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Autore: lapoetastra    16/09/2014    4 recensioni
IL MIGLIO VERDE
Non ho mai avuto un migliore amico.
Non prima di conoscere te, almeno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai avuto un amico.
In tutta la mia vita sono sempre stato solo.
Allontanato da tutti, preso in giro da chiunque incontrassi sul mio cammino, maltrattato, picchiato, deriso.
"Stupido francese" è l'appellativo con cui la maggior parte della gente mi si rivolge.
E io soffro, ma nessuno se ne accorge.
Anche adesso che sono in questa prigione, in mezzo a tutti gli altri detenuti che hanno fatto i miei stessi errori e che attendono, come me, il loro ultimo viaggio, mi sento solo.
Ci sono stati momenti in cui ho desiderato con tutto me stesso percorrere il Miglio verde e arrivare davanti alla Vecchia scintillante, per porre finalmente termine a tutti questi dispiaceri che gli anni mi hanno portato in numero sempre maggiore.

Ma poi ho conosciuto te.
Quando, la prima volta, mi hai guardato con i tuoi occhietti neri e scintillanti, ho capito che qualcosa sarebbe cambiato.
E infatti non mi sono sbagliato.
In questa settimana in cui siamo stati insieme, mi hai reso felice come non lo sono mai stato in tutti i miei cinquant'anni di vita.
Mi sei stato accanto in ogni istante, abbiamo giocato, oh come ti piaceva rincorrere quel piccolo rocchetto di filo!
Ben presto sei diventato il mio migliore amico, l'unico che abbia mai avuto.
Ma ora è arrivato il momento.
Io me ne devo andare.
La legge non sente ragioni, neanche quando ho detto mille e mille volte che mi dispiaceva per quello che avevo fatto, per la vita che avevo tolto.
Se potessi tornare indietro nel tempo, modificherei gli avvenimenti e ora non sarei un morto che cammina.
Ma in questo modo non avrei conosciuto te.
E ciò non posso sopportarlo.
Ti ringrazio per tutto quello che mi hai donato in questa settimana: amicizia, vicinanza, rispetto.
Non so neanche perchè ti scrivo questa lettera, in fondo tu non puoi leggere, ma poco importa.
La lascio sotto il cuscino, così quando verrà Paul - sappiamo entrambi che non è come gli altri secondini, lui è diverso, lui...capirà - la prenderà e te la leggerà.
E io so che tu ascolterai queste mie parole e, anche se sembra impossibile, le capirai.
Ed allora ti tranquilizzerai, apprenderai che non ti ho abbandonato, che in qualche modo ti sarò sempre vicino.
Sono arrivati: devo andare.
Parto per il mio ultimo viaggio lungo il miglio verde.
Ti voglio bene amico mio, più di quanto ne abbia mai voluto a qualcun altro.
Non dimenticarmi, Mr Jingles.
Spero che nel tuo piccolo cuore rimarrà sempre posto per uno "stupido francese" di nome Eduard Delacroix.



Subito dopo l'esecuzione di Delacroix, il secondino Percy Wetmore andò nella sua ex cella.
Aveva infatti sentito il francese sussurrare a Paul Edgecombe che aveva nascosto una lettera sotto il cuscino, indirizzata a Mr jingles, con la preghiera che lui gliela leggesse.


< Dove stai andando, capo? >, chiese la guardia Dean Stanton.
< Nella cella di Delacroix. Prima dell'esecuzione mi ha detto che ha nascosto una lettera sotto il cuscino per Mr Jingles e vuole che gliela legga >, rispose Paul Edgecombe.
< Credeva davvero che un topo potesse capire le sue parole? >, disse Dean, cercando di non mettersi a ridere.
< Comunque sia, è stato il suo ultimo desiderio e io glielo devo >, lo redarguì Paul, lanciando al giovane secondino un'occhiataccia.
Senza aspettare che l'altro rispondesse, si avviò lungo il Miglio.
Era quasi arrivato alla cella del francese quando ne vide uscire Percy.
< Che cosa ci fai tu qui? >, gli chiese.
< Io.. ehm... Sono... sono venuto per dare un ultimo addio a Delacroix. Ho sbagliato a trattarlo sempre così male. E ora, anche se so che è troppo tardi, mi dispiace davvero tantissimo >, sussurrò Percy.
Paul non credette alle sue orecchie: quel ragazzo era sempre stato cattivo con tutti i detenuti, ma in particolare con il francese. Gli sembrava impossibile che ora si fosse pentito realmente di tutte le angherie che gli aveva rivolto.
Ma lui aveva una fede cieca in tutte le persone, era sempre stato così, fin da bambino, quando tutti i suoi compagni di classe gli giuravano che non erano stati loro a rubargli la merenda o a scarabbochiargli il banco. Perciò credette alle parole di Percy.
"C'è sempre una prima volta, no? Magari vedendolo morire ha capito che tutto ciò che ha sempre fatto di male nei suoi confronti è sbagliato e ora gli dispiace davvero. Voglio credere che sia così", pensò Paul.
Poi disse: < Hai per caso trovato una lettera sotto il cuscino? Mi ha detto che l'aveva nascosta lì >.
Percy sembrò sorpreso.
< Ho sentito mentre te lo diceva, e ho pensato di prenderla io, per poi dartela, ma non ho trovato nulla. Ho cambiato le fodere e le lenzuola, ho controllato a terra e sotto il letto, ma non c'è nessuna lettera. Credo che la paura della morte abbia giocato qualche scherzo al suo cervello. Magari l'ha sognato. Se non mi credi, guarda tu stesso >.
Paul fece come gli venne consigliato: alzò il cuscino e si guardò in giro per tutta la cella, ma non vide altro che polvere e sporcizia.
< Sì, forse si è sbagliato, ha solo immaginato di scriverla... >, disse Edgecombe.
< Sì, deve essere così >, confermò Percy.
< E bene, il nostro lavoro qui è finito. Io vado a casa, mia moglie mi aspetta >. Così dicendo Paul ripercorse il Miglio e se ne andò.
Una volta che fu rimasto solo, Percy andò in bagno.
Tirò fuori dalla giacca la lettera che aveva trovato in precedenza sotto il cuscino di Delacroix.
< Stupido francese, scrivere una lettera ad un topo schifoso, mph, che cosa da idioti. Te lo dò io il tuo ultimo desiderio >.
Così dicendo, strappò il foglio in mille pezzi e lo gettò nel gabinetto.
Poi tirò lo sciacquone, senza ombra di rimorso negli occhi.
   
 
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