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Autore: bemyronald    15/09/2014    14 recensioni
«Proprio non ti sopporto» grugnì a denti stretti, sforzandosi di non ridere.
«Lo so» ammise Ron, che calò leggermente il capo per raggiungere il suo orecchio. «Neanch'io ti sopporto» sussurrò sfiorandole il lobo. Hermione rabbrividì percependo il calore del suo respiro spostarsi dall'orecchio alla guancia. Chiuse gli occhi quando avvertì le labbra di Ron posarsi dolcemente sulla sua guancia, prolungando il contatto più del necessario. Il suo cuore mancò un battito, istintivamente strinse leggermente la presa sulla veste di Ron e trattenne il respiro fino a quando non sentì le labbra di lui allontanarsi appena dalla sua pelle.
«Il problema è che a me piace stare con te» bisbigliò flebilmente Hermione.
{Missing Moment}
La storia si è classificata Seconda al contest Forever Shot indetto sul forum di EFP da CeciliaMargherita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ricorderai d'avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.
G. Ungaretti



«Vieni a ballare» disse brusco a Hermione. Lei accettò, sorpresa e compiaciuta, e si alzò: sparirono insieme nella folla sempre più fitta. 
«Ah, atesso stanno inzieme?» chiese Krum, perplesso.
«Eh... più o meno» rispose Harry.
(Harry Potter e i Doni della Morte, capitolo 8, pagina 141)


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«Vieni a ballare»
La richiesta di Ron riecheggiava nella sua testa, mentre lui le teneva la mano guidandola tra la fitta folla di invitati. Hermione sentiva il volto in fiamme ed era ricomparso quello strano formicolio allo stomaco, lo stesso che aveva avvertito nel momento in cui lui l'aveva vista per la prima volta quella sera ed aveva esclamato: «Cavolo, sei bellissima». Il solo pensiero non fece che aumentare il calore al volto e di certo, il continuare a fissare le loro mani unite non l'aiutava. Si impose di distogliere lo sguardo e provare a concentrarsi su dove la stesse conducendo, ma subito un altro pensiero la colse. Proprio le stesse parole di un attimo prima.
«Vieni a ballare»
Ma cosa gli era saltato in mente? Possibile che fosse sotto l'effetto di una Maledizione Imperius? Be', doveva essere proprio potente, tanto potente da spingere Ron Weasley ad invitare Hermione Granger a... ballare. E visti i tempi che correvano...
Non poté proprio impedire alle sue labbra di aprirsi in un sorriso al ricordo dell'espressione di Ron, irritata e al tempo stessa decisa, che ancora aveva davanti agli occhi. Era sembrato piuttosto determinato ad allontanarla quanto più possibile da Viktor. Le aveva chiesto... be', no, più che altro le aveva imposto, sì, di ballare e in tutta sincerità, Hermione pensò che il suo primo mezzo invito, non poteva che essere in qualche modo... particolare, non poteva che essere alla Ron Weasley. Scosse leggermente il capo divertita, senza smettere di sorridere.
Ron si fermò non appena si furono confusi abbastanza tra la folla, continuava a stringerle la mano, senza però guardarla. Hermione vinse l'imbarazzo e si decise ad alzare appena la testa per guardarlo meglio in viso. Ron aveva la testa voltata in direzione del tavolo da cui si erano appena allontanati e Hermione capì che cercava di intravedere Krum.
Le scappò un altro sorriso - doveva essere il terzo nel giro di pochi minuti, evidentemente qualcosa non andava - ma decise che avrebbe dovuto mantenere un'espressione seria per non dargliela vinta.
«Be'?» chiese dopo un po', cercando di attirare l'attenzione di Ron che continuava a tenere la testa voltata. Riuscì ad intravedere la sua fronte corrugata.
«Sì... un secondo...» mugugnò Ron allungando il collo sempre nella stessa direzione. Fu quasi sicura di averlo sentito borbottare qualcosa che somigliava vagamente a "sbruffone". Un po' spazientita, un po' divertita, inarcò le sopracciglia in modo da assumere l'espressione più infastidita che potesse impostare. Quando finalmente Ron si voltò, lei continuava a tenere lo sguardo fisso su di lui.
«Non guardarmi così» sbottò lui in tono brusco.
«Smettila con questo tono bellicoso» affermò Hermione, questa volta con una punta di vera irritazione nella voce.
«Scusa» farfugliò Ron cercando accuratamente di non guardarla e arrossendo leggermente sulle orecchie.
Hermione non riuscì a trattenere un accenno di sorriso davanti all'evidente imbarazzo del ragazzo, che la irritava ed inteneriva al tempo stesso. Possibile?
«Allora?» disse dopo un po' senza smettere di fissarlo.
«Allora... cosa?» chiese lui tornando a guardarla allarmato.
«Mi hai chiesto di... di ballare... non balliamo?» rispose Hermione in tono incerto e per qualche strana ragione, si sentì arrossire.
«Oh, io... ehm... sì, va bene, b-balliamo...» balbettò lui, arrossendo vistosamente. Così, senza guardarla, alzò le loro mani, ancora unite, fino a quella che sembrava essere la giusta altezza e posò esitante la mano libera sul fianco di Hermione. Nonostante la posizione fosse più o meno corretta, era evidente che Ron non avesse la più pallida idea da dove cominciare, come muovere i primi passi o come condurre la propria compagna. Sospirò e alzò lo sguardo su di lei.
«Ehm... io... be', io non è che sappia proprio ballare, lo sai...» Hermione lo fissava mentre il viso di lui, collo e orecchie comprese, diventava di un rosso da far concorrenza ai suoi capelli.
«Lo so» rispose Hermione sorridendo incoraggiante. «Ma non mi pare di aver mai detto che mi importi qualcosa, no?» Ron rispose al sorriso, visibilmente sollevato.
«Ma» proseguì Hermione mentre afferrava la mano destra di Ron e la posava con più decisione sulla sua schiena, appena più su del fianco, «non è mai troppo tardi per imparare e far pratica» aggiunse poi, impostando le loro mani strette all'altezza giusta e posando la mano libera sulla spalla di lui.
«Hermione!» protestò Ron, preso alla sprovvista. «Hai appena detto che non ti importa»
«Sì, ma non ho detto che non avremmo provato» puntualizzò lei, divertita.
«Per le mutande di Merlino, sei impossibile...» brontolò Ron.
«Avanti, meno chiacchiere e meno lamentele! Conduci» 
Ron le lanciò uno sguardo disorientato, sgranando poi gli occhi come se lei gli avesse chiesto di infilare la testa in una scatola piena zeppa di Schiopodi Sparacoda. Hermione gli accarezzò appena la spalla su cui era posata la sua mano.
«Forza» lo incitò. Ron esitò un istante prima di muovere il primo passo a destra, continuando a guardarla negli occhi. Fu seguito subito dopo da Hermione. Un altro passo, un altro ancora e Hermione si lasciò condurre, ora guardando lui che pareva non aver intenzione di staccare gli occhi dal suo viso, ora puntando l'attenzione sui loro passi lenti ed incerti, fino a quando al nono o decimo passo, Ron non le pestò un piede.
«Oh, merda!» si lasciò sfuggire Ron che subito lanciò uno sguardo preoccupato al piede della ragazza. Hermione lacrimava e una smorfia di dolore comparve sul viso. 
«Accidenti, mi dispiace, Hermione! Forse... forse sarebbe meglio lasciar perdere, ecco...» mormorò Ron estremamente a disagio, allentando la presa dalla schiena di Hermione. 
«No» disse subito lei trattenendo la mano di Ron e cercando di trattenere le smorfie di dolore. «Solo... solo fa attenzione, va bene? Devi... devi solo concentrarti... continuiamo. Per favore...» aggiunse, guardandolo speranzosa. 
Ron annuì e ripartirono, entrambi con i volti più accesi che mai. Ogni passo mosso da Ron appariva leggermente più sicuro e Hermione era lì, pronta ad assecondarlo. La conduceva lentamente, a tratti esitante, senza parlare, senza guardarla, continuando a fissarsi i piedi.
Come faceva a dirgli esplicitamente che desiderava continuare a stare lì con lui più di ogni altra cosa? Per qualche strana ragione, sentiva fortemente che in quel preciso momento dovevano stare insieme. Proprio lì dov'erano, su quella pista, confusi tra la gente, tra tanta gente. Eppure, soltanto loro due.
Nessuno dei due parlò fino a quando non cominciarono a muoversi con un po' più di disinvoltura tra gli invitati che volteggiavano attorno a loro. Hermione avvertiva la stretta ormai ferma di Ron dietro la sua schiena e non poté evitare di arrossire appena.
«Te la cavi bene» disse per rompere il silenzio. Lui alzò lo sguardo per incontrare il suo.
«Sempre questo tono sorpreso» mormorò con un sorriso, evidentemente soddisfatto del proprio discreto lavoro. E facendo in modo che i loro occhi non si incontrassero, continuarono a muoversi lentamente. Hermione era concentrata a fissare un punto sulla sua spalla mentre lui continuava imperterrito a fissarsi i piedi, evidentemente attento a non pestarglieli.
Pensò a quanto fosse strana per lei quella nuova situazione. Non era la prima volta che si trovava da sola con Ron e nemmeno che fossero così vicini. Ma forse le carezze esitanti, le loro mani che spesso si cercavano in silenzio per poi unirsi, gli abbracci incoraggianti, erano diversi da quel nuovo modo di essere vicini. Quante volte, in quelle ultime settimane alla Tana, Hermione si era lasciata andare alle lacrime per poi ritrovarsi tra le sue braccia? E i loro occhi si erano cercati così tante volte, quasi come se fosse diventata ormai la cosa più naturale del mondo, una cosa di cui entrambi sentivano un forte bisogno. E fra tutte le incertezze, le paure sul futuro prossimo, c'era una cosa di cui Hermione poteva affermare di sentirsi del tutto sicura, benché risultasse un'idea assolutamente irrazionale: sentiva che lui fosse l'unico in grado di rassicurarla, di farla stare meglio. Lui era la sola persona che cercava sempre. L'unico in grado di farla ridere davvero e l'unico da cui voleva essere veramente abbracciata.
Ma perché? Perché lui?
Non sapeva spiegarselo. Erano anni che ci provava, ma qualsiasi spiegazione logica sembrava essersi disintegrata o forse, non era mai esistita. Ma lei questo lo sapeva, adesso, l'aveva imparato e aveva smesso di pensarci in un modo quasi ossessivo. Semplicemente lo sentiva. Sentiva e basta.
D'altronde, quali spiegazioni logiche esistono per simili sensazioni? Incontrollabili persino per una persona razionale come lei. E, per fortuna, aveva da tempo abbandonato l'idea di accostare il razionale a Ron, seppur a malincuore, perché l'idea proprio non le piaceva. La spaventava.
Perché non poteva controllare questa cosa? Perché non riusciva ad avere il pieno controllo sulle sue emozioni? Sapeva già la risposta, eppure ogni volta si ostinava a porsi tali domande. Magari, chissà, avrebbe trovato una motivazione... anche la più banale.
Perché? Perché tutto deve essere così confuso? È proprio così che dev'essere quel... quel sentimento?
Sì, insomma... è così che dev'essere l'amore?
Le risultava difficile persino immaginare quel termine nella sua testa, figurarsi accettarlo. Sembrava una cosa così assurda!
E perché Ron? Perché proprio lui? 
Be', a quella domanda, in realtà trovava sempre la risposta, seppur nel modo apparentemente più stupido e scontato: le bastava semplicemente guardarlo. E ora che erano così vicini, tanto da potergli contare le lentiggini sul viso senza che lui se ne accorgesse perché troppo impegnato a fissare i loro piedi, poteva tentare di dare una risposta alla fatidica domanda. Una risposta che forse potesse avvicinarsi al razionale.
Perché lui?
Le bastò guardarlo anche stavolta per sorridere in un modo del tutto spontaneo. Senza alcuna logica. 
Il sorriso che le si dipinse sul volto semplicemente guardandolo: era quella la risposta. Irrazionale, ma così giusta.
Lui perché... perché è lui.
Voleva provare a rilassarsi e lasciar perdere tutte quelle inutili domande... almeno per quella sera. Ma subito un altro quesito squillò come un campanello d'allarme nella sua testa, richiamando la sua attenzione. Era più forte di lei, doveva sapere. Doveva capire.
«Perché mi hai invitata?» domandò improvvisamente a voce così bassa da apparire quasi un sussurro, continuando a fissarlo.
Ron smise di guardarsi i piedi e si fermò all'istante alzando subito lo sguardo su di lei. Le sue orecchie si imporporarono e percepì la gola seccarsi. Continuava a guardarla sbattendo le palpebre, senza che una sillaba uscisse dalla sua bocca. Se non fosse per le orecchie di fuoco, avrebbe potuto giurare che qualcuno gli avesse scagliato un incantesimo di pietrificazione. Nella sua mente si ammassavano tante di quelle risposte, così tante e confuse... temette che la testa potesse esplodergli da un momento all'altro. Almeno fu abbastanza lucido da capire che se avesse aperto bocca, non ne sarebbe uscita fuori alcuna frase di senso compiuto. Hermione lo guardava con ansia, con un'espressione desiderosa di ricevere risposta ad una domanda apparentemente semplice. Se solo sapesse quanto fosse difficile mettere ordine nella sua testa in quel momento o in generale, quando si trattava di lei.
Nel momento in cui la vide trarre un lungo sospiro e distogliere lo sguardo da lui, decise che meritava una risposta. 
Perché per nulla al mondo avrei perso un'altra occasione.
Perché ho imparato che meriti attenzioni.
Perché sono geloso marcio di quel musone bulgaro.
Perché stavolta devo esserci io al posto suo.
Perché voglio provare a non sbagliare più.
Perché vorrei stringerti, baciarti e sfiorarti senza il minimo imbarazzo.
Ma questa è un'altra storia.
Perché volevo stare con te.
E vorrei che fosse sempre così.

Le doveva una risposta e in realtà ne aveva un bel po'. Ma c'era un problema: tra tutte quelle motivazioni, quale avrebbe potuto trasformare in parole? Ci voleva un bel fegato.
Ma doveva dirle qualcosa. Proprio adesso che erano fermi ai margini della pista, l'uno di fronte all'altra, vicini. E poi non avrebbe voluto che se ne andasse.
«Ti dovevo un ballo» buttò lì, senza riflettere oltre, mentre le sue guance assumevano una sfumatura carminio. Hermione riportò di nuovo lo sguardo nel suo.
«Mi dovevi un ballo?» chiese, corrugando la fronte.
«Ti dovevo un ballo» affermò Ron che finalmente prese a guardarla negli occhi.
«Mi dovevi un ballo» ripeté scioccamente Hermione, non proprio sorpresa da quella motivazione quanto dal coraggio mostrato da Ron, che di certo avrebbe fatto di tutto pur di evitare gli argomenti Ballo del Ceppo e Viktor Krum, lo sapeva bene.
«Già» ribatté Ron e si schiarì la voce prima di proseguire. «Be', sai... l'ultima volta che c'è stato un ballo, non è che sia andata proprio bene...» disse con un mezzo sorriso imbarazzato. Hermione gli sorrise dolcemente in risposta e questo gli diede quel pizzico di coraggio in più per continuare a spiegarsi.
«Pensavo a quanto buffa sia stata la situazione, prima» disse, sfuggendo allo sguardo della ragazza.
«In che senso?» chiese lei che invece non riusciva a staccargli gli occhi dal viso.
«Nel senso che... ehm... siamo ad un ballo, no? Cioè, un matrimonio, voglio dire. Quello di mio fratello...» Ron si bloccò. Cominciava ad avvertire la cravatta troppo stretta attorno al suo collo, mentre Hermione gli sorrideva e lui cercava contemporaneamente di non soffocare e di trovare le parole giuste per esprimere il concetto in modo comprensibile. E gli sembrò così difficile!
Sospirò e riprese.
«Insomma, c'è un ballo. E quindi... la situazione è buffa perché anche stavolta c'è... c'è Krum, no? E crede che... che tu sia dafero pellissima» disse in una fedele imitazione dell'accento del bulgaro che fece scoppiare Hermione a ridere.
«Non che io non lo creda!» si affrettò ad aggiungere, inorridito all'idea che Hermione potesse fraintendere. Ma quando si rese conto che Hermione aveva cominciato a ridere, lui sorrise apertamente, un po' sollevato per essere riuscito ad esprimere quel pensiero e un po' perché lei non aveva frainteso. E poi non l'aveva fatta arrabbiare, anzi, l'aveva fatta ridere e quella splendida risata genuina, era tutta per lui. Meglio di così!
Per stasera, 1 a 0 per me, caro Viky! Pensò soddisfatto, senza smettere di sorridere.
«Quindi, sì, ho pensato che forse, ecco... forse, avrei dovuto invitarti e in qualche modo... be', sì, riparare quel... ehm... quel vecchio errore, insomma» riprese dopo un po', distogliendo per un attimo gli occhi dai suoi, mentre Hermione continuava a guardarlo.
«Ron, hai appena ammesso di aver commesso un errore?» chiese e anche se aveva smesso di ridere, manteneva la stessa espressione divertita. «Circa tre anni fa?»
«No!» rispose prontamente Ron, togliendo la mano dal fianco di Hermione per grattarsi la testa imbarazzato. «No, stavo dicendo che io... io, be'... sì, va bene, ok, è stato uno sbaglio» borbottò. «Avrei sicuramente dovuto... ehm, voluto... invitarti allora, sì... ma, voglio dire, non è stata proprio colpa mia, sai. Se solo Kr...»
«Oh, sta' zitto» lo ammutolì Hermione portando lentamente la testa sul petto di Ron che per l'ennesima volta, quella sera, si sentì mancare il fiato. Dimenticò il resto delle parole e avvertì uno strano calore che partiva dal centro del petto e si irradiava fino a raggiungere il collo e l'intero viso. E il cervello? Annebbiato, staccato, fuso, in tilt, completamente andato. L'unica cosa che era ancora in grado di percepire era il battito eccessivamente violento del suo cuore. Sembrava che nella cassa toracica fosse in atto un terremoto e che quel luogo fosse diventato ormai troppo stretto per quel cuore che richiamava insistentemente la sua attenzione. 
Sta' zitto e fermo! avrebbe voluto urlargli. O a momenti mi verrà una sincope! Sto cercando di capire cosa sta succedendo...
Ma incapace di pensare, muoversi o far altro, Ron chiuse gli occhi imponendosi di respirare, senza sciogliere le loro mani o allontanare l'altra dal fianco di Hermione. Fu grato del fatto che lei non parlasse e che non lo guardasse. Tentò di calmarsi e di mettere in ordine i pensieri. Avrebbe voluto dir qualcosa in modo da sciogliere la tensione, se solo la sua bocca non fosse stata così arida e i suoi pensieri fossero stati meno aggrovigliati tra loro.
Hermione, con la testa poggiata al petto di Ron, si rese subito conto di quel gesto spontaneo appena compiuto e avvertì di nuovo quella strana sensazione allo stomaco, seguita da una preoccupante accelerazione del battito cardiaco. Eppure, non se ne preoccupò minimamente. Si sentiva leggermente tesa, soprattutto perché avvertiva il disagio di Ron. Ma ancora una volta, quella sera, qualcosa le suggeriva che in quel preciso istante doveva andar così. E benché fosse tesa, sentiva che avrebbe anche potuto urlare e ridere al tempo stesso. Si sentiva strana... stava bene, proprio dov'era.
Non appena avvertì i muscoli di Ron rilassarsi, in un sorprendente slancio di coraggio, fece lentamente scivolare la mano dalla spalla di Ron al petto, proprio sul punto in cui batteva il suo cuore. Chiuse gli occhi e si concentrò pienamente su quel ritmo che trovava rilassante e che pian piano cominciava a regolarizzarsi. Capì che in quel momento c'era una cosa che li accomunava, e sorrise al pensiero della similitudine che legava i loro cuori, il loro stato d'animo di quel preciso momento. Se avesse potuto, se avesse avuto una Giratempo con sé magari, non avrebbe esitato a ripetere quel momento più e più volte. Ecco, Hermione, stai cominciando di nuovo a pensare irrazionalmente. Pensò in un attimo di lucidità, ma le sue labbra si allargarono istintivamente in un sorriso.
Passarono molti minuti in silenzio, concentrandosi soltanto sul suono dei loro respiri e sul ritmo di quei cuori che battevano all'unisono e che sembravano rincorrersi. Escludendo il resto che li circondava.
Fu Hermione a rompere quel silenzio.
«Sei stato più veloce stavolta» disse soffiando le parole contro il suo petto, senza aprire gli occhi.
Ron pensò che avrebbe dovuto dire qualcosa di intelligente, qualcosa di romantico magari, ma... insomma, con la mente in quello stato non poté che ripetere la cosa più stupida che potesse venirgli in mente.
«Sempre questo tono sorpreso» mormorò, maledicendosi un attimo dopo per aver sprecato un'altra opportunità. Calò di nuovo il silenzio, ma nessuno dei due ne parve turbato o allarmato stavolta. Non era un silenzio teso o imbarazzato, anzi, era un silenzio di pace, sereno, un silenzio che desse la possibilità e il tempo ad entrambi di mettere in ordine pensieri e parole.
Solo qualche minuto dopo, Ron parlò di nuovo. E fu quello il momento in cui capì che non avrebbe mai più dubitato di appartenere alla Casa di Godric Grifondoro. Lo capì quando la sua bocca si aprì e con un coraggio proveniente da chissà quale parte nascosta del suo essere, la sua voce concretizzò la frase che dall'inzio della serata gli frullava nella testa. Dopodiché, se fosse stato per lui, sarebbe emigrato in Australia... no, forse proprio l'Australia no, meglio l'Asia magari...
«Volevo stare un po' con te» disse in un bisbiglio appena udibile, convinto di essersi svuotato di tutta l'audacia che il buon Godric gli aveva regalato. Senza avere l'intenzione di aprire gli occhi per timore di incontrare quelli di Hermione, rimase fermo, col cuore che aveva cominciato di nuovo a minacciare di sfuggire dal petto e lo stomaco in subbuglio. Hermione rimase in silenzio e lui avvertì la mano della ragazza sciogliere la stretta che legava le loro mani e per un attimo temette che volesse allontanarsi. Ma quando aprì gli occhi e vide che Hermione non si era mossa, ma che aveva semplicemente appoggiato anche l'altra mano sul suo petto, sorrise sollevato decidendo così di legare entrambe le sue mani dietro la schiena di Hermione, quasi volesse abbracciarla.
«Non mi dovevi solo un ballo, allora» sussurrò Hermione, completamente spiazzata da quella confessione. Decise di alzare il capo dal torace di Ron perché pensò che forse avrebbe potuto sentirsi più a suo agio senza che lei fosse avvinghiata a lui. Ma subito se ne pentì, non appena avvertì quello strano calore  abbandonarla, e quella sensazione di sicurezza che aveva trovato tra le sue braccia, vacillare. La sola cosa che riuscì a fare, fu vagare con lo sguardo sul suo volto, dal momento che sembrava che anche la voce l'avesse abbandonata. Avrebbe voluto contargli le lentiggini una ad una mentre gli sfiorava le guance rosse, avrebbe voluto accarezzargli i capelli e sfiorargli il lungo naso. Senza rendersene conto, si ritrovò a fissargli le labbra per parecchi interminabili secondi e percepì un forte desiderio che la fece arrossire all'istante. Distolse immediatamente lo sguardo per incontrare i suoi occhi e cercare di leggere i suoi pensieri e proprio in quel momento, captò una mano di Ron accarezzare la sua, ancora poggiata sul punto in cui batteva il cuore. Hermione lo guardò in viso e capì che il desiderio che l'aveva fatta arrossire qualche secondo prima, stava attraversando anche la mente di Ron.
Ron era come ipnotizzato dalle labbra di Hermione. Non si accorse minimamente che solo un attimo prima, lo stesso desiderio aveva sfiorato anche lei e che quindi, senza volerlo, pensavano e desideravano la stessa cosa. Non riusciva a distogliere lo sguardo, si chiese come avesse fatto a resisterle per tutto quel tempo e come avesse fatto ad imporsi di evitare di guardarla in quel modo. Ma quella sera, in quel preciso istante, non gli erano mai sembrate così attraenti, così perfettamente disegnate e morbide. Così sue.
Un'ondata di audacia lo invase e si fuse subito al timore. Il timore di non poterlo fare mai più, perché sapeva benissimo che ogni secondo che passava era un secondo regalato. Sapeva benissimo che forse non avrebbe mai più potuto provare la sensazione di avere le labbra di Hermione sulle sue. E lui voleva sapere, voleva sapere cosa si provava a baciare la persona che si ama davvero. Voleva sapere cosa si provava a baciare Hermione. E per qualche strana ragione, sentì che avrebbe dovuto farlo nell'attimo successivo.
Non poteva proprio permettersi di sprecare anche quell'occasione. E poi, per tutti gli slip consunti di Merlino, lui era un Grifondoro, sì o no? Per lui valeva la regola dell'ora o mai più.
Deglutì. Decise che prima di agire, prima di osare, avrebbe dovuto incontrare i suoi occhi. 
«Hermione, io...» bisbigliò, ma si interruppe non appena la vide scuotere tristemente il capo in segno di negazione. Ron si sentì sprofondare. Era sicuro di essere sbiancato e istintivamente smise di carezzare le mani di Hermione ancora poggiate sul suo petto. Rimase inerme a fissarla, senza riuscire a pensare realmente. Anche Hermione restò lì, di fronte a lui e sembrava sul punto di piangere.
«Ron, io... io non credo che dovremmo...» disse, tentando di controllare il tremito nella voce. 
«Hermione» bisbigliò flebilmente Ron, del tutto spiazzato. «Io credevo... credevo che... che noi...» non riuscì a continuare, il resto delle parole gli morì in gola. Adesso quel "noi" suonava così falso ed illusorio e gli sembrò quasi patetico averlo appena pronunciato ad alta voce. 
Doveva andar via. Che senso aveva continuare a star lì a fissarla? Ma qualcosa impediva ai suoi piedi di muoversi. Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime, e fu allora che si sentì come se l'avessero schiaffeggiato. In quel momento capì che non doveva andarsene. Doveva restare lì, doveva capire... e poi se lei, a differenza sua, non voleva baciarlo, non era di certo una colpa. E non avrebbe proprio dovuto abbandonarla.
«M-mi dispiace... n-non volevo dirtelo proprio adesso... non credo sia la serata giusta per questo, m-ma io...» balbettò Hermione con voce rotta, mentre col dorso della mano tentava di asciugarsi le lacrime. Un applauso scrosciante misto a urla di gioia, attirò per un attimo la loro attenzione facendoli sobbalzare. Quasi tutti gli invitati avevano accerchiato i novelli sposi. Ma Ron subito tornò a cercare lo sguardo di Hermione che ancora tentava di asciugarsi le guance.
«Hermione» riprese, «ti prego, non... non piangere... non avrei nemmeno dovuto... scusa... se devi dirmi qualcosa... io t-ti ascolto...» borbottò lui tentando di apparire deciso, ma con uno scarso risultato visto che la voce gli tremò leggermente. Hermione annuì lentamente passandosi un'ultima volta il dorso della mano su entrambi gli occhi. Trasse un lungo stanco respiro, lasciò andare le braccia lungo i fianchi allontanandosi di mezzo passo da Ron e riaprì gli occhi cercando di sostenere il suo sguardo.
«Ci stavo pensando da un po'» cominciò, con la voce che tremava. «Pensavo a... a tutta questa situazione, sai. È... è tutto così confuso e... incerto e instabile... e io... io vorrei solo cercare di n-non provare tante cose insieme... vorrei solo concentrarmi su quello che andremo a f-fare... perché è molto importante» Ron la ascoltava rapito, senza interrompere il contatto visivo. «E poi c'è Harry, e noi dobbiamo esserci per lui, dobbiamo stargli vicino... dobbiamo aiutarlo, lui... lui ha bisogno di noi. È costretto a combattere... e noi dobbiamo proteggerlo e... t-tu capisci cosa intendo, Ron?» lui annuì impercettibilmente. Hermione abbassò lo sguardo e riportò entrambe le mani sul petto di Ron, lisciando con movimenti lenti e distratti la sua veste, senza guardarlo, concentrandosi solo su quei movimenti. 
«Noi dobbiamo fare in modo che si... si stabilisca un equilibrio. In m-mezzo a tutto questo caos, ho bisogno che ci sia almeno equilibrio tra noi...» sospirò continuando a fissare le proprie mani che con estenuante lentezza si muovevano sul petto di Ron.
«Io... io ne ho bisogno. Ma voglio essere assolutamente certa che tu sappia che... che vorrei anch'io quello che vuoi tu... adesso che... sì, insomma, adesso che cominciavamo a... a capirci. Tu devi saperlo. E penserai che sia così ingiusto aspettare e aspettare ancora, e lo penso anch'io! Però non voglio chiederti di aspettare... io... io voglio solo dire che... insomma, credo sia questa la cosa giusta da fare, per Harry e per n-noi...» Hermione tirò un altro stanco sospiro e aprì di nuovo la bocca per proseguire, ma la richiuse un attimo dopo scuotendo il capo con lo sguardo sempre rivolto verso il basso. Allontanò di nuovo le mani da Ron e si scostò ancora un po' da lui, a disagio.
La prima cosa a cui Ron pensò fu che, per quanto potesse essere triste, ingiusta e decisamente insopportabile quella situazione, Hermione, ancora una volta, avesse colto il punto. Anche quella volta, aveva indubbiamente ragione. Parlava di un coinvolgimento emotivo, che sarebbe stato troppo forte e forse pericoloso per entrambi. Parlava di stabilire un equilibrio, quando tutto attorno a loro era perennemente in bilico. E per quanto loro si stessero impegnando per costruire un equilibrio nel loro personale mondo, avrebbero dovuto impegnarsi per far si che esso si stabilisse anche nel mondo esterno che li circondava. Quel mondo che li spaventava e li ostacolava. Hermione aveva bisogno di trovare quell'equilibrio. Eppure Ron non faceva che pensare a quando sarebbero arrivati al capolinea, a quando sarebbe giunta la fine. Non faceva altro che pensare a cosa avrebbe provato se l'avesse persa definitivamente. Era un pensiero che lo tormentava.
E allora, perché non ora? Perché non adesso, in questo preciso istante che siamo qui, insieme? Non potrebbe capitare mai più. Non potremmo rincontrarci più. Mai più.
Ma non lo disse. Non disse nulla a Hermione, si limitò ad osservarla intensamente, mentre lei evitava i suoi occhi. Non gliel'avrebbe detto perché per niente al mondo avrebbe distrutto quel po' di speranza che la ragazza sembrava ancora conservare. Lei parlava del presente, dell'attuale situazione, eppure era in grado di pensare ad un futuro. Lei credeva in quel futuro. E non sarebbe stato Ron a disintegrare quella speranza soltanto perché lui, istintivamente, avrebbe voluto vivere quel preciso, reale momento.
«Zittiscimi» disse all'improvviso, senza pensarci.
«C-cosa?» chiese Hermione alzando il capo ed incrociando i suoi occhi.
«Zittiscimi. Zittiscimi come hai fatto prima» sussurrò Ron, con sguardo serio. Sulle labbra di Hermione apparve un debole sorriso e lentamente, si avvicinò di un passo e poggiò di nuovo il capo sul suo torace, all'altezza del cuore, dove poi vi posò dolcemente la mano e avvertì i suoi battiti questa volta regolari.
«Ecco» disse Ron a voce bassa, «così non ci sarà il rischio che io dica stupidaggini. O che sia costretto a dirti che hai ragione» e così dicendo, stavolta, a differenza della reazione avuta nei minuti precedenti a quello stesso gesto spontaneo di Hermione, Ron si rilassò e si lasciò completamente andare a quel momento, posando cautamente la guancia sui suoi capelli, attento a non guastarle l'acconciatura. Si concentrò sul profumo dei capelli di Hermione, non era nuovo per lui, eppure sembrava lo stesse avvertendo per la prima volta. Gli sembrò, in qualche modo, diverso.
Hermione non poté far a meno di sorridere per tutta quella situazione. Tutto era cominciato da un semplice, banale invito, un invito del tutto comune, se solo il soggetto in questione non fosse Ron. Ed era finita col confessare proprio a quel soggetto, tutto ciò che le frullava per la testa, da giorni e giorni. Tutto quel che le appariva giusto e sbagliato allo stesso tempo, tutte quelle convinzioni che morivano ogni qualvolta si trovasse con lui, e non aveva mai avuto il coraggio di chiedergli di aspettare ancora. Ma lui aveva capito, aveva accettato quella scelta che tanto la preoccupava. Non si era infuriato per essere stato rifiutato, non aveva detto nulla che potesse poi scatenare una lite. Nulla. Aveva semplicemente accettato silenziosamente, rispettando così quella sua scelta, rispettando lei stessa come individuo. Aveva accettato la triste realtà, giurando in silenzio che l'avrebbe aspettata.
In quel momento, per qualche strano motivo, Hermione si sentì ancor più legata a lui. Erano legati da una promessa, una promessa espressa da Hermione e silenziosamente accolta da Ron. Una promessa che il caos che li circondava in modo asfissiante, aveva costretto entrambi a concretizzare. La promessa di aspettarsi.
«Tu non dici stupidaggini...» disse improvvisamente Hermione per rispondere alla sua affermazione di poco prima. «Non sempre, almeno» aggiunse e Ron la sentì ridacchiare.
«Be', grazie» mugugnò Ron. «Comunque, ci sono situazioni e situazioni. In questo momento, per esempio, se mi lasciassi parlare, direi un mucchio di sciocchezze»
«E perché?»
«Oh, be', non saprei... potresti arrivarci anche da sola, credo...» rispose vago Ron, arrossendo in zona orecchie.
Hermione non rispose, ma capì subito a cosa Ron alludesse. E il solo pensiero di quella vicinanza, la fece sorridere e arrossire, mentre provava a stringersi ancor di più a lui.
«Dico sul serio» riprese Hermione. «Io lo so che sei bravo a fare tante cose, Ron. E, andiamo, credo... credo davvero tu non dica stupidaggini. Anzi, a volte mi stupisci se proprio lo vuoi sapere» disse infine, pensando sinceramente che fosse più facile parlare senza guardarsi negli occhi. Ma che avesse decisamente un impatto minore. 
«Oh, io... be', grazie... non credevo pensassi...» 
Hermione sbuffò sonoramente contro il suo petto.
«Sempre questo tono sorpreso. Sempre!» disse in un tono scherzoso che fece ridere Ron.
«Hermione, non è poi tanto difficile apparire stupido accanto a te, sai?» disse stringendo leggermente l'abbraccio. «Sei sempre lì a riflettere lucidamente anche nei momenti peggiori. E riesci sempre a centrare il punto della situazione, analizzare le problematiche, le priorità e... sì, ad aver ragione. In pratica sei una So-Tutto-Io, per fartela bre... AHIO!» Hermione non mosse la testa di un centimetro, ma sferrò un pugno sulla spalla di Ron.
«Hermione!» protestò lui scostandosi appena. «Mi hai fatto male»
«Be', ti sta bene»
«Ma, scusa, è vero» continuò Ron divertito.
«Non è affatto vero» borbottò Hermione, e Ron pensò che avrebbe voluto guardarla in viso.
«Sì che è vero» disse in tono fermo, e prima che lei potesse ribattere, aggiunse: «E comunque non mi da fastidio. Ok, forse a volte - spessissime volte, ad esser sincero - ma non puoi farci nulla... a ognuno i suoi difetti» disse scrollando le spalle, mentre Hermione alzava lo sguardo minaccioso su di lui.
«Proprio non ti sopporto» grugnì a denti stretti, sforzandosi di non ridere.
«Lo so» ammise Ron, che calò leggermente il capo per raggiungere il suo orecchio. «Neanch'io ti sopporto» bisbigliò sfiorandole il lobo. Hermione rabbrividì percependo il calore del suo respiro spostarsi dall'orecchio alla guancia. Chiuse gli occhi quando avvertì le labbra di Ron posarsi dolcemente sulla sua guancia, prolungando il contatto più del necessario. Il suo cuore mancò un battito, istintivamente strinse leggermente la presa sulla veste di Ron e trattenne il respiro fino a quando non sentì le labbra di lui allontanarsi appena dalla sua pelle.
«Il problema è che a me piace stare con te» bisbigliò flebilmente Hermione, senza avere il coraggio di aprire gli occhi.
«Come dici?» chiese Ron in un sussurro appena udibile, allontanandosi quel giusto per guardarla in viso. Hermione decise che tanto valeva usare tutto il coraggio di cui disponeva. Riaprì gli occhi per incontrare quelli di Ron.
«Mi piace stare con te» ripeté con convinzione, seppur il suo rossore tradiva imbarazzo. Le orecchie di Ron raggiunsero il campanello d'allarme, tingendosi di un rosso acceso. Ma lui non ne parve turbato, continuava a guardarla assorto.
«Ti avevo sentito. Volevo solo che me lo ripetessi. Guardandomi negli occhi» sussurrò, mentre con una mano raggiungeva il suo viso per poi posarle un ricciolo sfuggito all'acconciatura dietro l'orecchio. Con le dita, molto casualmente, le sfiorò lentamente la guancia. Hermione rabbrividì impercettibilmente, non solo per quel contatto ma anche per il modo in cui Ron la stava guardando. Non ricordava di essere mai stata guardata così intensamente come in quell'istante. 
Ron le fece un mezzo sorriso, stringendo le labbra nella sua caratteristica smorfia e, a quel punto, Hermione si sporse leggermente in avanti e portò le braccia al collo di Ron, abbracciandolo in silenzio. Inizialmente lui rimase spiazzato, ma subito si riscosse e rispose all'abbraccio di Hermione, stringendola appena.
«Accidenti, mi stendi con tutti questi improvvisi gesti d'affetto» disse Ron, sorridendo.
«Sempre questo tono sorpreso» ribadì di nuovo Hermione senza mollare la presa.
«Hermione, smettila. Quella è la mia battuta» mormorò Ron posandole un delicato bacio tra i capelli. E fu sicuro di averle rubato un altro sorriso.
Se avesse potuto, sarebbe rimasto lì per sempre. Se il mondo, oramai in bilico attorno a loro, gliel'avesse permesso, avrebbe fatto in modo di rivivere altri mille e più di momenti come quello. E promise a se stesso che l'avrebbe fatto. E proprio per questo avrebbe cominciato a credere anche lui in quel futuro.
Avevano perso così tanto tempo a cercarsi, a rincorrersi, a farsi del male. Ma inconsciamente, avevano sempre saputo che, prima o poi, entrambi avrebbero raggiunto un punto d'incontro. Dovevano solo trovare il modo giusto di prendersi, di comprendersi. Era così che funzionava tra loro due: farsi del male, ma poi ritrovarsi. Sempre. Senza perdersi mai realmente.
Con la sola differenza che adesso non si sarebbero più fatti del male, per nulla al mondo. E avrebbero continuato ad aspettarsi, a vivere comunque piccoli e rari momenti di pace, facendo attenzione a non sprecarli. In attesa di quel futuro in cui ora credevano entrambi.
E sarà tutta una sorpresa.

 








Angolo di un'autrice che al momento non sa come definirsi (?)
Lo so, lo so. Quaaante versioni avrete già letto e riletto su questo stupendo missing moment? Io non ci ho mai scritto nulla, e niente, una sera mi si è presentata davanti una scena (quella in cui Hermione zittisce Ron) ed è venuta giù questa OS. E non è altro che un "Missing moment - ballo Ron/Hermione" tra tanti. Non potete immaginare quanto sia stato frustrante descrivere scene così senza infilarci un bel bacio. E suppongo sia stato deludente anche non averlo letto T.T Mi ha sfiorato l'idea, a dir la verità, e avrei ceduto se solo non avessi totalmente a cuore i personaggi della nostra cara zia Jo che ha deciso di far "muovere" in un certo modo perché così doveva essere e basta u_u E quindi, niente bacio... sappiamo tutti quando i due (anzi, Hermione!) cederanno a questo presunto patto che nella mia fantasia c'è stato (?). Spero di aver reso Hermione credibile e chiara nel momento in cui cerca di spiegare a Ron la sua scelta. Non so, ho sempre pensato che lei volesse "provare" meno emozioni possibili, vista la situazione... e anche se loro sono comunque più vicini nel settimo libro - e più adorabili del solito - credo ci sia stato un "chiarimento" (se così vogliamo definirlo) del genere e che sia stata Hermione, ovviamente, a pensarci. E, ragazzi, io Ron lo adoro *^* volevo proprio provare a renderlo un po' più maturo, perché io nel settimo libro vedo una bella differenza rispetto al Ron dei precedenti libri. Per la seconda volta, dopo un bel po', ho deciso di lasciar perdere il solo punto di vista di Ron, alternandolo con quello di Hermione. Questo perché credo sia stato un momento dolce e particolare per entrambi e quindi ho pensato che anche Hermione avesse diritto a dire la sua, eheh. Allora, come vi è sembrato questo alternarsi di pensieri e sensazioni? Spero non appaiano troppo "bruschi" i cambiamenti improvvisi. E Hermione? Cosa ne dite? Io mi sono divertita a gestirla e se il risultato è accettabile, credo che ci riproverò in futuro. Ma questo dovete dirmelo voi, mi fido u_u  Un'altra cosa che volevo chiarire è il titolo: "Sempre questo tono sorpreso". Be', sarà pure una frase sentita e risentita, ma io la adoro. Quando ho cominciato a scribacchiare fanfic, ho sempre aspettato il momento in cui avrei potuto chiamare una Romione così, dico davvero! È che mi ricorda tantissimo loro, il fatto che siano continuamente l'uno una sorpresa per l'altra... perché devono imparare a conoscersi meglio, a comprendersi e a capire cosa sorprenda l'altro *^* E, insomma, credo che in questa storiella si siano sorpresi abbastanza. E, per Godric, mi si stringe il cuore averli descritti così sereni insieme, verso la fine, sapendo cosa sarebbe successo nei minuti successivi T.T ma non pensiamoci, non è certo colpa mia! E poi va be', dopo c'è comunque quella famosa prima notte al numero dodici di Grimmauld Place e due mani che restano intrecciate, eheh :'D
Bene, credo di aver detto tutto e... sì, nel caso qualcuno si sia chiesto: "ma la storia a capitoli? Ci hai rotto le pluffe alla fine delle ultime tre storie e ancora non c'è" e se non ve lo siete chiesti, meglio ancora hahahah. Comunque c'è, esistono 3 capitoli completi (e davvero intensi, devo dire) e ne esiste uno nella mia mente che aspetta ancora di essere portato su carta u_u semmai dovessi avere un improvviso e raro lampo di genio, ce ne sarà un quinto, ma comunque pubblicherò la storia non appena sarà pronto il quarto. "E che ce ne frega a noi?" no, infatti, chissene... passiamo ai ringraziamenti, lol. Be', arrivo sempre a ringraziare lettori/recensori alla fine di una serie di inutili chiacchiere, ma sappiate che siete mooolto più importanti delle mie chiacchiere u_u e quindi vi conservo per il gran finale e vi dedico un enorme, sentito e sincero grazie perché perdete tempo con le mie storie anche per farmi sapere che vi hanno colpito. La verità è che ogni volta, voi colpite me... ma proprio nel profondo, eheh. GRAZIE! *^*
A prestissimo!
E lo sapete:
Peace, love & Romione
Jess




 
 
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