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Autore: Tawariell    29/09/2008    1 recensioni
Una visita inaspettata apre definitivamente gli occhi ad un giovane attore inglese, che vive una situazione sbagliata
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Lo so, lo so, vi ho fatto penare un sacco e perciò mi scuso per il mostruoso ritardo, ma spero tanto che questo epilogo possa piacere a tutti voi ;)...

Buona lettura, Silvia

Epilogo

 

New York, un anno dopo.

 

Un giovane uomo molto alto, dai lunghi capelli biondi fino alle spalle, stava camminando attraverso un sentiero acciottolato, al fianco del quale c’erano diversi alberi in piena fioritura primaverile.

C’erano fiori di pesco e di albicocco sopra i rami dei vari alberi e in mezzo ai prati c’erano lillà, genziane, violette e primule.

C’era un temperatura mite nell’aria e una leggera brezza faceva muovere le fronde degli alberi.

L’uomo, che indossava dei semplici pantaloni azzurro chiaro e una camicia bianca e che portava degli occhiali scuri, respirava lentamente, osservando quel giardino in fiore con una meravigliosa gioia nel cuore.

Era passata l’angoscia ed era passato il tormento.

Si sentiva finalmente in pace.

Per tanto tempo si era sentito in colpa per non protetto abbastanza i suoi amici, ma ora tutto questo era davvero passato.

Poteva pensare a se stesso, finalmente.

Non che avrebbe mai smesso di vegliare su di loro né sarebbe sfuggito di nuovo ai suoi doveri presso la sua famiglia, ma ora… ora aveva trovato il modo di poter fare tutte questo cose insieme.

Uno strano profumo gli arrivò alle narici.

Un profumo di rose.

Si voltò verso destra.

Erano rose, ma non erano bianche, erano rose rosa, le rose più profumate e quelle più durature.

Eppure lui continuava a preferire quelle bianche.

“Candy…”

 

Una piccola bambina, dai lunghi riccioli biondi piangeva su un prato.

“Sai piccola, sei più bella quando sorridi”

E lei aveva sorriso… il più bel sorriso che avesse mai visto, ma quel sorriso non era mai stato completamente suo.

 

Aveva vegliato su di lei, attendendo, attendendo, e poi c’era stato quel momento di sogno incredibile, in cui lei aveva accettato di sposarlo.

Perché lo amava… sì quello era vero, ma non come voleva lui.

Non si può stare insieme per gratitudine né perché si è amici da una vita.

Aveva sofferto quando lei era tornata da Terence?

No… l’amava troppo… non era riuscito ad essere triste.

La gioia negli occhi di lei e di lui.

Lui, il suo caro adorabile folle amico.

Sarebbero stati felici per sempre, lo sapeva.

E non li avrebbe mai più persi, nessuno dei due.

Terence lo aveva persino preso in giro su una sua eventuale ragazza.

No, per ora non c’era nessuna ragazza, nessuna.

Era troppo presto, troppo presto.

Ma un giorno sarebbe arrivata e anche lui sarebbe stato amato follemente e appassionatamente.

Passione, ossessione, amore.

 

Una ragazza dai lunghi capelli neri, dall’espressione dolce e simpatica, che portava un elegante paio di occhiali da vista, gli stava venendo incontro sorridendogli, ma lui non se ne accorse.

I suoi pensieri erano altrove e anche se ne fosse accorto, l’avrebbe scambiata per un’estranea.

“Albert… Albert!”

Il giovane si levò gli occhiali da sole, puntando i suoi occhi azzurri dentro quelli verdi della giovane.

“Patty?” balbettò confuso.

La ragazza annuì sorridendo e lo abbracciò.

“Ciao cara, come stai?”

“Bene… sì ora sto bene…”

“Ma che hai fatto?” mormorò sempre più incredulo osservando i vestiti della sua amica: non che indossasse nulla di speciale, era solo un abitino celeste, rigorosamente abbottonato fino al collo, ma… era quasi corto… era sopra le ginocchia e… ed erano pieno di fiori colorati. E il viso di lei… era pieno di luce…

“Beh… ecco… io… è difficile da spiegare…” balbettò Patty arrossendo vistosamente. “Ma posso presentarti il mio amico Colin?” aggiunse indicando un bel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi neri, che teneva per mano una bellissima bimba bionda.

“Ma certo..” fece il giovane Andrew sorridendole di nuovo e poi allungando prontamente la mano verso Colin, aggiunse “Piacere io sono Albert”

“Piacere mio, mi chiamo Colin Ford e questa è mia figlia Claudia..” replicò il ragazzo stringendogli la mano.

Albert voltò un secondo la testa verso Patty, che notandolo, arrossì ancora di più.

“Ehm… io insegno a sua figlia Claudia…”

“Certo, certo…” mormorò Albert sorridendole quasi ironicamente.

La giovane O’Brian impallidì stavolta.

“Sul serio” si affrettò a dire il giovane Ford.

“Ma certo, ci credo… piuttosto vi piace qui?”

“Certo, è favoloso, non pensavo si potesse trovare uno zoo così grande in zona… mia figlia adora gli animali”

“Anche io”

“Albert non fare il modestone, sappiamo che questo posto è tuo…”

“E’ suo?” balbettò Colin fissando incredulo il giovane che aveva di fronte: sapeva che lo zoo apparteneva alla nobile famiglia Andrew e Albert sembra tutto tranne che un “nobile”.

“Sei un Andrew?”

“Purtroppo sì… ognuno ha le sue disgrazie, ma ci sono anche i lati positivi ad avere tanti i soldi, ad esempio comprare uno zoo non certo ben tenuto e trasformarlo in un paradiso come questo”

“In effetti… lo è…” mormorò Colin incantato.

“Venite vi porto in un posto speciale… è un posto che ancora non è aperto al pubblico… sto cercando allestirlo meglio che posso”

I due ragazzi e la bambina lo seguirono nel boschetto, che man mano che proseguivano, si faceva sempre più fitto.

Quel posto pareva quasi immenso… quasi perché verso destra, in fondo al sentiero, si intravedeva un grosso recinto nero, alto quasi due metri.

“Dove ci stai portando?” mormorò incuriosito il ragazzo.

“Aspetta e vedrai” fece indicandogli il recinto, vicino al quale c’era una grande scala nera. “Dobbiamo salire là…” aggiunse indicando proprio la scala.

I giovani affrettarono il passo arrivando all’imponente costruzione e salirono sulla scalinata, che era fatto di legno spesso.

I gradini erano tantissimi e sembravano portare fino al cielo.

Una volta arrivati in cima, Colin, Patty e Claudia rimasero senza fiato.

Oltre il grosso recinto si potevano vedere diverse specie di animali e ognuno di loro poteva passeggiare liberamente in un habitat simile a quello proprio naturale.

“Come hai fatto?” balbettò Patty, sorridendo estasiata.

“Con l’aiuto di scienziati ed esperti sono riuscito a ricostruire in parte il loro habitat… “

“E’ fantastico… “ sussurrò la piccola Claudia “Gli animali sono tutti liberi”

“Sì, quasi…” fece Albert “Quasi”

“Beh, di sicuro stanno meglio che in un zoo normale” mormorò il giovane Ford, con gli occhi sempre fissi su quello strano e affascinante spettacolo.

Tigri e leoni liberi di correre vicino al centro di New York!

“O mamma io devo andare… ho visto adesso l’ora “ gridò all’improvviso Patty “Scusami Albert, ma mi sono ricordata che devo fare lezione tra poco alla cugina di Claudia”

“Non preoccuparti… su andiamo” e scesero velocemente tutti insieme l’enorme scalinata.

“Scusami, devo proprio andare” balbettò la giovane abbracciandolo di slancio.

“Vai cara, non preoccuparti”

“Ti accompagno Patty… e Albert… piacere di averti conosciuto e grazie per averci fatto vedere questo posto” fece Colin stringendo la mano di Albert

“Piacere mio… ciao Colin… ciao Patty… ciao Claudia”

“Ciao Albert!”

I due giovani e la piccola si allontanarono verso gli alberi, ma anche da quella distanza il giovane Andrew poté vedere la piccola Claudia stringere una mano di Colin e una di Patty.

 

Il ragazzo sorrise impercettibilmente, voltandosi di nuovo verso la scala.

Voleva salire su di nuovo per mettersi ad osservare il suo mondo.

“Posso disturbare il signor Andrew o è troppo impegnato con i suoi amici?” sussurrò una voce gentile alle spalle.

“Anche tu sei una mia amica” replicò il giovane girandosi di nuovo.

Riccioli castano chiaro… lunghi fino alle spalle… occhi di un grigio tenue e un viso particolare… difficile da descrivere…

Se non ricordava male una volta un critico aveva definito il suo ovale simile a quello di una Madonna del Raffaello.

“E poi dovrei essere io a chiederti se hai un po’ di tempo per me… sei di nuovo una celebrità.. la grande scrittrice e sceneggiatrice Susanna Marlowe”

Lei sorrise… un sorriso caldo e sereno..

Non l’aveva mai vista così bella.

E stava sorridendo a lui.

Era troppo presto, ma… ora… ora lei stava sorridendo solo a lui.

L’abbracciò, stringendola a sé.

“Cosa ti porta qui?”

“Ho scritto una nuova sceneggiatura e vorrei che la leggessi”

“Ma Susanna, io mica sono un critico”

“Lo so, ma il tuo parere conta più di tutti”

“La leggerò allora” mormorò sorridendole.

Un sorriso dolce e calmo.

Il sorriso del suo più caro amico.

Colui che le aveva detto che poteva fare qualsiasi cosa.

E non mentiva… lei era riuscita a fare quello voleva.

Ora non aveva più paura.

Grazie ad un angelo biondo che sorrideva solo a lei.

Sì, era troppo presto… ma sorrideva solo a lei.

 

 

Diverse ore più tardi, vicino alla Casa di Pony, poco sopra il lago Michigan, una giovane donna bionda passeggiava nei prati.

Il sole era ormai tramontato da un’ora, ma non faceva freddo, anzi c’era persino caldo, come se fosse già estate.

Per precauzione, però, la ragazza indossava, sopra alla semplice camicia da notte azzurra, un grosso scialle di lana color verde mare, regalo di nozze di Suor Maria.

In condizioni normali, sarebbe andata in giro solo con la camicia da notte, ma ora non si poteva certo  definire in condizioni normali, considerando il grosso ventre che le spuntava da sotto il seno.

Oltre allo scialle e alla camicia, non aveva voluto altro, non si era nemmeno legata i capelli, che ora le scivolavano liberi lungo la schiena, tenendogliela calda.

Non indossava nemmeno delle ciabatte o delle scarpe.

Era a piedi nudi, come nella sua spensierata e felice infanzia.

Aveva temuto di non poter più vivere un periodo come quello e in effetti, così era stato.

Ma ne erano venuti altri di periodi belli.

La vita era bella anche perché ogni suo anno è diverso dall’altro.

Anche se alcuni anni le erano sembrati tutti uguali, ora si rendeva conto che c’era sempre stato qualcosa di diverso e di speciale.

Alzò gli occhi al cielo… un cielo pieno di stelle e illuminato da una meravigliosa luna piena.

Tutto era pace… tutto era sereno.

Sarebbero tornate altre tempeste, lo sapeva.

E avrebbe avuto di nuovo paura.

Ma… poi… poi il sereno sarebbe tornato di nuovo.

Perché oltre alle sue mamme e i suoi amici, adesso c’era lui .

Un calore improvviso le avvolse il ventre.

Guardò in basso.

Due bellissime mani da pianista la stringevano dolcemente.

E un secondo dopo dei lunghi capelli setosi le fecero il solletico al viso.

“Allora è vero che dovrò sopportare altri Tarzan”

Lei si voltò, baciandogli dolcemente le labbra.

“E se anche fosse, ti dispiacerebbe?”

“Oh certo che no… sarei disposto a sopportare anche venti Tarzan…”

“E se invece fossero dei piccoli duca?”

Il giovane fece una smorfia, baciandole impercettibilmente il viso.

“Spero che il destino non sia così maligno con me”

“Chissà” sussurrò baciandogli il naso.

“Lo sai che secondo certi… come definirli… uhm… beh diciamo secondo certe persone… una donna in stato interessante non dovrebbe pensare a certe cose?”

“Quali cose, signor Terence?”

“Queste…” sussurrò leccandole il collo.

“Ah sì… e perché mai?”

“Beh a quanto pare, sarebbe peccato mortale indurre in tentazione una quasi mamma…”

“Che orrore… quindi andremo all’inferno…” replicò baciandogli il mento.

“Temo di sì…” mormorò fingendosi contrito.

“Ma senti…”

“Dimmi…”

“Secondo te, quante donne in stato interessante, hanno conosciuto queste… come definirle… persone?”

Terence sorrise prendendola in braccio e posandola sull’erba.

“Credo nessuna”

“E allora che ci vadano loro all’inferno…” mormorò catturandogli le labbra.

Passione, amore, dolcezza.

Le loro labbra unite…

Terence la spogliò lentamente, baciandole ogni lembo di pelle che liberava dai tessuti.

Candy gli strinse le spalle, attirandolo a sé, baciandolo, ancora e ancora.

Era così inebriante sentire i loro corpi che si univano.

Baciarsi… amarsi… essere uniti.

Solo questo contava.

Non avevano ancora comprato una casa per loro, ma non ne avevano bisogno, perché casa per loro significava stare insieme.

Passione, dolcezza, amore.

Su un prato, su un letto, su una barca.

C’erano loro e un universo palpitante di vita.

Perché la vita doveva essere piena di passione.

Sempre.

 

Fine.

   
 
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