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Autore: MaxB    10/09/2014    9 recensioni
1_Quando la mattina il sole filtrò timido dalla coltre di neve, un certo Dragon Slayer si svegliò intorpidito e dolorante per la scomodità del divano. Ma, trovandosi davanti il visetto dolce e sorridente di una certa maga, pensò che mai il suo risveglio era stato più dolce.
4_Si appoggiò al muro con la mano sinistra e con la destra strinse forte la vita della compagna, che sembrava essersi incollata a lui. Ogni parte del suo corpo aveva trovato il suo posto in quello di lei, come se fossero stati due pezzi di puzzle.
8_Era bastato uno sguardo complice per far capire a Gajiru e Rebi che quello sarebbe stato il loro posto. Isolati da tutto e da tutti, in pace con il mondo e la natura.
12_Quando vide la matassa di capelli turchini premuta contro il suo petto e vari vestiti sparsi per la stanza, si ricordò cos'era successo la notte prima.

L'evoluzione della storia della mia otp preferita, mantenendo i nomi originali giapponesi. Un piccolo estraniamento dal manga originale per dare una prospettiva shoujo e non shounen.
"Perché l'amore rende tutto più bello e sopportabile♥"
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil, Redfox, Levy, McGarden, Pantherlily
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita privata di una splendida coppia'
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L'InizioNon disponibile

Guardò la neve fluttuare intorno a sé. Le era sempre piaciuto l’inverno, per l’atmosfera magica che si respirava e perché quella stagione rendeva tutto più bello e speciale. La prima cosa che le veniva in mente quando pensava all’inverno, era una calda scenetta domestica: lei, buttata sul divano, con un pigiamone caldo, la coperta pesante, un libro in grembo e una cioccolata calda in mano. Il tutto mentre fuori pioveva o nevicava e il fuocherello ardeva nel camino.
Sospirò pensando a quell’idilliaca visione. Era da quasi una settimana che era partita per la missione, e ora stava finalmente tornando a casa, a Fairy Tail. Ma, nonostante la felicità che le suscitava il pensiero di poter finalmente rivedere i suoi amici nell’atmosfera accogliente della gilda, era molto più impaziente di tornare in camera sua a Fairy Hills. Eh già, purtroppo la sua vera natura aveva spesso bisogno di solitudine. La compagnia le piaceva molto, ma il silenzio interrotto solo dal rumore delle pagine sfogliate era impagabile. Quando leggeva alla gilda riusciva ad estraniarsi dal marasma, ma una parte del suo cervello percepiva lo stesso il brusio in sottofondo. Spesso e volentieri aveva bisogno di qualche attimo di raccoglimento, per ricaricare le batterie della socialità. E, del resto, stare da sola ogni tanto non le dispiaceva affatto.
Camminando, mise le mani a coppa davanti alla bocca, per soffiarci sopra e riscaldarle con il calore dell’alito. Jetto e Doroi[1] l’affiancarono subito, porgendole un paio di guanti a testa e guardandosi in cagnesco. Ridacchiando, lei negò regalando loro un sorriso, per non rattristarli.
Da quando era tornata, dopo sette anni, dall’isola di Tenroujima, i suoi due compagni erano diventati ancora più protettivi nei suoi confronti. E innamorati. Ma la ragazza temeva che la presunta cotta ormai fosse solo un pretesto per litigare fra loro, come Natsu e Gurei[2]. Solo che questi ultimi non avevano bisogno di pretesti per litigare. Certo, l’affetto dei suoi amici per lei era sincero, ma contaminato da una punta di rivalità.
Finalmente arrivarono davanti alla porta di Fairy Tail. Anche se si erano resi conto di essere ormai vicini a casa a ben tre isolati di distanza. La gilda non era mai troppo tranquilla. Stava per aprire la porta, quando sentì un forte bottò sulla porta e un tonfo. Qualcosa aveva appena sbattuto contro l’entrata dell’edificio. Se fosse arrivata pochi secondi prima, si sarebbe presa qualcosa di molto pesante in faccia. Sorrise e aprì la porta.
Si trovò davanti una scena ormai familiare. I ragazzi stavano facendo a botte lanciandosi vari oggetti addosso, senza curarsi del fatto che presto avrebbero dovuto ripagare i danni causati, i quali non erano esattamente pochi. Poi, però, una folata di vento improvvisa bloccò la furia omicida dei presenti, che si resero conto che qualcuno era entrato. Notando le tre figure sulla porta, insaccate per il freddo, esultarono e li accolsero.
Sorrise. Era a casa. Un po’ malandata e a pezzi, ma il calore che la investì era inconfondibile. Sapeva di alcol e affetto.
- Rebi![3] - urlarono in coro le ragazze sedute al bar. Per la precisione, Mirajein[4], bellissima e come al solito impegnata a servire, Risana[5], la sua sorellina, che le dava una mano, Ruushi[6], la sua amica di libri e Kana[7], un po’ brilla, che sollevò il boccale di birra per salutarla, infradiciando la sfortunata Ruushi. Alla fine erano quelle le sue amiche più fidate, anche se Rebi andava d’accordo con tutti. Sorrise loro, stringendo gli occhi, cosa che la rendeva ancora più dolce.
- Bentornati ragazzi! – gridò Eruza[8] in piedi sopra Natsu e Gurei, leggermente pesti. Ancora una volta non erano riusciti tenere testa a Titania. – Spero che voi due ragazzi non abbiate infastidito la povera Rebi! – continuò imperterrita, con un’aura abbastanza terrificante e i capelli rossi che iniziavano a frusciare mossi da un vento invisibile.
- No, no Eruza! Tranquilla – rispose la diretta interessata leggermente preoccupata. – Sono sempre dei cavalieri.
Dopo un cenno della testa di Eruza, l’atmosfera divenne immediatamente più serena, senza l’aura oppressiva della maga.
Rebi si diresse al bancone, scortata dai due cagnolini che non l’abbandonavano mai. Era una fortuna che almeno non la seguissero quando andava in camera sua a Fairy Hills! O meglio, era fortunata che Eruza glielo impedisse. Le ragazze l’accolsero tutte calorosamente, chiedendole come mai la missione fosse durata così tanto quella volta. Rebi spiegò pazientemente che purtroppo a causa della tempesta avevano avuto ritardi con i trasporti, ed era un miracolo che fossero tornati a casa quel giorno e non una settimana dopo.
- Ah! – esclamò Mirajein riempiendo nuovamente il boccale di Kana. – Capisco. Eravamo un po’ preoccupate perché non siete mai stati via così tanto. E poi anche Gajiru[9] ci ha messo più del solito, nonostante la missione fosse facile e quasi al di sotto della sua portata. È  partito qualche giorno prima di te ed è tornato solo tre giorni fa! O almeno così ci ha detto Ririi[10].
Rebi era diventata improvvisamente seria a sentir pronunciare il nome del suo nakama[11]. Era da più di una settimana che non lo vedeva, e la sua assenza era la prima cosa che aveva notato entrando nella gilda. – Vuoi dire che anche se è tornato da tre giorni non è venuto qui? Come mai?
- Ririi ha detto che Gajiru si è preso l’influenza. È solo venuto ad avvisarci che stava bene, anche se quando i Dragon Slayers si ammalano lo fanno in grande stile! Non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto! Un po’ come Natsu quando ha mangiato quelle fiamme che gli hanno fatto male. Pansaa Ririi[12] ha dovuto fare da domestica  - consluse Ruushi ridendo.
Sapendo che Gajiru, uno dei membri più forti della gilda, non poteva alzarsi dal letto, Rebi si preoccupò subito. -  Poverino! – esclamò. – Magari vado a vedere come sta prima di andare a casa. Lui e Ririi mi hanno aiutata così tante volte…
Jetto e Doroi, alle sue spalle, si irrigidirono. Anche se avevano perdonato Gajiru per ciò che aveva fatto passare al loro team anni prima, non significava che fossero disposti a lasciare che lui e la loro Rebi si vedessero da soli. E, del resto, sapevano anche che la dolce e gentile ragazza era un osso duro parecchio cocciuto quando si metteva in testa qualcosa.
- Ti accompagno! – gridarono insieme i due nakama, spaventando la loro compagna che non si era accorta di averli proprio dietro.
Fra le risate generali delle ragazze, l’unico pensiero di Rebi fu che non potevano venire anche loro. Erano tutti isterici quando stavano insieme, Jetto, Doroi e Gajiru. Solo durante le missioni cercavano di andare d’accordo. Lei sarebbe andata da sola.
Quando il suo cuore si calmò dopo l’improvviso spavento, guardò i ragazzi sorridendo affettuosamente, facendoli arrossire. – Ok, andremo insieme, ma domani. Oggi sono davvero stanca per il viaggio e voglio solo andare a dormire. Sono passata qui solo per salutare voi ragazze in modo che non vi preoccupiate. Ora vado. A domani!
Rebi si diresse allegramente verso l’entrata della gilda, recuperando le valigie che erano rimaste accanto alla porta. Salutò tutti e uscì al freddo, dopo la raccomandazione del Master di non diventare un pupazzo di neve umano.
La nevicata, seppur forte, era diventata una vera e propria tempesta. Se non fosse stata così pesante a causa dei bagagli e dei vari strati di vestiti che aveva addosso, Rebi sarebbe volata via. Nonostante tutto, sorrise. Era felice all’idea di tornare a casa per stare un po’ da sola, ma era anche emozionata perché stava per rivedere Gajiru. Ovviamente non sarebbe successo nulla, come al solito. Lei non gli interessava, di questo era sicura. Cosa poteva offrire una piccola e indifesa ragazza ad un mago così potente? Un Dragon Slayer addirittura! Lei non era potente. Era sveglia, certo, ma chi ci faceva caso? Era minuta e pressoché priva di forme; i suoi capelli sembravano una foresta turchina di nodi e liane ingarbugliate. E quando parlava si capiva subito che era una secchiona. Poteva solo restare a distanza osservando Gajiru, che stimava anche troppo. Forte e agile, le aveva dimostrato un lato gentile e protettivo di cui pochi erano a conoscenza. Certo, l’aveva anche picchiata e appesa brutalmente ad un albero, dopo averla marchiata. Ma era davvero pentito, lo sapeva; anche se non glielo aveva mai detto a parole. E proporsi come suo compagno nella sfida a coppie sull’isola Tenrou equivaleva a delle scuse sincere. Si accontentava di essere sua amica e stargli vicino in questo modo, per quanto poteva.
Con il pensiero fisso di Gajiru in testa, Rebi si diresse a casa sua, non troppo distante dalla gilda. C’era stata solo una volta, quando era andata in missione con Gajiru, Ririi e il team Shadow Gear completo. Il luogo di ritrovo per la partenza era stato la dimora del Dragon Slayer, che li stava già aspettando fuori al loro arrivo. Quando arrivò, le venne meno il coraggio, e arrossì. Per fortuna la temperatura glaciale mascherò la causa del rossore, e Rebi bussò timidamente alla porta.
Sentì un grugnito soffocato provenire dall’interno, prima che Pansaa Ririi a grandezza gigante aprisse la porta. Aveva uno sguardo minaccioso, ma quando vide che era solo la sua nakama Rebi, sfoderò quel sorrisetto impertinente e ghignante che le ricordava tanto quello di Gajiru.
- Ehm… ciao – salutò Rebi grattandosi la testa sotto al cappuccio. – Sono appena tornata, ma ho saputo che Gajiru è stato male e allora ho pensato di venire a trovarlo nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa – spiegò tutto d’un fiato, mentre Ririi ridacchiava guardandola con sguardo dolce.
Le piaceva moltissimo quella ragazza. Era perfetta per il suo Gajiru, lo sapeva. E stava cercando di spiegarglielo anche. Era certo che lui lo sapesse già, lo aveva capito dal modo in cui la guardava e la trattava. Ma il Dragon Slayer era troppo orgoglioso per ammetterlo. Purtroppo.
- Tu… come stai? – chiese subito dopo Rebi. Aveva parlato solo di Gajiru, senza chiedere all’exceed come stava. Arrossì ancora di più notando la figuraccia fatta.
Ririi ridacchiò, appoggiando affettuosamente la mano sulla spalla della ragazza. – Io sto bene grazie, e anche quel burbero si sta riprendendo. È praticamente guarito. Vieni pure, entra al caldo. Ti congelerai qui fuori.
- Ah… no grazie. Ero solo passata per sapere se gli… se vi serviva qualcosa. Tipo fare la spesa o cucinare, ma se siete a posto torno a casa, non vorrei disturbare.
Rebi cominciò ad indietreggiare, prima di rendersi conto che la bufera era nuovamente aumentata. E ora nemmeno la tettoia davanti alla porta di casa di Gajiru dava molto riparo.
- Non disturbi… - rispose Ririi, la cui voce venne soffocata dal vento e dalla neve.
- Cosa? – gridò la ragazza, per sovrastare il rumore della tormenta.
- Ho detto che… attenta Rebi! – urlò a sua volta il gatto, prima di tirare con forza la ragazza verso di sé, con le valigie al seguito.
Dove due secondi prima si trovava la giovane maga, ora c’era solo un muro di neve alto fino al tetto, dal quale appunto era appena crollata. Rebi era finita sopra a Ririi, che l’aveva salvata e si affrettava a chiudere la porta con un calcio.
- Scusa! Ti sei fatto male? Non volevo, davvero. Era meglio se andavo a casa… ho fatto il disastro! Anzi, ora vado veramente, ciao Ririi - balbettò la ragazza, rossa per la vergogna, alzandosi per aprire la porta. Era sempre stata un pochino sbadata, ma non era mai piombata in casa altrui portandosi dietro il un uragano!
- Rebi, calmati! Non puoi andare da nessuna parte con questa bufera! Anzi, per fortuna sei venuta qui invece che dirigerti verso Fairy Hills. Ora saresti sepolta sotto la neve.
- Sì, ma così sono solo d’intralcio. Ero venuta a salutare e invece ho fatto un pasticcio come al solito.
Ririi, capendo che ormai la ragazza era andata in crisi per lo spavento, l’abbracciò. – Stai tranquilla. Ti ho invitata ad entrare, ma non mi hai sentito. Mi fa piacere che tu sia venuta qui, e mi sa che qui dovrai rimanere per la notte… e finché le strade non torneranno agibili!
- No! -  esclamò Rebi con la voce soffocata dal pelo dell’exceed. – Non posso! Sono solo un disturbo, sono piombata qui invadendo il vostro spazio e sporcandovi anche l’entrata!
Per quanto la stretta del gatto glielo permetteva, indicò le valigie dietro di sé, miracolosamente salvate da Ririi. Erano coperte di neve che si stava sciogliendo, formando una pozza sul pavimento.
- Rebi. Basta. Respira. Dentro… e fuori. Dentro… e fuori. Bene – sospirò quando sentì la ragazza rilassarsi fra le sue braccia. – Non sei un peso. Mi credi? Vederti mi rende veramente felice. Ora spogliati mentre io sistemo l’entrata. Non è un problema! Un po’ d’acqua non ha mai ucciso nessuno.
- Gatto! Con chi stai parlando? – gridò Gajiru. Rebi non poteva vedere dove fosse, ma sentiva la voce da qualche parte a sinistra. Poi udì una porta aprirsi. – Sei diventato così matto da parlare da so… - disse prima di bloccarsi. Gajiru era appena uscito dal bagno, asciugamano in vita e capelli gocciolanti, viso rosso per il calore della doccia. Dalla porta usciva il vapore… tanto vapore.
Il Dragon Slayer rimase un attimo frastornato. Uscire dal bagno e trovare il proprio gatto abbracciato ad un… qualunque cosa fosse, con delle borse davanti alla porta non era una cosa normale. Nemmeno per lui. -  Queste scene romantiche risparmiamele per piacere. E se hai una ragazza da portare in casa avvertimi prima, così almeno vedo di filarmela per qualche ora.
Mentre si portava al centro della stanza, Gajiru vide Ririi lanciargli un’occhiata torva da sopra le spalle. Il Dragon Slayer incrociò le braccia e fissò Ririi, che si scioglieva dall’abbraccio di quella cosa, con uno sguardo duro e impenetrabile. Come guardava qualsiasi cosa, insomma.
Il gatto si spostò, rivelando un essere piccolo rispetto a loro due e infagottato in un giubbotto lungo. Perplesso, si avvicinò e abbassò il cappuccio della giacca, scoprendo una tremante Rebi con il naso bianco e la guance rosse, gli occhi gonfi di lacrime che stava trattenendo. Oppure erano lucidi per la gioia di vederlo? Gajiru scacciò quel pensiero fastidioso mentre, sbalordito, strabuzzava gli occhi. Rebi non lo aveva mai visto stupito di qualcosa. Era sempre controllato. Se non avesse avuto una paralisi facciale, avrebbe riso.
- E tu che ci fai qui? – chiese senza tatto Gajiru. Del resto, cosa ci si poteva aspettare da lui? – Mi spiegate che succede? -. Poi, un pensiero che gli indurì nuovamente lo sguardo lo colse. – State insieme e non mi avete detto nulla? – gridò.
Rebi spalancò gli occhioni caldi, battendo le ciglia congelate. Ririi, invece, roteò gli occhi e si diede una botta in testa. O si colpiva da solo, o colpiva il suo compagno. Ma non era il caso di scatenare una lotta davanti ad una fanciulla. In quella strana coppia di coinquilini, almeno uno dei due aveva un po’ di buon senso.
- Sono un exceed! Rebi è una ragazza meravigliosa, ma non siamo compatibili. Vai a metterti qualcosa addosso o avrai una ricaduta. E poi quante volte ti ho detto di uscire dal bagno già asciutto? Mi lasci sempre scie d’acqua per casa! Riesci a toglierti il giaccone tu, invece?
Ririi in versione mammina-premurosa faceva sempre sorridere Rebi. Senza di lui, Gajiru sarebbe stato perso, lo sapeva. Era un amico fidato e cordiale, altruista. E la trattava sempre con dolcezza.
Rebi scosse la testa. – No-no-non m-m-mi sen-n-to più l-le ma-ma-mani – balbettò lei mentre Gajiru rimaneva a fissarla. Non si era mosso di una virgola nonostante l’ordine impartito dal suo compagno. Stava semplicemente fermo a fissare lei, il volto rilassato e impassibile. Anche lei ricambiava lo sguardo, cercando di guardare i suoi occhi cremisi piuttosto che il suo fisico esposto in bella mostra. Andiamo! Era pur sempre una ragazza! Gajiru aveva un fisico perfetto: era magro, sodo, con muscoli fin troppo delineati che non lasciavano spazio all’immaginazione. Addominali e pettorali in vista, muscoli delle braccia tirati e in mostra. L’asciugamano gli cingeva i fianchi, e lungo il tronco e le gambe colavano goccioline d’acqua scivolate dalla sua chioma lunga e ribelle. Rebi avvampò.
Ririi le posò le mani sulle guance, scambiando il rossore dovuto all’imbarazzo con il freddo eccessivo, mentre diceva: - Gajiru, renditi utile. Toglile il giaccone mentre io sistemo le sue valigie prima che l’acqua bagni tutti i suoi vestiti.
Il ragazzo distolse gli occhi dalla maga, mentre un leggero rossore si formava sulle sue guance spigolose. Le si avvicinò lentamente, conscio di avere indosso solo un asciugamano. Ririi stava trafficando con valigie e stracci alle spalle della ragazza. Gajiru guardò la lampo della giacca e la prese timidamente, facendola scendere fino in fondo, per poi portarsi alle sue spalle sfilarglielo. Solo dopo averlo appeso all’appendiabiti si rese conto che era fradicio e Rebi stava tremando visibilmente, con le braccia incrociate sul petto quasi per scaldarsi in un abbraccio.
- Ehm… Ririi… mi sa che ha freddo – disse titubante Gajiru richiamando l’attenzione del gatto.
L’exceed imprecò in maniera poco signorile, lasciando cadere a terra quello che aveva in mano. – Aiutala a levarsi i vestiti. La neve si è sciolta bagnando il giaccone e tutto il resto. Io riempio la vasca con l’acqua calda.
Gajiru rimase fermo a fissare la porta del bagno in cui era appena sparito il suo gatto. Le aveva davvero chiesto di spogliarla? È vero che più volte lo aveva spronato a farsi avanti con lei, ma spogliarla? Così, direttamente? Certo, non gli sarebbe dispiaciuto, però la ragazza era a mala pena cosciente! Brontolando a mezza voce, si parò davanti a Rebi, che aveva gli occhi chiusi. Senza chiederle il permesso, se la carico in spalla in modo che non notasse il suo imbarazzo e la scaricò sul divano.
- Gajiru! Non è un sacco di patate! – urlò Ririi dal bagno dopo aver sentito il tonfo del corpo di Rebi sul divano.
Il ragazzo sfilò le scarpe alla ragazza, la cosa più innocua. Ora arrivava il difficile. Si azzardò a darle un’occhiata e notò che lo stava fissando. Non sembrava avere paura. Era forse un invito a proseguire?
- Ehm… - articolò grattandosi la nuca.
- Mi stai bagnando tutta – disse allora lei balbettando, ma meno di prima. Effettivamente, essendo accanto a lei, le stava gocciolando addosso. Allora si scansò.
- Devi toglierti i vestiti bagnati. Ti raffreddano e basta.
- Lo so – sussurrò Rebi. – Ma non mi sento le dita delle mani. Sono intorpidite.
- Devo spogliarti io?
Questa volta il sangue che affluì sulle guance della ragazza fu inequivocabile. Gajiru tirò fuori il suo ghigno migliore, anche se era agitato sotto la facciata.
Rebi scosse la testa con forza, mentre lui, un po’ deluso, ghignava ancora di più.
- Ehi, Ebi, non voglio mica approfittarmi di te!
Ebi. La chiamava spesso così da quando si erano conosciuti veramente, dopo la spiacevole esperienza di Phantom Lord. Rebi e lui si erano scontrati in mezzo al parco vicino alla gilda. Lei si era scusata subito e lui l’aveva aiutata ad alzarsi, senza degnarla di uno sguardo, per poi riprendere il cammino guardando dritto davanti a sé.
- Ehi! – gli aveva gridato lei, trattenendolo per un braccio. Quando si era resa conto di ciò che aveva fatto, era arretrata subito, tenendo lo sguardo basso.
Gajiru si era fermato e aveva voltato la testa, guardandola da sopra la spalla.
- Io… volevo ringraziarti – aveva detto titubante, lo sguardo sempre rivolto a terra.
Il ragazzo si era girato con il corpo verso di lei, un’espressione sbalordita in volto, prima di riprendere il controllo. Insomma, l’aveva pestata brutalmente e non gli era dispiaciuto farlo, a quel tempo. Questo lei doveva averlo intuito mentre la picchiava. Allora perché lo stava ringraziando?
- Per cosa? – aveva chiesto lui con voce profonda e cavernosa. Era da parecchio che non parlava con qualcuno.
Rebi era parsa diventare ancora più piccola sotto al suo sguardo d’acciaio. – Per avermi difesa da Rakusasu[13]. Sei stato… gentile – aveva concluso sussurrando.
Uno strano calore aveva trafitto il petto di Gajiru per un momento. Gentile? Qualcuno aveva davvero detto che era gentile? Era esterrefatto. Non sapeva davvero come reagire a quelle parole.
- Ehm… di nulla – aveva borbottato a disagio.
- Io mi chiamo Rebi. Benvenuto a Fairy Tail – aveva sussurrato. Poi però aveva sollevato con coraggio la testa e gli aveva sorriso.
Ancora una volta, Gajiru si era stupito. Sì, era stupito, perché si era reso conto di avere un cuore, che in quel momento aveva perso un battito. Nessuno in vita sua gli aveva dedicato un sorriso così genuino e spontaneo, così puro. Aveva scosso la testa e battuto le palpebre per scacciare quei pensieri da rammollito. Come aveva detto che si chiamava? Aveva parlato talmente piano che aveva capito bene solo la parte finale.
- …Ebi[14]? Ti chiami Ebi? Sei seria? – aveva domandato guardandola dall’alto, perplesso.
Il sorriso di Rebi si era spento, e la ragazza aveva gonfiato le guance come ogni volta che si arrabbiava. Gajiru, che da parte sua non aveva mai visto nessuno reagire così, non aveva potuto far altro che ridacchiare. E ben presto si era reso conto che quelle era la prima vera risata che faceva da quando Metarikaana era sparito. Non contavano le risate sadiche e perverse che faceva durante le lotte. Quelle erano blasfemie. Quella piccoletta era riuscito a farlo ridere, a stupirlo, a bloccare il suo cuore e a lusingarlo in quanto? Due minuti? Interruppe bruscamente la risata per fissarla negli occhi. Che cosa gli stava facendo? Era per caso la sua magia, quella?
Gajiru si era chinato e aveva avvicinato il suo viso a quello di lei, scrutandola. – Però sembri davvero un ebi così! Sei diventata anche rossa…
- REBI! – aveva sbottato allora la ragazza. – Mi chiamo Rebi, non Ebi! Come posso chiamarmi come un crostaceo?
- Ehi, stai calma. Ho solo capito male. Non serve scaldarsi tanto. Ci vediamo alla gilda.
E così si era allontanato il più possibile da quell’essere nato apposta per scombussolarlo. Senza presentarsi oltretutto. Rebi aveva sospirato, continuando per la sua strada. Aveva lo strano presentimento che non sarebbe stata l’ultima volta in cui lui l’avrebbe chiamata così.
- Ebi? OHI! Ti si è ghiacciato il cervello?
Rebi battè le palpebre e focalizzò il viso di Gajiru, chinato verso di lei. I suoi capelli erano scivolati lungo le spalle e le toccavano le guance. Quando se ne accorse, il ragazzo si scansò immediatamente.
- Cosa? – chiese lei, tornando alla realtà dopo aver ricordato il passato.
- Ti ho chiesto che accidenti devo fare! Dammi una mano! Te ne stai qui, sul mio divano, a tremare come una foglia con i vestiti tutti bagnati appiccicati al corpo. Ti spogli tu o lo faccio io?
- No… sto riacquistando sensibilità alle dita, anche se poco – spiegò. Poi arrossì e guardò il cuscino del divano. – Se… se tu però mi potessi togliere la maglia mi faresti un favore.
Questa volta Gajiru non si curò di nascondere lo sgomento che aveva dipinto in faccia. Davvero glielo aveva chiesto? Oh sì, aveva il cervello congelato.
- Non pensare male! Sotto ho la canottiera! Baka Gajiru! – esclamò.
Grugnendo, il ragazzo la aiutò a mettersi seduta sul divano e le sfilò la maglietta dalla testa, attento a non toccare nessun lembo della sua pelle. Rimasta in canottiera sul divano, con le braccia nude, Gajiru si rese conto che non aveva affatto smesso di tremare.
- Ti prendo una coperta…
- No! Te la bagnerei tutta. Tanto fra poco mi scaldo e…
- Il bagno è pronto Rebi – annunciò Ririi uscendo dal bagno.
- Ma… per fare cosa? – chiese lei perplessa. Si era persa la parte in cui l’exceed diceva che le avrebbe preparato la vasca.
- Per scaldarti! Niente è meglio di un bagno caldo! – esclamò Ririi.
- Non ce n’era bisogno, davvero! Ho già disturbato troppo venendo qui e… ehi!
Prima che potesse concludere la frase, Gajiru l’aveva presa in braccio e l’aveva portata in bagno.
- Smettila, non stai disturbando! Pensi che abbia problemi a dirtelo, se rompi?
- No… - sussurrò Rebi con gli occhi da cerbiatto spalancati.
Gajiru distolse lo sguardo per riuscire a mantenere quel tono duro. – E allora spogliati e infilati nella vasca se non vuoi che lo faccia io.
- …ok…
Gajiru uscì dal bagno chiudendo la porta e prendendosi la testa fra le mani.
- Tutto bene? Sei strano – disse Ririi pulendo per terra. Era ancora nella forma originale, quella di Edolas.
- Quella ragazza mi sta facendo qualcosa – rivelò.
Il gatto sorrise. – Lo so. Te l’ho sempre detto.
- Non è quello. Vuoi fare a botte gattaccio? – sbottò Gajiru.
Ririi sospirò. – No, non voglio fare a botte e, sì, è proprio quello. Vatti a vestire che sono stufo di farti da balia!
Grugnendo, si diresse in camera. Non prendeva ordini da nessuno, lui, ma voleva fuggire da quella conversazione.
 
Una buona mezz’ora dopo Rebi era rientrata in possesso dell’uso di tutto il suo corpo. Niente era meglio di un bagno caldo. Pansaa Ririi le aveva riempito la vasca con il bagnoschiuma, così Rebi era circondata da bolle di sapone.
A malincuore, aprì lo scarico per far scorrere l’acqua, e si sciacquò di dosso la schiuma. Si asciugò con uno degli asciugamani morbidi e puliti che Ririi le aveva dato. Profumava. Il bagno non era eccessivamente grande. Ma del resto, per due uomini bastava e avanzava. Dalla porta si poteva vedere la vasca, sul muro di fronte, di fianco alla quale c’erano il water e il bidet. Alla destra della porta, invece, un lungo mobile in legno con delle ante che circondavano lo specchio al centro. Per essere due maschi, non se la cavavano male con le faccende domestiche. Il bagno era indubbiamente pulito e igienizzato.
Quando fu asciutta, Rebi si rese conto di essere senza vestiti. Certo, nella valigia aveva tutto quello di cui aveva bisogno. Anzi, per fortuna non era passata a casa prima di andare da Gajiru! Prese l’asciugamano più grande che aveva, ci si avvolse bene dentro, e aprì piano la porta.
Dalla porta d’ingresso si attraversava un brevissimo corridoio, alla sinistra del quale si trovava la cucina. Era dotata di fornelli a gas, forno e frigo come una cucina qualsiasi. Dal muro partiva un’isoletta che fungeva da tavolo e anche da bancone da lavoro, abbastanza grande per tre persone. E infatti le sedie erano tre. Sempre a sinistra, dopo la cucina, c’era il bagno, mentre a destra c’era una porta che dava sulla stanza di Gajiru e Pansaa Ririi. Dritto davanti al corridoio, al centro di tutto, c’era un divano, rivolto con le spalle all’ingresso. Davanti ad esso c’erano un tavolino basso ed un camino, che Ririi stava accendendo in quel momento. Non era niente male come casetta, con i pavimenti in legno puliti e senza graffi e i mobili tenuti bene. Era molto accogliente e piccolina, ma ci abitavano solo in due.
Rebi ipotizzò di uscire senza essere vista, ma non sapeva dove fossero le sue valigie. Non vedeva Gajiru, che magari era in camera, così chiamò Ririi sottovoce.
- Dimmi – bisbigliò il gatto fissando la testolina che sbucava dal bagno.
- Dove sono le mie valigie? – chiese lei, sempre a voce bassa.
Sperava di non farsi sentire dal ragazzo, dimenticandosi però del suo udito da drago. E, oltretutto, Gajiru era più vicino di quanto Rebi si aspettasse. In cucina, nascosto dal frigo, sentiva tutto. E ghignava.
- In camera! Ma perché bisbigliamo?
- Perché non voglio che mi senta! Mi prenderebbe in giro!
- Per cosa? – domandò Ririi, sbigottito.
- Lascia stare. Grazie.
Rebi si diresse in punta di piedi davanti a sé, verso la porta della camera di Gajiru. Non si rese conto che il ragazzo alla fine era alle sue spalle. Lui, invece, si accorse benissimo del fatto che lei era mezza nuda e l'asciugamano le lasciava tutte le gambe scoperte. Deglutì. Non aveva mai pensato ad una donna in quei termini. Non gli era mai interessato. Perché ora notava il corpo di Rebi? Perché proprio il suo? Era sempre più confuso. Rimase a fissare lo stipite della porta della camera anche quando lei scomparve al suo interno. Nel suo regno. Era la prima in tutti quegli anni ad entrare in camera sua. Anzi, in casa sua. Era stato un errore farla entrare.
Si appoggiò al bancone davanti al lavello, mentre Ririi lo guardava trionfante. Era stata l'idea migliore farla entrare.
Rebi rimase sbalordita. Quella camera era perfetta. Si aspettava di trovare rottami sparsi e il letto sfatto con le lenzuola distrutte. Invece era ordinatissima! Le lenzuola erano marroni e nere, minuziosamente sistemate e senza una piega. Lei aveva fatto il letto prima di partire? Non si ricordava. A sinistra della porta c'era un cassettone, che probabilmente conteneva i vestiti dei due. Era parecchio grande. Alla parete c'era uno specchio. A destra della porta il lettone, il più grande che Rebi avesse mai visto. E, infine, un comodino di fianco al letto con una finestrona davanti alla porta. Rebi trovò le sue valigie di fianco al cassettone, accanto alla chitarra di Gajiru. Per fortuna la roba all'interno non era bagnata, e, chissà come, Ririi era riuscito ad asciugarle. Recuperò la biancheria e il pigiama. Imbarazzante. Era uno dei più carini che avesse. Una camicia da notte bianca e sbarazzina lunga fino a metà coscia. Aveva le maniche bianche abbinate. Ovviamente la camicia era senza spalline, e le maniche andavano indossate a parte, lunghe più o meno dalle ascelle ai polsi. Recuperò anche la fascetta per i capelli bianca e i gambaletti bianchi lunghi fino a dove terminava la camicia. Sospirò, sperando che Gajiru non credesse che si era vestita così per lui. A dire il vero, una parte di lei era felice di poterlo indossare.
Con gli indumenti stretti al petto, si diresse verso il bagno. Uscendo dalla camera notò Gajiru, chinato sul tavolo della cucina. Aveva i pugni stretti e sembrava frustrato. Notò anche che si era cambiato, vestendosi in maniera un po' più scialba del solito. Del resto, era a casa sua, non doveva andare in giro. La canottiera grigia lasciava le braccia scoperte, muscoli in vista. Non aveva i suoi soliti guanti che lasciavano liberi le dita, ma dei semplici polsini grossi di stoffa. I pantaloni erano larghi e morbidi, senza cintura. Non aveva mai visto così poco metallo addosso al ragazzo. Rebi decise di correre e rifugiarsi in bagno.
Solo quando sentì la porta chiudersi, Gajiru alzò la testa, confuso. Non l'aveva sentita passare. Era talmente confuso da non essersi accorto, con il suo superudito da drago, che lei era passata! Gemette, sbattendo la testa sul tavolo.
Ririi, che era finalmente riuscito ad accendere un caldo e scoppiettante fuocherello, lo chiamò affinché si sedesse con lui sul divano. Gajiru si diresse verso di lui come un automa, sedendosi di peso sul divano. Guardava fisso davanti a sé.
- Ehm... devi parlarle.
Il ragazzo parve riscuotersi, e fissò Ririi con il suo solito sguardo impenetrabile.
- Di cosa? Che accidenti mi succede, gatto? È colpa tua! Mi sento vulnerabile! Per colpa vostra mi sono rammollito! - esplose prendendosi la testa fra le mani.
- Entrare a Fairy Tail non ti ha reso più forte? - domandò Ririi, che era venuto a conoscenza dei precedenti del suo compagno.
- Be', sì...
- Perché?
- Sono più stimolato. Prima ero il migliore, ora no.
Ririi sbuffò. - No. Sono i legami. Hai trovato uno scopo nella vita e dei compagni che ti sostengono. Ti danno la forza.
Gajiru fece una smorfia. Quei discorsi sentimentalisti non gli piacevano. Per nulla.
- Finché non ammetterai a te stesso di essere innamorato di Rebi, non troverai mai pace. Negando l'evidenza e mentendo a sé stessi non solo si vive male, ma ci si indebolisce.
Il ragazzo spalancò gli occhi. Non poteva indebolirsi! Doveva fare a botte con Natsu e Gurei, doveva essere al top. Anche se spesso i discorsi di Ririi non gli piacevano, doveva riconoscere che non si sbagliava quasi mai.
L'exceed tornò in forma piccola, la forma comune in quel mondo. - L'amore è il sentimento più forte di tutti. Rende le persone migliori, le rafforza e cancella qualsiasi brutta esperienza. Lasciati andare. Sarai anche Kurogane[15], ma il tuo cuore non è di ferro. E quella ragazza te lo sta dimostrando. Il tuo cervello bacato potrà anche far fatica ad accettare tutto, ma il tuo cuore sa già la soluzione.
Mentre parlava, Ririi si era arrampicato sulle gambe di Gajiru, per guardarlo meglio in volto. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, gli piacevano le coccole, e ogni tanto il suo nakama gliele concedeva. Ad esempio, in quel momento di riflessione, stava accarezzando il gatto.
Del resto, forse aveva ragione. Ammesso e non concesso che lui fosse davvero innamorato di Rebi, molte cose avrebbero avuto un senso. Quello strano senso di protezione nei suoi confronti, il fastidio che lo rendeva d'umore nero quando vedeva Jetto e Doroi girarle intorno, lo strano calore misto a tenerezza che provava quando la osservava leggere in mezzo al trambusto della gilda. La stima per la sua magia e la sua conoscenza. E la profonda, smisurata riconoscenza che nutriva da quando lei lo aveva accettato, dandogli il benvenuto. Lei più di tutti poteva essere giustificata se fosse stata restia ad accettarlo, se lo avesse odiato. Ma lei, più di tutti, lo aveva accolto con affetto. Lo aveva salvato contro Torafuzaa[16] di Tartaros. Lo aveva salvato sull'isola di Tenroujima dopo e durante il combattimento contro Grimoire Heart. Lo aveva salvato ogni giorno dando un senso alla sua vita. Sì, perché ogni giorno si presentava presto alla gilda solo per vederla entrare. Passava davanti alle librerie per vedere se lei era dentro. E si metteva quelle fasce in testa perché lei le indossava sempre.
Strabuzzò gli occhi quando si rese conto di tutto questo. Non se n'era mai reso conto perché aveva sempre evitato di pensarci, aveva soffocato quei pensieri concentrandosi solo sulla battaglia. Lo aveva fatto, si era chiuso in se stesso ermeticamente, da quando Metarikaana se n'era andato, per non dover più soffrire in quel modo. Ma era il suo cuore a parlare, questa volta.
La sua espressione si addolcì e Ririi sorrise a labbra strette, come sempre, concedendosi di fare le fusa come premio.
Gajiru aveva in mano un'arma a doppio taglio. Questo nuovo sentimento lo esaltava e si sentiva più forte, pronto a combattere per Rebi. Allo stesso modo, sentiva che se lei lo avesse rifiutato o le fosse successo qualcosa, le sue barriere d'acciaio non sarebbero servite. Non poteva più difendersi. Sarebbe andato alla deriva, trasportato dal dolore. E allora chissà cosa sarebbe stato in grado di fare, in balìa della disperazione. Del resto però, bisognava avvertire anche Rebi, il centro di quei pensieri. Ma come? Lui non era mai stato bravo con le parole, non ci sapeva fare e non gli piaceva. Con i discorsi era bravo Natsu. Be', più di lui sicuramente.
- Come...? - iniziò a domandare prima che Rebi uscisse dal bagno.
I capelli erano perfettamente asciutti e fermati come al solito da una fascetta. Era vestita tutta di bianco. La vestaglia e i gambaletti erano innocenti e provocanti allo stesso tempo. In ogni caso, era l'immagine della purezza. Gajiru fu costretto a deglutire e a distogliere lo sguardo, fissando Ririi.
- Ce la farai, fidati - lo rassicurò lui, intuendo cosa voleva dire il compagno.
- A fare cosa? - domandò Rebi innocentemente, un sorriso dolce sulle labbra.
- La cena. Come ti senti? - si affrettò a cambiare discorso l'exceed.
- Rinata. Grazie mille, siete stati magnifici. Comunque se volete posso occuparmi io della cena. So cucinare qualcosina... - si offrì Rebi timidamente.
- Il problema non è cosa cucinare o chi deve farlo. Il problema è che siamo tornati da poco da una missione, quindi in caso non abbiamo granché. E quello che c'era lo abbiamo usato in questi giorni quando Gajiru è stato male. Dovevo andare a fare la spesa oggi, ma poi...
- Sono arrivata io - concluse Rebi tristemente.
- No, la bufera. Non so nemmeno cosa ci sia in frigo!
Ririi si avviò a guardare il frigo con occhio scettico.
- Ehm... dove posso mettere ad asciugare i miei vestiti bagnati?
Solo allora si rese conto che in ingresso avevano già pulito tutto. In quanto ad igiene sicuramente non lasciavano a desiderare.
- Dammela pure, la stendo vicino al camino - spiegò Gajiru, prendendo i vestiti che Rebi gli porgeva. Si premurò di non staccare gli occhi da quelli di lei e di sfiorarle le dita prendendo i panni.
Colta alla sprovvista da quello sguardo tanto inusuale quanto intenso, Rebi arrossì un poco, mentre Gajiru sogghignava. Addolcito o no, i suoi veri sorrisi erano rari e speciali. Quelli erano classici e impertinenti, ghigni che avevano lo scopo di inquietarti. Ma a Rebi piacevano. Troppo. La classica ragazza per bene cotta del cattivo ragazzo.
Si diresse dove c'era Ririi e appurò che in effetti il gatto non scherzava. Il frigo era vuoto. C'erano solo delle uova, burro, niente verdura perché non aveva resistito tutto quel tempo in frigo, del formaggio.
Rebi iniziò a riflettere prendendo in braccio Ririi. Era ormai un'abitudine prenderlo in braccio e stringerlo. Il gatto la guidò verso la dispensa dove c'erano un po' di pane, della cioccolata, farina, sale e zucchero, crackers, frutta secca, cereali, confezioni di latte e bustine di tè. Cose che potessero durare molto, insomma.
- E se facessimo colazione al posto della cena?
Ririi la guardò perplesso. - Latte e cereali per cena?
- Pensavo più a un té con biscotti...
- Non abbiamo biscotti - mugugnò Gajiru dal soggiorno.
- Li faccio io! Li facevo sempre da piccola, era divertente.
Gajiru si girò e fissò Ririi, poi scrollò le spalle. - Come vuoi.
Ririi acconsentì a sua volta e Rebi si mise al lavoro, mettendo la cioccolata in frigo per poi prendere farina, uova, zucchero e burro. Il gatto si accoccolò sul bordo esterno del tavolo, per guardarla lavorare. Gajiru, invece, rimase in piedi in soggiorno guardandoli trafficare. Non sapeva cosa fare.
Con un po' di fatica e molto orgoglio maschile andato a farsi benedire, si avvicinò alla cucina con la sua solita aria da duro, gli occhi rossi inespressivi. - Posso aiutarti?
Rebi lo guardò sbalordita e con tanto d'occhi. Le aveva davvero chiesto se poteva aiutarla? A cucinare? Arrossì poco poco, nessuno l'avrebbe notato, ma il Dragon Slayer la stava fissando con particolare attenzione. Il modo in cui i suoi capelli lucidi catturavano la luce della lampada in mille riflessi di blu e azzurro, come le sue guance pallide assumevano un colorito roseo quando lui le diceva qualcosa, il modo in cui la fascetta bianca teneva i ciuffi ribelli lontani dal suo viso, lasciando però scendere due ciocche ai lati delle orecchie. Gajiru ghignò, per distogliere l'attenzione da quei particolari ed evitare di arrossire. Da quando in qua lui, l'Iron Dragon Slayer, arrossiva?
- Che c'è Ebi? Sei rimasta così affascinata da aver perso l'uso della parola? - domandò allora, sadicamente, appoggiandosi con una mano al bancone e avvicinandosi alla ragazza.
Ririi, soddisfatto della piega che le cose stavano prendendo, anche se un po' meno felice di come Gajiru le stava gestendo, si alzò e volò fino al divano, dal quale prese un cuscino che posizionò di fianco al camino. Si sarebbe fatto un sonnellino concedendo ai due un po' di privacy.
Rebi, che era rimasta sconvolta dall'atteggiamento di Gajiru, scosse un po' la testa e lo fissò, senza allontanarsi. Il ghigno era sempre quello, strafottente e sarcastico, ma i suoi occhi avevano qualcosa di diverso. Erano più... dolci? Sembravano di un colore più vivo del solito. La ragazza accantonò la questione e si concentrò su quello che doveva dirgli: - No, sono in grado di parlare, come sempre. E sì, puoi renderti utile prendendomi una scodella abbastanza capiente dove impastare.
Il ghigno si spense e al suo posto comparve, anche se in maniera lieve, la concentrazione che ogni volta dimostrava quando doveva combattere con qualcuno. Doveva solo prendere una scodella, non andare in guerra, ma si stava impegnando allo stesso modo. Mentre si toglieva le maniche bianche del pigiama, che l'avrebbero intralciata, Rebi rise, attirando un'occhiata perplessa di Gajiru. La guardava con un sopracciglio alzato, in attesa di spiegazioni.
- Dobbiamo solo fare i biscotti, non c'è nulla di così difficile! Sembri pronto per sfidare Zeref!
Mentre parlava, il ragazzo si era portato alle sue spalle. La ragazza aveva solo girato la testa nella sua direzione, e stava appoggiando le maniche del pigiama sulla sedia, sporgendosi un po'. Ora gliel'avrebbe fatta vedere lui. Nessuno aveva mai osato prenderlo in giro, tranne Ririi, ma raramente. Sapeva quali erano le conseguenze. Dopo aver preso una terrina abbastanza grande, l'appoggiò sul tavolo davanti a Rebi stando ben attento a premere leggermente con il petto sulla schiena della ragazza, che si irrigidì. Era una specie di abbraccio alla fine.
- Prendo sul serio il mio lavoro, qualunque esso sia... - le sussurrò all'orecchio.
Poi si scansò, portandosi in pochi passi davanti a lei, dall'altra parte del bancone. La ragazza aveva i capelli a coprirle la faccia e stava trafficando con farina e uova, ma questo non impedì a Gajiru di vedere le sue morbide guance paonazze. Ridacchiò nella sua tipica e inusuale maniera, emettendo un suono simile ad un "gihihi". Attirò un'occhiata truce di Rebi, che aveva le guance gonfie. La guardava mentre impastava i vari ingredienti con occhio esperto, aggiungendo un po' di farina ogni tanto quando le sembrava che l'impasto fosse troppo morbido. Del resto, non aveva nemmeno la bilancia per le grammature! Le guance rosse si erano andate via via sgonfiando, segno che la giovane era così impegnata che si era dimenticata di essere arrabbiata con lui. Era davvero carina quando si arrabbiava. Tenera. Aveva grinta da vendere, ma faceva ridere perché era piccolina. Quante volte Gajiru l'aveva vista con quell'espressione, rivolta a lui, senza vederla veramente?
- La missione com'è andata? - chiese prima di rendersi conto di ciò che aveva chiesto. Da quando in qua gli importava di sapere qualcosa degli altri? Indurì lo sguardo in modo che la ragazza, che lo stava fissando con le sopracciglia aggrottate, non notasse il suo stesso sbalordimento.
Rebi raccontò in breve in cosa consisteva la missione, dove l'aveva svolta e come se l'era cavata il suo team, mentre il ragazzo, sedutosi, l'ascoltava attentamente. Di solito le chiacchiere lo annoiavano, ma si scoprì davvero interessato a ciò che lei aveva fatto.
- Mi puoi tagliare a cubetti la cioccolata che è in frigo?
Gajiru batté le palpebre. La ragazza lo stava fissando con un sorriso. Aveva finito di parlare da un po', ma lui non se n'era accorto e aveva continuato a fissarla, cosa di cui lei era consapevole. Gli ingredienti nella scodella adesso erano perfettamente amalgamati e compatti in una pasta giallina e soda.
- Ehm... cosa? - chiese Gajiru schiarendosi la gola e distogliendo lo sguardo.
Con un sorriso sempre più largo, Rebi gli diede la cioccolata dopo averla tolta dal frigo, e un tagliere che aveva trovato in un cassetto. Porse il tutto al ragazzo, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, e sussurrò: - Meno male che prendi sul serio qualsiasi lavoro...
Si ritrasse soddisfatta è lo fissò. Stavano flirtando? Da quando in qua? Lei non aveva mai fatto nulla del genere, credeva di non esserne nemmeno capace! Si girò per sciacquarsi le mani nel lavello, temendo l'espressione sconvolta che poteva avere dipinta in faccia.
Gajiru, a cui girava la testa, si rifugiò dietro ad un ghigno. Averla vicino era deleterio. Ma doveva ammettere che aveva fegato da vendere, la piccoletta.
- Come pensi che faccia a tagliarla senza un coltello?
Dalla voce di Gajiru non traspariva nulla del subbuglio interno che aveva, e Rebi si chiese se la cavolata che aveva fatto avesse sortito qualche effetto. Girandosi verso di lui, vide che la sua faccia non era cambiata di una virgola; ma anche la sua, del resto, ora era rilassata. - Non sei Kurogane? Trasformati le dita in un qualcosa di affilato o che so io! Sicuramente sarà più tagliente di un normale coltello.
Gajiru allora trasformò il suo indice in un affilatissimo coltellino, tagliando la cioccolata a cubetti piccoli. Un Dragon Slayer che era stato mago di classe S stava usando i suoi poteri per tagliuzzare la cioccolata. Chi ci avrebbe mai creduto? Era la prima volta che Rebi vedeva le sue mani senza guanti. Erano davvero grandi e nonostante le numerose battaglie, sembravano lisce e morbide. Il vantaggio di avere una pelle di ferro. Si chiese come sarebbe stato sentire quelle mani affondare fra i suoi capelli…
- La tua com'è andata? - domandò all'improvviso lei. Doveva assolutamente distrarsi.
Gajiru sollevò il volto dal tagliere, una ruga di concentrazione fra le sopracciglia.- Cosa?
- Com'è andata la tua, di missione? - ripeté Rebi appoggiandosi al bancone con i gomiti, il viso fra le mani.
Tornando a concentrarsi sulla cioccolata, il ragazzo mugugnò qualcosa, poco propenso a parlare. Poi però, senza rendersene conto, quel cupo brontolio diventò un racconto vivido e dettagliato. Non aveva mai parlato ad altri delle missione. Forse perché nessuno glielo aveva mai chiesto. Così aveva dato per scontato di non aver voglia di discuterne con qualcuno. Ma, in realtà, era piacevole chiacchierare con Rebi di quello che aveva fatto. E la cosa più bella era che lei lo stava ad ascoltare. Ogni tanto la guardava, di sottecchi. Non sembrava annoiata, anzi. Era... curiosa. Interessata a quello che lui le stava dicendo.
- Accidenti! - commentò prendendo il tagliere pronto da vari minuti dalle mani del Dragon Slayer. Era andato avanti a parlare senza accorgersi di aver finito. - Al confronto la mia è stata una passeggiata.
Gajiru ridacchiò osservando come le gocce di cioccolata venivano inglobate dall'impasto che le abili mani della maga stavano lavorando.
- Posso chiederti una cosa? - domandò lei senza alzare lo sguardo.
Gajiru, temendo quella domanda, brontolò qualcosa che la maga prese per una risposta affermativa.
- Sei sempre stato così?
Il ragazzo la guardò corrugando la fronte, mentre lei alzava la testa e lo fissava.
- Così come?
- Prima di Phantom Lord. E durante Phantom Lord. Sei sempre stato cattivo? Non fraintendermi, io non penso che tu sia malvagio. Credo solo che tu ti sia comportato come tale per convenienza. Perché?
Gajiru era sbalordito. Mai nessuno aveva avuto l'ardire di porgli una simile domanda. Nessuno aveva cercato di capire le ragioni dietro al suo comportamento. E mai anima viva si era interessata al suo passato.
- Se... se non vuoi parlarne non fa niente, scusami - mormorò in imbarazzo Rebi, prendendo un pezzo di impasto e modellandolo con le mani per farne una pallina.
Proprio come era successo poco prima, il ragazzo si rese conto di avere davvero voglia di parlare con qualcuno. Del suo passato, di quello che era prima, delle cause e delle conseguenze. E Rebi era la persona più adatta. Sapeva ascoltare, era gentile e non lo avrebbe mai condannato. Narrandole ciò che lo aveva spinto a diventare cattivo, lei lo avrebbe capito. Avrebbe colto la sua vera essenza e compreso i sentimenti annidati nel profondo del suo cuore, sepolti ormai da tempo. Lei poteva aiutarlo ad uscire dal quel circolo di odio e dolore. L'avrebbe migliorato. E lo avrebbe conosciuto per ciò che era. Nemmeno Ririi sapeva molto del suo passato. Ma a quella ragazza, per cui provava dei sentimenti mai immaginati, voleva rivelare tutto. Per la prima volta nella sua vita, Gajiru voleva farsi conoscere.
Dopo due palline di impasto e un respiro profondo, iniziò a raccontare.
Non ricordava nulla di ciò che c’era stato prima di Metarikaana. Il drago gli aveva solo rivelato di averlo trovato in un villaggio isolato distrutto. Lui era nei dintorni e così si era recato sul luogo, dove ardevano ancora degli incendi e il vento non faceva altro che alimentarli, diffondendo la puzza di morte raccolta come una cappa attorno al villaggio. Poi aveva sentito un pianto, sembrava vicino. In realtà, era lontano parecchi metri, e aveva potuto sentirlo solo grazie al suo udito da drago. Aveva trovato un marmocchio di tre anni circa, capelli neri come la pece e ardenti occhi rossi, colore inusuale. Invece che spaventarsi, il bambino aveva smesso di piangere e si era arrampicato sulla zampa del drago. Non lo temeva. Nessuno aveva mai osato avvicinarsi tanto ad un drago. Metarikaana se lo sistemò in groppa in modo che non cadesse e andò a cercare i suoi genitori. Purtroppo, non c’erano sopravvissuti a parte lui. Era stato davvero un bambino fortunato, sempre che si possa definire fortunato un bambino solo in mezzo alle macerie, incapace di provvedere a sé stesso. No, la sua buona sorte consisteva nell’aver trovato lui, il drago. Non gli piacevano gli umani, erano strani, puzzolenti e irritanti, ma il bambino era diverso. Era insolito. E, nonostante la tenera età, sentiva un grande potere provenire dal suo cuore. Così decise di portarlo con lui nella sua grotta; lo crebbe, lo accudì, lo allenò, e ben presto il bambino cominciò a chiamarlo “padre”. Metarikaana era affezionato a quell’umano e aveva con lui un legame profondo come solo la connessione fra drago e Dragon Slayer può essere. Gli insegnò la sua magia, e mentre Gajiru, che per lo meno si ricordava il suo nome, cresceva a vista d’occhio, diventava sempre più forte. Una vita selvaggia come la sua lo temprò e lo rese forte e muscolo, capace di resistere a qualsiasi cosa. Tranne agli artigli del drago stesso. Un giorno Gajiru chiese al padre di scontrarsi seriamente. Era un giovane cocciuto e testardo come solo un drago può essere. Metarikaana accettò. Il ragazzo combatté con tutte le sue forze, ma non ebbe la meglio nello scontro. Il drago gli inferse due profondi tagli nel braccio destro, che nemmeno le cure del drago stesso poterono curare al meglio. E rimasero due cicatrici ben evidenti sull’avambraccio. Le sue uniche cicatrici. Quelle di cui andava fiero.
La vita con il drago era sregolata, ma a Gajiru piaceva. Facevano ciò che volevano, beandosi della reciproca compagnia. Erano talmente in sintonia da poter prevedere l’uno i pensieri dell’altro. E chiacchieravano. Metarikaana gli insegnava moltissime cose sul mondo sconosciuto degli umani, ma il ragazzo non si sentiva parte d’esso. Parlavano senza mai esaurire gli argomenti. Nel cuore del giovanissimo Dragon Slayer c’erano solo amore e serenità, una pace che gli permetteva di godere delle piccole cose. Era uno spettacolo della natura. Non aveva barriere, era aperto e sincero, sempre pronto a ridere e con il sorriso sulle labbra in ogni istante.
Poi tutto cambiò. Cambiò quando il 7/7/X777 Metarikaana scomparve. Il giorno prima era stata una giornata normalissima, e quello dopo era sparito senza lasciare tracce. Perso, Gajiru vagò di città in città alla ricerca di suo padre, e tutto quello che ottenné furono scherni, beffeggi e violenze da parte di quelli che lo credevano un delinquente delirante. Non era stato abituato agli umani, e per quanto fosse stato bene con il drago, nessuno dei due aveva una natura espansiva. Il suo cuore non impiegò troppo tempo ad indurirsi, diventando esattamente l’opposto di quello che era. Eresse delle barriere impenetrabili, divenne impossibile conoscere qualcosa di lui, del suo passato, del suo carattere. L’aura di odio che emanava teneva lontani anche i più coraggiosi. E nessuno riusciva a vedere che quell’odio serviva a mascherare una sofferenza profonda che lo stava trascinando in un baratro di oscurità. La sofferenza generata dalla mancanza di qualcosa di essenziale. La mancanza di amore. Il giovane Gajiru si fece impiantare dei dolorosi piercing sul volto e sugli avambracci, pur di assomigliare ancora di più a Tetsuryuu, il Drago di Ferro. Ma Metarikaana non tornò e non fece avere sue notizie. Lottando contro chiunque si metteva sulla sua strada e vincendo ogni battaglia, si meritò il soprannome di Kurogane, Drago Nero di Ferro. Ma non gli importava. Voleva diventare più forte. Solo così avrebbe potuto ritrovare suo padre. Non ci mise molto a trovare Phantom Lord che, data la sua straordinaria forza, lo accolse a braccia aperte. E in breve tempo diventò il più potente della gilda e uno dei più temuti in tutte le città, mentre il Gajiru dal cuore puro sprofondava sempre più nell’oblio. Un mostro che provava piacere nel ferire gli altri e farli a pezzi, risparmiandoli unicamente se troppo deboli. Solo il suo senso di onore e gli elevati princìpi morali che ogni drago insegnava potevano salvarlo dal diventare un completo depravato.
- E poi Makarov mi ha trovato. Entrare a Fairy Tail è stato doloroso. Ero un perdente. Nessuno era mai riuscito a battere Kurogane, e ci riusciva un pivello che non era nemmeno un mago di classe S! Però è stata la cosa migliore che abbia fatto da quando mio padre se n’è andato. Sono impulsivo, è vero, ma ho ritrovato anche il gusto di vivere qualcosa la di fuori della lotta. Nell’altra gilda eseguivo solo gli ordini, i membri se ne fregavano gli uni degli altri. Qui è’ bello, sono tutti amici, e anche se non ci si sopporta, al momento giusto si diventa un solo gruppo per sconfiggere le minacce. Fairy Tail è forte. Anche per questo ci sono entrato. Mi incuriosiva. E il mio vecchio me stesso sta venendo lentamente a galla. Erano anni che non provavo sentimenti di nessun tipo a parte l’odio e la rabbia e il dolore, e in pochi mesi ho scoperto tutti gli altri sotterrando quelli negativi. Ovviamente a poco a poco. Per una volta mi sto godendo ogni aspetto della vita e mi sono fatto… degli amici. Incredibile, vero?
Gajiru sospirò. Non si era mai aperto così tanto nemmeno con suo padre, che era pur sempre un rustico e burbero drago. Ma Rebi lo aveva ascoltato rapita, si era bevuta ogni sua parola e si era rabbuiata nel sentire tutto quello che aveva passato. Aveva distolto gli occhi da lui solo per infornare e sfornare due teglie di biscotti, mentre ora si stava cucinando la terza.
Deglutì. – Non so nemmeno cosa dirti. Io… sono felice di averti incontrato e apprezzo davvero ciò che ha fatto il Master.
- Già. Accettare in casa come un figlio la persona che ha distrutto la sua casa e la sua famiglia.
Rebi gli sorrise, seduta davanti a lui. – Questa è Fairy Tail. Tornerà Gajiru. Come Iguniiru e Gurandiine. E allora sarà fiero di te quando vedrà come sei diventato forte e quanti amici ti sei fatto.
Gajiru fissò la ragazza, che aveva un dolce e malinconico sorriso in volto. Sembrava sincera, non era capace di mentire. Lei era quello di cui aveva bisogno. Aveva bisogno di lei. Stava per dirle qualcosa quando sentì che i biscotti cominciavano a bruciarsi. Mancavano ancora alcuni minuti prima che diventassero anche solo leggermente neri, ma lui lo percepiva.
Si alzò, mentre Rebi lo guardava con aria smarrita.
- I biscotti – spiegò lui, spostandosi alle spalle della ragazza. – Sono pronti.
- Oh, ok – rispose lei scendendo dalla sedia. Si era rimessa le maniche del pigiama e aveva anche pulito tutto, senza però perdersi una parola del racconto di Gajiru.
Afferrò delle presine e fece per aprire il forno, quando sentì la presenza di Gajiru dietro di sé. Si voltò e spalancò gli occhioni. Era… sofferente, confuso. Non l’aveva mai visto con una faccia così umana e vulnerabile.
- Gajiru! Ti senti bene? – esclamò preoccupata.
- Io… io non ho mai parlato così tanto con qualcuno. Nemmeno con Metarikaana. Con un drago non c’è bisogno di tante chiacchiere. Perché con te sento la necessità di farmi conoscere? Perché sento di aver bisogno che tu mi accetti, Rebi? Mi sento vivo di nuovo dopo tanto tempo. Che sta succedendo?
Rebi era arretrata fino ad appoggiarsi con la schiena al bancone. E l’unica cosa che riuscì a pensare era che il suo nome sulle labbra di lui era bellissimo. Lo pronunciava solennemente, come se fosse una cosa sacra. Che si fosse finalmente accorto di lei? Non sapeva cosa dire. Vedeva solo lui, il viso preoccupato e bello come non l’aveva mai visto, che avanzava fino ad appoggiare le mani sul bancone per impedirle ogni via di fuga.
- Sento che… a questo punto della mia vita sarebbe impossibile vivere senza di te, Rebi.
Il volto di Gajiru si avvicinò pericolosamente al suo. La ragazza non ci poteva credere. Stava davvero per accadere? Il ragazzo si era finalmente fatto avanti perché ricambiava i suoi sentimenti? Sentiva il cuore scoppiarle di felicità. E… se fosse stato tutto un sogno?
Gajiru vide i suoi lucidi occhi marrone chiaro rattristarsi. E si rese conto di ciò che stava per fare. Si ritrasse bruscamente mormorando qualcosa a proposito dei biscotti, mentre la sua bocca si contraeva in una rigida riga impassibile e gli occhi si indurivano.
- Preparo il tè.
Mentre Rebi, con il cuore che batteva forte e la testa leggera, sfornava i biscotti e infornava l’altra teglia, l’ultima, Gajiru mise a bollire l’acqua, evitando qualsiasi contatto con la ragazza. Poi si diresse in soggiorno sotto allo sguardo triste di lei. Perché un momento prima sembrava sul punto di baciarla e quello dopo era diventato il solito scorbutico? Rimase a fissare i biscotti come se potessero suggerirle la risposta.
- Vieni, il tè è pronto – annunciò Gajiru, di fianco a lei. Erano passati parecchi minuti e lei non lo aveva nemmeno sentito avvicinarsi.
Lo seguì in soggiorno portando il piatto contenente tre teglie di biscotti, mentre lui le zuccherava il tè e glielo sistemava sul tavolino. Il ragazzo aspettò per vedere dove si sarebbe accomodata lei, sorpreso quando appurò che si era seduta sul tappeto gigante che partiva da sotto al divano per finire davanti al camino.
- Ebi, non vuoi sederti sul divano? -  le domandò, la voce priva del tono dolce di poco prima.
- No no, sto bene qui, grazie.
Mentre Gajiru si buttava sul divano, la testa vicina al suo corpo, gli chiese timidamente: - Non svegliamo Ririi?
- No. Ha lavorato fin troppo oggi, lasciamolo riposare. Gli preparerò tutto dopo.
Mentre aspettava che il tè si raffreddasse, Gajiru ripensò a tutto quello che le aveva detto. Era stata la più grande stupidata mai fatta. Aveva rivelato tutta la sua vita ad una ragazza che aveva picchiato. Ma non era solo quello. Le aveva praticamente rivelato di essere innamorato di lei e l’aveva quasi baciata! E lei? Ovviamente era terrorizzata. Al suo posto lo sarebbe stato anche lui. Probabilmente credeva che fosse pronto ad approfittarsene di lei in qualsiasi momento. Forse era proprio per quello che voleva svegliare Ririi.
Un velo di tristezza appannò gli occhi del ragazzo, che si sporse dal divano per avvicinarsi a Rebi.
- Non ti farei mai più del male – le sussurrò all’orecchio. Non era come prima, quando lo aveva fatto per vedere la reazione della ragazza e stuzzicarla. Era solo che quelle parole erano più facili da dire se venivano sussurrate.
Purtroppo, per Rebi quella voce roca e il fiato caldo di Gajiru produssero un altro effetto. Rabbrividì e si girò di scatto verso la fonte della voce, trovandosi a pochi centimetri di distanza dal viso del ragazzo. Nessuno dei due si ritrasse e, mentre negli occhi di lui passava una scintilla, Rebi annullò la distanza fra loro dandogli un rapido e casto bacio sulle labbra. Il ragazzo spalancò gli occhi, stupito e troppo scioccato per ghignare allentando la tensione. Era stato un contatto breve, ma aveva sentito benissimo il calore e la morbidezza delle labbra della ragazza.
Lei arrossì fino alla punta delle orecchie e sussurrò: - Lo so.
Sapeva che non le avrebbe mai più fatto del male. In imbarazzo, si alzò per andare a controllare i biscotti e spegnere il forno. Respirò a fondo per calmarsi e far passare il rossore mentre faceva raffreddare i dolci appena sfornati. Tornando in soggiorno si domandò cosa avrebbe fatto Gajiru. Magari avrebbe ignorato ciò che aveva fatto, e forse sarebbe stato meglio per entrambi.
Passò davanti al Dragon Slayer senza guardarlo e, mentre stava per sedersi per terra, sentì un braccio forte cingerle la vita e trascinarla all’indietro. Confusa, Rebi tirò un urletto, subito soffocato dalla mano del ragazzo. Era finita con il sedere sul bordo del divano e il busto premuto contro quello di lui. Stava ridacchiando nel suo tipico modo, cosa che, inspiegabilmente, fece venire voglia anche a lei di sorridere.
- Non vorrai svegliare il terzo incomodo -  spiegò facendo un cenno in direzione di Ririi, che dormiva placidamente vicino al camino acceso.
- Non sia mai – rispose Rebi con uno dei sorrisi più fulgidi che il ragazzo le avesse mai visto fare.
Forse era meglio se Gajiru non ignorava quello che aveva fatto lei.
- Insomma qui abbiamo un ebi spudorato che prova qualcosa per qualcuno – ridacchiò portandosi le mani dietro alla testa.
Arrossendo, la ragazza distolse lo sguardo. Non sapeva nemmeno lei con quale coraggio lo aveva baciato.
- Ehi – disse lui alzandole il mento. – Se non lo avessi fatto tu probabilmente lo avrei fatto io.
Ancora rossa, Rebi incatenò il suo sguardo a quello di lui. I suoi occhi ardevano e per la prima volta riuscì a scorgerci qualcosa di più del semplice menefreghismo. Intravvide una scintilla di… amore. Il suo viso sereno non era mai stato più rilassato, e un sorrisetto, vero, non un ghigno, gli increspava le labbra. Gajiru la strinse forte a sé finché il suo corpo teso non si abbandonò a quell’abbraccio e il suo cuore smise di galoppare. Il calore che emanavano i loro corpi uniti era qualcosa di unico e il ragazzo si sentì sciogliere. Era come se dei pezzettini di metallo conficcati nel suo cuore d’acciaio si stessero fondendo.
- È… è  il primo contatto umano che ho con qualcuno da… be’, da quando ho memoria. Metarikaana non era tipo da effusioni e dopo conosci il resto della mia storia. Con Ririi ne ho avuto un assaggio, ma siamo entrambi maschi, abbracciarci sarebbe strano. Io… non avevo mai abbracciato qualcuno.
A Rebi si inumidirono gli occhi. Alzò la testa e guardò il suo compagno, ma non notò malinconia sul suo volto. Solo dolcezza. Era felice. La ragazza lo strinse ancora di più per trasmettergli tutto il calore di cui era capace il suo piccolo corpo.
Gajiru si mise seduto trascinando con sé Rebi e, preso delicatamente il suo viso fra le mani, come se fosse qualcosa di prezioso, fece combaciare le loro labbra in un bacio dolce e unico che sapeva di biscotti.
Il ragazzo si permise finalmente di inspirare il suo profumo, che era certo gli avrebbe dato alla testa. E infatti fu così. Sapeva di casa e promesse future. Sapeva di amore.
 
Quando si svegliò, Ririi si trovò davanti una scena alquanto inusuale. Rebi era seduta sul divano e stava leggendo un libro recuperato dalle sue valigie. Aveva i capelli sciolti e spettinati, come sempre quando non portava la sua fascetta. Gajiru era stravaccato con un braccio attorno alle spalle della maga e degli arnesi di metallo sulle dita della mano libera. Anzi, stava trasformando le dita in oggetti metallici. Lei era appoggiata a lui ed erano entrambi sotto ad una pesante coperta. Ma la cosa che sorprese il gatto più di tutto era che il ragazzo portava in testa, nel suo solito modo, la fascetta di Rebi.
Quando si accorse che si era svegliato, lei gli sorrise dolcemente, mentre Gajiru gli rivolse un secco cenno del capo. La ragazza chiuse il libro e andò a scaldargli il tè mentre Ririi lanciava uno sguardo eloquente al suo compagno. Aprendosi in un ghigno, Kurogane gli fece l’occhiolino. Fuori la bufera era finita, ma nemmeno il giorno dopo sarebbero potuti uscire.
Rebi dormì nel letto di Gajiru, stringendo Ririi, felice per una volta di non esser schiacciato dal suo nakama. Avrebbe voluto dormire lei sul divano, visto che ci stava anche meglio, ma il ragazzo si rifiutò.
Quando la mattina il sole filtrò timido dalla coltre di neve, un certo Dragon Slayer si svegliò intorpidito e dolorante per la scomodità del divano. Ma, trovandosi davanti il visetto dolce e sorridente di una certa maga, pensò che mai il risveglio era stato più dolce.
 
 
[1]: Jet e Droy
[2]: Gray
[3]: Levy
[4]: Mirajane
[5]: Lisanna
[6]: Lucy
[7]: Cana
[8]: Erza
[9]: Gajil
[10]: Lily
[11]: amico/i, compagno/i
[12]:Pantherlily
[13]: Laxus
[14]: gamberetto. Data la coincidenza fonetica fra il nome originale, Rebi, e la parola gamberetto, Ebi, ho pensato che fosse per questo che Gajiru la chiama gamberetto.
[15]: Drago Nero di Ferro
[16]: Torafusa



MaxBarbie's:
Non ci tengo troppo alle NdA, ma questa è d'obbligo essendo il primo capitolo. E il più lungo.
Volevo solo ribadire che uso i nomi originali, solo di persone però. Altrimenti sarebbe troppo complesso. Spero di non essere OOC.

È la prima cosa che scrivo in terza persona, perché se l'avessi fatto dal punto di vista di uno dei protagonisti, avrebbe perso senso secondo me. Volevo mettere in risalto i pensieri dei personaggi e i loro sentimenti lasciandoli esteriormente inalterati.
Be', spero che vi piaccia, apprezzo anche i lettori silenziosi, come lo sono io di solito, ciò quelli che leggono tutto ma non recensiscono.
Non so ogni quanto posterò, questo capitolo lugno l'ho scritto in tre giorni. Come ho già detto, gli altri capitoli sono più corti. 
Spero di non essere troppo noiosa visto che sono pignola e ci sono alcuni momenti morti nel capitolo.
Per ora o-yasumi nasai e doumo a chi legge e recensisce. 
  
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