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Autore: Princess of Dark    20/09/2014    12 recensioni
Un incontro "illuminante", come l'ha definito Estrelle.
Ed è proprio così che si può chiamare: Isa si trova a dover ripercorrere i suoi passi, un uomo le ha fatto riflettere sui suoi sentimenti, un uomo l'ha baciata come nessuno aveva mai fatto.
Ma mai e poi mai Isa avrebbe immaginato che, poco tempo prima del matrimonio, fosse costretta a vivere sotto il suo stesso tetto...
La mia terza fanfiction su Johnny e sono emozionatissima come se fosse la prima! Spero che vi piaccia come le altre due xD
Cut the bond, rompi il legame, capirete voi stesse di cosa sto parlando e sarete d'accordo con me!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avrei voluto tanto evitare la scena del nostro arrivo in territorio nemico.
Appena Sal ebbe parcheggiato dinanzi al viale alberato, mia madre si scaraventò fuori dall’auto. Era tutta euforica per la notizia del nostro fidanzamento ufficiale ma soprattutto perché avrebbe trascorso una settimana intera nella tenuta estiva dei Klayton a pochi passi dalle spiagge della California.
Aprì di scatto la portiera e il suo enorme cappello bianco da diva spuntò ancora prima del suo viso rotondo coperto da un paio di occhiali enormi altrettanto da diva e il suo vestito floreale. Sembrava uscita da una pubblicità di abbronzanti. Aveva portato con sé la sua enorme borsa in tela –mia madre adorava le cose in grande, si è visto- e aveva lasciato al povero marito il compito di portare le altre tre valige. Sapevo già che Sal si sarebbe offerto di aiutarlo.
Mentre lei avanzava lungo il viale tutta gongolante spuntai anch’io fuori dalla macchina, esattamente nel modo opposto a mia madre. A me sembrava andare incontro a una prigione che avrebbe esordito la mia condanna a morte e forse era per questo che avevo il viso distorto da un’espressione tesa e nervosa. Ma per fortuna c’era Gabriella Eyre a far cadere di sé tutta l’attenzione. Troppa attenzione. Così tanta da farmi arrossire dalla vergogna se non fosse che i miei futuri suoceri la conoscevano da prima che nascessi.
A volte mi chiedo se sono stata adottata.
«Gabriella, benvenuta!». Una donna bionda spuntò dal nulla, andandole incontro lungo il viale. Non molto alta, dal sorriso allegro e l’espressione rilassata, con addosso un raffinato vestito color prugna abbinato al rossetto. Betty aveva dei gusti più sobri rispetto a quelli eccentrici e pacchiani di mia madre. “Saranno i soldi”, mi ripeté la mia vocina interiore.
Mentre le due continuavano ad abbracciarsi, afferrai il mio trolley e m’incamminai anch’io lungo il viale che portava alla loro enorme villa. C’ero già stata un paio di estati fa, il primo anno che l’avevano acquistata, ed era rimasta quasi uguale a come la ricordavo: un immenso prato curato, le aiuole colorate lungo il vialetto di mattoni, i nani da giardino che mi guardavano sorridenti, il gazebo sotto il quale vi erano dei divanetti e un tavolino di ferro battuto molto elegante. Avevano comprato un’altra altalena sotto l’atrio che portava alla porta d’ingresso e avrei giurato che non ci fossero dei lampioni così grandi intorno alla casa.
Gli occhi di Betty si posarono su di me e il suo sorriso si fece ancora più ampio.
«Isabel», sussurrò dolcemente, aprendo le braccia in attesa che andassi a prendermi il suo abbraccio. Il modo in cui pronunciava il mio nome per intero me lo rendeva elegante e raffinato. «Oh, non vedevo l’ora di riabbracciarti», sussurrò, avvolgendomi nel suo profumo Chanel.
«Sono felice di vederti, Betty», sorrisi io, stringendola. Dovevo ammettere che le volevo bene come se fosse la mia seconda madre, mi riusciva difficile pensarla come una “suocera”. «Paul!», squittì all’improvviso, facendomi quasi sussultare. Mi voltai e vidi mio padre e Sal trascinare a fatica le valige.
«Ciao, Betty!», fece papà, lasciando per un secondo i bagagli per darle un bacio affettuoso sulle guance. Betty diede una carezza affettuosa a Sal, poi fece qualche passo indietro.
«Com’è andato il viaggio? Oh, lasciate stare i bagagli, li faccio portare dentro da Adam. Venite, mando a chiamare John». Forse, per un istante, mi era sembrata più euforica di mia madre. La seguimmo fin sotto casa mentre un ragazzo di colore, Adam, iniziò a caricare le borse su un carrellino e a portarle dentro.
«Ci sono così tante cose di cui dobbiamo parlare! Accomodatevi, faccio portare qualcosa di fresco».
Betty si faceva sempre in quattro per accontentarci. Ci sedemmo sui divanetti di pelle e ci guardammo attorno, osservando John Klayton venirci incontro.
«Paul, vecchio mio!». Il padre di Sal allungò le braccia e strinse papà in un abbraccio affettuoso, dandogli una pacca sulla spalla.
«Ne è passato di tempo!», esclamò papà ricambiando l’abbraccio.
Un anno papà, è passato solo un anno.
Poi rivolse lo sguardo dietro di noi, comodamente sedute in attesa che si accorgesse della nostra presenza. Ci alzammo per andargli incontro e salutarlo.
«Gabriella ti trovo sempre più splendida… come tua figlia». Ci abbracciò e mi diede anche un affettuoso bacio sulla guancia. Il padre di Sal era un uomo degno per ricoprire il ruolo di direttore d’azienda, col suo vestire sempre elegante e il suo sorriso cordiale, anche se quello che aveva sul volto era più di un sorriso di circostanza: gli occhi gli brillavano davvero dalla felicità.
Si sedette accanto a sua moglie, lasciando spazio alla giovane cameriera di poggiare un enorme vassoio stracolmo sul tavolino che ci divideva.
«Allora… presto saremo un’unica grande famiglia», disse lui fieramente, incrociando le braccia per guardare me e Sal con aria trionfante. E ti pareva che doveva andare a finire su questo argomento…
«Quando Sal ce l’ha detto credevamo che ci stesse prendendo in giro!», aggiunse Betty con gli occhi lucidi per l’emozione. Sal rise e iniziò a raccontare a mia madre della loro reazione al telefono, io invece mi limitai a sorridere imbarazzata, deviando lo sguardo e osservando attentamente la ragazza che prendeva le bibite dal vassoio e ce le poggiava sotto il naso facendo lo stesso con gli stuzzichini.
«Oh, non dirlo a me, stavo svenendo», aggiunse Gabriella, prima di abbracciarmi cogliendomi alla sprovvista. «La mia bambina», gracchiò stampandomi un bacio sulla tempia che mi fece storcere il naso.
«Allora John, come va con il campionato di tennis?», fece di botto mio padre e gli fui immensamente grata di aver cambiato discorso. Anche se non era riuscita a distogliere le donne dal loro discorso su tulle e abiti bianchi almeno avevo l’attenzione del Grande Capo su qualcos’altro che non fosse il mio matrimonio.
«Sono arrivato al secondo posto quest’anno», fece con un cenno di amarezza, assaggiando il drink che gli era stato messo davanti. «Ho costruito un nuovo campo qui dietro, vieni, facciamo una partita. Sal, lasciamo le donne ai loro discorsi da donne». I tre uomini si alzarono e ci sorrisero. Io li guardai pregandoli con la forza del pensiero di invitarmi a giocare con loro.
Per favore, non lasciatemi nelle grinfie di queste due…
«… avevamo pensato che potrebbero festeggiarlo anche qui, lo spazio non manca di certo. Ma ovviamente è Isa a dover decidere». Mi voltai verso le due, intercettando metà della frase che stava pronunciando Betty. Osservai le due parlottare sorseggiando il loro drink, annuendo e ridendo di tanto in tanto mentre cercavano di organizzarmi il giorno del mio matrimonio, o meglio, la mia vita. Un senso di panico mi assalì. Non potevo più ascoltare un’altra parola.
«Io vado a farmi un giro, ho bisogno di sgranchirmi le gambe dopo il viaggio», sorrisi e loro annuirono velocemente ritornando a fantasticare tra di loro. Mi allontanai dalla casa, camminando sull’erba curata per andare verso i campi da golf. Sal era seduto su un muretto di fronte al campo e stava osservando il suo cellulare come perso in mille pensieri mentre i nostri genitori stavano improvvisando una partita.
«Hey», sussurrai, sedendomi accanto a lui. Alzò il capo e accennò un sorriso senza emozioni, poggiandomi la mano sul ginocchio. «Qualcosa non va?», aggiunsi.
«No, no è solo… me ne sono accorto che non ti sentivi a tuo agio, mentre parlavano del nostro matrimonio», sussurrò, puntando i suoi occhi chiari su di me. Avvertii una fitta al cuore e mi passò come un lampo la notte che trascorsi assieme a quell’uomo.
«Mi hanno messo solo un po’ d’ansia, lo sai che odio organizzare le cose troppo presto», risi nervosa, gesticolando. Lui sorrise.
«Stai tranquilla, sono tutto fumo e niente arrosto»
«E menomale». Ridemmo e lui fece scorrere la mano lungo il mio fianco, poggiandola sulla vita per attirarmi a sé. Mi poggiai sulla sua spalla e restammo in silenzio a osservare i nostri padri ridere e divertirsi. Dopotutto il matrimonio non era nulla di nuovo, avremmo continuato a essere come adesso. Certo, non sarei potuta andare a ubriacarmi in un locale e fare sesso con gli sconosciuti ma ne avrei fatto volentieri a meno: c’erano voluti quattro giorni per affievolire il senso di colpa e guardare Sal in faccia senza che la mia coscienza mi ripetesse “troia!”.
«Questo è davvero un passo importante», accennò Sal ed io mi staccai da lui per fissarlo perplessa. Aveva appena cambiato espressione e si stava mordendo il labbro come se fosse indeciso se proseguire o no con il discorso. Avevo quasi paura di quello che stava per dire di lì a poco. «Stasera conoscerai mio fratello»
«Cosa?», sgranai gli occhi, allontanandomi da lui di scatto.
Sì, conoscevo i Klayton da quando avevo imparato a camminare e non avevo mai avuto modo di saperne sul loro primogenito. Sal mi aveva accennato che faceva un bel lavoro, che era costantemente in viaggio, che non aveva avuto fortuna con i matrimoni ma ogni volta che gli chiedevo qualcosa… mi diceva che non poteva parlarmene, che c’era una sorta di segreto professionale, che al momento opportuno mi avrebbe detto la verità. Anche i suoi genitori non avevano mai svelato il segreto, tanto che mia madre iniziò a fantasticare sul fatto che fosse una specie di “mostro” di cui si vergognavano, esagerando come sempre.
«Non devo l’ora di conoscere questo famoso fratello», feci trionfante con gli occhi che mi brillavano dall’entusiasmo. Era una gioia troppo grande svelare un mistero grosso come quello.
Restammo alcuni minuti a guardare suo padre battere spudoratamente il mio a tennis, poi Sal scoppiò a ridere.
«Ti ricordi quando ti ho insegnato a giocare?», fece divertito.
«Intendi quando mi sono quasi slogata un polso e abbiamo rotolato per tutto il campo?», bofonchiai con leggerezza, suscitando un’altra sua risata. I suoi occhi però mi guardarono improvvisamente in maniera diversa e le sue mani si poggiarono sulle mie.
«E ricordo anche cos’abbiamo fatto dopo», sussurrò malizioso ed io arrossii subito, mordendomi il labbro e abbassando lo sguardo. «Nel capanno degli attrezzi laggiù», aggiunse indicando col capo alle nostre spalle il piccolo capanno dove i Klayton conservavano tutte le cianfrusaglie per le auto o la manutenzione della casa, del giardino, delle auto.
«Sal!», lo richiamai ridendo, sempre più imbarazzata. Lui rise, strattonandomi per farmi perdere l’equilibrio e farmi cadere tra le sue braccia. Mi circondò la vita da dietro e affondò il viso nel mio collo, trai capelli, annusandoli profondamente, prima di lasciarmi una scia di baci sul collo.
«Sei mia, Isabel Layport», sussurrò. La frase mi fece rabbrividire. In un certo senso ero felice di appartenergli, di essere sua. Ma…

Lasciammo i nostri papà all’ultimo set di tennis e ci dirigemmo verso la casa. Il tramonto era ormai passato, senza che ce ne accorgessimo, e iniziava a sentirsi un leggero venticello. Mamma e Betty erano già entrate in casa e alcune donne in uniforme stavano sistemando un lungo tavolo alle spalle della villa, dove suppongo avremmo dovuto cenare.
«Dove sono John e Paul?», borbottò Betty squadrandoci, alzando il capo dalle riviste che stavano sfogliando sedute alla poltrona.
«Giocano a tennis», le informò Sal, sfilandosi la giacca. Mi tolsi anch’io il mio cardigan, sentendomi più accaldata. O la casa era peggio di un forno o la temperatura era salita dopo quello che era successo con Sal.
«Quei due sono peggio dei bambini», rise Betty scuotendo il capo.
«A cena si lamenteranno dei dolori alla schiena», replicò mamma divertita. «Oh, guarda! Kate è di nuovo incinta?», squittì cambiando argomento, catturando l’attenzione di Betty. Sal si morse il labbro per non scoppiare a ridere mentre io non riuscii a trattenere un risolino. Betty mi guardò di nuovo.
«Ah, le valige sono già in camera tua, fai una doccia se vuoi. Tra un’ora sarà pronta la cena»
«Sì, grazie». Ricambiai un sorriso e lasciai di sotto Sal con le due oche pettegole, salendo lungo le grosse scale di legno. La mia stanza era sempre la stessa da quando avevo dieci anni: non era cambiato niente dall’ultima volta che ero stata qui. Il grosso letto a sinistra, l’armadio sulla destra, uno specchio di quasi due metri nell’angolo, un balcone con un piccolo terrazzo di fronte a me. Il tutto sui colori del bianco, decorato di fiori rosa e foglie bianche e oro. Aprii la valigia riposta ai piedi del letto e impilai tutti i vestiti sul letto.
Li avrei sistemati più tardi. Rimasi a fissarli.
Cosa mi metto per la grande cena col fratello misterioso?
Optai per un semplice tubino blu. Magari era un tipo che non amava particolarmente le cose troppo appariscenti. Presi l’accappatoio e tutto l’occorrente e mi precipitai nel bagno.
Che poi il bagno è più grande della mia casa.
Gettai uno sguardo all’invitante vasca di marmo e alla grande quantità di bagnoschiuma, oli e profumini e così cedetti alla tentazione di crogiolarmi in una vasca d’acqua bollente con tanto di bollicine profumate: anche in estate era un lusso che non potevo rifiutare di concedermi.
I nostri genitori sembravano essersi messi il vestito più bello per l’occasione: Betty indossava un elegante abito che scendeva morbido lungo i fianchi di un violetto quasi nel nero con una grossa spilla di brillanti e nastrini che scendevano sul seno, mia madre si era portata indietro il vestitino rosso con lo scollo a V contro la volontà di mio padre che, come il papà di Sal, si era messo in giacca e cravatta.
Quando guardai Sal, ripensai a quanto era dannatamente bello. Com’era possibile che fosse mio? Che stava per sposare me? Indossava dei pantaloni color sabbia abbastanza aderenti abbinati ai suoi capelli e una camicia bianca leggermente sbottonata verso il colletto. Aspettai che gli altri fossero usciti per andargli vicino, afferrandolo per il collo della camicia per attirarlo verso di me.
«Come siamo sexy», sussurrai scherzosa sulle sue labbra.
«Potrei dire lo stesso di te, miss Layport», ricambiò con un sorriso, baciandomi dolcemente mentre faceva scorrere le mani lungo la mia schiena, fermandosi sul mio posteriore.
«Giù le zampe», lo rimproverai dolcemente. «Si stropiccia il vestito»
«Staresti meglio senza», fece lui con le pupille dilatate per l’eccitazione.
«Tuo fratello poi si farebbe un’idea sbagliata su di me, vedendomi nuda a tavola»
«Scema». Ridemmo e lui mi prese per mano, portandomi fuori.
Sembrava pieno giorno: la villa era illuminata da tanti lampioni dalla luce abbagliante e qualcuno puntava sulla tavola in veranda, affacciandosi sull’altra parte della villa che era impossibile da vedere appena arrivati. La tavola era già apparecchiata, il vino sommerso dal ghiaccio, il pane era ancora fumante e mandava un odore molto invitante. Al centro della tavola c’erano diverse scodelle con chissà quali prelibatezze.
«Possiamo anche iniziare da soli», fece Betty, invitandoci a prendere posto. Mi sedetti accanto a mia madre e Sal mi seguì mettendosi alla mia sinistra.
«Ma ci manca una testa…»
«Oh, lui ci raggiungerà per il dolce… ha avuto problemi con il viaggio, era molto dispiaciuto»
«Prima vorrei proporre un brindisi», esordì il Grande Capo, alzandosi in piedi con il calice di vino in alto. Betty riempì il mio bicchiere e quello di Sal e tutti imitammo il gesto di alzarci per unire i nostri bicchieri.
«A Sal e Isabel, che ci hanno dato la notizia più bella del mondo. Vi auguriamo tutta la gioia, la serenità, il calore e il sostegno che una famiglia può regalare». Le sue parole mi commossero e fui felice di brindare con loro. I camerieri, che osservavano da lontano, partirono in quarta mettendoci dinanzi il primo piatto.
«Granseola al limone e ravioli charmilles», esordì Betty soddisfatta. Non avevo la minima idea di cosa fossero, ma sembravano buoni.
La serata mi fece in qualche modo cambiare idea e mi sentii quasi una stupida per tutte quelle preoccupazioni che mi ero fatta sul matrimonio, sull’entrare ufficialmente in questa famiglia: in realtà non era cambiato molto dagli anni precedenti, anzi, mi sentivo più sollevata ora che non c’erano più quelle battutine allusive del tipo “e voi quando ci inviterete al vostro matrimonio?”. Ero grata a tutti di non aver minimamente accennato al matrimonio dopo il brindisi: chiacchierammo tutta la serata sulla scelta dei cibi, sul lavoro, sui viaggi all’esterno di Betty, sulle marachelle che John e papà avevano combinato da ragazzi.
Era quel che si poteva definire una serata tranquilla e piacevole, in famiglia. Ero fortunata ad averne una così bella. Un rombo di motore ci distrasse proprio quando stavamo ridendo di una barzelletta che aveva raccontato John e gli occhi di Betty s’illuminarono.
«Deve essere lui!», squittì, alzandosi dalla sedia e sparendo in casa.
«Credo di non aver mai riso così tanto, ho i crampi. Mi metti un po’ d’acqua?», sorrisi a Sal che subito mi versò l’acqua frizzante nel bicchiere. Gli involtini di vitello ricoperti da una strana salsa erano buonissimi ma si erano piazzati sullo stomaco e neanche il sorbetto al limone era bastato. Betty si sarebbe offesa se non avessi assaggiato il dolce ed io rischiavo seriamente di scoppiare…
Sal restò a fissarmi mentre bevevo, allungando una mano per accarezzarmi il braccio mentre si stendeva scompostamente sullo schienale della sedia. Mi passai la lingua sulle labbra bagnate.
«Posso chiederti un favore?», mugolò lui. Mi voltai per fissarlo dall’alto.
«Certo»
«Non… non leccarti le labbra davanti a mio fratello. Sei così sexy e…»
«Hai paura che mi possa saltare addosso?», lo presi in giro. All’interno si sentiva la voce di Betty tutta euforica e un rumore di buste, passi e tonfi pesanti.
«Beh si», farfugliò Sal accigliato ed io alzai gli occhi al cielo, rivolgendogli un sorriso complice. I rumori si fecero più insistenti e ora si sentiva chiaramente la voce rauca e profonda da uomo.
«Allora, Sal, dov’è la mia cognata?», esordì in questo modo suo fratello, piombando in veranda improvvisamente, facendoci sobbalzare. La reazione fu simile per tutti quelli che non si aspettavano chi avrebbero trovato dall’altra parte.
Anche la sua corsa si fermò di colpo quando incrociò il mio sguardo e rimase lì impalato esattamente come lo ero io dopo essermi accorta che davanti a me c’era lui. Il sosia di Johnny Depp. O forse era Johnny Depp davvero.
«Tu?», sussurrammo all’unisono con incredulità, con quel che restava della nostra voce. Avevo davvero davanti a me quell’uomo che mi era apparso come un angelo?
Questo è solo un brutto scherzo del destino, non è reale, non è possibile.
Gli altri si accorsero delle nostre occhiatacce e Betty rimase un po’ scossa.
«Vi… vi conoscete?»
«No», feci prontamente, prima che lui potesse aprire bocca e rovinare il mio matrimonio.
«Oh mio Dio, sì!», squittì invece mia madre, alzandosi di colpo dalla sedia. «Non ci credo! Sei proprio tu?». Lo tastò, gli diede dei pizzicotti sulle guance, lo guardò circospetta e incredula. A quanto pare anche mamma, come Estrelle, conosceva bene Johnny Depp.
Io invece ero l’unica a esserci andata a letto senza sapere chi fosse…
«A quanto pare», rise Johnny imbarazzato. «Lei deve essere Gabriella, mia madre mi ha parlato molto di lei», fece cortese.
«Oh, dammi del tu», sorrise sorniona. «Quello intento a strafogarsi il secondo bignè invece è mio marito, Paul», aggiunse indicando nostro padre. Lui, con boccone pieno e lo sguardo di chi è stato colto sul fatto, ci guardò e sorrise imbarazzato, pulendosi le mani con un fazzoletto per stringere la destra a Johnny.
«Piacere di conoscerla»
«Tu sei in gamba, ragazzo», borbottò papà in tutta risposta, dandogli una pacca sulla spalla. Stavo per morire dalla vergogna. Perché i miei genitori dovevano essere sempre così espansivi?!
Sal si alzò, afferrandomi una mano e trascinandomi con sé. Oh no, ti prego!
«Joh, ecco la donna della mia vita e futura moglie, Isabel», fece Sal tutto orgoglioso, facendosi da parte nell’attesa che ci stringessimo la mano. L’unica cosa che mi si strinse nel guardare i suoi occhi scuri fu la gola. Mi ricordai come quegli occhi si erano posati su di me carichi di desiderio, su quel divano, quella notte che pareva tanto lontana e invece era un passato molto recente.
«Ciao», mormorai timidamente, sforzandomi di sorridere.
«Ciao», fece lui altrettanto scosso, stringendomi la mano senza entusiasmo. Se avessi un genio della lampada, il mio primo desiderio sarebbe di diventare invisibile.
«Johnny siediti, ti stavamo aspettando per le torte», fece Betty, cedendogli il posto alla destra del padre che salutò con un bacio veloce sulla guancia.
«Com’è andato il viaggio?», chiese John attento mentre era servito dalla ragazza in uniforme. Johnny restò a fissare come la torta veniva tagliata, facendo spallucce.
«Sfiancante. L’aereo ha ritardato di quasi un’ora e ho dovuto correre per tutto il tragitto per non perdere pure il treno», borbottò contrariato e sulla fronte comparvero tante piccole adorabili rughe.
«Mousse al cioccolato o torta al limone?», fece Betty inopportuna e Johnny indicò quella piena di cioccolato, crogiolandosi nell’affondarci dentro la forchetta.
«Io al limone», fece Sal, prendendosi la sua fetta.
«E tu, Isa?». Betty attese la mia risposta, io invece ero troppo occupata a osservare Johnny e a capire se stessi sognando. Avevo già provato il metodo del pizzicotto e mi ero lasciata anche un rossore abbastanza evidente sull’avambraccio. Sobbalzai, guardando Betty in attesa.
«Oh, io no, grazie»
«Non puoi rifiutare la mousse al cioccolato», fece Johnny improvvisamente, rivolgendomi la parola. Trasalii quando i suoi occhi piombarono su di me. Sta davvero parlando con me? «Questa è da leccarsi i baffi», aggiunse con un sorriso, leccandosi apposta il labbro superiore della bocca sporca di cioccolato.
Oh Dio, datemi quella benedetta mousse.
«O-ok, prendo un po’ di quella», mormorai, allungando il piatto. Betty mi diede una parte più grossa della mia testa ed io assaggiai quella delizia. Era davvero favolosa.
«Buona, eh?», ridacchiò Johnny ed io annuii sorridendo a bocca piena. Poteva essere più imbarazzante?!
«Non posso ancora credere a tutto questo… come è possibile?», sussurrò mia madre e i signori Klayton sorrisero mentre Johnny alzò un sopracciglio incuriosito.
«Abbiamo dovuto tenerlo segreto a tutti per riservatezza… se si sapesse in giro che Johnny è nostro figlio, ci troveremmo costantemente i giornalisti qua fuori e anche la nostra azienda sarebbe costantemente affollata. Era la decisione più saggia: Johnny si è scelto un cognome d’arte ed è volato via dal suo nido». Lei gli rivolse un’occhiata materna, io iniziai a capire cosa intendeva Sal per “uomo in gamba” e “lavoro soddisfacente” e “segreto professionale”. Mi venne un’improvvisa voglia di prenderlo a schiaffi: almeno a me poteva dirlo, doveva fidarsi. Se avessi saputo chi fosse non sarei mai venuta qua, oppure può darsi che quella sera Johnny non sarebbe mai salito da me.
Una cosa era certa: gli occhi di quell’uomo che mi fissava come se volesse dirmi chissà cosa erano davvero insostenibili. Avevo bisogno di andarmene, di assimilare la notizia ed eventualmente di decidere cosa fare. Se Johnny decidesse di dire tutto a Sal?
«Io... sono un po’ stanca», mormorai, scuotendo il capo come a scrollarmi via i brutti pensieri. Mi pulii la bocca col fazzoletto e mi alzai. «La cena è stata ottima, Betty»
«Il viaggio deve avervi stancati tutti… ci vediamo domani mattina per la colazione. Voi rimanete per un caffè?», sorrise Betty concedendomi come il permesso di alzarmi prima di rivolgersi ai miei genitori che accettarono.
«Vado a letto anch’io», fece Sal, alzandosi assieme a me. Johnny ci guardò.
«Buonanotte», esordì anche lui, alzandosi dalla tavola. Per un istante temetti che ci avrebbe seguiti ma invece rimase lì accanto al tavolo e mi poggiò una mano sul braccio per richiamarmi. Mi voltai di scatto e incrociai il suo sguardo. «Piacere di averti conosciuta, Isabel», aggiunse e pareva quasi che volesse sfidarmi. Cos’era? Aveva capito che stavo scappando via da lui? Che non ce la facevo più a reggere il peso di quell’imbarazzo?
Ricambiai con un sorriso imbarazzato e tirai un respiro di sollievo quando entrai in casa. Sal mi venne dietro, avvolgendomi la vita con un braccio e guardandomi preoccupato.
«Tutto ok? Sembri piuttosto scossa, non hai aperto bocca»
«Ti sembro scossa? Forse lo sono!», esclamai facendo attenzione a non alzare la voce, anche se di là stavano già ridendo: riuscivo a distinguere quella calda e seducente di Johnny, un po’ simile a quella di suo fratello. Mi staccai bruscamente dalla sua presa, avanzando il passo.
«Isa!», esclamò cercando di mettersi al mio passo. Lo ignorai. «Sei arrabbiata?»
«Sì», lo liquidai, ignorando il suo sguardo smarrito mentre salivo le scale per raggiungere la mia camera.
«Aspetta! Mi spieghi perché?!», fece esasperato, fregandosene delle ragazze che avevamo incontrato per i corridoi e che ci stavano guardando incuriosite. Arrivammo fuori la porta della mia stanza.
«Potevi dirmelo che tuo fratello era nientedimeno che Johnny Depp! Non immagini quanto mi sono sentita in imbarazzo!». Il ricordo della brutta sensazione dopo averlo visto, del groppo alla gola quando mi fissava, del suo sorriso divertito mentre mi punzecchiava e del mio senso di disagio mi fece salire le lacrime agli occhi.
«Per quale motivo, scusa?», sussurrò lui incredulo, lasciando ricadere mollemente le braccia lungo i fianchi. «Te l’ha spiegato mamma perché non potevo dirti niente». Serrai le mascelle e osservai la sua espressione smarrita.
Cosa ti aspetti, Isabel? Lui non poteva saperlo di certo che ti saresti sentita in imbarazzo perché ci eri stata a letto.
«Senti… sono solo stanca. Ne riparleremo domani, ok?», sospirai, entrando in camera. Avevo bisogno di stare sola e di ragionare. Lui mi fissò esitante.
«Non mi addormenterò sapendo che ce l’hai con me»
«Non ce l’ho con te», ripresi per rassicurarlo, alzando gli occhi al cielo. Dallo sguardo che gli rivolsi, capì che doveva lasciarmi da sola.
«Ok… buonanotte», mormorò poco convinto.
Chiusi la porta alle mie spalle e sospirai di nuovo, sentendo tutta la rabbia e l’imbarazzo sbollire. Qui dentro ero al sicuro da quegli occhi scuri e il sorriso sghembo di quell’uomo. Mi sentivo come in trappola, a metà tra l’essere ancora incredula e spaventata da quello che era accaduto e che sarebbe accaduto nei prossimi giorni.
Il cellulare che avevo appoggiato distrattamente sul letto prima di scendere per la cena trillò.
Tre chiamate perse e un messaggio, da parte di Estrelle.

Da: Estrelle
Oggetto: CERCASI MIGLIORE AMICA!!


E menomale che dovevi richiamarmi!
Non te ne frega proprio niente della tua amica in pensiero per te
L
Come va con l’allegra famiglia del mulino?


Caspita, tra feste e cenette varie mi ero completamente dimenticata di avvisarla! Mi sedetti sul bordo del letto dopo aver scostato un paio di pantaloni e digitai velocemente un messaggio di risposta.

A: Estrelle
Oggetto: Migliore amica ritrovata!


Perdonami mi sono dimenticata di avvisarti!!
Qui tutto bene, a parte un piccolo dettaglio: il mio futuro cognato è Mr sexy sconosciuto da orgasmi multipli…



Ehm, non so se dopo questa mi prenderete a sassate o pomodori in faccia XD L'idea è un po' azzardata ma mi piaceva troppo, quindi vi chiedo di non essere troppo pignole e lasciarvi andare dall'immaginazione u.u
Nonostante tutto, spero che vi sia piaciuto. Ce la metterò tutta a rendere la loro conviventa un inferno! Ops.. hahahaha
a presto!

 
  
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