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Autore: kiki96    13/09/2014    0 recensioni
Mio padre diceva sempre: «La cosa importante, Emily, è divertirsi con cautela»
Sapendo a cosa si riferiva, mi trovavo d’accordo con ogni sua parola pronunciata. E mio padre era uno tra i primi a divertirsi: come rideva quando vedeva cosa facevano le sue armi, quando incontrava i loro occhi imploranti… e così facevo anche io. Ogni volta, in piena caccia, mi sentivo l’adrenalina scorrere nelle vene, ogni mio movimento era calcolato nei minimi dettagli per colpire il bersaglio. E non sbagliavo mai.
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La storia parla di zombie... più o meno. A volte nasce la necessità di chiederci se quello che facciamo sia giusto o no perciò ecco qui una visione contraria di ciò che si pensa sempre. questa storia l'avevo scritta per un contest e mi sono divertita... anche se il creatore del contest non ha mai risposto... ._. Buona lettura ;)
K.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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2. La caccia 
 
Non posso crederci! Non posso davvero cederci” rimproverai me stessa col pensiero “Ma perché diavolo sono andata con questo pazzoide?
Guardai fuori dal finestrino il paesaggio cercando di ignorare il puzzo di sigarette e formaggio andato a male della jeep. Fuori passavano alberi altissimi, le liane verdi si legavano ai rami formando mille e più ragnatele nel cielo azzurro, l’erba era alta almeno fino agli specchietti dell’auto. A malapena passavano i raggi del sole tra quella fitta rete naturale.
«Mi dispiace deluderti dolcezza, ma qui si fa come dico io» proclamò Bob.
«Non mi sembri uno che non faccia a modo suo» commentai sarcastica.
Lui si voltò e mi sorrise con quei denti storti e gialli: «Esatto. Vedo che impari in fretta, principessa»
«Bobby caro» mi protesi verso di lui e sorrisi sardonica «Se mi chiami ancora principessa giuro che ti stacco la testa, come faccio con loro, e poi ci gioco a calcio»
«Sei un amore. Credo che tu abbia terrorizzato a morte Luke» buttò la sigaretta dal finestrino e ne accese subito un’altra.
“Spero crepi di cancro ai polmoni” pensai mentre mi voltavo verso il ragazzo più giovane.
Luke era seduto dietro di me e teneva le gambe aperte perché erano troppo lunghe e non ci entravano nel sedile posteriore. Il solo averlo dietro mi fece rabbrividire.
Lo odiavo.
Quando i nostri occhi si incontrarono lui li abbassò subito. Forse lo avevo davvero spaventato, in fondo il ragazzo era uno di quelli lì.
Ecco bravo, non osare guardarmi e tieniti al tuo posto” pensai con disgusto.
«Sai» iniziò Bob «Io penso che gli uomini come te e tuo padre meritano qualcosa di speciale…»
«Cosa intendi dire?» feci uno scatto all’improvviso con la testa per guardare meglio quell’uomo puzzolente.
«Bhè, gente della vostra…risma, ha un destino giusto» mi guardò attraverso gli occhiali a specchio e poi rise.
«Non sono sicura che sia un complimento ma, in ogni caso, ti ringrazio»
«É un piacere» ispirò il fumo e poi espirò creando dei cerchi «Non sai quanto… Oh! Siamo arrivati»
L’uomo frenò all’improvviso e scese dalla macchina fangosa per andare nel retro per prendere i fucili.
Scesi con calma e aspettai che Bob mi desse le pistole che mi aveva sequestrato prima di farmi salire sull’auto dicendomi: «Nel mio veicolo non si viaggia armati»
Ben per lui, aveva evitato che gli sparassi facendogli saltare il cervello, sempre se ne possedeva uno, cosa di cui dubitavo.
«Tieni mocciosa» mi diede le armi mentre chiudeva il bagagliaio.
«Avventato da parte tua, vecchio»
L’uomo sorrise divertito e poi gridò: «Luke! Fa il tuo dovere e togliti dalle palle»
Il ragazzo mi diede un’ultima occhiata prima di andarsene e poi corse via. Rimasi raggelata sul posto.
«Che c’è?» domandò l’uomo.
«E-ecco… niente» mi ripresi e dissi «Andiamo»
Chiesi: «Qual è il compito di quel coso?»
«Quel coso ha un nome: Luke. Deve attirarli qui» rispose secco Bob.
«Bene»
Mi incamminai nel sentiero davanti a me, l’erba mi accarezzò i pantaloni senza che sentissi niente, gli scarponi affondarono nel fango mentre ripensavo al volto del ragazzo. Quanto avrà avuto? La mia età, sui diciassette forse diciotto anni. Mi domandavo come si potesse avere quell’espressione così sofferente e arrabbiata… come se odiasse tutto. A dire il vero avrei dovuto avere io quell’espressione.
Decisi che non m’importava, in fondo lui non era nemmeno umano, cosa poteva saperne di emozioni? Niente, come sempre. Più niente da quando c’era stata l’epidemia…
 
  
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