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Autore: Arepo Pantagrifus    09/09/2014    0 recensioni
"Così la vista dei loro occhi è stata adattata a questa luce, e la luce del cielo è oscurità per loro. Quindi non vedono più nulla quando escono dai loro antri. [...] Vi sono anche dei deserti dove tutto è sterile e sabbioso; anche qui vi sono caverne nelle rocce e capanne."
E. Swedenborg, De coelo et inferno, 584-586, 1758
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In seguito a un sonno, quasi eterno e forse privo di sogni, mi risvegliai in questo luogo terribile. Non serbo memoria sul modo in cui lo raggiunsi, probabilmente (è il mio inconscio che me lo suggerisce) in qualche maniera piuttosto misteriosa e oscura. Fui destato dall’improvvisa presa di coscienza del mio corpo; non nelle dolci maniere delle carezze o dei soffi leggeri, ma nel modo brutale e fulmineo con cui gli incubi ti strappano il sonno. Fatto è che quando rinvenni non ricordavo più nulla, nulla della mia vita passata (per quanto mi sforzassi non vedevo che il vuoto), come se mi fossi risvegliato nel sogno e non dal sogno. Come se mille informazioni, notizie, dati, conoscenze e affetti mi si fossero cancellati dalla mente. Faceva un effetto curioso: era come se cercassi un oggetto perduto, che ero convinto ci fosse, ma che dopo un po’ che cerco, lentamente, ne comincio a dubitare. Così, nell’ignoranza, dubitavo: dubitavo di me, delle mie capacità, della mia memoria, dell’esistenza, della realtà... Sparito tutto: ero rimasto solo; senza nessuno da rimpiangere o da ricordare. Senza alcuna consolazione, né identità. Forse, più che un risveglio, fu per me quasi una rinascita. Una rinascita in un altro mondo ostile ed ingeneroso.

 Le primissime sensazioni che provai, ricordo, furono un’immensa stanchezza e un intorpidimento che mi recludevano qualsiasi movimento muscolare. Ancora impossibilitato a muovermi aprii con meravigliosa fatica le palpebre, rimaste finora saldamente sigillate. Attesi un po’, in modo che le mie indolenti pupille si abituassero al cambiamento. Ma non avvertii nessuna minima variazione di luce: dedussi quindi di essere in luogo totalmente chiuso. Forse un sotterraneo, una stanza sbarrata, una prigione, o… chissà. Avevo la netta sensazione, però, che fosse un luogo al chiuso, vista la mancanza di circolazione d’aria. Ero disorientato e terrorizzato, come ci si risveglia affannati e bagnati nel proprio letto dopo sogni spaventosi. Appena uscito da quel forse lunghissimo letargo (come a me sembrava) mi sentivo così sfibrato, infiacchito e spossato che pensai a quale possibile sostanza mi avessero somministrato per indurmi in uno stato del genere. Ammesso che mi avessero rapito, ma potevo anche essere a casa mia, potevo essere svenuto improvvisamente, o potevo essere morto (questa ipotesi mi affascinò alquanto). Mentre confuso e inebetito pensavo a tutto questo, potevo constatare di essere sdraiato dalla grande pesantezza che avvertivo in tutta la parte posteriore del corpo, in particolare sul capo. Non avevo perso alcuna sensibilità, ero abbastanza cosciente, e in virtù della mia lucidità conclusi che non ero ancora morto, ma avevo da eliminare le altre ipotesi. Con uno sforzo maggiore di quello che avrei mai potuto immaginare riuscii ad alzare le braccia per stropicciarmi gli occhi. Realizzai che erano libere, totalmente prive di manette o corde che me le tenessero bloccate. Pensai che forse non ero un prigioniero, ma comunque… che senso avrebbe avuto? Data la situazione non mi spiegavo ancora l’assenza di luce… Un black-out? È saltata la corrente? Mi accorsi, però che non sapevo ancora niente del luogo dove mi trovavo così casualmente, quindi sarebbe stato inutile formulare congetture sullo stato attuale ed era il caso di rimandare le indagini a più tardi. Cercai anche di sollevarmi, ma un’improvvisa fitta al collo mi bloccò e mi costrinse a rimanere ancora sdraiato, finché non mi fosse passato lo stordimento. Cominciai allora a pensare: chi mai avrebbe desiderato per me una sorte del genere? E per quale assurdo motivo? In più, cosa ancora più importante: chi ero io? Quale fu la mia vita (se mai ne avessi avuta una), e avrebbe per caso svelato il motivo o la causa del mio insolito stato attuale? Assillato da queste e mille altre domande rimanevo disteso, nell’oscurità, attendendo il momento di alzarmi.
   
 
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