Le lancette dell'orologio ticchettavano in maniera snervante. Mamori sbuffò chiudendo gli occhi in cerca di concentrazione, la sede dei Devil Bats era deserta, priva del solito casino, eppure paradossalmente faceva più fatica a lavorare così. Fuori dalla finestra riusciva a scorgere il cielo azzurro di uno degli ultimi giorni di autunno. Era davvero una bella giornata, arrivavano fin lì le esclamazioni dei ragazzi intenti ad allenarsi. Un raggio di sole particolarmente coraggioso le sfioravano la mano sinistra riscaldandola con un tocco leggero.

Quella sensazione le riportò alla mente l'origine dei suoi problemi e delle sue distrazioni. Mamori sbuffò di nuovo incapace di liberarsi dai suoi tormenti e dal suo cattivo umore.

Ricominciò a scrivere svogliatamente l'analisi che Hiruma le aveva intimato di finire entro quella sera, ma chiuse subito il computer con un gesto secco interrompendosi a metà di una frase.

Osservò la sua mano mancina sospettosa, come se cercasse il taglio da cui poi era penetrata quella sorta di infezione.

All'inizio era stato solo un eco fastidioso, una di quelle voci che sentiva senza ascoltare davvero; poi si era trasformato in una sensazione vaga e pericolosa che aveva quando lui si avvicinava, quando le sorrideva e perfino quando litigavano.

Era stato un dubbio che pian piano era diventato un tarlo nella sua mente. Accadeva sempre più spesso che fosse lei a cercare lui anche con il più stupido dei pretesti. Era stato allora che aveva cominciato ad ascoltare quella voce e a negarla con tutta sé stessa, perché “è assurdo!” e “non potrebbe mai, mai, mai accadere” e soprattutto “lui è un vero idiota”.

Ma Mamori non era stupida e sapeva perfettamente che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione che non era mai stata normale (parola incomprensibile al liceo Daimon) ma perlomeno aveva un certo equilibrio. Ora il castello di carte era caduto. Era bastata un'esile voce.

Aveva impiegato mesi anche solo per ammettere di essere innamorata di Hiruma.

Una volta presa coscienza le cose non erano affatto migliorate, al contrario.

Fino a culminare quella mattina, prima dell'inizio delle lezioni. Stavano discutendo del più e del meno, ma una volta tanto non si trattava di football, quindi era suonata la campanella che segnava l'inizio delle lezioni e lei si era avviata verso la sua classe. Hiruma le aveva afferrato la mano sinistra e lei si era girata esasperata.

“Dove pensi di andare manager di merda?” aveva chiesto sfrontato.

“Le lezioni stanno per cominciare”

“Le lezioni possono aspettare” aveva risposto lui continuando a tenerle salda la mano.

Mamori aveva cercato inutilmente di divincolarsi da quella presa, la mano di Hiruma era grande e calda contro la sua pelle.

“Che cosa vuoi fare, demone?” lo apostrofò.

Lui le lanciò uno sguardo indagatore e lei sentì un brivido percorrerle la schiena.

“Sei diversa ultimamente, manager di merda” la accusò con un sorriso furbo “Mi chiedo se...”

“Hiruma!” lo chiamò una voce famigliare. Kurita si sbracciava davanti al portone.

“Sbrigati, siamo in ritardo!” ripeté il linerback.

Mamori non capì esattamente cosa fece cambiare idea a Hiruma, ma fatto sta che il quoterback le lasciò andare la mano e si diresse verso la propria aula salutandola con un minaccioso “Continuiamo dopo”

E adesso Mamori si tormentava, temendo e aspettando quel “dopo”. Poco importava se quello fosse solo un altro giochino psicologico di Hiruma o no, di sicuro la stava facendo impazzire.

In quel momento – visto che si dice parli del diavolo e spuntano le corna – il capitano dei Devil Bats fece il suo ingresso nella sede ancora in tenuta da football.

“Hai finito di lavorare?” domandò annoiato.

Mamori lo guardò sorpresa, forse si era dimenticato, forse non si era davvero reso conto di cosa provava Mamori, forse – e questa era l'ipotesi più dolorosa – non gli importava.

“Noi due abbiamo un discorso in sospeso” disse togliendosi la maglia e le protezioni.

Mamori deglutì a vuoto e non era solo a causa della vista di Hiruma con una sottomaglia nera straordinariamente aderente.

“Lava questa roba” le disse lanciandole i vestiti sporchi.

“Altrimenti?” chiese lei con aria di sfida. Hiruma si avvicinò fino a che la distanza fra di loro non si fu ridotta a pochi centimetri.

“Altrimenti, Mamori...” cominciò a dire lui lentamente con voce suadente. Il cuore di lei cominciò a battere frenetico quando lo sentì pronunciare il suo nome. Hiruma si chinò in avanti e le posò un leggero bacio a fior di labbra, veloce e discreto.

“Altrimenti potrei rifarlo” la minacciò con un sorriso demoniaco.

Poi se ne andò veloce così come era venuto. Mamori si sedette con un sospiro ancora rossa in viso. Hiruma aveva capito tutto come al solito, lui era troppo intelligente per non capire. Ma quel loro continuo battibeccare – il loro personale modo di flirtare – lo divertiva.

Mamori sorrise da sola nella sede della squadra di football. Hiruma era davvero un demonio, ma questo divertiva anche lei.








Note:
Storia scritta tre mesi fa e poi abbandonata nel pc causa vacanze e il poco tempo in generale che ho trascorso su EFP (ma tornerò attiva u.u)
Spero i personaggi, soprattutto Hiruma, non risultino troppo OOC. Ho creato questa storia senza molte pretese, ma solamente perché amo questa coppia e ho veramente adorato tutto il manga di Eyeshield 21
Come al solito grazie a chi leggerà e commenterà questa mia creazione, a presto!