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Autore: Ailisea    20/09/2014    4 recensioni
Dal testo:"Come pensi che andrà la battaglia di domani?" Aleksis ruppe il silenzio.
"Che domande, Kaidanovsky. Sarà il settimo trofeo che porteremo a casa!"
"E se non fosse così?" pronunciare quelle parole gli costava molto.
"Sarà sicuramente così." Sasha si strinse nella giacca pesante, allontanandosi dalla ringhiera e facendo qualche passo verso la porta per poi fermarsi a metà strada. Entrambi si voltarono per cercarsi l'un l'altra, lo sguardo di lei era determinato ma l'uomo riusciva ad intravedere un moto di esitazione.
“Saremo insieme."

[Aleksis/Sasha ; Terza classificata e vincitrice del "Premio Stratega" e del "Premio Passione" al contest "Del Toro Mania!" indetto da SilenceIsMusic]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aleksis Kaidanovsky, Sasha Kaidanovsky
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Terza classificata e vincitrice delle menzioni "Premio Stratega" e "Premio Passione" nel contest "Del Toro Mania!" indetto da SilenceIsMusic.



Fragments
 

 
 
“I could hear my heart beating. I could hear everyone's heart.
I could hear the human noise we sat there making.
Not one of us moving, not even when the room went dark.”
 
 

 
Il sudore le imperlava la fronte, il respiro affaticato scandiva la cadenza delle sue mosse e degli scarti laterali. Era come una danza pericolosa, un gioco in cui agilità e furbizia si mescolavano fino a raggiungere il perfetto controllo del proprio corpo e di tutto ciò che si muoveva attorno ad esso. Le percezioni della ragazza, affinate da anni di sfiancanti allenamenti giornalieri, erano ormai talmente acute da renderle facile identificare l'angolazione e la direzione di provenienza di un colpo, pugno o calcio che fosse. C'era una sorta di superbia nel modo in cui Sasha Kaidanovsky schivava abilmente le mosse dei suoi sfidanti, sul viso un'espressione provocatoria e beffarda simile a quella di una bambina.
 
Ciocche di capelli sfuggite alla complessa acconciatura fluttuavano attorno al suo viso.

Dopo aver buttato al tappeto l'ennesimo sfidante si concesse un respiro profondo e stiracchiò i muscoli di gambe e braccia per scaricare la tensione accumulata. Lo sguardo vittorioso corse subito all'uomo appoggiato al muro dall'altra parte della stanza, che la osservava orgoglioso e che, per tutta risposta, le rivolse un lieve cenno di assenso con la testa. Ormai la loro connessione mentale era talmente perfetta che a nessuno dei due servivano quasi parole per comprendere l'altro.

Da ragazzina Sasha non aveva mai sognato di sposare un principe azzurro, a differenza delle sue amiche. Si immaginava, piuttosto, a fianco di un uomo che l'avrebbe rispettata e protetta allo stesso tempo. Una persona forte e gentile, capace di scrutare attraverso i suoi silenzi e di comprenderla solamente guardandola negli occhi. I romanticismi non le si addicevano molto ma ogni volta che guardava suo marito non poteva fare a meno di pensare a che grande regalo la vita le avesse fatto.
 
Anche se non poteva vederlo bene in volto, sapeva che le stava sorridendo.
 
"Ehi, al volo!" avvicinandosi ad Aleksis con passo sicuro e leggermente arrogante gli lanciò la staffa da combattimento: il ragazzo capì subito che lo stava sfidando, come faceva spesso. Assistere all'allenamento di due piloti di Jaeger era sempre una gioia per gli occhi: i passi ed i colpi erano perfettamente bilanciati, nessuno dei due superava nettamente l'altro in forza ed agilità -nonostante la potenziale differenza di corporatura fra i due- e, spesso, assieme riuscivano a mettere a segno una lunga serie di colpi senza che nessuno dei due esitasse o inciampasse.

Sasha ed Aleksis non facevano eccezione: quando lui colpiva, lei schivava e scattava alle sue spalle, pronta a contrattaccare… ma ecco che lui effettuava una torsione rapida mirata a parare con fermezza il colpo di lei. Potevano però capitare degli imprevisti, varianti non calcolate che andavano ad incidere sull'esito della battaglia, in modo spesso decisivo.
E proprio a causa di queste incognite Sasha sbagliò a poggiare un piede, finendo per slittare sul pavimento liscio del Kwoon.
 
Scattò in avanti per aiutarla. Lo fece automaticamente, senza pensarci.
 
Sasha lo guardò negli occhi e dopo un secondo di smarrimento gli sorrise beffarda.
"Kaidanovsky, hai una stretta di ferro!" rise massaggiandosi il polso dal quale l'aveva afferrata.
"Forse sei tu ad avere le caviglie delicate?" Aleksis sorrise e le diede un buffetto sulla spalla, come a voler sottolineare la sua debolezza fisica. Conosceva bene l'orgoglio che caratterizzava Sasha e gli piaceva prenderla un po' in giro, di tanto in tanto.
"Ah sì? " lei raccolse la provocazione e gli si piantò davanti, poggiandogli le mani sul petto e spingendolo nella direzione opposta con tutta la forza che aveva, i piedi fermi a terra e le caviglie inclinate in una posizione che non sembrava affatto comoda.
Lui cercò di rimanere immobile sul posto ma la verità era che la ragazza possedeva una forza enorme, anche se fisicamente era molto più bassa di lui e sicuramente molto meno muscolosa.
Aleksis perse posizione e dovette spostare una gamba all'indietro per non sbilanciarsi ma invece di contrattaccare prese i polsi di Sasha e li tenne saldamente davanti a sé, fra le sue mani, meravigliandosi ogni volta di quanto fossero esili comparati ai suoi.
"Non penserai mica di vincere così facilmente, Kaidanovsky?" la ragazza oppose una resistenza poco convinta e molto giocosa, sforzandosi di non ridere ma continuando a canzonarlo nel mentre.
 
I loro sguardi si incontrarono.
 
Agli occhi di tutti, Sasha poteva anche apparire come la ragazza forte ed incurante del dolore fisico che in effetti era ma lui sapeva che sotto quello strato di apparente strafottenza e sprezzo del pericolo c'era altro. Solamente lui conosceva le sue debolezze, il suo aspetto così vulnerabile nei momenti in cui la stringeva forte per farle dimenticare le sue paure e tutti quei i piccoli segreti e ricordi che aveva deciso di condividere solo col suo compagno. D'altro canto anche Aleksis aveva sempre avuto un carattere un po' schivo e burbero che non lo favoriva nei rapporti sociali, eppure Sasha era riuscita a guardare oltre quel suo fare ombroso per trovare la parte più profonda del suo essere, quella che gli aveva sempre impedito di stringere un rapporto profondo con gli altri studenti dell'Accademia e, successivamente, con i piloti dei vari Shatterdome.
 
Gli  parve che le labbra di Sasha si muovessero senza produrre alcun suono.
 
Aleksis fu colto da una sensazione spiacevole e da un gelo insolito.
"Dovremmo... prepararci. Il Marshal ci vuole pronti per la battaglia di domani. Non sappiamo a quale classe apparterrà il Kaiju che ci attaccherà e dobbiamo riposare” Sasha era visibilmente a disagio, non amava essere in una posizione di svantaggio e la presa di lui era salda proprio come quella dello Jaeger che pilotavano, rendendole impossibile divincolarsi.
L’uomo continuava a scrutarla ma il suo sguardo sembrava focalizzarsi su qualcosa di lontano e di intangibile, per la prima volta dopo tantissimo tempo Sasha non riuscì ad intuire a cosa stesse pensando. Come se avesse percepito il flusso di pensieri della moglie, Aleksis tornò in sé e la guardò per qualche secondo, poi le fece passare un braccio attorno alla vita ed uno attorno alle spalle, avvolgendola completamente e stringendola a sé.
“Che succede?” la ragazza arrossì impercettibilmente ed alzò la testa, guardandolo interrogativa.
“Mi sento strano, non so spiegartelo bene ma sento che qualcosa non va.”
“Magari hai mangiato qualcosa di poco fresco?” sdrammatizzò come faceva sempre.
“Sasha, sono serio.”

Suo marito non era avvezzo ad inutili preoccupazioni, se qualcosa lo turbava allora non bisognava sminuirla. Senza dire altro, Sasha gli mise le braccia attorno al collo e lo tirò verso di sé, baciandolo delicatamente per rassicurarlo. Lui rispose al bacio e l’abbracciò più forte.
La sensazione spiacevole cominciò lentamente a svanire, scacciata come un temporale estivo dalla serenità che provava nell'avere sua moglie lì con sé. Per un momento sperò che lei potesse leggere nei suoi pensieri e nelle sue emozioni per comprendere appieno ciò che stava provando, proprio come succedeva nel Drift.
 
Si separarono poco dopo, richiamati entrambi dai rispettivi impegni pomeridiani.
 
 
~
 
Era una fredda serata di Gennaio, le stelle brillavano pallidamente in lontananza, nascoste alle vista dalle luci abbaglianti dello Shatterdome. Piuttosto triste come scenario, pensò Sasha.
I due si ritrovarono sulla terrazza dell'edificio adibito a dormitorio, proprio come facevano ogni sera in cui avevano del tempo libero da passare assieme. Il gelo non era una delle loro preoccupazioni, amavano le notti fredde che tanto gli ricordavano quelle degli anni passati in Russia.
 
Il rumore delle onde che s'infrangevano sulla scogliera arrivava fin lassù, anche se attutito.
 
"Ti ricordi com'era Vladivostok?" Sasha era appoggiata al parapetto e scrutava in basso, nel buio.
"Sono passati otto mesi da quando l'abbiamo lasciata e ancora adesso una parte di me non riesce a rassegnarsi all'idea che lo Shatterdome abbia chiuso definitivamente i battenti. A volte ripenso alla faccia tonda di So-Yi o al cipiglio serio di Yuna, così mi torna la nostalgia. Non ti capita mai?"
"A volte." rispose lui dopo qualche secondo “Ma per fortuna non ci hanno divisi.”
 Sasha sorrise nella penombra e si girò, appoggiandosi alla ringhiera con la schiena per guardare in alto, verso il cielo, cercando di sovrapporre col pensiero un fiume di stelle ed una nevicata a quel clima umido ed alla lattiginosa imitazione di volta celeste che era il cielo di Hong Kong.
 
"Come pensi che andrà la battaglia di domani?" Aleksis ruppe il silenzio.
"Che domande, Kaidanovsky. Sarà il settimo trofeo che porteremo a casa!"
"E se non fosse così?" pronunciare quelle parole gli costava molto.
"Sarà sicuramente così." Sasha si strinse nella giacca pesante, allontanandosi dalla ringhiera e facendo qualche passo verso la porta per poi fermarsi a metà strada. Entrambi si voltarono per cercarsi l'un l'altra, lo sguardo di lei era determinato ma l'uomo riusciva ad intravedere un moto di esitazione. “Saremo insieme."
 
Aleksis continuò a fissare Sasha mentre camminava verso il dormitorio finché non sparì dalla sua vista, poi si concesse un momento per indugiare sui propri pensieri. Le parole che la ragazza aveva scelto non erano state casuali: lei aveva intravisto la paura che l'aveva colto alla sprovvista, un'emozione che ormai non provava più dalle prime volte in cui avevano cominciato a pilotare Cherno Alpha come coppia. Certo, poteva capitargli di essere agitato prima di una battaglia ma un senso di inquietudine così profondo non si addiceva ad un pilota esperto come lui. A dirla tutta non si addiceva nemmeno al suo carattere... ma la sensazione spiacevole che aveva provato durante l'allenamento era tornata a farsi sentire, torturandogli la mente come un cattivo presagio e rovinandogli l'umore. Decise di provare a dargli il minor peso possibile e tornò a passo lento verso la sua stanza da letto.
 
 
~
 
 
Quella notte Aleksis fece incubi d’acqua, di oscurità e di mostri.
 
Si svegliò nel cuore della notte, i muscoli ancora rigidi e pronti allo scatto, come in attesa di un pericolo imminente. Gli ci volle qualche momento per calmarsi e capire che in realtà si era trattato solamente di un brutto sogno, uno di quelli che sembrano così reali da lasciarti stordito e spaventato. Dopo aver finalmente ripreso il controllo delle proprie percezioni si mise a sedere sul letto, poggiando i piedi per terra. Sasha, sdraiata su un fianco, dormiva accanto a lui e dal modo in cui muoveva debolmente le dita di mani e piedi si capiva che stava sognando.
Probabilmente non avevano dormito per molte ore, guardando dalla finestra non s’intravedeva la luce dell’aurora e l’aria sapeva ancora del freddo e della tipica umidità notturna dei posti di mare. Aleksis, ancora immerso nei suoi pensieri, a malapena percepì il fruscio delle lenzuola e la mano che gentilmente si era posata sulla sua spalla.
 
“Ti ho svegliata?” pose la sua mano su quella della moglie, continuando a guardare dalla finestra.
Sasha sbadigliò e appoggiò la fronte contro la schiena di lui. “Non proprio. Ho fatto una specie di incubo. Era un sogno su di noi, quelli in cui fai le cose che avresti sempre voluto fare, sei ricco, felice e non succede nulla di brutto. I soliti sogni del cavolo che non si avverano mai.” sbuffò.
“Sembra un bel sogno.” ascoltava sempre con un sorriso le considerazioni fintamente ciniche di lei.
“Kaidanovsky, non interrompermi.” gli pizzicò una guancia e lui rise “Dicevo. Improvvisamente l’atmosfera del sogno è cambiata ed ha cominciato a somigliare sempre più ad un incubo. È come se all’inizio avessi percepito una grande distanza fra noi, come se fossimo costretti a separarci per sempre, indipendentemente dalla nostra volontà. Odio queste sensazioni, nei sogni sembra tutto così vero.” sbadigliò di nuovo mentre tentava di spostare dal viso un groviglio di capelli biondi “Ad un certo punto ho visto un grande temporale in lontananza e stavo per tornare in casa, quando mi sono accorta che tu non c’eri più, non sapevo dove fossi. Allora ho cominciato a chiamarti, prima piano e poi urlando. Tu mi rispondevi, sentivo la tua voce ma non riuscivo a trovarti e tu non trovavi me. Intanto il temporale si avvicinava sempre di più, finché il rombo dei tuoni ha finito per coprire entrambe le nostre voci. Poi mi sono svegliata e ti ho visto seduto sul letto.”

Entrambi tacquero per qualche minuto, poi Sasha parlò per prima “Con tutti quei discorsi tristi di stasera hai finito per trasmettermi la tua negatività, visto? Mi devi un bel risarcimento per il sogno finito male!” 
Quella frase riuscì a strappare un sorriso ad Aleksis, che per un secondo dimenticò il senso di fatalità che poche ore prima l’aveva attanagliato fino a rovinargli l’umore. Sasha se ne accorse e sorrise anche lei. In realtà il loro rapporto era una specie di Drift Hangover perpetuo, quindi in qualche modo lei aveva percepito una traccia dei pensieri di suo marito e dell’ansia che provava già da prima che lui si confidasse apertamente.
Ma questo lei non gliel’avrebbe mai riferito, preferiva provare a consolarlo a modo suo piuttosto che unirsi a lui nella tristezza.
Durante la loro vita, poteva capitare che qualche pilota passasse un periodo di depressione, dopotutto ogni volta che partivano per combattere i Kaiju non sapevano quando e se sarebbero tornati allo Shatterdome. Anche se Aleksis non era decisamente tipo da lasciarsi cogliere facilmente dall’angoscia, Sasha aveva capito che qualcosa non andava e non intendeva sottovalutare la cosa.
Se suo marito aveva bisogno di lei, allora sarebbe stata lì per lui.
 
Fece scivolare la sua mano in quella di lui, intrecciando le dita alle sue.
 
“Invece tu perché eri sveglio?” appoggiò il mento sulla spalla di lui e lo guardò.
Lui le strinse la mano che teneva nella sua e l’accarezzo con l’altra. “Anch’io ho fatto un incubo.”
“Racconta.” Sasha lo ascoltava attentamente.
“Non riesco a ricordare con esattezza. All’inizio sembravano dei flash o delle immagini viste su uno schermo, poi mi sono accorto di essere il protagonista di ciò che stavo vedendo e le sensazioni che ho cominciato a provare non erano belle.” cercò di concentrarsi per focalizzare bene il sogno “C’era una presenza che incombeva su di me ed ho cominciato a sentire molto freddo, da qualche parte sentivo il rumore dell’acqua ma non riuscivo a capire dove fosse. Poi è diventato tutto buio.”
“E ti sei svegliato.”
Aleksis annuì mestamente.
Sasha non disse nulla per non turbarlo ulteriormente ma le sembrò di aver fatto lo stesso sogno, diverso tempo prima. Probabilmente è solo suggestione, pensò.
 
“A volte può capitare che la nostra mente cominci a rimuginare fino allo sfinimento su un pensiero. Vuoi sapere una cosa? Secondo me è inutile continuare a fissarsi sulla morte. Voglio dire, tutti noi sappiamo bene cosa potrebbe succedere quando entriamo in uno Jaeger. Ci sono dei rischi, frammenti impazziti di variabili non calcolate. Certo, la morte è una di queste incognite ed è normale provare sconforto, di tanto in tanto. L’importante è sapersi rialzare. Il mondo ha bisogno di noi, abbiamo giurato di proteggerlo e se per farlo dobbiamo offrire le nostre vite, allora così sia. Quando arriverà il momento, però, venderemo cara la pelle.” aveva parlato di getto, con il suo solito tono sicuro che stavolta non era strafottente ma rassicurante, come se avesse pensato per ore alle cose da dire ma, allo stesso tempo, le ci fossero voluti solo due minuti per riassumerle.
Aleksis rimase stupito da quel fiume di parole e non seppe cosa dire. Sasha aveva pienamente ragione, preoccuparsi di un ipotetico conto alla rovescia verso il fato non aveva senso.
Prima o poi sarebbero morti ma, prima, avrebbero vissuto appieno.
A partire da quel momento.
 
Aleksis si girò verso Sasha e la baciò, stendendosi sul letto e portandola ad appoggiarsi su di sé. Lei rispose subito al contatto e si mise a cavalcioni su di lui per accarezzargli il petto da sotto la maglietta, arrossendo nel momento in cui le mani forti di lui si fecero strada sotto alla canottiera che usava come pigiama, sfiorandole con delicatezza la schiena ed indugiando poi sui seni.
Sasha si staccò dalla bocca di lui per sfilarsi la canottiera ed emise un gemito sommesso. Stava cominciando a percepire un discreto calore al basso ventre ed un caldo insolito per quell’ora della notte. Desiderava Aleksis con ogni fibra del suo essere e probabilmente per lui era lo stesso, a giudicare dal modo in cui la stava guardando. Lui si accorse di come lei lo osservava ed allungò una mano per accarezzarle una guancia, delicatamente.
 
“Ti amo, Sasha.”
Era quasi un sussurro ma bastò a farsi sentire dalla ragazza, che si aprì in un largo sorriso e gli prese il viso fra le mani per baciarlo. “Anch’io.”
 
 
Quella notte fecero l’amore come se fosse l’ultima volta.
 
 
~
 
 
Il giorno dopo.
 
 
Lo Shatterdome era in fermento: i piloti si trovavano già nei rispettivi Conn-Pod, Tendo Choi ed i suoi tecnici testavano il livello di sincronizzazione della stretta neurale dei piloti, mentre i mezzi addetti al trasporto aereo degli Jaeger erano in posizione di decollo.
Ormai le voci riguardanti un doppio attacco Kaiju erano più che certe. Il dipartimento scientifico aveva calcolato un anomalo intensificarsi nell’attività della breccia e le predizioni future auspicavano un’intensità sempre maggiore degli attacchi, per contiguità e numero di Kaiju, che avrebbe portato sicuramente alla fine del mondo, nel caso nessuno fosse riuscito a fermarli.
Il Marshal era stato inamovibile a riguardo: bisognava sigillare la Breccia, in un modo o nell’altro.
 
Sasha ed Aleksis erano sorprendentemente calmi, nonostante la situazione. Il loro scambio di vedute della notte precedente li aveva portati ad una nuova consapevolezza, adesso ragionavano in tutto e per tutto allo stesso modo ed erano finalmente pronti ad affrontare quella che probabilmente sarebbe stata la battaglia più impegnativa della loro vita.
 
Quando Pentecost diede il via all’operazione, Cherno Alpha, Crimson Typhoon e Striker Eureka vennero sollevati contemporaneamente da otto elicotteri ciascuno. Era un’operazione enorme e chiunque nello Shatterdome era al corrente del fatto che, probabilmente, molti degli Jaeger sarebbero stati distrutti. Nonostante tutto, era un’azione che andava portata a termine.
Qualcosa però, nella grande macchina organizzativa messa in moto quel giorno, non stava funzionando per il verso giusto. Prima di entrare nel Conn-Pod, Sasha aveva sentito Raleigh Becket lamentarsi con il Marshal del fatto che Mako Mori sarebbe stata una co-pilota perfetta per lui e per questo dovevano partecipare alla battaglia, nonostante il disastroso risultato della prova neurale che i due avevano effettuato all’interno di Gipsy Danger, qualche giorno prima.
Anche Aleksis aveva capito che fra i due c’era un’ottima intesa ed assieme a sua moglie aveva convenuto che, per un evento Kaiju di quella portata, lo Shatterdome avrebbe dovuto impiegare tutti gli Jaeger a disposizione, invece di lasciarne uno inattivo.
Ma porsi questi interrogativi ormai non aveva senso.
 
Quando gli elicotteri sganciarono le funi per rilasciare Cherno Alpha, la forza di gravità della caduta verso il mare sviò Sasha dai suoi pensieri. Adesso la sua attenzione e quella di Aleksis erano focalizzate sulla formazione da mantenere con gli altri piloti e sull’obiettivo che tutti dovevano raggiungere. Attraverso il sistema di comunicazione esterna udirono uno scambio di battute in cinese fra i fratelli Wei Tang su Crimson Typhoon ed un colorito insulto diretto rivolto ai Kaiju da parte di uno dei piloti di Striker Eureka.
 
“Crimson Typhoon e Cherno Alpha, avanzate.”
Sasha e Aleksis si scambiarono un’occhiata ed annuirono, poi si avviarono, preceduti dai Wei Tang.
“E noi cosa dobbiamo fare qui dietro? Perché ci tiene fermi?” Chuck Hansen sembrò quasi offeso dalla decisione di Pentecost e non perse l’occasione di dire la sua.
“Gli ordini non vengono discussi quando io sono al comando, Hansen!” la voce del Marshal tuonò e solo questo bastò a zittirlo, anche se chiunque avrebbe potuto immaginare l’espressione di sconfitta e umiliazione sul suo volto.
 
Purtroppo, gli ordini di chi è al comando non sempre conducono verso la vittoria.
 
“Oggetto in movimento a ore dodici!”
Dopo aver fatto poca strada, uno dei Wei Tang comunicò che sul suo radar era visibile una figura in avvicinamento a grande velocità. I due Jaeger si misero in posizione di difesa, pronti allo scontro.
Fu allora che emerse il primo Kaiju, Otachi.
 
“Kaiju di Classe IV!” la voce allarmata di Tendo uscì dalle cuffie di tutti i piloti.
Crimson Typhoon venne subito attaccato da Otachi ma rispose prontamente, almeno all’inizio,  rispondendo prontamente agli attacchi persino dopo una brutta caduta e sfoderando la formazione d’attacco Thundercloud, il suo punto di forza.
Con l’aiuto delle lame rotanti, lo Jaeger cinese cercò di decapitare il Kaiju o, perlomeno, di sfondargli il petto ma purtroppo Otachi si rivelò più furbo dei mostri apparsi nei precedenti attacchi, tanto da riuscire ad intercettare le mosse di Crimson Typhoon, staccandogli infine due braccia. In qualche modo, i Wei Tang riuscirono a spingere il Kaiju verso Cherno Alpha, che lo afferrò e bloccò la sua testa in una morsa con una delle sue potenti braccia, mentre con l’altra lo prendeva a pugni.
 
“Adesso!” Sasha ed Aleksis erano perfettamente sincronizzati, forti dei tanti combattimenti assieme. Anche se faticarono a mantenere Otachi in una presa gli inflissero duri colpi che lo segnarono parecchio, nonostante non fossero riusciti a trattenerlo a lungo.
Crimson Typhoon tornò all’attacco ma non si accorse in tempo delle chele sulla coda del Kaiju che, dopo averlo sbilanciato una seconda volta, afferrò la testa dello Jaeger e la schiacciò di colpo, distruggendo il Conn-Pod ed uccidendo così i fratelli Wei Tang .
 
Nessuno seppe cosa dire, uno Jaeger della difesa di Hong Kong era appena caduto in un soffio ed il Marshal si ostinava a non far partecipare Striker Eureka alla battaglia.
Sasha ed Aleksis si guardarono di nuovo, un lampo di paura passò negli occhi di entrambi ma durò poco. Con tutta la velocità e la grinta che potevano permettersi, corsero verso Otachi per bloccarlo nella loro presa micidiale. Ma qualcosa andò storto.
Come a voler anticipare la loro mossa, il Kaiju da lontano sputò un getto di acido corrosivo contro il Conn-Pod di Cherno Alpha, che rimase inevitabilmente compromesso.
 
“Cazzo!” Sasha urlò, cercando di mantenere un controllo che ormai le stava sfuggendo e che mise a rischio la connessione con il suo co-pilota. Aleksis cercò di infonderle coraggio attraverso il Drift ed i valori della stretta neurale tornarono nella norma dopo poco tempo. Anche Tendo, dalle cuffie, cercava di incoraggiarli.
Il Marshal non aveva ancora dato a Striker Eureka l’ordine di attaccare ma, con la coda dell’occhio, entrambi i piloti di Cherno Alpha potevano vedere lo Jaeger australiano correre verso di loro a gran velocità. “Resistete!” la voce di Herc era incrinata dallo sforzo.
 
“Marshal, il reattore è compromesso!” Sasha osservava i parametri in picchiata sullo schermo e non poté fare a meno di maledire mentalmente Pentecost per la sua scelta sbagliata.
Con un sforzo sovrumano, i due piloti cercarono di salvare il salvabile e di continuare ad attaccare Otachi, nonostante il guscio del Conn-Pod fosse ormai quasi del tutto consumato dall’acido ed il reattore desse segni di cedimento.
 
Per un lungo momento raccolsero le forse e riuscirono a respingere il mostro.
Troppo tardi si accorsero del secondo Kaiju che era spuntato dall’acqua, esattamente dietro di loro.
 
 
~
 
 
Successe tutto molto in fretta, anche se il tempo sembrò dilatarsi all’infinito.
Leatherback tese un'imboscata a Cherno Alpha, saltandogli addosso mentre Otachi gli staccava le braccia, lasciandolo indifeso. Aleksis credette di sentire le urla dei piloti australiani che intercettavano Otachi ma che non riuscirono a bloccare l’altro Kaiju dal suo intento.
 
Sasha era stordita, probabilmente aveva alcune ossa rotte ed un occhio sanguinante ma nonostante tutto cercò di impedire l’inevitabile. Anche suo marito si oppose con tutte le sue forze alla spinta del Kaiju, che riuscì comunque a sbilanciare lo Jaeger ed a spingerlo lentamente sott’acqua.
 
Il rumore dell’acqua che riempiva il reattore arrivava fin laggiù, anche se attutito.
 
Il Drift amplificava tutte le sensazioni, paura, gioia, dolore. Stavolta non era diverso.
Mentre precipitava verso il basso assieme allo Jaeger, Aleksis non poté fare a meno di pensare ai sogni della notte precedente e Sasha ai discorsi che avevano fatto assieme.
Se è vero che quando si è in punto di morte la vita ci passa davanti come un flash, i due piloti non lo seppero mai. Nel Drift, il tempo era ancora più dilatato che nella realtà, quindi entrambi ebbero modo di percepire il senso di terrore nella mente e nel cuore dell’altro. Aleksis allungò un braccio verso Sasha, cercando di sfuggire ai cavi della postazione di comando per raggiungerla e stringerla a sé ma tutto ciò che riuscì a raggiungere fu solo la sua mano.
 
Fece scivolare la sua mano in quella di lei, intrecciando le dita alle sue.
 
Finché non arrivò la morsa gelida dell’acqua.
 
Quella notte Aleksis si rese conto che gli incubi d’acqua, di oscurità e di mostri erano reali.
 
Sasha ebbe l’impulso di urlare ma dalla sua bocca non uscirono altro che bolle d’aria, avrebbe voluto avere la forza di togliersi quell’armatura pesante e di nuotare fino in superficie ma era legata saldamente alla cabina ed in più Cherno Alpha era un Mark I, quindi non aveva un sistema di espulsione e salvataggio piloti.
Attraverso la nebbia che l’acqua proiettava sul suo casco, cercò di individuare suo marito ma tutto ciò che lo sguardo gli restituì fu una sagoma scura ed indistinta.
Per un momento, però, gli sembrò di poterlo vedere in volto.
 
Gli  parve che le labbra di Aleksis si muovessero senza produrre alcun suono.
 
“Aleksis, non vorresti tornare a Vladivostok?”
“Mi basta essere assieme a te.”
Frammenti di conversazioni passate le tornavano in mente senza un ordine logico.
 
Anche se non potevano vedersi a vicenda, erano sicuri che i loro sguardi si fossero incontrati.
 
Sasha cominciò a piangere, era tanto tempo che non lo faceva. Nelle orecchie non sentiva la voce rassicurante di Aleksis o gli incoraggiamenti di Tendo ma il rumore statico delle cuffie che ormai non funzionavano più.
La verità era che Pentecost li aveva abbandonati, lasciati a morire come se il loro ruolo non avesse più importanza. Dopo tutto quello che loro avevano fatto per i Corps, venivano ripagati in questo modo.
 
Aleksis scattò in avanti per aiutarla. Lo fece automaticamente, senza pensarci.
Ma si trovò schiacciato dall’acqua e bloccato nell’armatura.
 
Sasha sentì il gesto di suo marito attraverso la connessione neurale e sorrise.
Le lacrime si confondevano con l’acqua del mare e ormai l’aria nei suoi polmoni cominciava a finire.
Chiuse gli occhi e sognò di essere in un posto migliore, assieme ad Aleksis.
 
Forse il Drift fu pietoso con loro o forse fu soltanto la suggestione della fine di tutto ma, appena chiuse le palpebre, Sasha si trovò in un posto totalmente bianco dove non c’era alcun suono e l’aria era tiepida e piacevole sulla pelle. Percepì una presenza accanto a sé e si volto alla sua sinistra.
 
Anche se non poteva vederlo bene in volto, sapeva che le stava sorridendo.
 
In tutto quel bianco, Sasha non distingueva bene il volto di Aleksis ma sapeva per certo che si trattava di lui. Si chiese cosa sarebbe successo adesso, dopo la morte. Ormai i concetti di tempo e spazio stavano cessando di esistere, ciò che era importante è che fossero assieme. Pregò chiunque fosse in ascolto, affinché decidesse di lasciarli uniti nella morte, così come lo erano stati nella vita.
 
Ciocche di capelli sfuggite alla complessa acconciatura fluttuavano attorno al suo viso.
 
In tutto quel bianco, Aleksis non distingueva bene il volto di Sasha ma sapeva per certo che si trattava di lei. Aveva imparato a riconoscerla fra un milione di persone, la sua sagoma per lui era inconfondibile. Le si avvicinò e le accarezzò il volto come faceva sempre.
Per l’ultima volta la strinse forte a sé.
 
“Ti amo, Sasha.”
“Anch’io.”
 
Poi fu luce e tutto il resto si spense.
 
 
 
 
“When I wake up, the dream isn't done.
I wanna see your face and know I made it home.

If nothing is true what more can I do?
I am still painting flowers for you.”
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Innanzitutto volevo farvi presente che ho scritto una specie di glossario per quelli di voi che non hanno molta dimestichezza con i termini del film, spero vi faccia piacere. :)
Parlando della storia, mi sento di dire che la considero un grande esperimento. Ho provato ad usare un doppio POV, come se il narratore fosse quasi onnisciente ma poi il punto di vista si spostasse a seconda della necessità. Spero di non avervi confusi e soprattutto spero che la narrazione sia scorrevole, nonostante tutto.
Il titolo “Fragments” è un gioco di parole con il termine inglese, appunto, “fragments” e quello latino “mens” (mente). Il risultato finale dovrebbe essere una specie di “Frammenti di Mente” e penso che il perché della scelta di questo titolo sia abbastanza chiaro.
Era da molto tempo che volevo scrivere una Aleksis/Sasha e, anche se questa non mi soddisfa molto, sono contenta di esserci riuscita. Il pacchetto che mi è capitato per questo contest era un po’ restrittivo (considerando anche il limite, giustamente imposto, di 5000 parole) e quindi non sono riuscita a sbizzarrirmi come volevo ma nonostante tutto spero di aver scritto una storia che sia piacevole da leggere e che non risulti troppo slegata.
I temi che ricorrono sono la paura della morte, la tristezza e le cattive emozioni in generale che possono essere superate e sconfitte con l’amore e l’affinità fra due persone simili fra loro come solo due piloti di Jaeger possono essere. Il genere della storia richiesto era il Fluff ed ho cercato di mischiarlo assieme all’Angst. È un connubio insolito ma personalmente credo che si sposi bene con la storia di Sasha e Aleksis, dato che li immagino molto simili a come li ho descritti nonostante si parli pochissimo di loro e Beacham non abbia lasciato trapelare praticamente nulla sulle loro personalità. Spero di non essere andata troppo OOC, ad ogni modo.
La scena di sesso (?) è stata descritta volutamente in modo molto fugace ed incompleto, poiché avrebbe sicuramente distolto l’attenzione dal resto della trama (sì, vi leggo nel pensiero ò_ò) e non era quello che volevo ottenere, dato che i temi erano sicuramente altri. Comunque se tutto filerà liscio dovrei tornare a scrivere su di loro, più precisamente sul loro passato e non sui Missing Moments del film.
I dialoghi durante la ripresa della scena del film sono stati quasi tutti inventati per favorire la narrazione, dato che un’immagine è molto più immediata a livello di comunicazione mentre, nella scrittura, una scena di combattimento dovrebbe essere descritta nei minimi dettagli o si rischia di non capirci molto. A proposito dei minimi dettagli, ho cercato di restare il più fedele possibile a ciò che la scena di Otachi e Leatherback ci mostra nel film. Spero di non aver fatto un casino. : )
 
Vi ringrazio davvero se avete letto la storia e tutto questo papiro e vi ringrazierò ancora di più nel caso decideste di lasciarmi una recensione (mi bastano anche due righe per sapere cosa ne pensate, sul serio).
 
TsunadeShirahime
 
 
Pacific Glossario (?)
 
Kwoon: dal cinese 馆, stanza per l'addestramento nelle arti marziali. Nella storia il termine fa riferimento a quella presente nello Shatterdome di Hong Kong.
 
Marshal: è la carica più alta nei Pan Pacific Defense Corps e chiunque ne venga rivestito è addetto alla coordinazione delle operazioni Jaeger e degli affari interni di uno Shatterdome, corrisponde più o meno alla carica di Generale. Nella storia il Marshal è Stacker Pentecost.
 
Vladivostok: città dell'estremo oriente russo, situata in prossimità dei confini con Cina e Corea del Nord. Nella storia e nel film era sede di uno Shatterdome (quello di provenienza di Cherno Alpha) che venne chiuso nel 2024, un anno prima degli eventi del film.
 
So-Yi Pang e Yuna An: le due ragazze che pilotavano Nova Hyperion, uno Jaeger coreano stazionato nello Shatterdome di Vladivostok e già distrutto all'epoca degli eventi del film. Le due ragazze hanno la stessa età e due caratteri totalmente opposti, anche se Beacham non ha scritto molto sulla loro caratterizzazione (non si sa neanche se siano vive o morte).
 
Drift Hangover: purtroppo in italiano non si traduce facilmente. È quell’insieme di sintomi post-Drift, che si manifestano col sopraggiungere di una complicità estrema fra i due piloti, molto simile alla telepatia. In sintesi è come se i due continuassero ad essere interconnessi mentalmente anche al di fuori dello Jaeger.
 
Conn-Pod: la postazione di comando/pilotaggio di uno Jaeger, dove i piloti effettuano il Drift.
   
 
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