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Autore: Stella_Del_Mattino    16/09/2014    1 recensioni
E se Peter Minus non fosse stato un Mangiamorte, ma si fosse dovuto piegare a costoro perché avevano minacciato la sua famiglia? E se, di conseguenza, i Mangiamorte, prima della sua conversione forzata, non avessero avuto nessuna notizia dei Potter e fossero arrivati al punto di rapire una sporca Babbana pur di avere indizi sul loro nascondiglio? E se Petunia avesse per caso sentito il nome del traditore, il nome che, se riferito, avrebbe potuto salvare James e Lily?
Sarebbe stata l'ultima occasione per cambiare la storia che tutti noi conosciamo.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Dudley Dursley, Kingsley Shacklebolt, Mangiamorte, Petunia Dursley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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NdA:
Il contesto è la Prima Guerra Magica, precisamente la storia è ambientata tra il 29 e il 30 ottobre 1981, con finale il 31 ottobre.  In questa storia Malocchio è il capo degli Auror, Scrimgeour non viene preso in considerazione.
 “Rab” sarà diminutivo di “Rabastan”, quindi non è Regulus (R.A.B.).
Lo “strano oggetto” che alla fine Moody dà a Petunia è una Passaporta ma lei ovviamente non può sapere di che si tratta.
 


The last (wasted) chance to change the story

‹‹ Presidiate la zona, non possono essere andati lontano. ›› L’occhio finto di Alastor Moody guizzò, roteando all’indietro e scandagliando ogni angolo della via. ‹‹ Tu ispeziona le case del lato destro. Tu controlla quelle a sinistra. Tu prepara la bacchetta, ci saranno molti ricordi da modificare. ››
La squadra di Auror si divise e i maghi interpellati da Malocchio sgusciarono nell’oscurità, accostandosi ai muri delle abitazioni.
Seguirono diversi minuti di silenzio.
Le operazioni procedevano senza il minimo rumore e la quiete era disturbata solo dall’incedere zoppicante del capo, la cui gamba di legno produceva un ticchettio ritmico.
I Babbani, ignari, continuavano le loro placide attività serali e dalla strada si vedevano tavole imbandite e accoglienti poltrone sistemate davanti a camini accesi. Tutte le case sembravano tranquille e il numero quattro non faceva eccezione.
Petunia Evans stava aspettando ― come ogni sera ― che il marito rincasasse, preparando ― come ogni sera ― un’abbondante porzione di salsicce arrosto per Vernon, e ― come ogni sera ― si beava della perfetta normalità della propria vita, eppure c’era qualcosa che la turbava.
Erano forse maghi quelli che, da qualche ora, si aggiravano guardinghi nei pressi di Privet Drive?
A farla insospettire erano stati i mantelli svolazzanti e gli insoliti copricapi di alcuni uomini, che le avevano ricordato il pessimo gusto nel vestire della sua stravagante sorella.
Da mesi non aveva più notizie di Lily, ovvero da quando aveva rifiutato di partecipare al suo matrimonio con quel Potter, ed erano passati circa due anni dall’ultima volta che l’aveva vista, ma adesso quel via vai in una parte di Little Whinging solitamente pacata ― Petunia e Vernon l’avevano scelta proprio per questo ― puzzava di bruciato.
Dudley iniziò a piangere flebilmente , attirando l’attenzione della madre, che si allontanò dai fornelli e raggiunse la culla del bambino, sistemata sotto la finestra del salotto.
‹‹ Che c’è, Didino? ›› Petunia sollevò il figlioletto e, credendo che si lamentasse perché aveva bisogno di essere cambiato, gli tastò il pannolino, ma rimase interdetta nel constatare che era asciutto.
‹‹ Hai fame? ›› ipotizzò ancora, tentando di allattarlo, però, stranamente, Dudley non sembrava in vena di mangiare.
Non sapendo che altro fare, lo tenne un po’in braccio, poi si chinò per rimetterlo nella culla e farlo addormentare, ma un fruscio fuori dalla finestra la fece raggelare.
‹‹ Chi è la? ›› disse con voce roca, scrutando ansiosamente il buio.
Nessuna risposta né segno di vita.
‹‹ C’è qualcuno? ›› ripeté in un sussurro, stringendosi Dudley al petto.
Ancora niente.
Oltre il vetro, le rade piante del fazzoletto di terra antistante la casa ondeggiavano regolarmente, mosse dal vento, e la cassetta delle lettere, lasciata aperta da Vernon, dondolava, producendo un cigolio sinistro.
Petunia guardò l’orologio: erano le nove e mezza, perché suo marito ancora non si vedeva?  Di solito era di ritorno alle nove.
Un nuovo rumore la fece sobbalzare. Qualcuno si stava muovendo nell’ombra, vicino al davanzale.
Petunia trattenne il respiro, poi, con la bocca serrata, i nervi a fior di pelle e i muscoli del collo tesi come corde di violino, afferrò con una mano una coperta per avvolgere Dudley e con l’altra un pesante candelabro d’ottone. Sollevò l’oggetto sopra la testa, pronta a fracassarlo sulla fronte di un eventuale aggressore, tuttavia non ne ebbe l’occasione, perché un boato esplose alla fine della strada, dove si trovava una piccola banca. Presto il cielo assunse striature rossastre e rosacee, dovute alle fiamme che erano divampate nell’edificio, e tutti gli abitanti di Privet Drive si precipitarono in strada, nel panico. Qualcuno gridava, in molti si coprivano la faccia con le mani, altri cercavano freneticamente il numero della polizia sul telefono. La signora Marilyn, decrepita vicina dei Dursley, borbottava qualcosa a proposito di un attentato terroristico, però Petunia sapeva che si sbagliava. Quello non era un attentato, o almeno non nel senso Babbano della parola, infatti, dopo qualche secondo, comparvero i maghi.
Feccia, fenomeni da baraccone, scherzi della natura.
Sfrecciarono sopra la banca distrutta con le loro scope ― quegli strumenti del demonio che utilizzavano per spostarsi ― e da lì in poi fu il caos.
Alcuni ceffi indossavano un’orripilante maschera nera e aggredivano sia i Babbani che gli altri maghi, mentre lampi di ogni colore sfolgoravano ovunque in aria. A terra la gente si barricava in casa oppure fuggiva, invocando aiuto.
Petunia, che si era affacciata alla finestra per scoprire l’origine del boato, si affettò a richiuderla, ma era troppo tardi: uno dei mostri in nero l’aveva notata.
‹‹ È lei! ›› ululò, e subito il numero quattro fu preso d’assalto.
Le fatture fecero crollare il tetto, qualcuno sfondò la porta e mandò in frantumi gran parte del mobilio.
Dudley ricominciò a piangere, stavolta disperatamente, e Petunia, scossa e intontita, restò inerte, collassata dietro il divano nel tentativo di mettere al riparo se stessa e il bambino.
Un uomo corpulento atterrò due suoi simili e si protese verso la donna, strappandole rudemente il figlio dalle mani. Solo allora Petunia gridò, uscendo dallo stato di quasi incoscienza in cui lo shock l’aveva gettata, gli artigliò il braccio con le unghie e saltò in avanti per salvare il piccolo.
Lui la respinse senza difficoltà, passò Dudley a un compagno e la strattonò, con l’intenzione di caricarsela sulle spalle.   
Lei gli graffiò il volto, provando in ogni modo a tenere lontano da sé quelle mani luride, ma con poco successo. Molto più efficace, infatti, fu il provvidenziale intervento di un mago dall’aspetto bizzarro.
Utilizzò la gamba di legno ― solo una delle tante stranezze di cui pullulava il suo corpo ― come perno e, con tre decisi scatti del polso, mise fuori combattimento altrettanti nemici, atterrati dai suoi incantesimi.
Quello che tratteneva Petunia mollò la presa per concentrarsi sul nuovo arrivato, ma anche lui fu messo K.O. senza pietà.
‹‹ Signora Dursley ›› salutò burbero Moody, mentre sconfiggeva una quarta persona.
‹‹ S-sta scappando con mio figlio! ›› singhiozzò la Dursley in un impeto di isteria, indicando con il dito ossuto e tremante un uomo che, sfruttando la copertura dei compagni, scomparve nel nulla con Dudley.
‹‹ NO! ›› Petunia incespicò tra le macerie e i vetri rotti, nella sciocca illusione di poter fare ancora qualcosa, ma Malocchio la fermò, spingendola con poca gentilezza verso un collega dalla pelle scura.
Quest’ultimo l’afferrò saldamente per la vita e, prima che lei potesse ribellarsi, la caricò su una scopa.
‹‹ Si regga forte, signora Dursley. Il viaggio potrebbe essere movimentato. ››
 
***
‹‹ Si sta svegliando. ››
Quando Petunia si riprese, si ritrovò a fissare un terrificante, estraniante, assurdo occhio blu elettrico.
‹‹ Oh mio Dio, si allontani da me! ››
‹‹ Babbani ›› sbraitò Malocchio, ‹‹ facilmente impressionabili. ››
‹‹ Dov’è il mio Didino? Che cosa gli avete fatto? Che è successo? Dove mi trovo? ›› esplose la donna, non riconoscendo l’ambiente trasandato che la circondava. Il divano su cui era distesa puzzava terribilmente di alcol.
L’Auror biascicò qualcosa di incomprensibile, sorseggiando whisky da una fiaschetta, e fu l’uomo dalla pelle scura a farsi avanti.
‹‹ Kingsley Shaklebolt ›› si presentò, tendendo la mano a Petunia.
 Lei non gliela strinse, al contrario la guardò schifata. Come osava un mago ― feccia, fenomeno da baraccone, scherzo della natura ― pretendere di toccarla?
Kingsley non se la prese e lasciò cadere il braccio. ‹‹ Questa è una base del Dipartimento Auror nel mondo dei Babbani. La usiamo per le emergenze. ››
‹‹ Come sono arrivata qui? E mio figlio? Se avete adoperato uno dei vostri trucchetti perversi su di lui, io… ››
Queste insinuazioni irritarono Malocchio. ‹‹ Lei cosa ? Non si è ancora resa conto che non siamo noi i cattivi in questa storia? E se non fosse svenuta a metà del viaggio con Kingsley, saprebbe anche dove si trova. ››
Petunia tacque per un attimo, poi arricciò il naso, stizzita, e tornò alla carica:
‹‹ Voglio sapere dove avete portato Dudley. Ridatemi subito il mio piccino. ››
I due uomini si scambiarono uno sguardo rapido. Kingsley sembrava predicare un po’di tatto, ma furono i modi bruschi del capo a spuntarla.
‹‹ Non ce l’abbiamo noi il marmocchio ›› tagliò corto. ‹‹ Se lo sono preso i Mangiamorte. ››
‹‹ Ma faremo il possibile per ritrovarlo ›› aggiunse immediatamente Kingsley.
Petunia rimase paralizzata, per un istante incapace di metabolizzare bene quelle parole, dopodiché scoppiò in lacrime, pur non capendo chi fossero i tizi ― Mangiaqualcosa ― che avevano suo figlio.
Malocchio si allontanò zoppicando, lasciando al collega il compito di consolarla, e si dedicò a una ferita aperta che aveva sul braccio. Estrasse dalla tasca del mantello una boccetta di Essenza di Dittamo e, senza tante cerimonie, ne versò alcune gocce sul taglio. La pelle iniziò a sfrigolare e il sangue a ribollire, ma lui non fece una piega.
Nel frattempo, Kingsley aveva allungato a Petunia una scatola di fazzoletti di carta.
‹‹ I Mangiamorte sono maghi oscuri, signora Dursley ›› le stava spiegando con pazienza. ‹‹ Eravamo sulle loro tracce da mesi e stasera siamo riusciti a intercettare uno dei loro blitz. ››
‹‹ Temevamo che potessero cercare di arrivare alla vostra famiglia per avere informazioni sui Potter e le nostre deduzioni si sono rivelate esatte ›› precisò Moody.
‹‹ Potter ›› ripeté Petunia con disgusto. Per l’ennesima volta la sua perfetta sorella era la sua rovina.
‹‹ E Vernon? ›› domandò con voce strozzata.
‹‹ Il grassone sta bene, è stato sistemato in un’altra base. ››
La signora Dursley fece una smorfia di disapprovazione, quando sentì il marito etichettato come “grassone”, ma Malocchio la ignorò.
‹‹ Vi converrà riportarmi il mio Didino, altrimenti ve la vedrete con lui ›› ricominciò la donna, ritrovando lo zelo perso per lo spavento.
Il capo degli Auror si lasciò scappare una risata aspra e bevve un nuovo sorso di whisky. ‹‹ Babbani ›› commentò amareggiato.
‹‹ Stia tranquilla, signora Dursley ›› si intromise Kingsley, ‹‹ ai Mangiamorte un neonato non è di alcun aiuto. Probabilmente lo useranno solo come esca. ››
‹‹ E noi dobbiamo essere bravi a non abboccare ›› concluse Malocchio.   
 Petunia non controbatté e si accasciò sul divano fetido.
Non poteva fidarsi di quei mostri, erano tutti come Lily ― strambi e pericolosi ―, perciò avrebbe salvato suo figlio da sola.
 
***
‹‹ Shaklebolt! Scendi, presto! ›› urlò Malocchio al collega. ‹‹ La Babbana è sparita. ››
I due Auror misero sottosopra la base e, appurato che Petunia non era da nessuna parte, uscirono in fretta.
‹‹ Raduna la squadra ›› ordinò Moody. ‹‹ Dubito che la Dursley sappia qualcosa sul nascondiglio dei Potter, ma i Mangiamorte sono disposti a tutto per scovarli. Se la trovano prima di noi, la tortureranno e poi la faranno fuori, quindi dobbiamo batterli sul tempo. Gambe in spalla, Shaklebolt, dobbiamo fare in fetta. ››
 
***
 
Petunia fu avvicinata da una donna dai capelli selvaggi. La squadrò a lungo e quella sorresse il suo sguardo senza problemi, facendo ondeggiare i riccioli neri.
‹‹ Sa dirmi dov’è la centrale di polizia più vicina? ›› le chiese, stanca di vagare senza meta in una città che non le risultava familiare.
‹‹ Venga con me. ›› La donna le coprì le spalle con una scialle e, riservandole un sorriso falsamente amichevole, la sospinse in avanti con una mano, mentre con l’altra sfoderava la bacchetta.
Prima che potesse rendersene conto, Petunia fu travolta da un lampo rosso e un potente Schiantesimo le fece perdere i sensi per la seconda volta in circa dodici ore.
 
***
 
Lo scenario che si presentò davanti agli occhi di Petunia era ben più ostico e freddo della base degli Auror, tanto da farle subito rimpiangere il divano puzzolente.
Intorno a lei regnava il buio e tutto ciò che riusciva a percepire era l’umidità delle pietre del pavimento, che, dure e scomode com’erano, stavano risvegliando il suo mal di schiena. Di tanto in tanto delle urla spettrali le facevano accapponare la pelle.
Quel luogo era da brivido.
Un alito di vento gelido scosse la malandata porta di legno che sigillava la stanza.
Petunia si alzò, barcollando sulle gambe tremanti, indebolite sia dalla paura sia dal fatto che non usufruiva di un pasto decente dal giorno precedente, e si avvicinò all’uscio.
Spinse la maniglia rugginosa con tutte le sue forze, ma fu inutile. Fece un secondo tentativo, poi un terzo, un quarto e anche un quinto, ma senza progressi: la porta non si era mossa neanche di un centimetro.
Stremata, si lasciò scivolare lungo il muro ruvido. Quella situazione assurda le ricordava la volta in cui, quando lei aveva dodici anni e Lily nove, la sorella, con quel suo “talento” ― maledizione ― incontrollato, l’aveva chiusa in cantina, dopo una lite.
Una lacrima solitaria le bagnò la guancia destra, poi lo scalpiccio di numerosi passi spezzò il filo dei ricordi.
Petunia si ridestò, raddrizzò le spalle, spalancò le orecchie e rimase all’erta, obbligandosi a non mollare ― doveva provarci per Dudley.
‹‹ Rab, tira fuori quella sudicia Babbana. Rodolphus si occuperà di lei, come ha disposto il nostro Signore. ›› Una voce femminile già sentita dalla donna risuonò in lontananza e fu accolta da uno scoppio di ilarità.
‹‹ Attento, Rab, potrebbe infettarti ›› commentò qualcuno.
Nuove risate echeggiarono fuori dalla cella.
‹‹ Sta’zitto,Yaxley ›› tuonò un uomo.
La serratura vibrò e uno spiraglio di luce rischiarò l’ambiente. Petunia strizzò gli occhi e strinse le mani a pugno, aspettando che un nuovo mostro venisse avanti. Quando l’ombra del mago arrivò a sfiorarle i piedi, si raggomitolò, portando le ginocchia al petto.
Per la prima volta in vita sua, davanti a uno scherzo della natura l’emozione dominante non era il ribrezzo, bensì il terrore.
Lui fece un passo verso di lei, ma poi si fermò, richiamato da un compagno.
‹‹ Aspetta, Rab. C’è un cambio di programma. ››
Rab tornò indietro, sparendo dalla visuale di Petunia, e il cuore della donna tornò a battere regolarmente.
‹‹ Che succede, Malfoy? ››
‹‹ Abbiamo i Potter in pugno, la Babbana non ci serve più. ››
Quelle parole gelarono la Dursley per un duplice motivo: primo, aveva l’impressione di avere a che fare con il tipo di gente a cui è meglio essere utili, altrimenti… clac; secondo, temeva che non volessero fare una pacifica chiacchierata con i Potter e sentire che li avevano in pugno la turbò profondamente.
Non riusciva a spiegare quell’inaspettata morsa allo stomaco ― Lily l’aveva abbandonata per andare in una scuola per matti, le aveva reso la vita impossibile per anni, l’aveva sempre surclassata con il suo essere schifosamente speciale ―, eppure in quel momento avrebbe voluto chiedere a sua sorella: “Hai tutto sotto controllo?”  
Intanto, nel corridoio malandato oltre la soglia, i suoi carcerieri stavano discutendo.
‹‹ A cosa dobbiamo questa novità? ›› diceva Rab.
‹‹ I nostri sospetti erano giusti: i Potter stanno usando un Incanto Fidelius per nascondersi ›› spiegò Malfoy, ‹‹ e il loro Custode Segreto è venuto da noi. ››
‹‹ E chi è? Black? ››
‹‹ No, Minus. ››
‹‹ Perché li ha venduti a Lui? ›› Rab sembrava ancora scettico.
‹‹ La nostra ultima visita alla sua famiglia l’ha convinto a cantare. ››
Risate sprezzanti interruppero la conversazione, poi Yaxley chiese:
‹‹ Della Babbana e del suo marmocchio allora che ne facciamo? ››
‹‹ Dateli a Greyback ›› propose l’unica donna presente nel gruppo di Mangiamorte. ‹‹ Si sbarazzerà di loro in fretta e sarà contento di avere dei ninnoli con cui giocare. ››
‹‹ Ottima idea, Bella ›› commentò Rab.
La porta cigolò e Petunia avvertì un brivido di paura attraversarle la spina dorsale. Si rintanò nell’angolo più remoto della stanza, attendendo qualcosa che non avvenne mai, perché, di nuovo, Rab fece dietrofront, stavolta allarmato da delle grida remote.
 
***
 
Malocchio era appostato nella vegetazione vicino alla Stamberga Strillante. Alla sua destra Hogsmeade sfilava con le sue pittoresche abitazioni, mentre alla sua sinistra Dawlish si preparava all’azione.
Moody aveva saputo da fonti attendibili ― Remus Lupin, il quale, durante la sua ultima trasformazione in licantropo, aveva notato più movimento del solito nei pressi della Stamberga ― che i Mangiamorte avevano reso la casa infestata una sorta di quartier generale, quindi, non riuscendo a rintracciare la Babbana, aveva subito ipotizzato che sia lei che il bambino dovessero essere stati portati lì e aveva organizzato una spedizione di fortuna, reclutando tutti gli Auror che era riuscito a trovare.
La divisione guidata da Kingsley era già all’opera e, se tutto fosse andato secondo i piani, entro qualche minuto si sarebbero sentiti i primi clangori della battaglia. Il loro intervento doveva distrarre i Mangiamorte per permettere la gruppo di Malocchio di coglierli di sorpresa e introdursi nella Stamberga per portare in salvo i Dursley.
Come previsto, presto urla e sfolgorii rossi e verdi fendettero l’aria.
‹‹ Forza, si parte. ›› Moody si mosse alla volta della guerriglia, seguito a ruota dagli altri Auror.
Il diversivo creato da Kingsley diede loro qualche minuto di vantaggio, ma, una volta arrivati alle spalle dei combattenti, un gruppo di Mangiamorte provenienti dall’interno della Stamberga li individuò.
‹‹ Ce ne sono altri! ›› La voce di uno degli uomini arrivò distorta alle orecchie di Malocchio, il quale per poco non sentì un compagno che lo aveva avvicinato e gli stava dicendo:
‹‹ Il bambino è al sicuro, mentre la Dursley è in una delle stanze diroccate del primo piano, non siamo ancora riusciti a raggiungerla. ››
‹‹ Riferisci a Shaklebolt che di lei mi occuperò io. ››
L’Auror sparì nella calca di maghi che si fronteggiavano e Malocchio si dedicò a un paio di avversari che, ignari dell’incredibile capacità di rotazione a 360°  del suo occhio finto, meditavano di attaccarlo da dietro.
‹‹ Impedimenta. ›› Scagliò la fattura senza nemmeno voltarsi e i due, presi alla sprovvista, capitombolarono all’istante.
Immediatamente altri tre Mangiamorte si gettarono su Moody, ma lui li superò con uno scatto felino e balzò sul secondo gradino della scala che introduceva alla casa stregata, lasciando a bocca aperta i nemici, che, vista la sua gamba di legno, non lo credevano capace di tale agilità.
‹‹ Stupeficium. ›› Il primo Mangiamorte cadde con un tonfo e i suoi compari, che si trovavano più in basso rispetto a Malocchio ed erano facili bersagli per i suoi incantesimi, lo seguirono nel giro di poco, dopo qualche sterile tentativo di difesa.
‹‹ Canaglie! Aspettate che sistemi questa faccenda e poi verrò a prendervi. Starete un po’al fresco nelle celle di Azkaban. ››
La scalinata che portava al primo piano era stranamente sgombra, come il pianerottolo, e ogni stanza pareva priva di sorveglianza.
“Brutto segno” pensò l’Auror. “Forse siamo arrivati tardi e la Babbana ha già tirato il calzino.”
Si accostò cautamente a una delle porte, strisciando lungo il muro e mantenendo alta la guardia, poi, appurato che nessuno lo avrebbe assalito, sbirciò all’interno.
La donna era rannicchiata in un angolo, piegata su se stessa e irriconoscibile. Il pacchiano vestito a fiori che indossava dalla sera precedente era lurido e strappato in più punti, il suo volto smunto e gli occhi spiritati, ma, nonostante tutto, non c’erano tracce di sangue.
Quando vide il mago, emise un rantolo soffocato e si agitò.
‹‹ Suvvia, non ricominci con le sue paranoie da Babbani ›› sbottò lui, alzando l’occhio sano al cielo. ‹‹ Il suo marmocchio sta bene, tra poco potrà rivederlo. ››
 
***
 
Petunia strinse al petto Dudley, così sollevata di riaverlo con sé da non fare caso neanche all’odore acre del divano della base degli Auror.
I maghi stavano discutendo in un cucinotto separato dal salotto, ma alcune frasi giunsero comunque alle orecchie della Dursley.
‹‹ Se i Mangiamorte si sono presi persino il disturbo di rapire una Babbana pur di avere indizi su James e Lily, perché è stato così semplice strapparla dalle loro grinfie? ›› stava domandando uno di loro.
Udendo il nome della sorella, Petunia si ricordò i raccapriccianti discorsi di alcuni dei mostri che l’avevano rapita e un nome provò a riaffiorare tra i suoi ricordi confusi ― Miner? Nimbus?Misun?
Non avrebbe dovuto importarle, in fondo Lily era solo un fenomeno da baraccone ed era un bene che fosse uscita dalla sua vita, eppure sentiva il bisogno di far sapere quel nominativo, di far incontrare per un’ultima volta le loro strade.
Tenendo sempre Dudley tra le braccia, si alzò e si diresse verso la cucina, proprio nel momento di cui Moody ne stava uscendo.
Per un istante i due si squadrarono, poi lei aprì la bocca per parlare, ma lui fu più lesto.
‹‹ Oblivion. ›› Il nome fondamentale spirò dalle labbra di Petunia e sparì dalla sua mente. Malocchio le mise in mano uno strano oggetto e un secondo dopo davanti ai suoi occhi c’era il soggiorno del numero quattro di Privet Drive. Tutto era intatto, le ultime diciotto ore non erano mai avvenute.
 
***
“Attentato alla banca di Privet Drive: a 36 ore dall’attacco si cercano i responsabili”
 
‹‹ Che balordi, spero che almeno la polizia faccia il suo dovere. ›› Vernon abbandonò sul tavolo il giornale appena letto e, dopo un’abbondantissima colazione, afferrò la propria valigetta da lavoro.
‹‹ A dopo, cara. ››
Petunia seguì il marito con lo sguardo finché non fu uscito, poi riprese in mano il quotidiano. Quel titolo in prima pagina le dava una sensazione strana e in particolare la parola “attentato” le sembrava avere un significato diverso dal solito, come se ci fosse un doppio senso che le sfuggiva.
Lesse l’articolo che parlava di quel fatto, ma, constatando che non c’era scritto niente che lei non sapesse già, si arrese al fatto che quella dovesse essere solo una giornata storta. Le notti insonni passate a cullare Dudley, per cercare ― invano ― di farlo dormire, evidentemente iniziavano a pesarle.
Sparecchiò distrattamente la tavola e, dopo aver lasciato le tazzine da caffè nel lavello, andò a svuotare la cassetta della posta, come faceva ogni mattina. Prelevò la corrispondenza e la smistò, lasciò la raccomandata di promozione di Vernon in bella vista in salotto, mentre ripose le bollette in un cassetto. Durante quest’ultima operazione, casualmente ritrovò una vecchia lettera di Lily, l’ultima che aveva ricevuto, in cui la sorella le annunciava di essere incinta. La lasciò andare all’istante, come se scottasse o fosse infetta, però un sentimento sconosciuto le chiuse lo stomaco. Non era il solito disprezzo, bensì qualcosa di anomalo, che non sapeva identificare.
Fu quello stesso sentimento inspiegabile che, quella sera, la spinse a portare in casa sua il bambino indifeso che qualcuno lasciò davanti alla porta e solo con il piccolo Harry in braccio comprese che cosa fosse: rimorso.   
Avrebbe potuto fare qualcosa ― anche se non ricordava cosa ― per cambiare la storia, ma non l’aveva fatto.
 
 
  
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