Tensione evolutiva
Eppure
ho questo vuoto, tra lo stomaco e la gola,
voragine
incolmabile,
tensione
evolutiva.
Nessuno
si disseta ingoiando la saliva.
Ci
vuole pioggia, vento, e sangue nelle vene.
Pioggia,
vento, e sangue nelle vene.
E una
ragione per vivere
per
sollevare le palpebre
e non
restare a compiangermi
e
innamorarmi ogni giorno e ogni ora di più
La
guerra iniziava anche a Jotunheim.
Loki
li vide in distanza, dietro l'imponente fortificazione della prima
linea difensiva. Erano una schiera caotica, composta da Chitauri,
Jotun ribelli, Kree – era Ronan quel pomposo individuo che
calcava
il pianeta di Loki come se fosse già roba sua? – e
mercenari di
varia provenienza, tra cui Elfi e persino qualche Asgardiano. Un
ammasso caotico privo di omogeneità, facilmente
distruttibile.
Loki
sorrise fra sé e sé, la loro strategia non
sembrava granché
sottile. Si voltò verso Zoul. -Dimmi..- disse in lingua
Jotun. -A
parere tuo, c'è anche nostro fratello là in
mezzo?- E indicò con
la testa il gruppo Jotun ribelle. Doveva essere capeggiato o da Gaal,
oppure da Rhojknay.
Zoul
rifletté, poi rispose: -Chiunque dei due sia rimasto, si
mostrerà
alla fine. Se coglierà la giusta occasione, Loki. Altrimenti
non
rischierà.-
Loki
annuì. La sua mente correva rapida. -Occupati tu di loro, ma
lasciami il figlio di Laufey.-
-Sarà
un piacere.-
-Fenris..-
Il lupo nero alzò il capo -.. porta il branco all'assalto.
Sarai i
miei occhi sul campo.-
Così
la battaglia di Jotunheim incominciò, e fu una delle
battaglie più
violente e distruttive che il Pianeta di Ghiaccio avesse mai visto.
Loki coadiuvò i suoi uomini dalla retrovia. In contatto con
tutti i
suoi generali, ordinava loro come muoversi, dove portare gli uomini,
che zone coprire. Tutto si muoveva come la mente dell'Ingannatore
prevedeva, compresi i nemici. Erano potenti, ma privi di
unità, e fu
facile smembrarli. Dopo una mezza giornata di parità e di
sangue, i
nemici cominciarono ad arretrare e a dare segni di stanchezza. I
Chitauri vennero lentamente massacrati, stessa cosa per i Kree. Ronan
– sebbene stesse sempre in posizioni protette –
venne raggiunto
da due lupi, che gli saltarono alla giugulare, e il
famoso
usurpatore Kree morì. I Giganti di Roccia – per la
loro naturale
resistenza – riuscirono ad avere la meglio sui più
esperti
mercenari. Gli unici che resistevano con una certa eroicità
erano
gli Jotun ribelli.
A
un certo punto della giornata, Zoul si mise in contatto con Loki.
“È
Gaal. Stanno cercando di passare per raggiungerti.”
“Lo
so.” Gli
rispose Loki. “Falli
venire.”
Zoul
non protestò, né chiese spiegazioni. Loki
– dall'alto della
fortificazione – vide semplicemente le proprie linee aprirsi
in una
maniera che poteva anche apparire naturale, frutto della stanchezza
di un istante, permettendo a un piccolo manipolo di Jotun ribelli di
passare.
Loki
sorrise, e si ritirò all'interno, in una sala di ghiaccio
che si
apriva dentro il muro di difesa.
La
sala era buia e pareva come insonorizzata. Gli echi e le vibrazioni
della battaglia che si svolgeva poco lontano giungevano attutiti,
ovattati, regnava un silenzio glaciale. Quando il piccolo manipolo
Jotun entrò – quattro Giganti di Ghiaccio ben
armati, più Gaal –
trovò Loki, l'Usurpatore, seduto su un piccolo scranno di
ghiaccio,
una figura avvolta dall'oscurità, ben minuta se confrontata
a loro,
ma nella quale brillavano due astuti occhi rossi, il viso atteggiato
ad un sorriso calcolatore.
Gaal
– il Possente Gaal – non era mai stato spaventato
da Loki, al
contrario di molte sue conoscenze. Un branco di sottomessi. Sapeva
bene che la sciabola e il pugno trionfavano sui trucchi e sulle
parole. Di recente aveva strappato il cuore a suo fratello Rhojknay
–
che pure di parole se ne intendeva – e lo aveva fatto
mangiare al
suo Nehikmir. Avrebbe fatto lo stesso con quell'asgardiano, seduto da
troppo tempo nel posto che spettava a lui.
-Sei
solo, usurpatore.- Disse. La sua voce tonante e al tempo stesso
fredda rimbombò per la sala.
Il
sorriso di Loki si allargò. -I miei uomini sono impegnati a
massacrare i tuoi, là fuori.-
-Vorresti
batterti con me? Non hai speranze contro la mia lama.-
Gaal
estrasse la sua arma, una lunga scimitarra di duro ghiaccio,
irrobustita con il metallo del sud, un oggetto praticamente
indistruttibile.
Loki
non perse il suo sorriso e si alzò. -Combattiamo, allora.-
Gaal
si lanciò verso di lui, caricando un attacco. Loki si
spostò e la
scimitarra si abbatté sullo scranno, mandandolo in frantumi.
Gaal
però la risollevò immediatamente, e con un urlo
la roteò alla sua
sinistra. Loki fu abile nel fare in tempo un passo indietro, ma
ugualmente la lama sfiorò il suo collo e qualche goccia di
sangue
schizzò in aria. Gaal ne sentì l'odore acre, e
gioì. Caricò i
colpi con più violenza, tanto che Loki faticò
sempre di più ad
evitarli e dovette servirsi di barriere per proteggersi. L'arma di
Gaal però urtava con forza le barriere, spesso mandandole in
frantumi, e dove si abbatteva distruggeva e fracassava. Presto il
ghiaccio della sala fu venato da profondi crepacci. Loki non riusciva
ad attaccare, perché i colpi di Gaal erano sempre
più veloci,
sempre più violenti, quasi l'energia del Gigante non si
estinguesse.
Loki invocò Isa, il Ghiaccio, e un lungo
pugnale si formò
tra le sue mani. Gaal però con una sciabolata glielo fece
saltare
via praticamente subito, dopodiché Loki capì
troppo tardi.
L'affondo di Gaal arrivò nell'istante in cui era disarmato e
impreparato ad evitarlo, la scimitarra gli perforò i polmoni
parte a
parte e Loki cadde a terra.
La
penombra della sala fu colorata dal rosso del sangue che fuoriusciva
incredibilmente rapido dal petto di Loki, il suo odore acre e
metallico pervase ogni cosa, penetrò le narici degli Jotun
impiantandosi lì, intenso. Loki sputò altro
sangue, si accasciò a
terra, il suo corpo non gli obbediva più. A Gaal venne da
ridere.
Tutto lì, l'usurpatore? Tutto lì, il
sovrano di Jotunheim?
Gli diede un calcio forte per metterlo supino, poi alzò la
propria
scimitarra, e gliela fracassò sulla testa. Schizzi di sangue
ovunque, addosso a Gaal, sulle pareti, sul pavimento, nell'anima del
vincitore tra gli Undici...
I
quattro Jotun che erano con lui lo guardarono colpiti. Lui, Gaal, il
nuovo sovrano di Jotunheim. Gaal alzò la testa. Adesso aveva
il
fiatone, e pareva stanco – una stanchezza che aveva
trattenuto
durante la furia del combattimento – ma era trionfante.
-Impressionante,
sì.-
Gaal
si voltò, e Loki era lì, appoggiato alla parete,
tranquillo.
Gli
Jotun urlarono – un suono che sembrava più simile
a un ruggito –
,Gaal sbarrò gli occhi. Qualcosa tremò dentro di
lui.
-No,
tu sei morto!-
-Morto?-
-Ti
ho ucciso!- Ringhiò. -L'ho sentito.. ho sentito la tua testa
che si
rompeva sotto la mia forza, e il profumo del sangue, qui, ovunque..-
-Il
sangue..- rifletté Loki. -Ah, questo sangue.- In un attimo
l'enorme
quantità di sangue schizzata in ogni dove sparì,
così come il suo
odore, il senso di viscido e di umidità che creava, mentre
rimase
curiosamente ciò che rimaneva del corpo di Loki steso a
terra.
-È
magia..- Biascicò uno dei quattro Giganti. -Magia.. Gli dei
sono
dalla sua parte.-
-NO!-
Urlò Gaal. -Lui è morto, morto! Lo vedete?
É qui...- Ma quando
abbassò la testa per guardare il corpo morto di Loki, non
c'era più
l'usurpatore, bensì suo fratello Rhojknay, che, steso a
terra, gli
sorrideva.
-Anche
io sono morto, vero, Gaal?-
Gaal
sentì un terrore cieco, mai provato, e urlò. Uno
dei quattro Jotun
si accasciò a terra, mentre gli altri tre cercarono di
fuggire, ma
la porta si chiuse e si sbarrò.
L'unico
che rimaneva calmo e distaccato, era Loki. -Ho sempre trovato
vagamente barbara la paura che provate voi altri Jotun nei confronti
della magia.. ma capisco, e dico davvero, il vostro terrore per il
fuoco.- Fra le mani di Loki si formò un globo infuocato.
-È l'unica
cosa che vi uccide velocemente.. e per questo dovresti davvero
ringraziarmi, Gaal, vecchio mio. Soprattutto dopo aver visto la morte
che hai riservato a me.-
Gaal
alzò il capo, capendo, e vide che Loki sorrideva.
Dopodiché Loki –
o qualunque cosa esso fosse, probabilmente un'altra sua illusione
–
lanciò il globo, che esplose e ogni cosa venne divorata
dalle
fiamme. Gaal avvertì un dolore atroce, capì che
il suo corpo stava
marcendo e carbonizzando, e capì anche che di lì
a poco sarebbe
morto. Provò una rabbia sorda, che fece sparire tutto il
terrore
provato poco prima. Alzò lo sguardo verso l'illusione di
Loki –
che veniva attraversata dalle fiamme come fosse aria – e
urlò,
rivolto a quel vigliacco: -Non cambia niente! Presto la tua stirpe
morirà, ogni cosa ti sarà tolta! Chi credi che
abbia attraversato
le tue difese, mentre tu eri impegnato con me?-
Il
sorriso di Loki scemò, dopodiché Gaal non
riuscì più a dire
nient'altro, perché venne definitivamente avvolto dal fuoco
e morì.
Il
vero Loki – quello che controllava tutte
le sue proiezioni,
e che si trovava sul muro di difesa, all'esterno, ben lontano
dall'incendio – aprì gli occhi. Chi
credi che abbia
attraversato le tue difese, mentre tu eri impegnato con me? Con
un pessimo presentimento che si annidava nel suo petto, Loki
guardò
indietro, dalla parte opposta rispetto alla linea del fronte. E vide
– ormai lontanissime – sette figure di mercenari
che procedevano
spedite, e che iniziavano ormai a scomparire alla sua vista fra la
nebbia perenne di Jotunheim. C'era un solo posto in cui potevano
essere dirette, se avevano sfidato la sorte fino a sorpassare la
prima linea difensiva: Utgard, da Modi.
Modi,
seduto sul trono di Jotunheim, rifletteva, in silenzio. Nella sua
mente ripercorreva ancora il messaggio mentale di suo padre, inviato
attraverso la runa Raedo, il Viandante. Modi,
fai
attenzione. Sette mercenari hanno sorpassato la mia sorveglianza e
quella di Sigyn, che non è riuscita a sua volta a
intercettarli e
fermarli. Stai nascosto finché non arrivo da te, e avvisa
tutte le
guardie del pericolo.
Modi
si chiedeva se fosse impaurito dalla notizia. In realtà, se
ne
sentiva abbastanza impassibile. Erano passati anni e anni dall'ultima
volta che soldati esperti erano venuti appositamente a Utgard per
ucciderlo.. ovvero quando Eyzegar – uno degli Undici
– era ancora
vivo, e intendeva disfarsi della discendenza di Loki. Un'altra cosa
che Modi si domandava, era perché non stesse eseguendo gli
ordini di
suo padre. Non si era ancora nascosto, né aveva avvisato gli
Jotun
di guardia. Sapeva solo che se avesse dato l'allarme, le guardie
avrebbero cercato di proteggerlo fino alla morte, rivelando ancora di
più la sua posizione. In più, non gli andava di
nascondersi.
Il
lupo marroncino Skol – l'unico con cui Modi si era confidato
–
non era d'accordo con lui, e guaiva piano ai piedi del trono,
camminando in cerchio, come in gabbia. -Dobbiamo obbedire agli
ordini dei capobranco, Modi. Non va bene.-
-Perché
non possiamo diventare noi i capobranco, se si tratta delle nostre
vite?-
-Fenris
mi ha ordinato di obbedire a Loki.-
-Skol,
hai detto che mi avresti protetto. Mentivi?-
Skol
alzò il muso e guardò Modi con i suoi occhi
sinceri, sebbene
combattuti fra diversi tipi di lealtà. Modi capì
che no, non aveva
mentito.
Modi
distolse lo sguardo e osservò la porta della sala del trono.
Erano
passate ore dal messaggio di suo padre, forse quella faccenda sarebbe
finita molto presto...
A
un certo punto si sentirono rumori – che rimbombavano da
chissà
quale parte del Castello di Ghiaccio – rumori di lotta. Skol
sussultò e drizzò le orecchie, la zampa anteriore
lievemente alzata
dal terreno. Modi invece si alzò e scese dal trono. Erano
arrivati,
dovevano muoversi.
-Andiamo.-
Disse a Skol, e il lupo marroncino prese a correre. Modi lo
seguì,
aprì la porta della sala con la magia – per non
perdere tempo –
e si fiondarono fuori. Skol scattò senza esitazione verso
sinistra
e, più si avvicinavano al luogo della lotta, più
i rumori si
facevano chiari anche a Modi. Un grande scontro, tante spade, gli
Jotun erano più numerosi rispetto ai mercenari, ma
più in
difficoltà.. Dovevano essere sulla rampa di scale tra il
quinto e il
sesto piano, forse anche più in su.
Skol
infatti girò e imboccò rapido la scala, le sue
zampe slittarono sul
ghiaccio solo un attimo. Modi gli stava dietro come un piccolo lupo
anche lui. Ad un certo punto Skol – come gli aveva detto di
fare
Modi – girò a sinistra, e il principe di Jotunheim
a destra.
Modi
continuò a salire le scale correndo, silenzioso e pratico.
Poi –
quando i rumori della lotta si fecero così assordanti da
fargli
capire che era arrivato – si appiattì a terra e
guardò a
sinistra. Le scale della Torre di Ghiaccio erano una ramificazione
caotica per gli estranei, ma Modi conosceva perfettamente il loro
schema. C'erano tante scale quasi parallele, e il luogo della
battaglia era proprio una rampa vicina alla sua, anche se parecchi
piedi più in basso.
Modi
li vedeva perfettamente: dodici Jotun a terra, tre ancora in piedi.
Quattro mercenari morti – di razza sconosciuta, probabilmente
mezzosangue – uno appena ferito che sbaragliava facilmente le
tre
guardie. Degli altri due mercenari non c'era traccia.
Modi
attese, silenzioso, poi l'ultimo mercenario riuscì ad avere
la
meglio sui tre Jotun e corse via. Allora Modi scavalcò la
ringhiera
di ghiaccio e saltò giù, atterrò
piegando le ginocchia senza un
rumore. Si avvicinò agli Jotun a terra e ne
valutò le condizioni.
La maggior parte era morta, uccisa con perizia e senza troppo sforzo.
C'era sangue blu Jotun ovunque. Modi si costrinse ad alzarsi in piedi
e a proseguire, sulle tracce del mercenario. Procedette silenzioso
per i corridoi, confondendosi con le ombre e con il ghiaccio,
finché
non lo vide. Modi si abbassò e si appiattì dietro
una colonna,
osservando il suo nemico.
Era
un mezzosangue grosso, dalla pelle rossa, ben armato. Doveva essere
imbattibile nel combattimento corpo a corpo. Modi si
concentrò,
convogliò nelle proprie mani tutta la sua energia e tutta la
sua
conoscenza, e invocò la runa Naudr, il
Vincolo. Poi la
lanciò. Pesanti cappi composti di energia apparvero da nulla
e si
avvolsero attorno al guerriero, che urlò e si
dimenò invano. I
cappi lo costrinsero immobile e premuto contro il muro di ghiaccio.
Modi uscì dal suo nascondiglio, passandogli davanti e
osservandolo
per un attimo. Il mercenario gli rispose con un'occhiata di pura
furia. Dopodiché Modi proseguì.
Vagò
a lungo per i corridoi ghiacciati, senza trovare né sentire
nulla.
Poi, svoltato un angolo, vide nella semioscurità una figura,
e si
appiattì a terra, spaventato. Non aveva percepito nulla che
rivelasse la sua presenza. Poi capì perché: si
trattava del sesto
mercenario, sì, ma era morto. Modi gli si
avvicinò e osservò il
cadavere, addossato contro il muro. Un largo squarcio gli si apriva
nella gola, Modi lo toccò per esaminarlo. Sembrava.. un
morso. Alzò
la testa. Il settimo mercenario non doveva essere lontano.
Chissà se
Skol lo aveva già trovato.
Corse
ancora, questa volta più a lungo, più attento a
ogni minimo rumore.
Non trovò però niente. Né una traccia
del possibile passaggio del
settimo guerriero, né Skol, né nessun'altra
guardia Jotun. Cosa
voleva dire? Procedette ancora un po', svoltò un angolo e
infine si
fermò. Valutò se fosse il caso di utilizzare la
Vista, anche se
l'uso di un'altra runa lo avrebbe indebolito.. E, tra queste
considerazioni, Modi si accorse troppo tardi dell'ombra proiettata
sul pavimento, che rivelava qualcuno sopra di lui.
Non
fece in tempo a voltarsi. Una mano si serrò sul suo collo e
un
braccio di una forza straordinaria lo gettò a terra. Un
mezzosangue
blu, l'aria agile e gli occhi neri come due pozzi gli si
piazzò
sopra, impedendogli ogni movimento e anche il respiro. Modi si
sentì
svenire, la sua vista si offuscò.. ma utilizzò le
ultime forze che
gli rimanevano per invocare Isa, il Ghiaccio, la
runa più
congegnale ad ogni Jotun.. Il mercenario scattò via, mentre
un suo
braccio si ghiacciava irreparabilmente e assumeva uno strano colorito
marcio.
Modi
lasciò andare la runa e si alzò, la vista
tornò, così come il
respiro. Il mercenario però non perse tempo,
tornò ad attaccare.
Modi cercò invano di fermarlo con una barriera, ma il
guerriero
saltò, roteò e lo colpì comunque con
un calcio in faccia. Modi
arretrò ma riuscì a stare in piedi. Il mercenario
sorrise. Sembrava
non avere di legamenti, sembrava che la gravità di Jotunheim
non
contasse, per lui.
Il
mercenario saltò ancora, si diede una spinta con le braccia
sfruttando le pareti e riuscì di nuovo ad essergli sopra.
Modi tentò
di dimenarsi, ma questa volta non aveva energie sufficienti per Isa,
e il mercenario lo stava costringendo troppo immobile contro il muro.
Una gamba del guerriero teneva ferme quelle del giovane Jotun, mentre
un suo braccio era premuto saldamente sotto la sua gola. L'altro
braccio – quello ferito dal ghiaccio – gli
servì per estrarre un
piccolo pugnale, che teneva attaccato alla cinta. Gli occhi del
mercenario scintillarono pericolosamente.
-Non
me ne volere, principe.- Disse. La sua voce era squillante, ma priva
di ogni emozione, se non lo scherno. -Io sto con quelli che mi pagano
meglio. E, in questo caso, queste persone vogliono la tua morte.-
Modi
provò a dimenarsi ancora, ma era tutto inutile.
-Non
te ne accorgerai nemmeno, promesso.-
In
quell'attimo però una figura marroncina sbucò in
corsa da dietro
l'angolo. Il mercenario si voltò, solo per vedere l'enorme
lupo che
gli si avventava contro, le fauci spalancate. Non riuscì a
difendersi: Skol raggiunse il suo collo e glielo spezzò con
un
orrendo crak.
Quando
il lupo alzò la testa, aveva il muso un poco sporco di
sangue, e
guardò Modi con occhi interrogativi. Modi aveva il fiatone e
non
pensava di riuscire ad alzarsi, ma gli annuì, riconoscente.
Trovò
la forza – non seppe nemmeno lui dove – di invocare
la runa Raedo
per mandare un messaggio a suo padre.
Papà,
resta dove sei, qui va tutto bene. I mercenari sono morti.
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Canzone: Tensione evolutiva - Jovanotti
Sì, lo so che una canzone italiana stona un po', dal momento che fino ad ora ho messo solo canzoni americane/inglesi. Ma, dico, la avete sentita? è davvero suggestiva, il sottofondo ideale per questo capitolo un po' - ammettiamolo - strano. Cosa ne pensate? In questo capitolo ci sono molte luci e ombre, e anche molto sangue. Ma il finale è positivo, almeno per i nostri protagonisti. Fatemi sapere. Intanto ringrazio chi recensisce. Grazie, grazie, grazie.
Blu Notte