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Autore: allison742    19/09/2014    1 recensioni
Un omicidio sbagliato. Una Detective con un passato che sembra non finire mai. Un assassino che uccide vittime troppo vicine. Un amore che verrà finalmente esplorato. Un pericolo per tutti. Chi sarà il prossimo?
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Aria Miller, la miglior Detective di tutta Los Angeles, viene svegliata bruscamente dal suono del suo cellulare: un cadavere è stato trovato in obitorio. Nulla di strano, se non fosse per il fatto che la vittima è l'anatomopatologa.
Aiutata dalla sua squadra, da uno strambo consulente e dalla sua migliore amica, cerca di risolvere il caso.
Nessun indizio rilevante, nessuna pista, nessun testimone. Solo un inquietante biglietto scritto a mano, lasciato dall'assassino.
Mentre tutto diventa sempre più strano, si verrà a sapere che sono le ultime parole di un personaggio famoso.
Ma cosa c'entrano con l'omicidio?
Tra dubbi e incertezze arriva un secondo cadavere: stesso modus operandi.
La faccenda si fa pericolosa per la squadra e, mentre Aria riscopre l'amore, il suo passato minaccia di tornare a galla...
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo
 


L’ultima chiave del mazzo


 
 
Quattro anni dopo…
 
 
«Aria! Aria, sei pronta? Guarda che parto senza di te!» esclamò Mason.
«Arrivo, ci sono quasi… hai visto la mia pistola?»
«Eccola.» Disse porgendogliela.
«Grazie, e il…»
«Ecco anche questo!» rispose porgendogli il distintivo.
«Mi chiedo spesso come farei senza di te.» Confessò, regalandogli un bacio.
Aprì la porta e uscirono dalla loro casa.
«Non faresti… tu hai bisogno di me.»
«Non esageriamo!» scherzò salendo in macchina.
Arrivarono al distretto con un quarto d’ora di ritardo.
«Oggi due ore di straordinari, Detective Miller!» urlò la Green, mentre passavano davanti al suo ufficio.
«Cavolo!» mormorò lei.
«Te l’avevo detto che eravamo in ritardo…»
«Zitto, Collins!» lo fulminò.
«Eh già, zitto, Collins!» gli fecero eco Evans e Renard.
«Non sono in vena ragazzi!» urlò Aria.
Loro si misero a ridere, contagiando pian piano anche lei, che sorseggiò il suo caffè mentre apriva il primo fascicolo della giornata.
Un omicidio in una pasticceria. A Collins sarebbe piaciuto.
Sentì suonare il telefono di Charlotte, che si allontanò. Vide con la coda dell’occhio varie espressione farsi strada sul suo volto; dalla paura, alla speranza, fino alla felicità.
Tornò nel gruppo con un sorriso decisamente fuori dal normale.
«L’hanno preso. Matt, l’hanno preso!»
Evans lanciò un urlo di gioia e abbracciò Aria.
Lei tese i muscoli, tentando di spostare i capelli biondi del Detective dagli occhi.
«Volete spiegare anche a noi cosa sta succedendo?» chiese Mason che, come la Detective, stava capendo sempre meno.
«Sedetevi.» disse.
Obbedirono, mentre una Charlotte anche fin troppo seria cominciò a spiegare:
«Quattro anni fa, dopo quel giorno, abbiamo sentito Collins che ti sussurrava: “Non arrenderti mai Aria, di solito è l’ultima chiave del mazzo quella che apre la porta.” Così abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa per te, per voi. Abbiamo iniziato ad indagare una settimana dopo. Ed ora è nelle nostre mani. Non l’ha fatta franca. Abbiamo vinto noi.»
Varie immagini scorsero nella mente di Aria. Non sapeva assolutamente come reagire ad una tale notizia. Effettivamente aveva imparato a convivere con quella situazione.
Aveva imparto a vivere ogni attimo della sua vita al massimo, perché non sapeva cosa sarebbe potuto succedere il giorno successivo. Ormai quella costante preoccupazione era parte di lei tanto da non farci più caso. La novità la stava stravolgendo.
«E perché non ci avete detto niente?» Collins parlò per entrambi.
«Perché sapevamo quanto era delicata e pericolosa la faccenda. Lo so che adesso sarete arrabbiati con noi… ma un giorno ci ringrazierete di non avervi coinvolti. È stato per la vostra sicurezza, nient’altro.» Rispose Evans.
Aria si alzò. Sembrava infastidita, delusa, tradita. Si avvicinò ai Detective.
«Vi voglio bene, ragazzi.» Disse prima di abbracciarli entrambi.
Mason trasse un respiro di sollievo; sarebbe stata dura convivere con un’Aria arrabbiata. Un’Aria a ciclo infinito.
«Andiamo, voglio vederlo in faccia.» Esclamò prendendo la giacca. Nella sua mente spuntarono due occhi blu come il ghiaccio. Hoffman.
Non avrebbe mai potuto dimenticare quel volto, e sperava con tutta sé stessa di trovarselo davanti. Solo allora sarebbe stata sicura che tutto finalmente si sarebbe concluso.
Mason notò la sua espressione, capendo all’istante i pensieri. Le sorrise con un’alzata di spalle, accompagnandola all’ascensore. Erano pronti a vedere la fine dell’incubo. O almeno così speravano.
 
«E possiamo sapere anche noi chi è questo tizio?» chiese Aria all’improvviso.
Fu Charlotte a risponderle: «Si chiama Gregory Hoffman.» Quelle parole riecheggiarono per i silenziosi corridoi vuoti del carcere. Sul volto della Detective si aprì un largo sorriso. Collins le strinse la spalla. Avrebbe voluto stritolare Renard dalla felicità, ma non poteva dimostrarle che loro già sapevano il nome.
Evans continuò: «Era un ex dirigente di una società di pattinatrici, in Florida. L’abbiamo rintracciato grazie ai suoi contatti con il killer. A quanto pare usavano un telefono non registrato, ma siamo riusciti lo stesso ad identificarlo. Ci sono voluti anni per unire tutti i punti, e abbiamo trovato registrazioni che provano la sua colpevolezza. E poi ci sono voluti altrettanti anni per scovare lui. Ma ora ci siamo. L’unico punto di domanda è il movente; ma abbiamo esposto le prove al procuratore distrettuale: ci ha assicurato che basteranno. Molte di quelle lo colgono sul fatto. Era il mandante degli omicidi.» Concluse orgoglioso.
Aria annuì. Lei sapeva il movente.
Entrarono nel reparto “isolamento”.
C’era parecchio trambusto, sembrava fosse successo qualcosa di piuttosto grave. Fermarono una guardia e chiesero informazioni. Questa non rispose, ma si limitò a guidarli fino alla cella 278.
La familiare valigetta blu della Scientifica era poggiata con noncuranza vicino all’entrata. Non prometteva nulla di buono.
Si avvicinarono, per nulla pronti a ciò che li aspettava.
Sullo sporco pavimento, in una posa innaturale, si trovava un cadavere. Irriconoscibile.
Le pareti nere sporche di fuliggine suggerivano la causa della morte.
Aria fece due passi all’interno, sotto lo sguardo esterrefatto dei suoi colleghi.
«È lui?» chiese accucciandosi accanto al corpo.
I Detective annuirono contemporaneamente, con gli occhi sbarrati.
Si avvicinò una guardia.
«Sì, questa è la sua cella.» rispose, poi si rivolse a Matthew «Detective Evans, mi dispiace non averla avvisata prima, ma è successo tutto così in fretta… l’avrei chiamata non appena mi fossi accertato dell’identità.»
«Non si preoccupi, l’importante è sapere che sia lui.»
«Le assicuro che lo è. Non sono stati ancora svolti i test, ma la serratura elettronica indica che la  cella non è stata aperta da ieri mattina.» disse indicando il tastierino numerico. «Ora non resta che scoprire come diavolo ha fatto a darsi fuoco proprio nel reparto più controllato dell’edificio. Ma ci lavoreranno gli agenti. Ah, un’altra cosa. È stato trovato questo nel suo armadietto personale del bagno.» Aggiunse porgendogli un pezzo di carta.
Tutti si avvicinarono con il fiato sospeso.
 
 
Meglio morto che nelle vostre mani.
 
 
«Le sue ultime parole.» constatò Aria.
«Sembra sia finita, no?»
«A meno che non avesse complici.» Puntualizzò lei.
«No, l’avremmo saputo. L’unico complice è quello che si è fatto trovare da noi in obitorio. Lavora solo.»
«Allora non c’è altro da dire se non Caso chiuso.» Intervenne Collins.
«Probabilmente ha ragione Mason. Adesso potete vivere più tranquillamente.» Charlotte sorrise.
«Grazie ragazzi, non so proprio come ricambiare il favore.» Disse la Detective seria e commossa, nonostante la stranezza della situazione.
«Lo stai già facendo Aria. Stai con noi tutti i giorni, no?» Rispose Charlotte abbracciandola.
Lei la strinse a sé, immergendosi nei suoi capelli ramati.
Poi sorrise e uscì dal carcere, lasciandosi alle spalle la sua vecchia vita: una vita di terrore, paura e rabbia.
 
La mattina dopo Aria chiamò il distretto per prendersi due giorni di riposo. Aveva bisogno di metabolizzare la notizia. E di festeggiare.
«Come ti senti?»
«Felice. Per me, per noi. Mi sento più tranquilla, senza il pensiero costante di una possibile pallottola nel petto. Sembra poco, ma pian piano ti distrugge e comincia a diventare parte di te.»
«Non è poco Aria. Ma ora è passato. Pur sempre di quattro anni, ma passato.»
«Grazie, Mason. Mi sei stato vicino quando qualsiasi altro uomo sarebbe scappato a gambe levate dopo aver scoperto di essere in pericolo di vita. Ma tu no.»
«Perché io non sono come gli altri: io non ho mai sentito il bisogno di perderti per capire l’importanza che hai.» Le fece una carezza sulla guancia, sentendola umida.
«Che ti prende? Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«No, no. È solo che dissi a mia sorella la stessa identica frase.»
Lui la abbracciò, e lei scoppiò in lacrime. Il petto si alzava e abbassava a ritmo dei singhiozzi.
Riusciva quasi a sentire la voce di Madison che le diceva di sorridere.
Sorridi, come se ci credessi davvero.
Alzò la testa dal petto di Mason e gli diede un bacio sulla guancia.
«Meglio?» chiese lui.
«Sì, ora devo solo sorridere.»
«Cosa…?»
«L’avevo promesso a Maddy. Devo cercare di sorridere sempre, in ogni caso. Anche quando sembra impossibile, o inappropriato,  o ingiusto. Io sorrido! E mentre lo faccio penso a lei. Sorrido, come se ci credessi davvero.» ripeté le parole della sorella, permettendo a Mason di scoprire un’altra parte della sua storia.
«E poi sei più bella quando sorridi! Quindi adesso vai a sciacquarti via le lacrime e poi torna con una sguardo nuovo. Solo per lei…» ripose facendola alzare dal divano.
Lo guardò commossa, prima di correre in bagno. Fece scorrere l’acqua e si tolse le righe di mascara dalla pelle rosea.
Fu nell’asciugarsi che lo notò.
Un piccolo quadratino bianco incastrato tra lo specchio e la parete.
Si mise in punta di piedi per afferrarlo e lo aprì.
 
 
Le ultime parole non sono fatte per me, dovresti saperlo.
 
 
No… non era possibile. La sua mente si rifiutava di crederci.
Lo fissò per alcuni secondi.
«Non finirà mai…» mormorò.
Con un gesto impulsivo lo strappò in tanti pezzettini, aprì la finestra e li gettò fuori.
Per quanto la riguardava,  tutto sarebbe finito lì.
Ora aveva la felicità a portata di mano; riusciva di nuovo a sorridere. E niente avrebbe potuto ostacolarla. Non lo avrebbe permesso.
Uscì dal bagno con un nuovo sorriso e tornò da Mason, mentre i pezzetti di carta ondeggiavano nell’aria fino a poggiarsi sui marciapiedi bagnati di Los Angeles.
 
 



 
 
Ringraziamenti
 
 
 
Innanzitutto vorrei ringraziare i miei amici, per il loro aiuto e per la loro pazienza.
 
Un grazie va anche alla mia famiglia e ai miei insegnati, per avermi tenuta con i piedi per terra.
 
Grazie a Sabrina per la revisione. Senza il tuo aiuto ora non starei scrivendo questo.
 
Un enorme grazie è per le ragazze del Made of: per quell’Always detto sempre nei momenti giusti.
 
Vorrei ringraziare e salutare anche Martina, Eleonora, Federica, Donatella, Jessica, Chiara, e Simona. Vi voglio bene.
 
Ed infine ci vuole un super grazie anche a voi, per avermi dato fiducia, e per essere arrivati a leggere fin qui.
 
Il merito di questa storia, ammesso che ce ne sia, è anche vostro.
 
Con affetto, Giulia.





 
   
 
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