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Autore: Arepo Pantagrifus    18/09/2014    0 recensioni
"Così la vista dei loro occhi è stata adattata a questa luce, e la luce del cielo è oscurità per loro. Quindi non vedono più nulla quando escono dai loro antri. [...] Vi sono anche dei deserti dove tutto è sterile e sabbioso; anche qui vi sono caverne nelle rocce e capanne."
E. Swedenborg, De coelo et inferno, 584-586, 1758
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una calma apparente si respirava nella clinica cittadina in quel tardo pomeriggio. Gli ultimi e sporadici visitatori comparivano isolati attraversando l’atrio, o salendo le scale, o uscendo da stanze che sapevano di lenzuola pulite e di medicine. La calma venne infranta da un folto gruppo di infermieri e dottori, che portarono un po’ di movimento attraversando le corsie di corsa per raggiungere il paziente che si era appena risvegliato. Ad attenderli c’era l’infermiera che aveva dato l’allarme, prestando le prime cure e il primo conforto all’infermo, ancora molto agitato. I medici lo esaminarono, e si confortarono trovandolo in soddisfacenti condizioni di salute, dovettero lottare, però, per tranquillizzare il disgraziato. Quando si fu quietato un poco, cominciò ad interrogare il personale: «Chi… Chi siete voi? Cosa volete da me?» I dottori si mostrarono preoccupati, poi uno di loro rispose: «Siamo dei medici; lei ora è ricoverato all’ospedale, nel reparto di terapia intensiva.» L’uomo, confuso e sempre più preoccupato, cominciò a guardarsi attorno ansimando. «Dove siete? Dove siete? Fatevi vedere!» gridò. Si lanciarono degli sguardi imbarazzati, non sapendo come confortarlo, quindi lo stesso si fece coraggio e gli spiegò: «Deve stare calmo, signore. Lei ha subito un incidente molto grave, dove purtroppo – si fermò un attimo – ha perduto l’uso della vista.»

L’uomo, allora, dopo un momento di immensa incredulità, cominciò a gemere e a divincolarsi nel suo letto, rendendo necessaria la chiamata di altri infermieri che lo tenessero fermo e calmo. Quando si  tranquillizzò, esausto e dubitante, chiese:  «D… Dov’è la mia famiglia? Dove sono i miei bambini?» Alla domanda gli infermieri si irrigidirono, mentre i medici, avendo terminato i loro esami, se ne andarono, lasciandolo nelle loro mani. Un’infermiera allora gli si avvicinò: «Non si preoccupi, deve riposare adesso.» Lui insisteva: «Voglio solo sapere dov’è la mia famiglia!» «Non deve pensarci, adesso. Deve dormire un po’.» «Dov’è la mia famiglia?» Un lungo e teso silenzio gli rispose. Allora ricominciò ad agitarsi e a gridare: «Dov’è la mia famiglia? Dov’è? Dov’è?», svegliando gli altri pazienti, che lo sgridarono furiosi. L’infermiera preoccupata, cominciò a calmarlo, ma era tutto inutile. «Ok, ok, senta, mi ascolti! Deve calmarsi. Se non si calma subito non glielo potremo dire.» Cominciò a calmarsi di una calma irrequieta, e solo allora, dopo una rapida consultazione con gli altri infermieri, seguita da dei rassegnati cenni di assentimento, l’infermiera si avvicinò al letto del paziente, che l’attendeva silenzioso, gli occhi fasciati, rivolti verso un punto invisibile ad osservare atroci oscurità. Sedendosi di fianco a lui, l’infermiera cominciò: «Lei è rimasto in coma per quasi due anni, dopo un tremendo incidente stradale. Vostra moglie morì sul colpo, mentre… abbiamo fatto di tutto, ma non siamo riusciti a salvarli. Sono tutti morti.» A quelle parole le bende non bastarono più a trattenere le lacrime. Esplose in singhiozzi trattenuti e soffocati dai quali trapelavano dei soffocati: «No! No! No...» Gli infermieri convennero di lasciarlo solo, vigilandolo da lontano. Lo lasciarono alle sue sterili lacrime. Era rimasto solo.

Ancora una volta si sentiva beffato, ma non poteva che rassegnarsi. Si sentì più che mai impotente ed inutile. Neanche quelle lacrime gli sarebbero bastate a richiamarli. Nell’ospedale chiusero le luci per la notte. I corridoi si spopolarono e diventarono deserti. Ma lui, costretto per la vita alla tortura delle tenebre, non se ne rese conto. Sperando solo di ritornare a sognare la notte, avvolto nelle sue oscurità, ora veramente solo, piangeva il suo misero destino.

   
 
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