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Autore: Vals Fanwriter    20/09/2014    5 recensioni
Damian/Dick (brOTP) | Triste, Introspettivo | OS
"Come un bambino che costruisce il suo rifugio con sedie e lenzuola fingendo che sia il suo castello, così anche Damian conserva quel pizzico di puerilità che lo porta a lasciare fuori dal suo covo gli adulti. Tuttavia, Dick sa che c’è un motivo specifico per cui la scritta che vieta l’ingresso a “pipistrelli e maggiordomi” non sia stata sostituita, nel tempo, con un egocentrico “chiunque non sia Damian”."
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Dick Grayson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premettendo che conosco davvero poco dei personaggi protagonisti di questo piccolo stralcio di storia, voglio ringraziare Nymeriah che 1) si è fidata di me e mi ha fornito un prompt – forse pensando ingenuamente che lo avrei ignorato bellamente – dopo che 2) mi ha introdotta in questo fandom raccontandomi vita, morte e miracoli (letteralmente) della Batfamily. Ho cercato di dare una mia interpretazione di Damian (e anche di Dick) perché non li conoscevo a fondo, ho scritto quasi per gioco (e per scacciare l’influenza) (e per sfogare i miei feels), ma se è piaciuta a lei, qualcosa dovrà pur significare. Dunque la pubblico senza alcuna pretesa. Fatemi sapere che ve ne pare, magari.
 

 
 
Broken little bird
 
 
 

‹‹Alfred, hai idea di dove sia finito Damian?››

‹‹Temo che si sia nascosto al solito posto, signorino Richard. Di certo il ragazzo non brilla per fantasia.››

Il solito posto in questione non è altri che la soffitta della tenuta dei Wayne, ribattezzata dal suddetto ragazzino “Robin Cave”, quasi a volersi far beffe del covo segreto di suo padre. Damian vi si rifugia nei momenti in cui si sente turbato o arrabbiato, e il foglio di carta che vieta l’ingresso a chiunque non sia un Robin è chiaramente simbolo del fatto che non voglia essere trovato e disturbato, in quei momenti. Come un bambino che costruisce il suo rifugio con sedie e lenzuola fingendo che sia il suo castello, così anche Damian conserva quel pizzico di puerilità che lo porta a lasciare fuori dal suo covo gli adulti. Tuttavia, Dick sa che c’è un motivo specifico per cui la scritta che vieta l’ingresso a “pipistrelli e maggiordomi” non sia stata sostituita, nel tempo, con un egocentrico “chiunque non sia Damian”. Sebbene il ragazzino non ne parli chiaramente, Dick è abbastanza certo che a lui sia concesso il permesso di entrare nella cosiddetta “Robin Cave” – dopotutto, anche lui un tempo era stato un Robin – perciò non è la prima volta che sale la scaletta che porta in soffitta.

In verità, non aveva dubbi sul fatto che lo avrebbe trovato lì, voleva solo essere smentito: voleva che Alfred gli confermasse che Damian non avesse di nuovo chiuso i suoi sentimenti in un bozzolo e lasciato tutti gli altri fuori, ma così non era stato. Quando la testa di Dick spunta al di sopra delle assi di legno che costituiscono il pavimento della soffitta, ci impiega un paio di minuti per guardarsi intorno ed individuare il ragazzino nella penombra. Damian non si è neanche impegnato per nascondersi un po’ meglio e Dick deduce che il suo intimo desiderio, stavolta, fosse di essere trovato da lui. Emette un sospiro lieve, misto a un sorriso sconsolato, nel distinguere la sua figura seduta a gambe incrociate contro una parete e con il capo basso e immobile, dopodiché avanza nell’ombra, lievemente piegato in avanti per non intaccare con la testa la capriata in legno.

‹‹Ehi, ragazzino›› lo incalza scherzosamente, inginocchiandosi dinanzi a lui. ‹‹Che coincidenza trovarti qui, stavo proprio cercando te.››

L’espressione sul viso di Damian non fa una piega, a quelle parole: ha le sopracciglia aggrottate in un cipiglio serio e grave – la fotocopia di quello di Bruce, a dirla tutta – e le labbra strette e sottili, come se stessero trattenendo segreti e sentimenti nascosti. Ma Damian rimane pur sempre un bambino – delle volte Dick se lo dimentica – quindi potrebbero essere anche lacrime, quelle che sta trattenendo. A quella consapevolezza, il cuore di Dick si stringe dolorosamente. Il muro che Damian si è costruito attorno non gli consente comunque di cancellare l’evidenza che dinanzi a lui ci sia un bambino fragile e indifeso che cerca di dare il meglio di sé per rendere fieri dei genitori troppo lontani.

‹‹Ehi, guarda che non ho ancora acquisito il potere di diventare invisibile›› riprova Dick, cercando di scavalcare quella barriera altissima, e stavolta funziona: Damian solleva il mento e punta lo sguardo asciutto su di lui, ma al di là della sua durezza espressiva, Dick riesce ugualmente a scorgere un velo di tristezza.

‹‹Sto bene›› sono le uniche parole che lasciano le labbra di Damian, mentre rimane premuto con la schiena contro il muro, lontano, e a Dick non resta altro che interpretare altrimenti quella frase: “Non ci sono riuscito. Non l’ho salvato. Non sono degno di essere Robin. Non sono degno dell’orgoglio di mio padre.”

‹‹Che ragazzino idiota.››

Quell’insulto gli esce fuori come un ringhio basso, mentre, tra lievi fruscii, Dick si avvicina a lui e lo ingloba in un saldo abbraccio, fregandosene delle proteste e della riluttanza al contatto fisico di cui si lamenta solitamente Damian. “Non toccarmi.” “Sta’ lontano.” Ma stavolta non dà voce a nessuna di quelle frasi. Damian è un bambino e la prova sta tutta nel movimento delle sue braccia che si sollevano e delle sue dita che si vanno a chiudere forte sul tessuto della camicia che indossa Dick.

‹‹Io sono fiero di te›› dice Dick, come ribattendo ad una domanda implicita e silenziosa, e ricevendo come risposta un cenno del capo che sa di assenso.







 

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