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Autore: Karmilla    18/09/2014    4 recensioni
"Non ho intenzione di indorarti la pillola e trattarti come un malato in convalescenza, Kaname. Tu sei il mio più caro amico, siamo cresciuti insieme come fratelli e sono successe così tante cose che non ho nessuna intenzione di fingere né di non conoscerti, né di non sapere chi sei per il nostro mondo. Potrai anche aver perso la memoria, ma ti giuro che farò in modo di raccontarti ogni singolo, piccolo, minuscolo dettaglio di chi eri, di cosa hai fatto, di chi siamo tutti noi e del perché sei qui adesso.
Tu sei Kaname Kuran. Lo sei sempre stato e non potrai mai essere che questo."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanabusa Aido, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Takuma Ichijo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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backtolife3

Mio amato Kaname,

scriverti queste righe è forse la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare.

Ho lasciato un messaggio per te ai ragazzi, ma c'è qualcos'altro che devo dirti. Non so se riuscirai mai a capire e ad accettare la mia decisione di renderti umano, ma ti prego di credere che l'unico motivo che mi ha spinto a farlo è quello di renderti libero. Sarebbe meraviglioso se potessimo usare su di te la nuova cura e potessi diventare umano senza il mio sacrificio, ma sia Hanabusa che Takuma mi hanno preparato sul fatto che questo sarà quasi sicuramente impossibile.

Quando riusciremo a recuperarlo, il tuo cuore sarà così debole e fragile che è improbabile possa sopportare un farmaco del genere.

E mi dispiace, ti giuro che mi dispiace.

Non sai quante volte ho sognato di poterti somministrare quel farmaco e farti risvegliare.

Non sai quante volte ho sognato di vederti risvegliare...

Ho voglia di rivedere i tuoi meravigliosi occhi amaranto e quello sguardo che riservavi solo a me, anche se so di non meritarlo, di non avere più il diritto di sentirmi così unica e speciale per te.

Ma lo so, che se fosse possibile, tu mi guarderesti ancora così perché lo hai sempre fatto, anche quando sono stata crudele, anche quando la vita stava scivolando via da te...

Ho solo una preghiera da rivolgerti.

Non far mai mancare quello sguardo a nostra figlia. Non hai idea di quanto lei ti ami e di quanto abbia sofferto la tua mancanza. Per poterti stare vicino, ha persino rifiutato di sottoporsi alla cura che l'avrebbe tramutata in umana. Himeka è ancora una vampira Sangue Puro, Kaname, ha preteso di restare così finché non ti avesse conosciuto.

Starà a te farle cambiare idea.

E con lei, sono rimasti tali anche Hanabusa e Takuma, per proteggerla, hanno detto.

Credo che Himeka voglia restare una vampira finché non sarà sicura che non corri alcun rischio, ma temo che ci sia anche dell'altro, che lei non mi ha mai voluto confidare.

Ti somiglia tantissimo, sai?

Ti rivedo nei suoi silenzi, nei suoi occhi e nella sua fragilità.

Mi manchi, Kaname.

Yuuki


Non era stato per niente facile leggere la lettera di Yuuki, né tanto meno lo era leggere il suo diario.

Un tuffo nel passato, sì, ma anche un prezioso documento per aiutare Kaname a riempire quel vuoto di mille anni, ecco cos'era quel diario.

Yuuki non aveva tralasciato nulla, aveva riportato ogni singolo avvenimento, emozione , occasione, ricorrenza mettendo nei suoi racconti molta cura in modo che non mancasse nessun particolare, che ogni singola pagina raccontasse fedelmente e esattamente ciò che era successo.

E c'era davvero tutto. La disperazione dei primi mesi dopo il sonno in cui era sprofondato Kaname, la scoperta di una nuova vita dentro di lei, la decisione di vivere quella gravidanza da sola, lontano da tutti e la nascita della bambina.

Kaname aveva letto così tante volte la parte in cui Yuuki descriveva la nascita di Himeka che ormai l'aveva imparata a memoria ed il rimpianto di non aver condiviso con lei, con loro, quei momenti si era ormai andato ad aggiungere all'infinito numero di rimpianti che gravavano sul suo cuore.

Dopo la nascita di Himeka, il diario proseguiva con la descrizione dei loro giorni insieme, dei piccoli progressi della bambina, delle cose più buffe che faceva e che riempivano Yuuki di stupore e di orgoglio materno, ma c'erano anche tante pagine tristi, cupe, piene di disperazione, solitudine, senso di smarrimento e un nome ricorrente, spesso scritto con inchiostro slavato, bagnato di lacrime: Kaname.

Yuuki non aveva mai smesso di sentire la sua mancanza ed il proposito di riportarlo in vita era diventato un suo punto fermo, ormai niente e nessuno sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea, era ben chiaro: Yuuki viveva aspettando il momento in cui avrebbe potuto sacrificarsi per lui, aspettava solo che Himeka fosse abbastanza grande per capirlo e per accettare la sua decisione.

A nulla serviva la presenza dei suoi amici di sempre, di Kaien e neanche quella di Zero, che non la lasciava mai, che era sempre con loro, che si occupava della bambina come se fosse sua, crescendola con infinito amore e venendo ripagato dallo stesso amore.

Zero diventava sempre più presente e più importante man mano che le pagine scorrevano, fino ad diventare un vero compagno di vita che condivideva con lei tutto, i giorni e le notti, e un altro figlio.

Allora le pagine del diario avevano ricominciato ad essere più serene, felici, leggere, pur mantenendo quel profondo affetto per il suo destinatario.

Era palese che Yuuki fosse certa che prima o poi Kaname avrebbe letto quel diario, perché il modo in cui gli raccontava tutto era lo stesso che usava quando parlavano a voce, molto tempo prima. E in quel suo rivolgersi a lui, c'era sempre una raccomandazione per Himeka, una preghiera di badare a lei e di non lasciarla mai sola, perché Himeka gli somigliava tantissimo e portava dentro di sé un profondo senso di solitudine che Yuuki da sola non riusciva a colmare.

Sembrava impossibile, ma più Zero ed il piccolo Ichiru entravano nel diario, più Himeka ne usciva, perché aveva cominciato a chiudersi, a diventare silenziosa, cupa. Non era gelosa di Ichiru, non lo era mai stata, e amava tantissimo Zero, però si capiva che dentro di lei si stava agitando qualcosa, e questo qualcosa secondo Yuuki era la mancanza di Kaname.

Himeka sapeva tutto di suo padre, una volta scoperta la verità non c'era giorno che non andasse da lui e se da una parte Yuuki era felice di questo attaccamento, dall'altra capiva benissimo la solitudine che cresceva nel cuore della loro bambina. Non si tirava mai indietro quando Himeka le chiedeva di parlarle di Kaname, e non lo faceva mai nemmeno Zero, tanto che per i due bambini venne naturale crescere con l'idea che avevano due padri. Ma se per Ichiru questo concetto era facile da capire, per Himeka non lo era per niente.

Kaname chiuse il diario e si stese sulla sua chaise-longue, riflettendo profondamente su quanto aveva appena letto.

Doveva trovare un modo per avvicinarsi a sua figlia, per parlare un po' con lei e chiarire la situazione una volta per tutte. Era consapevole del fatto che sarebbe stato difficile e che avrebbe dovuto fornire molte spiegazioni scomode, ma lo doveva fare, non c'era altra via di uscita.

Decise che quella sera stessa sarebbe andato nella camera di sua figlia e sarebbe rimasto là fino a quando non avessero parlato, a costo di restare in piedi davanti a quella porta chiusa in eterno!

Si mise d'accordo con Hanabusa, e al momento stabilito salì la scale che conducevano alla camera della ragazza, dove Himeka stava finendo di studiare, aiutata da Aidoh.

Bussò e attese con pazienza, ricevendo da sua figlia un sincero sguardo sbalordito e stupito quando questa spalancò la porta e si trovò di fronte suo padre.

“Ciao, ti disturbo?”, le chiese Kaname, sorridendole.

Himeka arrossì e abbassò lo sguardo, nonostante tutti i suoi sforzi non riusciva a comportarsi in maniera naturale con lui e se da una parte non desiderava altro che buttargli le braccia al collo e abbracciarlo, dall'altra temeva che uno slancio così affettuoso avrebbe potuto infastidire Kaname, dopotutto non si conoscevano per niente!

“No...sì...no...in effetti...”, cominciò a balbettare lei, completamente spiazzata dal fatto di trovarsi faccia a faccia con suo padre.

Cercò di ricomporsi e alzò lo sguardo.

“Beh...in realtà stavo finendo di studiare con Zio Aidoh...”, sussurrò.

Non voleva allontanarlo e sembrare sgarbata, ma al contempo non voleva farlo entrare con il rischio di rimanere da sola con lui, perché era certa che in tal caso il suo argine sarebbe straripato e tutte le emozioni che teneva richiuse sarebbero esplose.

Ma Aidoh fu più rapido di lei e con la scusa che poteva tornare in un altro momento, tanto erano già a buon punto, li lasciò da soli.

Kaname rimase fermo sull'uscio, in attesa che fosse lei ad invitarlo ad entrare. Non voleva in nessun modo essere invadente, ma temeva che quell'invito non sarebbe mai arrivato.

“Ti spiace se...”, le disse, facendo un cenno con la mano.

“No...no...certo...vieni...”, rispose Himeka, mettendosi di lato e lasciando che Kaname entrasse nella sua stanza.

Si trovarono per un breve momento di spalle, Kaname guardava la camera di sua figlia e dava le spalle a lei, che chiudendo la porta, vi appoggiò sopra la fronte.

Probabilmente, se Kaname si fosse girato, avrebbe visto gli occhi di sua figlia brillare.

“Mi piace la tua stanza, è molto accogliente!”

Non era certo facile rompere il ghiaccio e forse rimanere sul vago poteva aiutare ad allentare la tensione.

Himeka non rispose, ma rimase a guardare Kaname che con delicatezza e movimenti incerti incedeva nella sua stanza, osservando con cura tutti i particolari.

Uno, infine, colpì la sua attenzione e nello stesso istante in cui lui sgranò gli occhi, Himeka sentì i suoi inumidirsi.

Su una delle mensole faceva bella mostra di sé il coniglio di pezza di Yuuki.

Kaname l'aveva riconosciuto, aveva visto una foto di Yuuki da piccola che stringeva tra le braccia quel coniglio, e in quella foto lui teneva Yuuki sulle sue ginocchia.

“Era della mamma”, cominciò la ragazza. “Me lo regalò appena venni al mondo. E' il primo giocattolo che ho ricevuto, lo ha messo nella mia culla e non me ne sono mai separata.”

Kaname la stava ascoltando continuando a guardare quel coniglietto.

“So che quel coniglio lo hai regalato tu alla mamma quando era bambina. Non trovi strano il fatto che lei me lo abbia dato appena nata?”

La domanda di Himeka era retorica e a Kaname questo non sfuggì.

Sorrise amaramente scuotendo la testa. No, non era strano per niente.

“Himeka...io...non so neanche da che parte iniziare...”, sussurrò Kaname.

“Potresti cominciare con il dirmi cosa c'è scritto nella lettera che ti ha lasciato la mamma”

Kaname non immaginava che Yuuki le avesse detto della lettera, ma non rifiutò e raccontò tutto.

“Mi ha scritto che nessuno di voi ha voluto sottoporsi al trattamento per diventare umani, che lo farete solo nel momento in cui io non correrò più rischi. Mi chiede inoltre di badare a te e di starti sempre accanto”.

Himeka sorrise al pensiero che sua madre avesse pensato a lei fino alla fine.

“Tipico di mia madre, non trovi? Preoccuparsi degli altri anche quando è lei la prima a commettere sciocchezze...”

“Quello che posso dirti, con estrema sincerità, è che né io né tua madre avremmo mai voluto farti tutto questo, credimi...”

“E allora, perché...”

Himeka cercò di parlare, di chiedere spiegazioni, ma riuscì solo a scoppiare in un pianto a dirotto.

“Hai idea di come ho vissuto? La Principessa Kuran, la Nobilissima Sangue Puro, Colei in cui scorre il sangue più puro e potente...Questa ero io, e non sapevo neanche perché! Io non volevo essere tutto questo, io volevo solo essere me stessa, con una madre ed un padre, chiunque essi fossero!!!”

Era piena di rabbia, Himeka, per quel destino che le aveva segnato la vita sin da piccola.

“Sono vissuta con uno stuolo di gente intorno che non voleva fare altro che proteggermi: la mamma, Zero, Kaien, Takuma, Hanabusa e tutti gli altri! Li amo alla follia, non fraintendermi, ma io non capivo il perché di questa protezione, e ogni volta che chiedevo spiegazioni alla mamma le si riempivano gli occhi di lacrime e mi diceva che un giorno me lo avrebbe spiegato, quando sarei stata più grande...”

Kaname si stupì, credeva che Yuuki le avesse parlato subito di lui.

“No, non subito...non ci riusciva. Io e la mamma siamo sempre state insieme, da quando sono nata non mi ha mai lasciato un attimo, condividevamo pure la stessa stanza. I miei primi ricordi di bambina sono le mie dita che arrotolavano i suoi capelli, mentre le chiedevo dove fosse mio padre.”

“E lei cosa ti rispondeva?”, le chiese Kaname.

“Nulla, le si inumidivano gli occhi e mi stringeva a sé. Non capivo perché facesse così, ero troppo piccola, ma so solo che dopo un po' smisi di chiederlo a lei. Un giorno, approfittando del fatto che mia madre era andata ad una riunione con Zero, chiesi aiuto a Takuma e lui, dopo averci pensato un po' su, mi prese per mano e mi condusse lungo un corridoio dell'Accademia che sapevo essere proibito.”

Kaname si sedette sul letto di Himeka, seguito subito dopo da lei. Era bello trovarsi così vicini, finalmente, e parlare liberamente.

“Alla fine di quel corridoio Takuma mi fece entrare in una stanza dove trovai un'enorme teca di ghiaccio che conteneva un uomo. Tu.”

Himeka si voltò verso Kaname e gli sorrise.

“Quella fu la prima volta che ti vidi. Takuma mi fece avvicinare, poi mi fece sedere sulle sue ginocchia e mi raccontò tutta la tua storia. Restammo in quella stanza per ore ed ore, perdemmo così tanto la cognizione del tempo che non ci venne in mente che mia madre poteva essere tornata e che magari era in pensiero. Fummo interrotti da lei, che entrò nella stanza come una furia, piangendo disperata perché temeva che mi fosse successo qualcosa, ma quando ci vide lì capì subito, e abbassò lo sguardo. Da quel giorno ha cominciato a parlarmi di te.”

Kaname ascoltò tutto il racconto e si stupì del fatto che fosse stato Takuma a rivelarle la sua esistenza.

“E dimmi, Himeka, Yuuki si arrabbiò con te, o con Takuma?”

“No, assolutamente! Credo che invece fosse grata a Takuma, perché in seguito lei mi ha confessato che non aveva il coraggio di portarmi da te, temeva che potessi subire uno shock. Da quel giorno, invece, ha cominciato a parlarmi di te e ha ricominciato a sorridere.”

“Cosa ti raccontava?”

Kaname si sentiva come un prigioniero che per troppo tempo era stato costretto al digiuno e alle sete e ora non aveva altro desiderio che dissetarsi e sfamarsi completamente. Ogni singola parola di Himeka era per lui nutrimento, vita, energia che a poco a poco tornava ad animare il suo stanchissimo corpo.

“Di tutto! Mi ha raccontato molti aneddoti della sua infanzia, di quando l'hai salvata, del periodo che avete condiviso all'Accademia e anche di tutto quello che accadde allora. Non ha mai nascosto niente, so tutto, sia le cose belle che quelle brutte. Però ti posso assicurare che non mi ha mai messo contro di te e non ha mai parlato male di te, anzi...” terminò, arrossendo.

“Cosa c'è?”, chiese Kaname, sorridendo per quella strana reazione.

“Mi ha sempre detto che ti somigliavo molto, che avevo i tuoi occhi e che era felice di questo, perché i tuoi occhi erano qualcosa di meraviglioso ed indescrivibile.”

Himeka abbassò lo sguardo e non fece nulla per trattenere le lacrime.

“Morivo dalla voglia di vedere i tuoi occhi....Passavo ore e ore davanti alla tua teca, sperando che tu mi sentissi ed aprissi gli occhi. Te lo chiedevo, ti supplicavo, ma tu non li hai mai aperti...”

Con un gesto tipicamente infantile, Himeka si asciugò gli occhi con la manica del vestito, e continuò:

“Venivo a trovarti tutti i giorni, non riuscivo a farne a meno e stare lì accanto a te mi dava sicurezza, mi trasmetteva serenità, anche se era solo una mia idea. Pensa che un po' alla volta ho imparato anche a sentirti.”

Kaname la guardò con aria interrogativa, non riusciva a capirla.

“Man mano che crescevo si affinavano anche le mie facoltà di vampira, e quindo ho iniziato a percepire la tua presenza. Mi bastava avvicinarmi al corridoio che portava da te, e subito avvertivo un calore, un tepore, una strana forza benigna che mi avvolgeva e mi proteggeva. Eri tu, lo so, adesso ne ho la certezza. E quella forza la sentivo anche intorno a mia madre, a Zero e a tutti gli altri.”

Non era facile stare a sentire quel discorso senza lasciarsi travolgere dalle emozioni, e Kaname aveva solo una gran voglia di stringere a sé quella ragazza, ma temeva di farla spaventare e non voleva per nulla al mondo vanificare quegli enormi progressi che stavano facendo.

“Ero finalmente serena, perché anche se non avevo un padre fisicamente presente, sapevo che eri con me ogni istante della mia vita e mi sentivo sempre al sicuro. Era bellissimo, perché nella mia mente di bambina, tu c'eri, e sapevi chi ero, anche se non ci conoscevamo. Poi...tutto è cambiato...”

“Perché, cosa è successo?”

Ecco, forse, il passaggio che Yuuki non era mai riuscita a spiegarsi. Era davvero ironico il fatto che Himeka si stesse confidando con lui, adesso.

“Mia madre e Zero hanno avuto Ichiru, ecco cosa è cambiato...”, ammise Himeka.

“E ti è dispiaciuto? Non volevi un fratello o non volevi che Yuuki stesse con Zero?”, chiese Kaname, temendo di compiere, così, un passo falso.

“No, niente del genere!”, si affrettò a puntualizzare la ragazza con un tale sguardo sincero che era impossibile dubitare delle sue parole.

“Ero e sono felicissima di entrambe le cose! Zero è sempre stato un padre per me, non lo considero in altro modo che questo, e amo mio fratello alla follia!”

“Scusami, ma allora non ti capisco!”, disse Kaname “Perché tutto è cambiato quando sono arrivati loro?”

“Ichiru, non loro due...”, puntualizzò lei.

“E' cambiato tutto perché ho iniziato a sentirti anche intorno ad Ichiru. Tu non proteggevi solo me e la mamma, e di conseguenza Zero perché lui proteggeva noi, ma anche mio fratello, e non ne capivo il perché. Ichiru aveva già un padre, un padre vero, che bisogno aveva di prendersi anche il mio?”

Himeka singhiozzava, era evidente che quel profondo senso di solitudine e di incompletezza era esploso nel momento in cui aveva visto con i suoi occhi un vero legame figliare.

“Ero gelosa, ti volevo tutto per me, non volevo dividerti con lui, perché lui aveva già Zero. Non sono mai stata messa in secondo piano da Zero, lui non mi ha mai trattata diversamente dopo la nascita di Ichiru, però è innegabile che il legame che univa loro due non era niente di paragonabile a quello che lo univa a me. E' stato da quel momento che ho iniziato a sentirmi sempre più sola, ad isolarmi e ad immaginare come sarebbe stata la mia vita con te e la mamma.”

Kaname era commosso, mai avrebbe immaginato che sua figlia stesse soffrendo così tanto per causa sua.

“Sai, a volte mi fermavo a guardare la mamma, Zero ed Ichiru mentre giocavano insieme e mi chiedevo se anche noi avremmo giocato così, se solo fossi stato con noi. E in quei momenti mi sentivo fuori posto, così li lasciavo da soli e scappavo da Hanabusa...e mi confidavo...”

Sapere che Hanabusa era il confidente di Himeka fu forse la sorpresa più grande che Kaname ricevette in quella serata.

“Sì, ho sempre raccontato tutto ad Hanabusa ed è solo grazie a lui che sono riuscita a mettere ordine nei mie sentimenti. Mi sentivo sbagliata, cattiva, invidiosa, ed è merito suo se invece sono riuscita ad accettare la tua presenza intorno ad Ichiru.”

“Perché?”, chiese Kaname. A questo punto, esigeva di conoscere la risposta di Aidoh.

“Perché mi ha semplicemente spiegato che tu eri fatto così. Nonostante i tuoi difetti, il tuo finto distacco dagli altri e le tua spietatezza, in realtà sei sempre stato un uomo dal cuore gentile e colmo d'amore che avrebbe sempre fatto di tutto per proteggere le persone che amava, anche se queste erano legate a qualcun altro. Mi ha fatto l'esempio della mamma e Zero...hai sempre protetto anche lui, perché sapevi quanto la mamma gli fosse legata, sin da bambini. E allora ho capito, vegliavi su mio fratello perché io e la mamma gli volevamo bene, e sapevi che avremmo sofferto se gli fosse successo qualcosa.”

Kaname abbassò lo sguardo, imbarazzato. Aveva sempre saputo che Hanabusa lo conosceva bene, molto meglio di altri, ma non immaginava fino a questo punto.

“Himeka...io...se solo avessi saputo...o immaginato...forse...”, non sapeva come spiegare a sua figlia che la sua nascita non era stata frutto di una pianificazione, non voleva darle l'impressione di essere uno sbaglio, un errore, come invece era stato lui.

“Quando ho deciso di gettare il mio cuore nella fornace, era passato troppo poco tempo, la tua presenza non era ancora percepibile....Di solito i sangue puro sentono la presenza dei loro pari e quindi, se fosse passato ancora un po' di tempo, avrei avvertito la tua presenza dentro il ventre di tua madre... e forse.... Mi dispiace, piccola mia, non avrei mai voluto farti tutto questo...”

Fu un brevissimo attimo, e nessuno dei due capì chi si mosse per primo, ma senza neanche avere il tempo di realizzare cosa stava accadendo si trovarono stretti l'uno all'altra, in quell'abbraccio che per troppo tempo si erano negati a vicenda.

E per entrambi non ci fu sensazione più bella di sentire il loro reciproco calore.

Kaname strinse e cullò Himeka finché non la sentì rilassarsi e smettere di piangere, solo allora la scostò per guardarla negli occhi e dirle quanto fosse felice ed orgoglioso di lei, ma ciò che vide lo turbò.

Gli occhi di Himeka erano rossi come il fuoco.

Sete e desiderio, ecco cosa stavano gridando quegli occhi. Per il breve periodo del loro colloquio, Kaname aveva dimenticato che Himeka era ancora una vampira, una Sangue puro, per giunta.

Sapeva cosa voleva dire quello sguardo, e sapeva anche cosa sarebbe successo se Himeka avesse affondato le zanne su di lui.

Ma era sua figlia, e se lei glielo avesse chiesto, lui si sarebbe lasciato mordere senza battere ciglio.

Himeka, però non parlava. Continuava a fissarlo con quegli occhi scarlatti e velati di lacrime, combattuta tra la vergogna di farsi vedere così e l'inevitabilità di quella reazione.

“Cosa vuoi che faccia, Himeka?”, le chiese Kaname, con una calma incredibile, stupendola non poco.

“Cosa...cosa...vuoi dire? Ti lasceresti mordere? E' così, lo faresti davvero?!” rispose, praticamente urlando.

“Sei mia figlia, mi getterei anche nel fuoco, per te...”

“Ma non lo sai cosa capiterebbe se io affondassi le zanne su di te? Sì che lo sai, vero? E non ti viene in mente che se così facessi, allora il sacrificio di mia madre sarebbe stato vano? Lei è morta per rendere te umano e io ti ritrasformo in vampiro?!”

Himeka era fuori di sé, sconvolta dalle reazioni del suo stesso corpo alla vicinanza di Kaname, sconvolta dall'amorevole passività con cui lui le stava dimostrando che avrebbe subìto qualsiasi cosa lei gli avesse chiesto.

“Voglio il tuo sangue, papà!”, sussurrò tra le lacrime, senza rendersi conto del nome che aveva appena pronunciato, mentre il cuore di Kaname perse un battito per l'emozione.

Quando chiedevo alla mamma di descrivermi il sapore del tuo sangue, lei diceva sempre che non esistevano parole adatte, che il tuo sangue era qualcosa di meraviglioso e sublime, un nettare dolcissimo che ti rapiva, ti soggiogava, che ti faceva sprofondare in un profondo oblio di beatitudine. Ho sempre desiderato sentire il sapore del tuo sangue, sento che solo così potrei riconoscerti veramente....Mi sono sempre trattenuta, finora, perché non ti ho mai avuto così vicino ma prima, mentre ero tra le tue braccia, ho sentito il tuo profumo, e il sangue correre impazzito nelle tue vene e io...”

Kaname non ci pensò due volte, afferrò il tagliacarte sulla scrivania di Himeka e si avvicinò a sua figlia.

“Cosa...hai intenzione di fare...” chiese Himeka giusto un attimo prima di vedere Kaname procurarsi una profonda incisione sul palmo della mano, lasciando così fluire il suo sangue.

L'odore del sangue di Kaname fece precipitare Hanabusa di corsa, che spalancò la porta con un'espressione di puro terrore dipinta sul viso.

Kaname si voltò e gli fece cenno di non intervenire, per poi rivolgersi a sua figlia.

“Hai ragione, Himeka, non posso farti affondare le zanne dentro di me, ma posso farti lo stesso bere il mio sangue.”

Kaname si sedette vicino a lei che, ancora incredula, non riusciva a prendere la mano di suo padre.

L'aiutò lui, sorridendole e sussurrandole che andava bene così, che era felice di farlo.

E mentre Himeka sentiva finalmente il sangue di Kaname fluire dentro di sé, tenendo saldamente

le sue mani attorno a quella di suo padre, Kaname le accarezzava i lunghi capelli scuri e ne baciava le punte, come era solito fare con Yuuki, quando lei si nutriva da lui allo stesso modo.

Era solo il primo passo, quello, ma entrambi erano certi che da quel momento in poi la loro strada sarebbe stata in discesa.

Hanabusa rimase per un istante fermo sulla porta, incapace ad andarsene ma consapevole di rubare un momento preziosissimo ed unico.

Poi sorridendo si voltò e si allontanò, pensando di non aver mai assistito ad una scena più dolce ed intima di quella.

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