tranquilla” la rassicurò lui, “ o almeno, non credo”. Accennò a un sorriso.
Lei rimase in silenzio, in attesa.
“Sono stato invitato ad andare al Nord, ad Arendelle ” la vide sussultare, “ per rappresentare il paese durante alcune trattative politiche. E’ un’occasione decisamente speciale, il mio grado potrebbe non rimanere per sempre quello di ammiraglio” tentò di scherzare.
Lei sorrise, ma presto la gioia per una sua possibile promozione svanì. “Vorrei che tu venissi con me” lo sentì dire. Il suo cervello pensò a un miliardo di cose contemporaneamente e tutte svanirono abbastanza in fretta. Le parole uscirono dalle sue labbra prima che potesse rendersene conto.

“No” sputò acida, “io non ci vengo”.
“Mi lasci solo?”
Elsa spronò il cavallo e procedette la passeggiata mentre Hans, pur rimasto un po’ indietro, stupito dal suo gesto, tentava di seguirla.
“Perché?” chiese, con il fiatone.
“Non ci voglio venire e basta”.
“Puoi darmi una risposta che abbia un senso, per favore?”. Lei incitò ancora il cavallo, nonostante forse avesse più paura di galoppare di quanto non pensasse. Lui alzò gli occhi al cielo, ma poi pensò a una possibilità che non aveva mai voluto accettare.
“E’ da lì che vieni?” urlò Hans irritato, “ è la tua città?”. Lei proseguì.
“Lo è?!”. La sorpassò, bloccandole la strada e il suo cavallo si arrestò di colpo. “Elsa, dannazione!”.
Si pentì di quelle parole non appena vide il suo viso rigato da lacrime, che lei cercava di nascondere, asciugandole con la manica della camicia.
“Non ci vuoi tornare? Al Nord, intendo ”. Lo chiese, nonostante il volto della ragazza parlasse da solo.
“Non…io non lo so”.
“Elsa…”. Lei fu percorsa da un brivido al suo suono della voce di lui che pronunciava il suo nome con quella dolcezza. Tra loro c’era sempre stato tanto, ma mai la tenerezza. Il suo cuore vibrò. Hans si avvicinò ancora di un poco, alzandole il mento con la mano e lei si sforzò di simulare un sorrisetto.
“Guarda che non mi imbrogli, ragazzina, prima o poi mi dirai tutto”. Sapeva benissimo che non sarebbe stato così lei non lo avesse voluto, ma lo disse comunque.  “Parto tra una settimana” continuò, “ se cambi idea…”.
“Lo so”.



 
*

Sentì che quella terra che si sgretolava, quella terra su cui posava i suoi piedi scalzi, dietro cui sventolava la stendardo delle Isole del Sud, non le apparteneva più di quanto non le appartenesse la tintura nera che mascherava il colore dei suoi capelli. Lasciò che il vento le accarezzasse la pelle bagnata insinuandosi tra i vestiti e improvvisamente la voglia di tornare a casa fu più forte.
A  casa. Quella parola era come una brezza fresca in un giorno di torrido caldo. Finalmente aveva la soluzione.



 
*
 
Stesa tra le lenzuola morbide, Elsa faceva dondolare il ciondolo tondo che conteneva il ritratto dei suoi genitori davanti ai suoi occhi. Hans sapeva molte cose di lei, sapeva del suo potere, ma non sapeva che le persone ritratte all’interno della collana erano un re e una regina. Non sapeva chi era lei veramente. Affondò ancora di più sotto le coperte e per la prima volta dopo anni, si decise ad aprile il piccolo ovale che conteneva i due volti. Accarezzò la pittura servita per plasmarli e tentò di ricordare le loro fattezze reali. Chiuse gli occhi, tenendo il ciondolo sul cuore.
Ricordava poco di come era arrivata lì. L’imboscata era ancora vivida nella sua mente e ancora spaventosa, ma non sapeva cosa fosse successo dopo.
Si era ritrovata su una nave mercantile, sotto la protezione di un vecchino gentile e divertente, e sapendo che non sarebbe comunque potuta tornare a casa, lo aveva seguito.
I suoi genitori la stavano mandando via, no?
La sua bocca si piegò in una smorfia e le lacrime furono inevitabili. Come odiava i suoi capelli, come odiava la magia che le pizzicava il corpo, come odiava. Come odiava.
La tristezza nel suo cuore di bambina si era trasformata pian piano in qualcosa di più profondo, e nonostante provasse molto odio, specialmente verso se stessa, sapeva che non sarebbe mai riuscita ad odiare i suoi genitori.
Non era però a loro che aveva pensato nelle notti più difficili, quando la nostalgia si faceva più forte di qualsiasi altro sentimento. In quelle occasioni si stendeva a letto e il ricordo di Anna cancellava tutti gli altri.
Si divertiva più di qualunque altra cosa a immaginare come fosse diventata. Una giovane donna, ormai. E allora cercava il suo viso in quello di chiunque le somigliasse un poco e continuava quel gioco nei suoi pensieri.
Probabilmente a quel punto, Anna non ricordava nemmeno di avere una sorella, o di averla mai avuta. Forse i suoi genitori avevano avuto altri figli, e lei era stata dimenticata. Forse.
Chi avrebbe voluto al suo fianco una persona come lei? Tranne Hans, che la cercava in continuazione. Premette la testa sul cuscino, tentando di frenare le lacrime. Il ghiaccio aveva ormai ricoperto quasi la metà del letto, senza che lei quasi se ne accorgesse. Quel letto preso in prestito in quella camera in prestito, in quel palazzo dove niente era suo. Non ci dormiva quasi mai, perché l’odore che impregnava le lenzuola le ricordava quello che aveva sentito anni prima da bambina, ma quella notte aveva voluto provare.
Provare a ricordare.
Furono quei ricordi che due giorni dopo la portarono ad essere sul ponte di una nave, in compagnia di uomini che la guardavano come fosse stata una rarità esotica.
“ Le donne non si vedono spesso, ragazza” , le aveva spiegato un vecchio marinaio, “non sulle navi. Dovrai abituarti se vuoi resistere fino all’arrivo al Nord ”.
“La mia voglia di non arrivarci mai sta aumentando” commentò sarcastica all’orecchio di Hans. Lui rise e le afferrò una mano, “Grazie, so che lo hai fatto per me”.
“Veramente…non so ancora perché l’ho fatto”. Sciolse la stretta, dirigendosi sorridente verso la sua cabina.
“Quando lo scopri fammelo sapere, testa dura…”.
Lei fece la linguaccia, ma poi lo rassicurò, “Sarai il primo a saperlo” e scomparve nei suoi alloggi.



 
*

“ Sì, che è vero! Non me lo hai detto affatto!”.
“E invece sì, devo avertene accennato per forza!”.
Le urla erano così forti che gli uomini sul ponte erano immobili, ad ascoltare l’evolversi della discussione, nonostante questa provenisse dagli alloggi privati del principe Hans.
“Ah, accennato! Ma nemmeno quello hai fatto, perché sono più che sicura che se me lo avessi detto, mi sarei rifiutata di accompagnarti. E infatti non lo farò”.
“Vuoi buttarti giù dalla nave, forse? Ormai sei qui”.

“Intendo al ricevimento. Puoi andarci da solo, o con uno dei tuoi uomini per quanto mi riguarda. Io rimarrò sulla nave dall’arrivo fino al giorno del rientro”.
“ Per Dio, non essere sciocca, Elsa! Cos’è che non ti va a genio nell’idea di incontrare la famiglia reale? “ urlò Hans, alzando gli occhi al cielo per l’ennesima volta, “quando ti ho detto che andavo ad occuparmi di affari politici era sottinteso che dovessi incontrare il re e la regina. E che tu dovessi accompagnarmi a balli e altre sciocchezze date in onore di una possibile alleanza”.

“E come spiegherai la mia posizione al tuo fianco? Sentiamo, sono curiosa”. Elsa incrociò le braccia, sfidandolo con lo sguardo e rimase in attesa, sperando di essere riuscita a cambiare argomento.
“Dicendo qual è la tua posizione”.
“Ma io non ho una posizione, Hans!”. Elsa  appoggiò le mani al grande tavolo di legno che occupava quasi metà della cabina, facendo scivolare alcune mappe, “ Né nel tuo reame né nel loro”.
“Se mi avessi lasciato parlare, piccola vipera che non sei altro” mormorò lui con un sorrisetto che non prometteva niente di buono,  “scopriresti che tu hai un titolo, nel mio reame”.
Raccolse una delle carte che lei aveva fatto cadere e gliela porse, per poi ritirare immediatamente la mano quando lei stava per afferrarlo.
“Cos’è? Non sono in vena di giochetti” sospirò.
“E’ la carta” gliela pose di nuovo sotto gli occhi, “che testimonia la tua posizione di jarl di quasi metà delle mie terre”.
“Mi ha ceduto metà della tua eredità?” Lei sbarrò gli occhi e riuscì a strappargli il foglio di mano.
“Non contano poi molto per me, sono solo pezzi di terra. Ma se possono servire a far rimanere chi è veramente di valore…le cederei tutte”. Elsa quasi non lo ascoltava mentre lui parlava. Leggeva le righe su quel foglio senza capire nulla e capendo tutto contemporaneamente.
“Mi hai posto al pari di una principessa per farti accompagnare a degli stupidi ricevimenti?”.
“Non solo per quello” confessò lui, “ una posizione ti serviva da tempo”.
“Beh, ma non così alta!” ribatté lei, inorridita, lasciando che la carta ritornasse al suo posto sulla scrivania. “Io non sono una principessa, Hans” sussurrò con gli occhi venati di tristezza, “ non voglio esserlo”. Le ultime parole furono un singhiozzo, mentre cercava di uscire dalla stanza, “ per cui non chiedermelo”.


 



Ta da da dan! Rieccomi qui con una nuova scemenza in corso! *-* Allora, per rassicurare subito tutti voi, vi avviso che so già di per certo che questa fan fiction avrà sei capitoli + un 7 non-capitolo/non-epilogo che sarà una via di mezzo tra le due cose, per concludere in bellezza! Come lo so? Perchè ho finito di scriverla ieri sera, ed essendo tutta già scritta (solo da revisionare un pochetto) posso darvi questa sicurezza. Credo inoltre che sarò, sempre per lo stesso motivo, abbastanza veloce ad aggiornare. (Credo!)
Ne approfitto inoltre per chiedere scusa a chi segue "Cose da re e regine", dicendo che la colpa per il ritardo dell'aggiornamento è stata tutta a causa della mia frenesia di scrivere questa cosa invece dell'altra storia. E' nata davvero dal nulla nella mia testolina, mentre percorrevo una solita banalissima strada con la musica ad aiutarmi nel processo creativo e non le ho proprio potuto resistere! Spero che l'idea quindi vi piaccia. E' stata una cosa scritta per puro piacere personale, quindi, nonostante tratti argomenti abbastanza delicate come la famiglia, i diversi tipi di amore ed affetto, non sarà "pesante" possiamo dire, e forse alcuni punti (lo scoprirete leggendo) che avrei dovuto sviluppare alla fine non daranno frutti. E' una helsa mancata a mio parere, anche perchè in principio doveva essere esclusivamente quello...poi mi è uscita meno helsa e più elsa&lasuaincantevolefamiglia. Stavo impazzendo per trovare il titolo oltretutto...dopo tre giorni che rompevo le scatole a tutti mia sorella mi ha consigliato addirittura, "Chiamala La Storia a cui non riesco a trovare un titolo!" XD Finalmente poi ce l'ho fatta, anche se ancora non mi convince molto...
Va bene, mi auguro che la vostra lettura sia stata piacevole e che i miei sporloqui non vi abbiano annoiato troppo!
Un bacione!
felsah
ps. un'ultima cosa! ho fatto un po' di ricerche per conoscere i titoli nobiliari norvegesi nel medioevo, così da dare una posizione alla povera Elsa, e poi ho trovato jarl. Teoricamente, lo jarl norvegese, non era proprio un principe o principessa che sia, ma era comunque il pari più importante dopo il re (e i suoi eredi ovviamente).
 
 
  
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