Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    09/09/2014    4 recensioni
(seguito di Armati di follia)
per il prequel: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2790118&i=1
°
La vendetta è un piatto che va servito freddo.
Come il suo cuore tanti anni prima.
Genere: Angst, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Le due facce della realtà'
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Ricatto.

 







Eccola. Di nuovo in viaggio, ma questa volta la meta era fin troppo precisa.

Era diretta ad Arendelle.

Aveva aspettato il carro dei soliti cittadini spaventati che abbandonavano il regno che un tempo lontano era stato suo, aveva pagato il conducente con due Aren d’argento che aveva sgraffignato dalle tasche di un passante ed era salita, prima ed unica passeggera diretta verso l’inferno.

Tra le sue braccia, avvolto nel suo straccio lurido, stava il piccolo che aveva accolto:

il primogenito ripudiato della regina Elsa, sua sorella maggiore.

L' aveva saputo in sogno, come le streghe. E in effetti un po' strega si sentiva dopo aver vissuto tante delusioni da farle perdere il sapore della vita.

Il carro sobbalzò all'improvviso strappando un gemito al bambino, che distrattamente si mise a cullare canticchiando una vecchia nenia che le cantava spesso la balia quando non era che una neonata che ancora se la faceva sotto.

Anche quella era una delle cose che le erano affiorate in testa come pezzi di una nave naufragata dopo l'onda fatale (guarda caso, un'onda di quel tipo si era portata via la vita dei suoi genitori), assieme alla vera natura della ciocca bionda presente nella sua testa sino al momento maledetto in cui si era congelata per la sorella.

Il bambino cominciò a piangere a metà percorso circa. Le sue grida puerili non attirarono l'attenzione che Anna aveva temuto; il conducente sembrava essere abituato a strilla e urla di ogni tipo, durante i suoi viaggi diretti verso le città sicure più vicine.

Fermò il carro davanti al fantasma di un cancello rugginoso che era il tramonto.

-Da qui il viaggio lo prosegui da sola- disse burbero, pronto a caricare il prossimo carico di Arendiani disperati in fuga dal loro stesso regno. I primi erano già in coda, pronti a spintonarsi per entrare dentro il carro e assicurarsi così i posti migliori, ma il conducente fu svelto a tirar fuori dal nulla un coltellaccio da macellaio ed a spintonare i più irrequieti indietro, in attesa della ragazza.

Anna scese il più velocemente che poteva con il peso del fagotto urlante che le si agitava tra le braccia, poi si allontanò velocemente in direzione del campo più vicino.

Per lei uno valeva l'altro; odiava la sorella e le sue scelte idiote, ma odiava anche Uberto per avergliele permesse.

I soldati che le si pararono davanti erano armati di grosse lance da profilo scuro della notte nascente. lei sussurrò poche parole concise, quasi dello stesso valore di quelle che il piccolo aveva sentito il giorno stesso della sua nascita, e quello bastò per darle il via libera.

Un soldato con un grosso buco al posto dell'occhio sinistro la guidò attraverso il dedalo di tende e malnutrizione per portarla nel luogo in cui doveva essere portata.

Anna quasi non riconobbe la sua città: l'accampamento era posizionato verso la zona più meridionale di Arendelle, cioè quella che riguardava il porto; le tende dei soldati sembravano ricavate da coperte e lenzuoli ormai luridi di neve rappresa e di pioggia acida.

-Posso sapere il tuo nome, bellezza?

La domanda del soldato arrivò a bruciapelo, e dimenticando per un attimo la cautela, ripose:

-Il mio nome è Anna di Arendelle.

Il soldato sghignazzò divertito e lei si accorse troppo tardi dell'errore madornale. Devo ricordarmi di tagliare la linguaccia che mi ritrovo, pensò sdegnata, poi divenne impassibile per salvare almeno l'apparenza.

-Tesoro, ma che piacere! Purtroppo non ho mai avuto l'onore di conoscere la tua troi… ops, sorella tanto adorata. A cosa devo la scelta di ricattarla col suo stesso aborto dando un'arma pazzesca nelle mani del suo peggior nemico?

Anna non rispose più che per educazione che per altro. Si tirò giù il basco scuro negli occhi per evitare che qualcuno la riconoscesse, si strinse più forte il bambino al seno e continuò a seguire la sua guida senza esitazioni.

-Non sembri essere fatta della stessa pasta lurida di tua sorella, Anna. E questo mi fa davvero molto piacere.

-Da cosa l'hai intuito? -si lasciò sfuggire la principessa. Subito dopo si morsicò le labbra.

-Ho sempre immaginato la regina come una che appena ne vede uno gli salta addosso, ma tu non sei affatto così. Siamo insieme da cinque minuti e ancora sono vestito, no?

Se doveva essere una battuta, ad Anna non fece ridere. Sentì invece una cosa talmente assurda da non spiegarsi: voglia di difendere Elsa, come aveva sempre fatto da quando i loro genitori erano… beh, avevano fatto la loro ultima nuotata.

-Lei non è mai stata così. Ha solamente fatto delle scelte sbagliate. -mormorò quasi ringhiando.

-Riesci a difendere la donna che tu ha rovinato la vita?

Si fermarono davanti ad una tenda vistosamente più ampia delle precedenti, composta da stoffa color giallo sporco. Anna sistemò il piccolo tra le sue braccia in modo che non pendesse, poi fissò dritto gli occhi del soldato orbo.

-È mia sorella.

Lo disse in un tono talmente deciso da stupire anche lei. Dopo di ché, entrò nella tenda degli alleati.

 

Uberto sedeva a gambe aperte al centro del tavolo circondato da persone di ogni tipo. Davanti a lui, una mappa enorme del suo regno ricopriva tutta la superficie bruna, grande abbastanza da trasbordare leggermente.

Aveva un righello spezzato a metà nella mano sinistra e con l'altra segnava una serie incredibile di righe con una grossa penna gocciolante di inchiostro di seppia.

Alzò la testa dal lavoro solamente per rivolgerle un’occhiata fugace e disinteressata alla prima, poi la fissò con un’espressione perplessa dipinta nel viso bruciato dalla guerra.

-Anna?- chiese titubante, rivelandole uno scorcio dell’uomo che era stato una volta, quando ancora aveva la dignità e la ragione. Perché Anna era certa che Uberto fosse impazzito.

-Ti ho portato un regalo.- disse lei. I suoi occhi erano induriti dalla povertà che aveva vissuto, mentre le sue vesti portavano il segno della dura polvere delle strade trafficate. Solo allora il re si accorse del fagotto che portava avvolto tra le braccia. Posò l’involto sopra la cartina di Arendelle che ricopriva il piano e scostò il lembo che gli nascondeva la faccia.

Uberto ebbe un moto di repulsione appena vide il piccolo viso dell’essere che dormiva dentro quegli stracci.

-Ma è orr..- iniziò prima di riconoscerlo.

Il piccolo aveva la parte destra paralizzata e il labbro leporino mostrava un piccolo pezzo di gengiva rosea; sembrava quasi sereno.

-Ray…

Il nome che gli avrebbe dato se l’avesse tenuto con sé. Se non fosse stato il bastardo avuto da una strega.

Prese il bambino sotto le ascelle, tirandolo fuori dal tessuto rigido di sporcizia e rivelando al mondo che non aveva mai indossato nulla che facesse da barriera al sudiciume, e lo cullò tra le braccia.

Nonostante fosse il frutto marcio di un’unione assurda, era pur sempre sangue del suo sangue.

-Dove l'hai trovato?- disse scrutando suo figlio. La principessa non rispose.

-Mi hai sentito? Dove l'hai trovato? -urlò lui facendo tremare il tessuto leggero della tenda. Anna, dal canto suo, non ebbe nessuna reazione, abituata ormai a sentirsi urlare contro.

-Sul ciglio della strada, come il figlio di una sgualdrina qualunque. -rispose con una calma che non le apparteneva.

Uberto chiuse la bocca, limitandosi a stringere le labbra e cullare il piccolo senza nome.

-Perché l'hai portato qui?

Sembrava più un'affermazione che una domanda. Infatti la parte della mente del re che non era stata ancora toccata dalle emozioni lavorava già ad una nuova, brillante e crudele idea.

Questa volta la risposta di Anna fu immediata.

-In qualche modo questo bambino possiede il mio stesso sangue. È mio nipote. Volevo solamente dargli un futuro meno umiliante di quello del mendicante storpio.

Il concetto era talmente semplice che se la sarebbe bevuta perfino il migliore dei bugiardi; o almeno era questo che pensava la principessa. Il re la guardò attentamente, poi chiuse gli occhi e scosse la testa.

-In realtà ti ci sei affezionata, non è così? Uniti al fatto che vuoi farla pagare e contemporaneamente rivuoi il tuo bel regno dei fiordi... il bambino è solo un'arma.

Sul volto di Anna spuntò un sorrisetto nervoso.

-Ottima deduzione. Solo su un punto ti devo fare un piccolo appunto. - si avvicinò di più al volto di Uberto, arrivando a soffiargli in faccia come un grosso gatto dal pelo fulvo.

-A me quel mostriciattolo fa vomitare. Non mi ci affezionerò mai.

Detto questo, strappò dalle braccia il piccolo nudo, lo riavvolse nella coperte e alzò il mento in modo arrogante.

-Mostratemi la mia tenda.

-Ma tu non hai nessuna tenda -ribatté debolmente un giovane soldato, subito fulminato dagli occhi vivi della principessa e del suo re.

-Invece ce l'ha. Buttate fuori una famiglia plebea a caso e fatela accomodare come meglio preferisce.

La voce inaspettata del re ebbe il suo effetto; meno di dieci minuti dopo Anna aveva la sua tenda, mentre l'ennesima famiglia di Arendelle abbandonava il regno in una carrozza maleodorante.

-Che questo valga come patto. - disse Uberto con tono mieloso. Anna annuì, gli occhi duri come pietra fissi su quelli del genero. Sapeva già che cosa le avrebbe chiesto.

-Ti prometto, cara principessa, che avrai tutti gli onori che ti spettano diventando la mia dama di corte preferita. Basterà solamente darmi il bambino nel momento migliore, portando alla sconfitta la mia cara mogliettina e costringendola con la forza a donarmi un figlio sano, e tu riavrai il tuo regno, solido e splendido come un tempo. Fallisci, e continuerai a vivere da stracciona. A te la scelta.

Anna aveva già scelto quando aveva rubato gli Aren d'argento per comprarsi il passaggio.

-Rivoglio quello che non ho mai vissuto. La felicità.

Il bambino le si contorse tra le braccia, forse soffrendo il freddo improvviso che era penetrato dall'ingresso della tenda, forse perché sapeva che era destinato a morire, in un modo o nell'altro.

Uberto strinse gli occhi in due fessure, sorridendo come una vecchia volpe che ha appena tratto in inganno la sua ennesima vittima.

-Bene.

Rivolse lo sguardo verso il fagotto per una manciata di secondi, poi riprese in mano la riga e continuò a tracciare linee scure nella cartina.

Anna girò i tacchi e uscì dalla tenda. Il bambino, affacciato nell'incavo del collo della zia, rivolse verso il padre la piccola mano e la agitò come se volesse salutarlo. Lui non se ne accorse nemmeno.

Era troppo impegnato a trovare un modo per sconfiggere la sua regina.



















Angolo Autrice:
Eccomi di nuovo. Capitolo in pieno sconvolgimento, questo che vi offro.
Mi sono state avanzate molte richieste sull'unire questa serie in un'unica long per questione di praticità. A queste richieste rispondo così:
Ho deciso di lasciare le storie separate per non mescolare i vari concetti di cui sono impregnate (la parola prima del testo), e lo stesso regolamento di EFP dice sulle serie:
"Una serie è una raccolta di storie unita da una trama o da personaggi comuni. All'interno di una serie è possibile ordinare le storie in ordine cronologico di trama."
Questo per giustificare la mia scelta. Spero capiate e vi godiate la serie per quella che è.
Lunadelpassato

 

  
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