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Autore: ItsGiuliayall    11/09/2014    0 recensioni
«Che memoria! Ti è difficile dimenticarmi, eh?»
Rachel scosse la testa, sorridendo.
«Mi è difficile dimenticarmi del mio migliore amico.»
Sono sicura che ognuno di noi sappia cosa sia accaduto l'11 settembre del 2001. E credo anche che, chiunque si sia informato o abbia prestato attenzione a uno dei tanti servizi dei telegiornali, abbia visto le immagini e i video cruenti che hanno immortalato quel tristissimo evento; sentito le grida, i pianti e le preghiere urlate delle persone che, intrappolate, sono morte quel giorno.
Ho scritto questa breve one-shot per ricordarli, e per ricordare ai loro parenti e amici, che non li hanno più visti tornare a casa, che il ricordo è ancora vivo e che non morirà mai. Ovviamente, sia i personaggi che la storia sono puramente inventati.
L'undici dicembre del duemilauno, il primo aereo si schiantò alle 8:46 contro la prima TORRE del WORLD TRADE CENTER (la torre con l'altissima antenna sul tetto). Quel giorno morirono quasi 3000 persone.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono sicura che ognuno di noi sappia cosa sia accaduto l'11 settembre del 2001. E credo anche che, chiunque si sia informato o abbia prestato attenzione a uno dei tanti servizi dei telegiornali, abbia visto le immagini e i video cruenti che hanno immortalato quel tristissimo evento; sentito le grida, i pianti e le preghiere urlate delle persone che, intrappolate, sono morte quel giorno.
Ho scritto questa breve one-shot per ricordarli, e per ricordare ai loro parenti e amici, che non li hanno più visti tornare a casa, che il ricordo è ancora vivo e che non morirà mai. Ovviamente, sia i personaggi che la storia sono puramente inventati.
L'undici dicembre del duemilauno, il primo aereo si schiantò alle 8:46 contro la prima TORRE del WORLD TRADE CENTER (la torre con l'altissima antenna sul tetto). Quel giorno morirono quasi 3000 persone. 

The end of the beginning.

11 settembre 2001, ore 7:46.

Rachel quella mattina arrivò ancor prima del solito. Il sole illuminava già la parte sud dell’isola di Manhattan a New York City, ma le alte torri davanti a sé, coprivano la luce splendente.
Lavorava lì da solo una settimana. Era così felice che andare al lavoro era diventata una sorta di divertimento per lei. Probabilmente, incideva il fatto che fosse il suo sogno sin da ragazzina lavorare in uno di quei grandi edifici di New York che sin da piccola ammirava.
Peccato che fosse terrorizzata dall'altezza e delle cose giganti.
Prima di entrare alzò la testa e rimase ad osservare la struttura, come era suo solito fare ogni mattina. Anche quel giorno, guardando quelle enormi costruzioni, si intimorì un po'. 
Non riusciva mai a capacitarsi della grandezza del World Trade Center e, soprattutto, dell’imponente Torre Uno.
Sospirò e sorrise, mentre si incamminò verso l'entrata. 
Doveva arrivare ogni mattina fino al novantacinquesimo piano, ma arrivando sempre presto, si concedeva di fare colazione al ristorante che c'era al piano centosette, il Windows on the World.
Salì su uno degli immensi ascensori e si appoggiò alla parete, in attesa di arrivare a destinazione.
Si trovò a chiacchierare con una signora che teneva tra le braccia una piccola bimba dai boccoli castani. «Siamo venute a fare gli auguri di compleanno a mio marito. Noi due siamo delle dormiglione e non ci siamo svegliate in tempo, quindi abbiamo deciso di fargli una sorpresa» spiegò la mamma, lasciando un tenero bacio sulla guancia della bimba che, nel frattempo, stringeva il pollice di Rachel nella sua piccola e esile mano. Si salutarono al piano sessanta.
Erano le 8:06 quando, finalmente, le porte dell’ascensore si aprirono e Rachel vide l’ampio salone del ristorante. Si diresse, però, verso uno dei tavolini lontani dalle grandi vetrate. Non voleva correre il rischio di dover andare in bagno in preda alla nausea. 
Ordinò e, intanto che aspettava l’arrivo della sua colazione, prese il giornale dalla sua ventiquattrore. Storse il naso nel leggere un articolo di cronaca nera. Chiuse il quotidiano e lo mise di nuovo nella valigetta. Era troppo di buon umore per rovinarsi la giornata con la notizia di un omicidio premeditato. Ringraziò la cameriera che le portò il croissant e il caffè.
Bevve un sorso della bevanda, diede un morso alla brioche al cioccolato ancora calda e si lasciò sfuggire un sospirò soddisfatto. Nell’appoggiare la tazza sul tavolino, qualcuno spostò la sedia non occupata accanto a lei e vi si sedette: «Sei proprio tu, Rachel Emily Peterson!» esclamò l'uomo che aveva preso posto senza domandare.
Rachel alzò lo sguardo verso l’interlocutore e la sua espressione cambiò da confusa a piacevolmente sorpresa: «Non ci credo. Jared Joseph Leto!»
Rachel si alzò istintivamente e abbracciò di slancio il suo caro amico e compagno d'avventure d'infanzia, che ricambiò con la stessa enfasi. Poi si sedette di nuovo e iniziarono a parlarsi con entusiasmo: «Ancora non posso crederci! Come stai? Come va la vita Leto?» gli domandò.
Jared scoppiò in una risata, compiaciuto della gioia che mostrava Rachel: «Direi abbastanza bene. Io e mio fratello – Shannon, te lo ricordi, vero? – abbiamo messo su una band e l'anno prossimo pubblicheremo il nostro primo album!»
Rachel strabuzzò gli occhi e, senza smettere di sorridere, si congratulò con tutto il cuore.
«E tu Peterson? Come te la cavi?» le chiese Jared.
Lei fece spallucce e sorrise ancor più raggiante: «Lavoro nel reparto amministrazione, qui. Ufficialmente da una settimana.»
Jared si alzò e la abbracciò, sorridendo e congratulandosi, proprio come aveva fatto Rachel con lui.
«Wow, incredibile! E io che credevo di trovarti in mezzo alla strada!» la provocò Jared, proprio come ai vecchi tempi.
Lei gli diede una leggera pacca sulla spalla e si lasciò sfuggire una smorfia.
«Non è vero!» si lamentò.
Jared rise: «Lo so. Lo sapevamo tutti che saresti arrivata lontano. D’altronde, eri una secchiona!»
«E tutti sapevano che saresti dovuto essere tu quello in mezzo alla strada» ribatté scherzosamente.
Entrambi scoppiarono a ridere e ricordarono gli anni passati assieme, da piccoli. Ne avevano combinate di tutti i colori, e le loro mamme erano sempre state buone amiche. 
Rachel tornò a mangiare la brioche e poi domandò: «Spiegami, futura rock star. Che ci fai qui?»
Lui si appoggiò allo schienale della sedia e fece spallucce, prima di rispondere: «Dovevo vedermi con un’amica.»
«Amica? Oddio Jared, quanti anni hai?» chiese Rachel, lasciandosi scappare un risata.
«La tua stessa età, vecchiaccia» ribatté Jared, facendole la linguaccia.
«A quest’ora, se avessimo avuto dieci anni, staresti scappando per tutta la torre.»
«Se devo farmi prendere da te, inizio a correre anche adesso» sussurrò Jared, staccandosi dallo schienale e avvicinandosi a Rachel.
Lei rise divertita: «Vedo che non sei cambiato proprio in nulla.»
Jared le fece l’occhiolino e le rubò un sorso di caffé dalla tazza.
«E comunque…» disse Rachel facendosi seria e avvicinandosi a lui, «…se ricordi, ero io quella che ti ha baciata per prima da piccoli. Se aspettavamo te, a quest'ora eravamo ancora là» aggiunse, riprendendo la tazza di caffé dalla mano di Jared.
«Che memoria! Ti è difficile dimenticarmi, eh?»
Rachel scosse la testa, sorridendo.
«Mi è difficile dimenticarmi del mio migliore amico.»
Jared le sorrise, estasiato da quell’affermazione.
«Sei sempre più bella, signorina Peterson.»
Jared rimase a fissarla, mentre Rachel, in silenzio, assimilò le sue parole. Stava per scoppiare a ridere ancora, ma vide quanto lui fosse serio, così si limitò a sorridere.
«Anche tu non sei male» disse per alleggerire quella situazione che l'aveva imbarazzata un po'.
Jared rise: «Bé, ti ringrazio.»
Rachel mangiò l'ultimo pezzo del croissant e poi guardò l'ora: «Oddio, sono già le 8:44!» esclamò alzandosi in piedi e afferrando la ventiquattrore.
«Ho proprio ragione: non sei cambiata in nulla. La solita maniaca della puntualità!» disse Jared, prendendola in giro affettuosamente.
Si alzò anche lui.
Rachel lasciò qualche soldo sul tavolo e poi tornò a guardare Jared: «I tuoi occhi sono sempre più belli» disse, lasciandosi sfuggire dalla bocca ciò che stava pensando.
Lui le sorrise e allungò una mano per spostarle l'unico ciuffo di capelli che le cadeva sul viso.
«Stavo pensando… Se vuoi potremmo uscire questa sera» propose Jared.
Lei ci pensò un attimo, prima di rispondere.
«In ricordo dei vecchi tempi?» gli domandò.
Jared ci pensò un attimo e poi annuì, sorridendo.
«Potremmo cominciare da lì» disse.
Sorrise anche Rachel. Guardò l'orologio di nuovo e lesse che erano le 8:46. Era dannatamente in ritardo.
«Ora devo andare, però. Mi passi a prendere qui?»
Non se ne accorsero che qualcosa di orribile stava ponendo già fine al loro inizio.
Erano talmente presi l'uno dall'altra, che non si accorsero che qualcosa stava per schiantarsi proprio contro di loro. Jared in quella manciata di secondi, fece tempo solo a prenderle la mano, sorriderle e baciargliela. 
Anche Rachel sorrise, col cuore che le palpitava dalla felicità.
Poi iniziarono le urla.
Entrambi guardarono verso l’enorme vetrata e i nei loro occhi si fece spazio la paura. 
Tornarono a guardarsi e automaticamente si abbracciarono.
Il muso dell'aereo si schiantò contro la grande finestra e loro chiusero forte gli occhi.
«Andrà tutto bene!» urlò Jared alla sua migliore amica.
  
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