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Autore: altaira    17/09/2014    0 recensioni
[Gomorra la serie]
Questa storia parla della storia d'amore tra Marica, personaggio totalmente inventato, e Genny Savastano, uno dei protagonisti della serie TV "Gomorra" tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano. Lei è innamoratissima di lui che, essendo il figlio di un boss della malavita napoletana,vive una vita segnata dal dolore. All'interno del racconto sono inserite numerosissime parole in napoletano, ed alcuni errori grammaticali sono voluti per cercare di essere più fedeli al racconto, così come per le espressioni tipiche napoletane.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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Trovammo un modo per comunicare con don Pietro Savastano in carcere. Gli facemmo sapere tramite il suo avvocato, che se avesse fatto finta di aver perso la testa, lo avrebbero spostato, lo avrebbero messo in un altro carcere.
Allo stesso tempo Genny venne da me, incazzato come una belva.
- Arò sta o GPS? Eh? Che fine hai fatto fare al ciondolo che ti ho regalato?- mi prese per la collottola. Genny non doveva sapere di quello che stavo organizzando coi vecchi del boss. Sollevai il mento per sfidarlo a picchiarmi.
- Si è rotto, Genny. Si era impigliato in una maglietta e l’ho dovuto rompere.- lo guardai fisso, senza battere ciglio.
- Stronza, mi hai preso in giro per tutto il tempo. Tu volevi solo i miei soldi, ed io mi sono fatto prendere per il culo da una troietta qualsiasi come te.- io abbassai il viso. Aveva capito che volevo lasciarlo, e andava bene così, ma mi stavano salendo le lacrime agli occhi, e non potevo cedere. Mi voltai e gli dissi:- Hai ragione, ti ho preso in giro. Ma ora non ce la faccio più a continuare questa recita. Non ora che mia madre è dispersa, per colpa della tua famiglia.- non avevo neanche il coraggio di guardarlo, avevo gli occhi fissi in un punto lontano, fuori dalla finestra della mia cucina.
- Non voglio neanche guardarti in faccia. Esci dalla mia vita.- mi disse prima di uscire da casa mia e andare via. Solo quando sentii sbattere la porta mi lasciai andare in un lungo pianto. Solo se mi avesse lasciato, e non avesse saputo niente, il mio piano sarebbe funzionato.
Dal vecchio del clan venni a sapere che don Pietro stava ascoltando i nostri consigli, e che per il giorno dopo il funerale di donna Imma lo avrebbero spostato. Noi avremmo aspettato il blindato sotto un ponte della tangenziale, in una zona isolata. Avremmo ucciso i secondini e avremmo portato don Pietro in salvo.
Così fu, eravamo disposti sotto un ponte in cinque auto diverse parcheggiate, solo una si sarebbe avvicinata al blindato. In poco tempo uccisero le guardie e gli autisti, aprirono le porte blindate e salutarono don
Pietro. Lo fecero salire nella mia auto.
- Piccerè! E che te si fidata è fa! Che hai combinato! Ma chi sei tu? Da dove vieni? Nemmeno i miei uomini più fidati sono arrivati a pensare un piano del genere! Brav, piccerè!- mi disse accarezzandomi una guancia.
- Don Pietro, dobbiamo salvare Genny.- gli risposi. E sentii squillare un cellulare in auto.
-Uh! Marò! Mo venimm!- disse l’autista mentre accendeva l’auto.
- Che è successo, Bocciò?- gli chiese don Pietro.
- Oggi Genny aveva preparato un agguato a Ciro, ma Conte ha ucciso tutti i suoi ragazzi, e ora Genny sta andando da solo a uccidere Ciro, in un teatrino della Sanità.- spiegò l’autista
-Curre là! Mo! Immediatamente!- gridai io, ma l’uomo esitava ancora. Aspettava il via di don Pietro.
- Curre, Bocciò! Sta a sentire a questa guagliuncella! E manda le altre macchine nel covo che avevate preparato. Andiamo solo noi.- disse il boss e l’autista finalmente mise l’auto in moto e in un attimo eravamo nel rione Sanità. Aspettammo fuori al teatrino che Genny arrivasse. Aveva portato un bambino con se. Era serio, arrabbiato. L’unica emozione che gli si leggeva in volto era il desiderio di vendetta, nei confronti di quell’uomo che gli aveva rovinato la vita.
- Scendo solo io dall’auto! A me nessuno mi conosce, per me non è pericoloso quanto per voi…-dissi al boss, che mi fece di si con la testa e disse:- Sta guagliuncella sa il fatto suo! Ma ancora non ho capito chi sei.-
- Ve lo spiegano i vostri amici, ora non è cosa.- dissi aprendo la portiera dell’auto e mi diressi a passo svelto verso quella specie di teatro.
Entrai nella sala, le luci erano spente e i bambini stavano cantando una canzone natalizia sul palco. Genny era dall’altro lato della sala, e io mi nascosi dietro l’ultima fila di poltrone.
La moglie di Ciro aveva visto Genny e stava correndo a prendere la bambina sul palco, lui era lontano, in fondo alla sala. Mi alzai Ciro puntava la pistola contro Genny e Genny contro Ciro. La gente correva, sentii sparare, cominciarono a gridare, mi spingevano di qua e di la, ed io sentii solo la voce di Ciro chiamare la moglie e correre via. Pian piano la sala cominciò a svuotarsi, ero rimasta sola, e c’erano un paio di corpi a terra. Uno era di Genny.
- Amore mio!- gridai nel vuoto- Amore mio, svegliati!- corsi da lui, lo presi per la collottola, lo strattonai, ma lui non rispondeva. –Genny!!!- gridavo, mentre gli strappavo il giubbino e vedevo che sotto portava un giubbotto antiproiettile, ma aveva un proiettile nell’anca destra. Lui allora aprì piano gli occhi.
- Sei tu?-mi disse – Che ci fai qua?-
-Sono venuta a portarti via, muoviti, era tutto un piano per risolvere la situazione.- mi guardò diffidente ancora disteso a terra.
- Ti servono altri soldi, stronza?- mi chiese, e per la prima volta mi puntò la pistola alla fronte. Il mio cuore si fermò. Non avevo più idea di come reagire.
- Vuoi sapere che fine hanno fatto i tuoi soldi? Ho comprato una villa in Cile, ho pronti tre biglietti, e se ti alzi da terra e vieni con me, ce ne andiamo via, ci sposiamo e finalmente viviamo la vita tranquilla che abbiamo sempre voluto.- gli spiegai stringendogli forte la mano che non stringeva la pistola, per poco non scoppiai a piangere.
- Hai detto tre biglietti?- mi chiese.
- Si, grazie ai vecchi del clan ho fatto uscire tuo padre di carcere, ora è qua fuori, e ci sta aspettando.- mi guardò come se non mi avesse mai conosciuto.
- Tu sei una bugiarda!- mi gridò tirando il grilletto della pistola, io strinsi forte gli occhi.
-Genny, non fare stronzate.- era la voce di don Pietro.
-Papà!- sentii, e piano piano riaprii gli occhi mentre Genny abbassava la pistola e rimbombava il rumore dei passi di don Pietro in tutta la sala. Genny mi guardò, e stavolta mi sorrise.
-Hai davvero fatto tutto questo?- mi chiese.
- Si, e se ti fai scappare questa guagliuncella, ti giuro che ti uccido con le mie mani!- gli disse don Pietro. Io avevo abbassato la testa e guardavo il pavimento, sentii un dito che mi sollevava il mento e guardai Genny in viso. Ora le lacrime stavano scendendo copiose, ma lui mi sorrise.
- Perché mi hai fatto pensare che eri una stronza?- mi chiese, ma non ebbi il tempo di rispondere, perché don Pietro rispose per me.
- E jamme, Gennarì? A vuò fernì e fa e vuommeche? Ce ne vogliamo andare? Dopo parlate, jà… mo non è cosa, sta arrivando la polizia.- disse e mi aiutò a sollevare Genny. Tutti e tre insieme uscimmo nel parcheggio e ci infilammo nell’auto. Boccione ci stava aspettando e non appena entrammo mise in moto e sfrecciò via.
  
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