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Autore: Chihaar    13/09/2014    0 recensioni
Non vedete questa serie di racconti come una storia che fila dritta, vedetela più come una serie di aneddoti di questo personaggio, Albert Murphy, della sua vita, dei suoi colleghi, del suo lavoro. Una persona normale che cerca di sopravvivere in mezzo a ciò che normale faremmo fatica a definirlo. Ma anche "normale", alla fine, è solo un punto di vista.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Johnson lo guardò per qualche istante mentre si avvicina alla macchina, ancora con un piede dentro, sporto da sopra i tettuccio dell’abitacolo.
“Ne sei sicuro?”
“Credimi, devono essere là per forza. La Dottoressa è l’ultima persona che li ha visti e non si sa nulla da due giorni.”
Murphy salì sull’auto e chiuse la portiera. Johnson lo seguì e rimise in moto il veicolo indirizzandolo per la periferia, dove si trovava l’abitazione della Dottoressa Clark. Le luci dei lampioni si riflettevano sui finestrini illuminando il volto apatico e concentrato di Murphy mentre Johnson si accendeva una sigaretta.
“Quelle cose ti uccideranno.”
“Meglio questo che altro.”
“Che scopo ha?”
“Fumare?”
“Sì.”
“È un vizio. Dopo un po’ non ha più uno scopo. Preferisco decidere io di cosa morire, invece di lasciarlo al caso o al destino.”
“Non esistono. Sono solo ipotesi.”
“Vedila come vuoi, io non smetto certo perché me lo dici tu.”
Murphy sospirò e abbassò anche il suo di finestrino, di poco, giusto per evitare di dover sentire l’odore della sigaretta. Gli piaceva l’odore umido della notte, quel misto di benzina bruciata, fango e spazzatura che pervadeva l’aria e impregnava ogni cosa. Gli ricordava il suo primo appartamento, un buco in uno di quei palazzi anonimi costruiti negli anni ’80. Brutto, angusto, con problemi di ogni tipo, ma in quel periodo, quando era un semplice agente, era accogliente quanto bastava per dormire la notte e lasciare fuori tutto l’orrore umano che doveva scodellarsi ogni giorno, avendo a che fare con quanto di più basso e putrido la società volesse sputargli in faccia.
“Eccoci, siamo arrivati. Non si torna indietro.”
“Già. Vieni o no?”
“No, ti aspetto in macchina. Lo sai che quella donna mi mette i brividi. I suoi occhi sono come dei blocchi di ghiaccio.”
“Bah, paranoie tue. Non ti fanno bene se dai retta a me.”
Murphy scese dalla macchina e salì quei quattro gradini che separavano la strada dalla porta con un salto. Suonò il campanello e si guardò intorno in attesa. La porta si aprì lentamente, per fare in modo che chi fosse dentro potesse richiuderla in caso di visitatori indesiderati.
“Albert? È quasi mezzanotte, che ci fai qui?”
“Buonasera Dottoressa Clark, dovrei farle un paio di domande, posso entrare?”
“Certo, entra pure.”
La donna fece un passo indietro in modo da far entrare l’uomo e richiuse la porta.
“Sei qui da solo?”
“No, Johnson è in macchina. Saltiamo i convenevoli. Scott e Mason sono spariti da due giorni, si dice che lei sia l’ultima ad averli visti. Può spiegarmi perché?”
“Ah, quello… sono qui, entrambi. Seguimi.”
A quelle parole un presentimento obbligò Murphy a slacciare la fondina della pistola. La donna aprì una porta che dava sull’atrio e accese la luce sulla scala che dava in cantina.
- Se sono morti, le sparo in una gamba e poi chiamo Johnson. - pensò lucido Murphy.
Discesero tutta la scala in legno e quando furono di fronte ad una seconda porta, sul pianerottolo, la donna fece un cenno con la mano per invitare l’investigatore a procedere prima di lei, ma Murphy scosse la testa, rendendo ben visibile la mano sul calcio della pistola. La Dottoressa allora scosse le spalle e aprì la porta.
Scott e Mason erano lì, seduti ad un tavolino, con il posacenere pieno, una sigaretta accesa in una mano e un bicchiere di rhum nell’altra, sudati, con l’aria di chi non dorme per il terrore stesso di dormire.
“Che cosa..?”
“Sono così da quando li ho trovati, tre giorni fa.”
“Che gli è successo?”
“Hanno toccato quella sfera.”
Dietro di loro, su di un tavolo, c’era un oggetto sferico coperto da un lenzuolo che emanava una luce giallognola prima e azzurrina poi continuando questo ciclo. Murphy estrasse la pistola e si avvicinò con circospezione, passando davanti ai due uomini che non distolsero lo sguardo dai loro bicchieri. Quando fu sufficientemente vicino, con un movimento rapido, afferrò il lenzuolo e lo gettò a terra, rivelando una sfera trasparente, come quelle dei chiromanti ma che irradiava luce propria. Non era certo se puntargli la pistola o meno, per cui la ripose.
“Cos’è?”
“Ti mostra il momento della tua morte, ma ti toglie tutte le speranze che hai.” disse Scott prima di scoppiare in lacrime, seguito da Mason.
“Balle! Non esiste nulla del genere!”
Murphy fece per toccarla ma si arrestò.
“Perché loro sono qui?”
“Sto cercando di curarli, di capire come invertire il processo.”
“Capisco.”
Murphy si tolse il cappello, e lo posò di fianco alla sfera, dopodiché protese le mani ai lati per toccarla.
“Albert, no!” esclamò la donna, invano.

Johnson era appoggiato al cofano dell’automobile ed estraeva l’ultima sigaretta dal pacchetto. Le altre diciannove erano ai suoi piedi. Era l’una di notte. Si udì uno sparo. Johnson gettò la sigaretta e scattò verso la porta ma questa si aprì.
Murphy uscì dalla casa rimettendosi il cappello, seguito fino alla porta dalla Dottoressa, la quale sembrava sotto shock, occhi sbarrati, bocca aperta e passo ciondolante. Per un secondo Johnson attese di vedere quale parte del corpo avrebbe grondato sangue. Ma non c’era sangue.
“Ci vediamo Dottoressa. Si prenda cura di quei due disgraziati.”
“S-sì. Buonanotte.”
Murphy scese i gradini e guardò il cielo, strizzando gli occhi per colpa della luce di un lampione vicino.
“Allora?” domandò Johnson.
“Sono lì, non stanno tanto bene, la dottoressa li sta curando.”
“Ok, ma lo sparo?”
“Sono stato io.”
Murphy raccontò a Johnson ogni cosa.
“Non credo a una sola parola, ma ammettendo che sia vero, perché con te non ha funzionato?”
“Ha funzionato. Ho vissuto in 20 minuti l’ultimo giorno della mi vita vedendo come morirò.”
“E perché non sei ridotto come Scott o Mason?”
“Amico mio, io ho abbandonato la speranza molto tempo fa, quando mio fratello è stato ucciso il giorno delle sue nozze.”
“Non puoi essere diventato così cinico!”
“Eppure sono qui. E non voglio restarci un minuto di più. Andiamo ho fame.”
“Non credo ci siano locali aperti.”
“Che mi dici della paninoteca dietro al vecchio bowling?”
“Possiamo provare ma non ci conterei.”
“Se fosse aperta, avrei proprio voglia di un panino. Lo spero proprio.”
   
 
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