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Autore: Ness14    14/09/2014    0 recensioni
Se a quei tempi mi avessero detto che ci fossimo innamorati e in seguito sposati, non ci avrei mai creduto. E adesso eccoci qui, che mi sussurra all'orecchio quelle due dolci parole che ti scaldano il cuore: Ti amo.
Com'è piccolo il mondo dell'amore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Aprii di scatto gli occhi. Ed ecco che rifacevo uno dei miei insoliti sogni. Mi stiracchiai e sbadigliai al tempo stesso. Il quattordici Settembre, iniziava il mio primo giorno da universitaria. Molti mi dicevano “Non ci riuscirai mai, sei una ragazza svogliata” e altri mi dicevano “Ci riuscirai di sicuro, sei una ragazza intelligente e piena di volontà”. Chi non mi incoraggiava? Mio padre e i miei parenti paterni, non ho mai avuto un buon rapporto con loro. Chi mi incoraggiava? Mia madre, amici e parenti materni. Avevo sempre desiderato andare all’università, sin da piccola e sentirmi dire che non ce l’avrei mai fatta, non mi faceva alzare l’autostima. Era il mio sogno e finalmente l’avevo realizzato. Non so dire perché di preciso desideravo andarci, forse perché sarei diventata indipendente, dicevo sempre che appena avrei frequentato l’università mi sarei comprata una casa tutta mia e un lavoro che mi mantenesse, e infatti vivevo in un appartamento accogliente, una camera da letto, una cucina-soggiorno, un bagno e un piccolo terrazzino. Ah e trovai un lavoro part-time, facevo la cameriera in uno di quei fast food vicino al mio appartamento. La cosa che mi mancava? Un’auto, infatti andavo a scuola con la bicicletta ed è brutto andare al primo giorno da universitaria un po’ sudaticcia solo perché mi ero ammazzata per venire. Quando varcai il cancello d’ingresso, davanti a me una confusione totale. Studenti che parlottavano fra loro, studenti che erano appoggiati al muro e altri erano coricati sull’erba. Mi guardai disorientata attorno, non sapevo dove andare. Sembravano tutti cosi calmi, “Sono l’unica in ansia qui dentro?”pensai. Avevo lo stomaco in subbuglio, fortuna che i minuti passarono in fretta ed erano finalmente le otto e dieci, le due porte d’ingresso si aprirono e si creò una certa confusione davanti ad esse. Quando finalmente entrai –dopo varie spintonate-, ci dissero l’aula, la mia era la 1°E. Noi studenti ci sedemmo ognuno in che posto voleva, io scelsi il primo posto vicino alla porta perché è sempre stato il mio preferito. Qualche istante dopo noi, arrivò l’insegnate; una donna paffutella e bassa, capelli corti e castani, occhi verdi, occhiali al naso, le guancie leggermente colorate di rosa e le labbra esageratamente colorate di un rosso porpora, vestiva con una gonna lunga sin sotto le ginocchia, beige, un maglioncino rosso e le scarpe abbinate a quest’ultimo. «Buongiorno studenti, sono la Professoressa Sanders, insegnate di letteratura. Entro un mese dovrete leggere questo libro di seicentotrenta pagine. Ogni settimana vi lascerò un tot di pagine e voi dovrete farne un riassunto orale. A fine mese faremo un compito e dovrete scrivere un riassunto scritto del libro» Disse con tono inquietante, passando dai nostri banchi ci scaraventava nel banco quel librone che dovevamo leggere entro un mese. Sospirai rumorosamente. La professoressa si soffermò al mio banco, mi rivolse un sorriso non tanto amichevole. «Signorina Called, ha qualcosa da dire?» Mi chiese, ingoiai quel groppo di saliva che si era incastrata alla gola. «No professoressa Sanders.» Cercai di rivolgerle uno dei miei sorrisi migliori, ma credo che seppur mi ero impegnata tanto, non ci ero riuscita. La professoressa continuò la lezione, dopo quello capì che dovevo sopportare difficili e inquietanti ore. Mi stava per scoppiare la testa, ma il “Ho finito a descrivere il libro, potete andare” della professoressa, mi salvò. La professoressa Sanders, aveva parlato per due ore intere del libro che dovevamo studiare. Una marmaglia di studenti, appena la prof se ne andò, sgattaiolarono fuori dalla classe, il restante invece era rimasto in classe a rilassarsi, tra quelli c’ero io. Raccolsi le mie cose, decisi di andare in cortile, anche se non ne avevo voglia, ma era per uscire da quella classe che era diventata fin troppo soffocante. Nel corridoio trovai una ragazza a quattro zampe intenta a cercare qualcosa. Mi accovacciai alla sua altezza. «Hai bisogno d’aiuto?» Le chiesi gentilmente. La ragazza annuii. «Ho perso i miei occhiali mentre ero in mezzo agli altri studenti, mi hanno spinta involontariamente e i miei occhiali sono volati, ma adesso non riesco a trovarli.» Mi spiegò tastando il pavimento. L’aiutai nella ricerca, alla fine li trovai vicino ad un cestino. «Sono per caso questi?» Glieli porsi, lei li mise. «Oh si grazie mille, adesso ci vedo molto più chiaramente. Io mi chiamo Noah, e tu?» Mi domandò facendo un enorme sorriso. Noah aveva i capelli lunghi quanto ai miei e castani, dei meravigliosi occhi color glauco, molto magrolina ed era bassa. «Io mi chiamo Roxanne.»Risposi. Un ragazzo dietro alle mie spalle, la chiamò e lei se ne andò. Controllai il cellulare, mi resi conto che se non correvo subito in cortile, sta volta, mi scoppiava veramente la testa. Inspirai e respirai l’aria. “Aria, aria, aria, finalmente aria!” Pensai. Mi stiracchiai sedendomi in una panchina, volevo fare una bella pennichella, ma non era il luogo adatto, e soprattutto il momento adatto. Decisi, che tanto per fare qualcosa, lessi il libro. «Roxanne giusto?» Il sole, che qualche secondo prima, mi arrivava in piena faccia, un’ombra la coprii. Alzai lentamente il capo. «Esatto»Dissi titubante, sembravo quasi incerta di essere io Roxanne. Due occhi verde prato mi fissavano. Come fa un ragazzo, mai visto prima d’allora, dai lunghi capelli neri a rasta, occhi verdi prato, alto, la pelle leggermente scura, a conoscere il mio nome? «Bene, allora questo è tuo.» Mi porse un foglietto piegato in quattro parti, lo afferrai, sempre titubante. Appena il ragazzo se ne andò aprii velocemente il foglietto.

“Roxanne, se stai leggendo questa lettera significa che Owen ti ha trovata –fortunatamente, temevo che non ti avrebbe riconosciuta dalla mia descrizione- Comunque, ti stavo dicendo… Sono finalmente arrivato in Inghilterra e non vedo l’ora di riabbracciarti, devo raccontarti un mucchio di cose, sai quante ne sono successe in questi due anni che non ci siamo visti? Non puoi capire. Ti scrivo qui sotto il mio nuovo numero, così quando sarai libera ti racconterò meglio. Baci il tuo New.
Numero: 3247345689”

Strillai dalla gioia una volta finito di leggere, tutti mi guardavano inquieti, ma non ci badai. Strinsi la lettera al mio petto, New, il mio New, era finalmente ritornato. Adoravo leggere un bel libro sdraiata nel letto, con la finestra aperta e i raggi del sole che filtrano da essa, dando un effetto magico alla stanza creando una bella atmosfera. Era rilassante. Accanto al letto, il comodino con sopra la lettera di New, guardandola mi ricordai di chiamarlo non appena avevo del tempo libero. Smisi di leggere e presi il mio cellulare e iniziai a digitare il numero. Ero agitata, emozionata, felice, da tanto non vedevo New e finalmente potevo incontrarlo.

#Flashback : Tredici anni fa.

Mentre giocavo con la corda, mi arrivò una pallonata in piena faccia. Iniziai a piangere come una fontana. «Scusa! Ti sei fatta male?» Alzai il viso lentamente, mi asciugai le lacrime e davanti a me si piazzò un bambino dai capelli color cioccolato, dei bellissimo occhi color grigio argentino, pelle candida e delle labbra carnose rosse che spiccavano in confronto alla sua carnagione. Aveva un’espressione preoccupata, mi tese la mano. Lo guardai confusa. “A cosa serve la mano? Ce la faccio ad alzarmi” mi chiesi tra me e me. Il bambino, ancora del tutto sconosciuto, rise. «Faccio così ridere?» Gli domandai offesa. Mi guardai; il viso leggermente arrossato per via della pallonata, naso e occhi rossi perché avevo pianto, e a causa che mi buttai a terra mi sporcai tutto il vestitino, ero veramente buffa. Iniziai a ridere anch’io. «Io mi chiamo Roxanne, e tu?» Domandai dopo aver smesso di ridere. «Io sono New» Mi mostrò un sorriso a trentadue denti. «Vuoi giocare con me? Vieni!» mi prese la mano e mi trascinò via correndo, non sapevo dove stessimo andando, ma lo seguii.

#Fineflashback:

Sentii il telefono squillare, l’ansia saliva sempre di più. «Pronto?» E quando sentii il suo “Pronto”, mi si scaldò il cuore. Tanto, tantissimo tempo che non sentivo la sua voce. «New!» Urlai scattando in piedi. «Roxanne!» Disse a suo volta. Iniziai a saltellare per tutta la stanza ed urlare di gioia, ed ecco che rise, la sua risata soave, che ho sempre adorato. «Roxanne finalmente mi chiami, è da ore che aspetto la tua chiamata!»Disse quasi rimproverandomi. «Perdonami, ma mi sono messa a leggere.. e sai cosa succede.. perdo la condizione del tempo» Dissi giustificandomi. «Ci incontriamo al ‘nostro’ posto?» Aggiunsi sottolineando la parola “nostro”. «Si! Ti aspetto lì.»

#Flashback:

«Vuoi vedere un posto bellissimo?» Mi chiese New. Io annuii. Cominciò a correre, io lo seguii. “Perché corre sempre” pensai scocciata. Dopo un paio di minuti arrivammo in un posto assolutamente splendido. Ero stanca, ma ne era valsa la pena. Dinanzi a me un’enorme ampio prato verde, riempito da fiori da ogni tipo di colori e di genere, rossi, gialli, rosa, bianchi, viola, tulipani, margherite ecc… Un grande albero di mele alla mia destra dove ci si può tranquillamente leggere un buon libro o farci una pennichella, accanto un vasto fiume di un azzurro lucente, illuminato dalla luce del sole. «Ti piace?» Mi chiese infine New. Avanzai lentamente, quel posto incantevole non mi piaceva, lo adoravo. «E’-è fantastico» dissi balbettando. «Come l’hai trovato?» Aggiunsi infine. «Correndo, correndo. Sai che sono un tipo che mi piace correre» Mi disse sorridendo.

#Fineflashback

Quando arrivai, trovai seduto con la schiena contro il tronco New. «Roxanne!» Urlò. Gli corsi incontro per abbracciarlo. Ci stringemmo in un caloroso abbraccio. Dopo esserci abbracciati, lui mi raccontò tutto quello che era successo in due anni. «Ho finito l’università in Inghilterra, mi sono trovato bene, e tu? Che mi racconti?» Concluse con un sorriso. «Ho un appartamento tutto mio, un lavoro tutto mio, vado all’università e che altro? Ho passato questi due anni leggendo molti, tantissimi libri e aspettando questo giorno.» Certo che io ero molto più breve di lui. New mi raccontò la sua vita in questi due anni in un’ora ed io avevo finito in meno di un minuto. «Molto interessante la tua vita» Disse ridendo, mi unii alla sua risata anch’io. «Ti devo dire una cosa importante.» Mi disse New diventando serio, la cosa mi preoccupò.


Spazio Autrice: Cieu gente che avete cliccato e letto questa fiction, innanzitutto ringrazio a voi, poi mia sorella @Darkessa per avermi sopportato e aiutato a correggere la fiction. Vi avviso che amo i flashback, quindi qui ce ne saranno a bizzeffe:'3! Un'ultima cosa : se trovate errori, non esitate ad elencarmeli!
   
 
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