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Autore: altaira    16/09/2014    0 recensioni
[Gomorra la serie]
Questa storia parla della storia d'amore tra Marica, personaggio totalmente inventato, e Genny Savastano, uno dei protagonisti della serie TV "Gomorra" tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano. Lei è innamoratissima di lui che, essendo il figlio di un boss della malavita napoletana,vive una vita segnata dal dolore. All'interno del racconto sono inserite numerosissime parole in napoletano, ed alcuni errori grammaticali sono voluti per cercare di essere più fedeli al racconto, così come per le espressioni tipiche napoletane.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Io sono Marica, la figlia dell’assistente personale della Leonessa, donna Imma Savastano. Ho frequentato casa Savastano da quando ero una bambina, e mia madre mi portava con se nella reggia del boss, perché non aveva nessuno con cui lasciarmi, allora l’unico bambino nei paraggi era Genny, l’unico erede Savastano, che non aveva compagnia per la maggior parte del tempo.
Nessuno lo sa, ma io sono la sua migliore amica, ed unica confidente. Da quando eravamo piccoli fino a che lui è andato in Honduras, nessuno poteva saperlo altrimenti lo avrebbero chiamato “ricchione” o “femminiello”, cosa che non poteva assolutamente permettersi in quanto futuro capoclan, e avere un’amica “femmena” gli avrebbe macchiato per sempre il curriculum. Dopo l’Honduras  e l’assassinio di Russo nessuno poteva saperlo perché avrei rischiato la vita, mi avrebbero torturato, estorto informazioni ed ucciso come un moscerino sul parabrezza.
 
Sono stata la prima a sapere che Genny aveva incontrato Noemi.
-Marì, è a guagliona cchiù bell r’ò munn!-mi disse-Appriess à chest me faccio male!-
Era ancora un bambino, rincorreva il sogno di poter rimanere dietro le quinte dell’organizzazione del padre. Ma poi don Pietro entrò in carcere, e quella sera Genny era in ospedale, per quel maledetto incidente in moto. Mia madre era lì con donna Imma, ed io ne approfittai per correre da lui, con la scusa di portare
qualcosa da mangiare e qualche vestito pulito a donna Imma e a mia madre.
Feci tutto il viaggio in auto in lacrime per lui, e dovetti rifarmi il trucco prima di salire in ospedale.
-Marì, ij putev murì, chella sera!-
- Genny, ci stai pensando ancora, a quel maledetto incidente? Bast, mo è fa l’omm! Stai a sentì a donna Imma che altrimenti combini qualche guaio serio, ed io come faccio senza il mio migliore amico?- gli dissi abbracciandolo, lui mi sorrise dolcemente e ricambiò il mio abbraccio.
E così dopo le lunghe chiacchierate in auto lontano dagli occhi indiscreti della gente del clan, riuscii a convincerlo ad andare con donna Imma a Milano, perché lui era tutto preso da quella sgualdrina di Noemi.
Al suo ritorno portò a lei un paio di orecchini ed a me un braccialetto d’oro bianco con un unico pendente a forma di cuore, su cui era incisa una G.
-Genny, ma comm? Alla tua fidanzata porti un paio di orecchini e a me che sono solo una tua amica porti un cuore?- gli chiesi dopo aver aperto lo scatolino.
-Si, perché lei potrebbe andare via in qualsiasi momento, tu no…stai sempre rint’ ò core mio!-mi rispose. Lo sgridai per aver speso soldi per me, e gli diedi una pacca dietro la testa, ma lui si girò, mi bloccò i polsi e mi strinse in un abbraccio fortissimo che mi fermò il fiato. Sentii il suo profumo per la prima volta, o meglio, era la prima volta che ci facevo caso, in quel momento lo stavo sentendo e mi mandava in ebollizione. Lo guardai e lui cominciò a dirmi:- Tu sei l’unica donna di cui io mi fido, se dovessero dirmi che mi hai tradito non ci crederei mai, perché tu sei buona, si pulit! E con tutta la spazzatura che c’è nella mia famiglia non c’entri niente.-
Mi salirono le lacrime agli occhi perché lui era sincero, ed io so che aveva un animo gentile, provava compassione per le vittime che mieteva suo padre, ed odiava l’idea di uccidere qualcuno, ma da un lato amava i soldi e la vita comoda, e dall’altro sapeva che non poteva uscirne, era l’unico erede del boss, e se non si difendeva con gli affari o con la pistola, sarebbe morto, ed avrebbe fatto affondare il grande impero dei Savastano.
 
Io  in quel periodo mi stavo laureando in sociologia, la mia tesi era sulle tradizioni napoletane, una specie di analisi etnografica della cultura napoletana. Il professore mi aveva promesso la lode se avessi scritto una tesi sulla criminalità organizzata a Napoli.
-Signorina, se riesce ad indagare sui traffici della famiglia Savastano e sui Conte, giuro che le pubblico la tesi.- mi disse. Ma io non avevo intenzione di tradire la fiducia del mio migliore amico e quella di donna Imma, che praticamente mi aveva pagato gli studi.
 Pochi giorni prima che discutessi la mia tesi, Genny volle vedermi, e ci accordammo per vederci nel garage di casa sua, appena sarei andata a prendere mia madre. Solitamente aspettavo un quarto d’ora  prima che mia madre comparisse sul portone, e così mi facevo sempre aprire da Genny, che aveva una specie di dependance affianco all’edificio centrale della villa, e restavamo a parlare insieme vicino all’auto o in casa sua, quando faceva più freddo. Quel giorno mi prese per mano e mi trascinò con se nell’armeria della villa, l’unico posto di casa Savastano in cui non ci fossero telecamere.
-Marica, ti ho fatto un regalo, ma devi promettermi che lo metterai, non come hai fatto col bracciale, che non lo metti mai…-Genny mi passò uno scatolo con un grosso fiocco rosso.
-Genny, se mettessi al polso un bracciale con un cuore su cui è incisa una G, dopo cosa dovrei dire alla mia famiglia?- gli chiesi, mi guardavo intorno, sarebbe bastata un’unica foto a quella camera per madare in galera tre generazioni della famiglia Savastano. Entrai in tensione, c’erano mitra, pistole, coltelli e bombe ovunque.
-Dici che te l’ha regalato un tuo ammiratore, Gaetano. Ma mo apri sto pacco, me stai facendo venì l’ansia.- mi disse cercando di sdrammatizzare, e spingendo il pacco verso di me. Sfilai piano un lembo del nastro rosso, e sciolsi il fiocco con poca difficoltà. Sollevai il coperchio e guardai dentro. Era un paio di Louboutin rosso fuoco di vernice.
- Queste le devi mettere alla tua laurea, così potrai sentirmi vicino, anche se non mi vedrai. Sono il tuo migliore amico e devo esserci per forza!-mi spiegò mentre ne sfilava una, mi faceva sedere sul tavolo e mi toglieva una scarpa per infilare un mio piede in quella meraviglia rossa.
- A tua mamma dici che le hai comprate tu, in un negozio a via Roma, erano in offerta. Così questo è un altro segreto tra me e te. Tu si à mia! E guai a chi ti tocca!- mi disse
-Genny, tutti questi regali! Non dovresti spendere tutti questi soldi per me! Regali così non dovresti farli solo alla tua ragazza?-gli chiesi e lui rise.
-Chi? Chella vrenzola? Non sa neanche chi è Louboutin. Ci vuole eleganza per certe cose, e solo tu ne hai. Eppoi Noemi non esiste più per me. L’ho lasciata.- in quel momento il mio cuore perse un battito.
-Genny, che è successo?-
- Marica, nun te preoccupà, poi te lo racconto con calma.- aprì la porta dell’armeria e mi fece uscire, ma lui non venne con me.
 
Quando arrivai a casa, corsi ad aprire di nuovo quello scatolo per misurare di nuovo quelle scarpe, le presi le guardai, me le girai tra le mani. Solo in quel momento mi accorsi che all’interno della tomaia, su un lato c’erano stampate una piccola G. ed una piccola S. stampate in oro. Genny Savastano sapeva come fare per farti sentire la tua presenza.
Il giorno dovevo discutere la tesi. Cominciai a sentire l’ansia solo nel momento in cui varcai la soglia dell’aula magna della mia facoltà, tremavo, sudavo, strofinavo le piante dei piedi all’interno delle scarpe per sentirmi più sicura, e sentire Genny più vicino ma quando arrivò il mio turno, discussi la mia tesi con una lucidità incredibile, che non sapevo neanche io da dove mi venisse.
Quando il presidente della commissione mi congedò, io ne approfittai per uscire dall’aula e prendere un po’ d’aria. In quel momento vidi un bambino venirmi incontro correndo dalla fine del corridoio.
-Signurì, sei la signorina Marica?- mi chiese e quando gli feci di si con la testa, mi porse una rosa rossa e mi indicò una finestra dalla quale mi affacciai.
Fuori c’era Genny sulla sua moto che si sbracciava per salutarmi e mi mandava baci con la mano. Io con la testa gli feci un unico cenno per ringraziarlo della rosa. Sollevandola vidi che c’era un biglietto.
“Domani, alle nove di sera, alla fontana alla fine di via Caracciolo. Sei bellissima, dottoressa mia.” Firmato G.S.
Sventolai il biglietto, e gli feci OK col pollice in su. Lui mi strizzò un occhiolino, mi mandò un altro bacio con la mano e sfrecciò via, sulla sua moto nera.
 
Avevo parcheggiato l’auto proprio vicino alla fontana ed ero seduta sulla ringhiera che affaccia sugli scogli di Mergellina, mi rigiravo nervosamente tra le dita il cuore appeso al braccialetto. All’improvviso davanti a me si fermò un omone a cavallo di una moto, con un casco integrale, ed io riconobbi Genny solo dalla forma dei suoi occhi. Io mi avvicinai, e lui passò un casco anche a me, lo misi in testa e salii in moto, lui accelerò e sfrecciammo lungo via Caracciolo, attraversammo tutta Napoli e risalimmo verso la collina di Capodimonte.
-Marica, ti ho visto! Sei stata grande!-sentii la sua voce da un auricolare all’interno del casco.
-E come hai fatto? Tu eri fuori ed io dentro!-
-Tesò, ò criatur…aveva una telecamera nascosta.- mi disse.
-Genny, ma come! Non mi devi mettere le spie addosso!-mi arrabbiai con lui e gli diedi una pacca su una spalla.
-E ja! Non mi potevo perdere uno dei momenti più belli della tua vita.- scossi la testa, ma sorrisi, e ringraziai che lui non mi vedesse. Ad un certo punto lui fermò la moto in un vialetto, mi prese per mano e ancora col casco in testa mi trascinò nel parco di Capodimonte. Lui passò 200 euro al vigilante che stava di guardia, che ci fece entrare senza altri problemi. Continuammo a correre insieme, mano nella mano, fino alla piazza del belvedere del parco, in cui si fermò, si sfilò il casco, mi tirò a se e mi strinse forte.
Stavolta oltre al suo stupendo profumo, sentii il battito del suo cuore, e del mio, che andavano a ritmo.
- Marica, domani parto…vado in Honduras. Ti ho voluto vedere perché sei l’unica donna che sa tutti i miei segreti, e perché prima che parto, visto che non so se torno, voglio lasciarti un altro ricordo di me…-
Io sento già le lacrime rigarmi le guance, mentre lui si china sulle mie labbra e mi bacia. Fu un bacio intenso, tenero e passionale.
-Ti giuro che a Noemi non l’ho mai baciato così…- mi disse stringendomi le mani – Non devi piangere, non piangere…- mi asciugò le lacrime accarezzandomi la guancia.
- Gennaro, tu stai per partire, non sai se tornerai, e anche se tornerai non sarai più lo sesso. Come faccio a non piangere?-gli risposi.
-Marica, io mi sono reso conto di amarti da quando giocammo insieme la prima volta, da piccoli. E questo sono sicuro che non cambierà. Tu sei la donna della mia vita, e saperti qua mentre io sono là, aumenta questa cazzo di paura che già ho. Nessuno sa niente, solo io e mia mamma. Neanche Ciro sa dove vado.-
-Genny, tu hai già sparato e sai che non è cosa tua. Tu non sei un soldato come Ciro, hai un animo gentile, sei buono.- lo strinsi forte e piansi sul suo petto.
-Hai ragione, Marica, ora che vai a casa prepara le valige, ce ne andiamo, io e te. Andiamo via, dovunque tu voglia, lontano da tutta questa munnezza!- io lo guardai in faccia, mi stava sorridendo ed aveva gli occhi pieni di speranza. – Jammuncenne, Marica, andiamo via! In Australia, in Cile, a Cuba. Dove vuoi tu.- io lo abbracciai e lui mi baciò.
- E la mia famiglia? Genny, lo sai che cosa succederebbe… eppoi ci cercherebbero ovunque! Non avremmo pace, e io non voglio vivere così. Gennà, tu sei il figlio di un boss, e io non sono nessuno. A chi farebbero fuori prima, alla mia o alla tua famiglia? Vai in Honduras, io sto qui, ti aspetto, se tu muori, muoio anche io… Gennà, vivi per me, combatti per me, poi quando le acque si calmeranno io e te ce ne andremo via, ma allora gli altri lo sapranno che io sono tua, e tu sei mio.-
-Marica, io ti amo!- mi disse.
-Genny, anche io ti amo, da sempre, per sempre…è per questo che ti aspetto qua…tu sei il padrone del mio cuore.- lui mi abbracciò e mi strinse forte, io piansi sul suo petto. Facemmo l’amore come non l’avevamo fatto mai. Lui mi stringeva, mi accarezzava, voleva sentire ogni centimetro della mia pelle sotto la sua, ed io lo lasciavo entrare dentro di me, e mi sentivo completa, avevo trovato l’ultimo pezzo del puzzle, quello che cercavo da una vita.
  
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