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Autore: Nanyscia    29/09/2008    3 recensioni
Marc ha lasciato “Mode”, Amanda ha deciso di restarvi per rispetto alla memoria di sua madre. Non si sentono né parlano da giorni, ma qualcuno trama per riconciliarli. La chiave di tutto, un tazza di caffè bollente.. [Ambientata indicativamente subito dopo l'episodio 2.10 - "Ne resterà soltanto uno"]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Sono di proprietà della ABC e di Silvio Horta e di chiunque altro stia dietro alla serie. Questo racconto è stato scritto con fini di semplice divertimento e certo non di lucro. La canzone presente nella storia è “You’re my best friend” dei Queen.
 
Lo studio era in piena attività. Decine di assistenti, parrucchieri, truccatori schizzavano da una parte all’altra per cercare di accontentare questa o quella modella, per dire ad una di sbrigarsi, ad un'altra che no, la vodka sarebbe arrivata solo a servizio completato, o che se al Ringraziamento non avesse mangiato tutto quel tacchino forse sarebbe stata in grado di indossare quel top. E gli assistenti, parrucchieri, truccatori correndo da una parte all’altra pensavano a quando avrebbero finalmente potuto fermarsi un attimo, per bere un sorso d’acqua, mangiare un boccone, anche solo respirare. Non avevano il coraggio di considerare il fatto che finché tutti i servizi non sarebbero stati completati, finché il nuovo numero di Mode non sarebbe arrivato in tipografia (considerato che il precedente aveva rischiato di non vedere la luce) no, non avrebbero potuto nemmeno respirare.
 
L’unico a non mostrare sintomi da isteria pre-uscita era il fotografo che stava realizzando il servizio. Cliff se ne stava placido al centro dello studio con la sua bella macchina cercando di far sorridere la povera ragazza che stava posando in quel momento, anche se la ragazza (tipica bellezza dell’est) aveva l’aria di non capire neanche una parola di quel che il ragazzo le diceva.
 
“Caffè?”
 
Betty  Suarez, la simpatica, tenace, testarda, particolare assistente di Daniel Meade (Marc gli aveva parlato non poco di lei – certo, quel simpatica era una considerazione di Cliff) si era presentata con una tazza di caffè fumante in mano, e glielo stava offrendo.
 
“Sì, grazie mille. Tu sei Betty giusto? Ti ho riconosciuto dai capelli. Marc ha ancora la parrucca, e il poncho. A proposito, bella città Guadalajara.”
Betty era arrossita visibilmente “Ma conserva ancora quella roba?” aveva borbottato sottovoce. “Sì, comunque sono io.” Disse subito dopo per dimenticare quel imbarazzante episodio “E’ un piacere conoscerti. I tuoi servizi sono sempre tra i più belli di quelli pubblicati da Mode.”
 
“Qualcuno mi ha ordinato di portarti questo.”
 
Anche Amanda si era avvicinata a lui con un tazza di caffè fumante, anche se glielo aveva porto con molta meno grazia rispetto a Betty. A dir la verità, ci mancò poco che non glielo versasse addosso.
 
“Ma se due minuti fa quando ti ho chiesto di portarglielo mi hai risposto che dovevi finire di farti la manicure?”
 
“L’ho finita.”
 
“Grazie Mandy, un caffè in più non si rifiuta mai. E’ un bel po’ che non ci si vede.. tu e Marc l’altra sera non dovevate andare…”
 
Fu un attimo. Il caffè, che si trovava ancora in mano ad Amanda, si ritrovò tutto sulla t-shirt di Cliff.
 
“Primo, so perfettamente che lo avrai accompagnato tu. Secondo, salutamelo, e auguragli da parte mia che il prossimo compito che gli affiderà il suo capo sia quello del portaspilli. E terzo” si mise a trafficare con il colletto bagnato del ragazzo, abbassando il tono di voce, fino quasi a sibilare “non azzardarti più a chiamarmi Mandy. Mai più.” La presa sul colletto si fece di tutt’altro genere “Chiaro?”
 
“Uhm, credo di sì”. Nonostante il caffè bollente sul petto, Cliff aveva risposto con lo stesso tono amichevole e disponibile di prima. Anzi, Betty era pronta a giurare di averlo visto addirittura sorridere.
 
Amanda se ne andò, improvvisamente come era apparsa. A dire il vero, senza più l’impiccio del caffè bollente in mano, aveva potuto correre via e sparire prima che Betty (e le restanti cinquantasei persone presenti nello studio) avessero potuto anche solo rimanere a bocca aperta.
“Oh mio Dio, cosa ho fatto! E’ tutta colpa mia.. non dovevo prendermi tutte quelle caramelle.. è che le ho viste lì a terra, non pensavo fossero sue.. e ora è impazzita! .. Perché stai ridendo scusa?”
 
Cliff in effetti era scoppiato a ridere. Sorprendete come si possa resistere così a lungo al dolore da ustione.
 
“Non penso che lo scatto di Amanda abbia a che fare con la sparizione delle sue caramelle. Piuttosto, deve averla colpita l’accenno alla sua uscita con Marc.”
 
“Beh, lui ha lasciato Mode, ma ero convinta che fuori di qui avessero continuato a mantenere la loro amicizia. O rapporto di mutuo soccorso. O da complici nel reato.. Seriamente, credo che una buona parte dei loro complotti qui dentro sia perseguibile penalmente in buona parte degli Stati uniti...”
 
“Non è stato così, a quanto pare” Cliff era tornato serio, e cominciava a sentire sulla pelle il caffè bollente (A prova di ciò era il suo colorito, passato da un salutare rosa ad un inquietante paonazzo) “Non che abbiano litigato. Niente grida, niente pianti, niente schiaffi, niente porte sbattute, niente di niente. Semplicemente, non si sono più parlati. Marc si rifiuta di parlarne, e anche Amanda, come hai potuto vedere tu stessa…” Il paonazzo si stava intensificando, raggiungendo tonalità che Betty non pensava una persona potesse assumere.  
 
“Ah.. e ieri sera dove avrebbero dovuto andare?” Betty si sentiva stranamente curiosa.
 
“Oh, ieri era il loro Licenzianno. Credo volessero festeggiarlo andando a vedere qualche musical, o roba simile.”
 
“Ieri era il loro cosa?”
 
Licenzianno. Da quel che ho capito, è l’anniversario del giorno in cui hanno fatto licenziare per la prima volta insieme qualcuno. Un inserviente alla mensa, se non ricordo male.”
 
“Oh. Dovevo immaginarmi che si trattava di qualcosa del genere.. Ehm, vuoi che ti cerchi una camicia pulita?”
 
“Uh.. oh” Ora non poteva più negare l’evidenza “Sì, grazie”
 
E corse nel bagno degli uomini a togliersi di dosso quello strumento di tortura.
 
***

Come è facile immaginare, dopo la sua scenata nello studio fotografico Amanda era corsa nell’unico luogo dove ultimamente si sentisse a suo agio, e in un certo qual modo, addirittura al sicuro: le Segrete dell’Amore. Quelle erano state il rifugio segreto di sua madre per tanti anni, e ora – quasi a seguito di una naturale eredità – lo erano diventate per lei. (Naturalmente ignorava che ormai erano diventate tali anche per metà del personale che lavorava a Mode: era convinta che oltre a lei ne fossero a conoscenza solo Marc e Christina, e invece il primo ci aveva condotto Wilhemina per recuperare il testamento perduto del vecchio Meade, la seconda l’aveva mostrata addirittura ad altre due persone, suo marito e Betty – e a Stuart si era premurata di mostrare ogni confort della stanza segreta.)

 
L’andarci piangendo però comportava sempre una conseguenza ben precisa: dimentica di ogni precauzione, Amanda si lanciava lungo le scale a capofitto, e così era quasi sempre notata da Christina, sul cui guardaroba si apriva l’entrata alla (ex) stanza segreta delle Sommers.
 
Anche stavolta fu così, e prima che la ragazza si rendesse conto che forse sarebbe stato più prudente chiudere la porta d’ingresso, Christina era già entrata, provvedendo lei stessa chiuderla.
 
Accortasi della cosa, Amanda ritornò all’angolo dove si era rannicchiata inizialmente. Halston stava lì vicino, interrompendo di tanto in tanto l’ispezione quotidiana del luogo per andare a leccare una gamba o un braccio della padrona in segno di commiserazione.
 
“Non vorrei sembrare ripetitiva, che ci fai qui? Non dovresti essere alla tua scrivania, a fingere di accogliere corrieri e modelle?”
 
“Non vorrei sembrare ripetitiva, che non si vede?” In effetti gli occhi tanto rossi da lasciare ben poco all’immaginazione. Accanto a lei, una quantità enorme di carte di caramelle. E di cioccolatini. E di ciambelle. E di bagel.
 
“Ok, stai piangendo.. e hai cercato di provocarti un infarto per eccesso di colesterolo. Cos’è successo stavolta, hai scoperto che il tuo paparino che tanto vai cercando è in realtà un pericoloso serial killer ricercato dalle polizie di mezzo mondo?”
“Sì, certo, magari.” (Christina aveva aggrottato un sopraciglio) “Beh, almeno lo avrei trovato no? Comunque non è questo.” Smise un attimo di parlare, accarezzò Halston, si mise a sedere più comodamente. “A quest’ ora avrai certamente sentito cosa è successo nello studio fotografico..”
 
“Veramente no.” Christina ci pensò su un momento, poi esclamò “Oh mio Dio, hai fatto qualcosa a Betty? Guarda che noi scozzesi possiamo essere molto sgradevoli, se ci arrabbiamo!”
 
“No, la regina dei conigli sta bene. Ho solo versato del caffè bollente addosso a Cliff”
 
“Chi, il fotografo? Quello simpatico che regala caramelle dietetiche alle modelle? Oh Amanda, non puoi gettare caffè bollente addosso a tutte le persone che non si comportano da nevrotici! Aspetta.. e stai piangendo per questo? Per un’azione di ordinaria amministrazione?”
 
“No!” Amanda alzò gli occhi, poi li portò sul fidato Halston, poi di nuovo su Christina. “E’ solo che si è presentato stamattina, tutto contento come una pasqua, e poi si è messo a parlare di ieri sera e tutto quanto.. e non ci ho visto più. Mi manca, maledizione!” E ricominciò a singhiozzare copiosamente.
 
“Chi, Cliff?”
 
“No!” rispose ancora, stavolta con tono esasperato. Halston intanto guardava Christina con uno sguardo che lei stessa avrebbe azzardato essere quasi di biasimo.
 
“Ok, non lui. E allora che centra? Vediamo.. è il fotografo.. però l’ho visto anche davanti l’ufficio di Wilhemina.. portava un sacchetto del pranzo.. e parlava con Marc.. poi prima di andarsene Marc lo ha tirato in un angolo.. lo ha baciato, e poi Cliff se ne è andato.. l’ha baciato! Cliff esce con Marc! Quindi se il ragazzo che ti manca non è Cliff.. deve essere per forza Marc!”
 
Nonostante ci avesse azzeccato, Amanda non rispose nulla. Solo Halston la degnò di un guaito di approvazione.
 
“Sai che vuol dire per me che lui se ne sia andato? Niente più pettegolezzi, furti nel guardaroba (a questo punto Christina aveva lanciato uno sguardo carico di sdegno) – ehi che hai da guardare, come se non lo sapessi..”
 
“Continua..”
 
“.. e poi niente più scherzi a Betty, o al suo contabile, o a te (Christina l’aveva di nuovo guardata male) e poi..”
Qui si interruppe, e tornò a portare lo sguardo sul cagnolino “E poi mi aveva detto che non ero sola, perché c’era lui. Che mi avrebbe aiutato a trovare mio padre.”

”E ora?”

 
“E ora non c’è.” E lei era di nuovo sola. Ma non lo disse ad alta voce, semplicemente si limitò a prendere in braccio Halston, e si mise ad accarezzarlo. Forse almeno lui le sarebbe rimasto vicino. O forse neanche lui. (Ma che aiuto può dare, un cane?)
 
*** 
 
“E’ stato un attimo e, tac! Sono diventato un biscottino al caffè” Marc sorrise. Era qualcosa che ci si poteva aspettare da Amanda.  “Puoi immaginarti poi cosa ha dovuto passare Betty per trovare una camicia della mia taglia lì dentro..”
 
“Non e' il tuo tipo? Sembra che se lo sia mangiato il tuo tipo” Quel commento di Cliff gli aveva fatto tornare in mente la prima reazione di Mandy la prima volta che aveva visto il suo ragazzo. Non era stata tra le reazioni più entusiasmate in effetti.. certamente non pensava sarebbe arrivata a cercare di ustionarlo. (Comunque, il pensiero del caffè caldo gli fu di sollievo in quel momento. Stavano infatti sulla Fifth Avenue, dove Cliff aveva raggiunto Marc con il pranzo intercettandolo mentre quello faceva commissioni a Wilhemina, e in Dicembre il clima di New York poteva essere davvero sgradevole – simpatica parafrasi per dire che c’erano due gradi o giù di lì.)
 
“Eppure mi sembrava alla fine ti avesse accettato..”
 
“Sì, ricordiamo tutti il suo accorato appello al matrimonio di Wilhemina..”  Quel Cliff urlato a squarciagola gli faceva ancora male ai timpani. “Comunque non credo che il caffè fosse diretto a me.”
 
“Dici che ha sbagliato mira?”
 
“No, non dicevo in quel senso. Penso solo che sebbene abbia colpito me, in realtà volesse colpire te”.
 
“Eh?”
 
“Ecco, il caffè è arrivato sulla mia camicia quando ho accennato al vostro Licenzianno..”
 
“Tu cosa? Non ho intenzione di diventare vedovo così prematuramente.”
 
“Ci siamo trasferiti ad Amestardam e non me ne sono accorto?”
 
“Uhm, no . Il punto non è questo” Marc si fermò all’improvviso (rischiando di far cadere a terra la spesa di Wilhemina e il proprio pranzo) “il cielo solo sa quanto ci sarà rimasta male per ieri sera.. ah, cambiamo discorso, che è meglio.” E riprese a camminare.
 
“Ferma cowboy” Cliff era rimasto fermo dov’era. “La smetti di rimandare e mi fai capire come stanno veramente le cose o devo continuare a scoprirlo da solo?”
 
“Non c’è proprio nulla da capire.”
 
“Oh, e invece sì. Lasci Mode, ma lavori dieci volte tanto, un lavoro dal quale sei talmente preso da non trovare neanche il tempo per festeggiare con la tua migliore amica.. ah, e poi ti sei praticamente trasferito a casa del tuo capo!”
 
Marc non rispose nulla. Cliff aveva colpito nel segno.
 
“Non è vero che mi sono trasferito da lei..”
 
“Dove hai dormito stanotte? Da quando tempo non dai da mangiare a Schmoopy? Ma soprattutto, dov’è Schmoopy?
 
“A casa, supp.. Oh mio Dio, è fuggito? E’ stato rapito?”
 
“Sì,” Marc strabuzzò gli occhi “da me. Quel poveretto stava morendo di fame.”
 
“Ok, ho capito l’antifona. Promesso, cercherò di liberarmi un po’. Promesso davvero” aggiunse, quando si accorse che Cliff lo guardava con aria scettica.
 
“E chiamerai anche Amanda per chiederle scusa?”
 
Gli occhioni dolci non erano bastati a chiudere il discorso.
 
“Io?”
 
“Mi pare che tu l’abbia bidonata ieri sera..”
 
“Non sono stato io il primo.”
 
“Oh giusto. C’è stata prima lei a mollarti per Mode.”
 
“Ecco, sì.” Si guardò un attimo in giro, diede un morso al sandwich ormai semi congelato, poi riprese “Senti, è andata come è andata. Ognuno è andato per la propria strada. Alla fine, non eravamo che due persone che lavoravano nello stesso posto.”
 
Ma non apparve tanto sicuro di quel che aveva appena detto.  
 
*** 
 
Nick Pepper si considerava un ottimo assistente. Da quando lavorava per Alexis Meade questa non aveva mai perso una chiamata, un appuntamento, un appunto, una lettera e il suo bagel mattutino si era sempre materializzato puntuale sulla scrivania. Nick sarebbe presto arrivato dove voleva, bastava solo continuare così. Una volta aveva parlato delle sue ambizioni a Daniel Meade, e quello gli aveva assicurato che con le conoscenze (femminili) e le cravatte giuste, le avrebbe realizzate presto. Di cravatte nuove ne aveva comprate. Quanto alle donne però, all’attivo in quei giorni aveva solo lo “scontro” con Amanda durante la battaglia a paintball, e una centralinista lunatica certo non avrebbe dato grande impulso alla sua carriera – al massimo solo qualche ustione su collo e petto. (Ormai il racconto sulla triste sorte della camicia nuova di Cliff aveva fatto il giro della redazione.)
 
Approfittando del fatto che il bagno degli uomini fosse vuoto, rimase qualche istante di più a guardarsi allo specchio, per cercare di vedere quanto risaltava il suo neo, se la lampada del giorno prima si notava sulla sua pelle, se la cravatta – e quella era fondamentale – gli stava bene..
 
“La cravatta ti sta benissimo, se è questo che ti stai chiedendo”
 
Nick Pepper si voltò di scatto, e si ritrovò di fronte a un enorme ragazzone dal grande sorriso. E con il collo ancora arrossato.
 
“Ci conosciamo?” chiese, ma consapevole di aver averlo già visto da qualche parte.
 
“Oh no, non penso. Cliff St. James, sto realizzando un servizio per il prossimo numero. Tu sei Nick Pepper, l’assistente di Alexis Meade, dico bene?”
 
“Sì.. sono io”. Continuava a fissarlo in modo sospettoso. Cosa voleva quel bisteccone col collo rosso da lui? “Qualche problema?”
 
“Oh sì. Cioè, no. Non per noi almeno. Non direttamente, voglio dire.”
 
“Eh?” Nick ci capiva sempre meno. “Ma cosa.. ci stai provando con me?”
 
“Prego? Oh no no no.. in che strano modo pensi cerchino approcci i gay?”   
 
“Non ne ho idea, e non sono sicuro di volerlo sapere.” Nick era scattato, si era irrigidito, aveva cominciato a sudare. “Se non è questo, che cosa vuoi da me?”
 
“Giusto. Immagino che tu abbia saputo quel che è successo stamattina nello studio.”
 
“Uhm.. aspetta” gli occhi tornarono sulla vistosa macchia rossa sul collo dell’altro “Tu sei quello che Amanda ha inzuppato di caffè?”
 
“Confermo. Ed è proprio per questo che ho bisogno di parlarti.”
 
A questo punto non sapeva più se sperare di riuscire a capirci qualcosa “La cosa dovrebbe interessarmi perché..?”
 
“Perché esci con Amanda. O sei uscito con lei. O ci uscirai, non lo so.. il punto è che potresti aiutarmi.”
 
Per tutto il tempo Cliff non aveva smesso di guardarlo come fosse stato la persona più importante al mondo. Sicuri che non ci stesse provando con lui?
 
“Ehm, mi sa che sei un po’ confuso a riguardo. Io non sono mai uscito con lei, non ci esco, e probabilmente non ci uscirò mai. E in ogni caso non capisco come questo possa avere a che fare con te.”
 
“Se non c’è niente perché prima stavi cercando di farle arrivare un mazzo di fiori? Ah, la prossima volta, prova con delle rose, di quelle belle rosse.. qualcuno mi ha detto che il rosso intenso è il suo colore preferito.”
 
Nick aveva aggrottato un sopracciglio “E tu come lo sai? Aspetta, non me lo dire. Credo di aver capire.. sei il suo nuovo amichetto gay, sbaglio? Fuori uno, dentro l’altro..” e sull’ultima parte di frase assunse un tono particolarmente allusorio.
 
“Molto divertente, sì. La condizione del mio collo ti dovrebbe aver già risposto.. ah, nel caso te lo stia chiedendo, io sono il ragazzo di Marc. E’ di loro due che si tratta.”
 
“Cosa?”
 
“Mi aiuteresti a fare in modo di farli riappacificare?”
 
“Veramente non sapevo neanche avessero litigato.”
 
“Non importa. Mi aiuterai o no?”
 
“Mi darai altre dritte?”
 
“Potrai chiederle direttamente a chi la conosce meglio.”
 
Nick fissò Cliff per un po’. Magari poteva davvero guadagnarci qualcosa. C’era rimasto solo un po’ male che il bisteccone aveva capito prima di lui che la centralinista lunatica tutto sommato gli piaceva.
 
“Va bene. Cosa devo fare?”
 
Nick Pepper si considerava un ottimo assistente. E non solo per il suo capo.
 
***

“Mi rispieghi come mai ho accettato di venire?”
 
Scendendo dal taxi, e alzando gli occhi all’insegna del locale, Amanda non aveva potuto fare a meno di chiederlo di nuovo (Nonostante fosse la dodicesima volta solo da quando avevano svoltato l’angolo). La taverna del vecchio ubriacone non le infondeva molta fiducia, ecco.
 
“Perché oggi pomeriggio ti ha chiamato la banca per informarti che avevi superato il limite massimo di spesa della carta di credito, ed io sto per offrirti la cena”.
Ma non aggiunse che anche lui quel pomeriggio aveva ricevuto una comunicazione analoga dalla sua banca, e che la cena di entrambi sarebbe stata pagata da altri. (Quali ottimi argomenti era ancora riuscito a trovare Cliff!)
 
Si sentì un po’ meglio quando una volta entrata si accorse che la clientela non era composta da vecchi marinai ubriachi in licenza come poteva suggerire il nome del locale, e quasi fu contenta quando avvistò un palco per il karaoke.
 
“St. Paul, tavolo per quattro” sentì dire da Nick a uno dei camerieri.
 
“Perché per quattro? E quel St. Paul cos’è, un nome di copertura per posti dal nome equivoco come questo?”
 
Ma Nick non fece in tempo a risponderle, dal momento che gli altri due invitati erano appena entrati nella Taverna. Amanda ci impiegò circa trenta secondi per vedere Marc, vedere Cliff, capire l’inganno e puntare alla porta.
 
“E la cena?” gridò Nick, in un disperato tentativo di salvare la situazione.
 
“Mi sono ricordata di avere da parte un’altra carta di credito” e sparì dietro la porta scorrevole.
 
“Me lo spieghi tu cosa ci fanno Amanda e Pepper qui o ci devo arrivare da solo?”
 
“Dico che invece di fare domande ovvie potresti andarle dietro e dare un senso a questa serata.. Marc?”
 
Gli aveva dato retta.
 
***
 
“Amanda aspetta! .. Ahia!” Maledette porte girevoli. Marc stava tentando di raggiungerla, nonostante lei non avesse nessuna intenzione di lasciarsi acchiappare.
Da quando l’inseguimento aveva avuto inizio aveva già fatto in modo di mettere tra di loro un gruppo di turisti giapponesi, tre corpulenti ragazzoni dall’aria ben poco amichevole, quattro piante ad altezza d’uomo, e per l’appunto, la porta girevole. Quando arrivarono il ragazzo aveva così male al naso e all’alluce destro da non fare neanche caso al fatto di essere uscito senza soprabito (E sì, la temperatura era ulteriormente scesa rispetto all’ora di pranzo).
 
“Che vuoi?”
 
Si era fermata finalmente e, senza nessun altra ferita a cui dare priorità, mostrava di sentire perfettamente il freddo pungente di quella sera.
 
“Parlare. Solo parlare.” Marc la raggiunse e si fermò accanto a lei.
 
“E di cosa?”
 
“Non lo so, ma un buon argomento potrebbe essere il perché appena mi hai visto sei schizzata fuori dal locale e hai tentato in tutti i modi di seminarmi – e ferirmi.” L’alluce lanciò una fitta di dolore in accordo a quanto detto.
 
“Non mi va di parlarti.”
 
“E perché?”
 
“Sono arrabbiata.”
 
“Lo avevo intuito.. è per ieri sera?”
 
“No. O almeno, non solo per quello.” Amanda rabbrividì. Quando aveva scelto quell’ abito non aveva previsto che le spalle scoperte avrebbero potuto costituire un problema.
 
“Perché te ne sei andato?”
 
“E tu perché sei rimasta?”
 
“Pensavo avessimo già chiarito questo punto.”
 
“Oh sì certo, per tua madre. Lei però non si è fatta troppi problemi a lasciarti, mi pare.”
 
Aveva capito di aver esagerato prima ancora di finire la frase, e la conferma era arrivata da Amanda, che si era voltata in un colpo e avviata a passo veloce, lanciando i tacchi in un epica sfida contro il sottile strato di ghiaccio.  Marc si morse la lingua.
 
“Uh, non volevo dirlo, davvero!” gridò Marc nella sua direzione “Davvero, non volevo! Cosa posso fare per farmi perdonare?”
 
Lei si fermò di scatto, si voltò e torno alla carica verso di lui. Marc indietreggiò di qualche passo: quando aveva quell’ andatura non era mai un buon segno.
 
“Devi solo stare fermo dove sei!”
 
E difatti non appena fu alla distanza giusta lo colpì con un ceffone.
 
“Questo è per mia madre” Marc provò a indietreggiare ancora per sfuggire al secondo, invano “Questo è per aver fatto saltare la serata ieri”. Il terzo stava per schivarlo, ma si rese conto che in fondo lo meritava, così incassò anche quello “E questo è per avermi lasciato sola.”
 
Si era fermata. Marc vide chiaramente che aveva gli occhi lucidi.
 
“Oh, tesoro.” L’abbracciò, le asciugò le lacrime che stavano cominciando a cadere “Mi dispiace tanto.  Facciamo così, il nostro Licenzianno lo festeggiamo stasera, ti va?” Amanda annuì piano “E per il resto.. farò in modo di venirti a trovare a Mode, ok? Non ti lascio più da sola..”
 
“Ne sei sicuro?” Amanda si era staccata improvvisamente da lui, e aveva indietreggiato di qualche passo. “Chi mi dice che poi non scompari di nuovo?”
 
“Beh, nessuno. Ma puoi sempre contare sul fatto che continuerò a tornare da te, ogni volta.”
 
Marc si rese conto che gli serviva quanto prima un argomento convincente. Velocemente, prima che Amanda gli sfuggisse ancora. Fece la prima cosa che gli venne in mente.
 
Ooo. you make me live
whatever this world can give to me
It's you, you're all I see
Ooo, you make me live now honey
Ooo, you make me live
You're the best friend
that I ever had
I've been with you such a long time
You're my sunshine

 
S’era messo a cantare. Quale miglior modo per comunicare? Non ricordava neanche di saperla quella canzone. Gli era venuta in mente all’improvviso, ed era apparsa così brillantemente adatta allo scopo. La parte migliore del tutto comunque stava nel fatto che, dopo l’iniziale titubanza, a un certo punto aveva cominciato a cantare anche Amanda.
 
And I want you to know
That my feelings are true
I really love you.

 
Erano rientrati, erano saliti sul palco. Non potevano certo privare un così gentile pubblico del loro straordinario talento, no? Improvvisamente si erano ritrovati con giorni e giorni di complicità da recuperare, e l’occasione si era presentata come perfetta per lo scopo.
 
“Certo che però eri messa davvero male. Insomma, Pepper!”
 
“Ehi, io non ho mai detto niente su Cliff!”
 
“Com’è che dicevi.. oh sì .. sembra che si sia mangiato..
 
“Oh, come vuoi!”
 
Ooo, you make me live
I've been wandering round
But I still come back to you.
  
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