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Autore: Clary F    21/09/2014    7 recensioni
Dimitri Belikov è il severo professore di algebra alla St. Vladimir's Academy. E Rose potrebbe essere un tantino ossessionata da lui.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Teach me, Professor!
Contesto: Altro contesto.
Personaggi: Rose Hathaway, Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Mason Ashford, Mia Rinaldi.
Coppie: Rose/Dimitri.
Avvertimenti: Tutti umani.
Disclaimer: La frase: dunque capite che, aumentando il numero delle variabili, gli assiomi per definizione non cambiano mai è di Stephen King, Rage.
Note: Nuova idiozia, partorita a causa della grave mancanza che nutro nei confronti di questa magnifica saga.  
 
 
 
TEACH ME, PROFESSOR!
 
 
Alla St. Vladimir's Academy, il suono insistente della campanella di inizio lezione pose fine alle chiacchiere futili dei miei compagni di classe. Non che io avessi qualcosa contro le "chiacchiere futili", generalmente erano la mia specialità, ma non durante l'ora di Algebra. L'ora di Algebra era sacra e non perché io amassi l'algebra, trovo ancora adesso che sia una materia piuttosto fuorviante.
Il nostro molto giovane, seppur severo, professore entrò in aula e io non riuscii quasi a trattenere un sospiro sognante, agitandomi impaziente sulla sedia e guadagnandomi un'occhiata esasperata da parte di Lissa, la mia migliore amica. Dimitri Belikov, o dovrei dire professor Belikov, era il ragazzo più sexy che io avessi mai visto. Aveva profondi occhi scuri, che sembravano scavare a fondo ogni parte più recondita della tua anima, mentre ti chiedeva di risolvere equazioni impossibili. I suoi capelli scuri e lisci, gli arrivavano poco sopra le spalle e spesso li teneva legati in una piccola coda sulla nuca. E, infine vogliamo parlare del suo corpo? Due metri di altezza per un concentrato di muscoli duri e sodi. Dimitri possedeva muscoli in parti del corpo che io non credevo neppure fossero provviste di muscoli! Forse avrei dovuto fare un ripasso di anatomia. Avrei potuto chiedere al professor Belikov se fosse disposto a darmi ripetizioni, sarebbe stato un modo come un altro per parlare insieme a lui di pelle morbida, muscoli forti e corpi aggrovigliati … Okay, forse avevo seriamente bisogno di un ripasso di anatomia, se avevo intenzione di diplomarmi entro l'anno.
Dimitri si sedette alla cattedra e ci intimò di aprire il libro a pagina cinquantasette, con il suo adorabile accento russo che mi provocava i brividi lungo la spina dorsale. Con quella voce avrebbe potuto chiedermi di fare qualsiasi cosa. Uhm.
Mi concentrai sul suo viso dalla pelle abbronzata, notando le piccole cose che mi facevano impazzire di lui. Il modo in cui si scostava i ciuffi di capelli ribelli dal volto, la piccola ruga di espressione che gli si formava fra le sopracciglia ogni volta che si accingeva a spiegare un argomento nuovo, le sue mani grandi e forti, ma al tempo stesso gentili, sopra le pagine del libro, e la sua voce profonda … Non capivo niente delle nozioni algebriche che fuoriuscivano da quella bocca invitante, ma la tonalità della sua voce era così rassicurante e melodiosa, che sarei potuta cadere addormentata da un momento all'altro. Be' quello era dovuto più che altro alla mancanza di caffeina.
«… dunque capite che, aumentando il numero delle variabili, gli assiomi per definizione non cambiano mai.»
Dimitri si alzò dalla cattedra per scrivere alla lavagna, lasciandomi a contemplare con aria sognante il suo lato b, messo in risalto da un paio di pantaloni assai stretti. Scrisse: a ꞊ 16, dopodiché si girò verso la classe e i suoi occhi scuri si posarono su di me. Sentii una scarica elettrica attraversarmi il corpo, i nostri sguardi si allacciarono e io sostenni il suo con grande fierezza. Sorrisi, sfoderando quello che speravo fosse uno dei miei migliori sorrisi sensuali. L'alchimia fra noi era innegabile.
«Miss Hathaway, puoi dirmi cosa significa questa equazione?» Mi chiese Dimitri, ricambiando il mio sorriso e interrompendo quel palese momento magico che si era venuto a creare fra di noi.
Maledizione.
Perché proprio me? Non poteva chiederlo a chiunque altro studente della classe? Magari a quella secchiona di Lissa, oppure a quell'irritante bamboccio di Christian Ozera.
Doppia maledizione.
«Uhm …» mugolai, scavando freneticamente nella mia mente confusa, alla ricerca di una risposta adeguata per non fare la figura dell'idiota davanti a lui. «Significa, uhm, che a ha valore 16.»
Non potevo trovare risposta più ovvia di questa.
Sentii l'odiosa risatina di Mia Rinaldi, riecheggiare alle mie spalle, seguita a ruota da altri miei compagni. Le mie guance si tinsero di rosa, più per la frustrazione che per l'imbarazzo.
«Che diavolo hai da ridere, idiota?» Sbottai, girando di scatto sulla sedia per fronteggiare Mia.
La mia coda di cavallo andò a sbattere dritta in faccia a Mason Ashford. Sì, ho capelli molto lunghi, se è questo che vi state chiedendo e sì, in circostanze normali, mi sarei dispiaciuta per la frustrata di capelli appena inferta al bel viso di Mason (dopotutto era un ragazzo adorabile), ma in quel momento la mia piena attenzione era rivolta alla pallida faccetta di Mia, ancora intenta a ridacchiare.
«Niente imprecazioni nella mia classe, Miss Hathaway.» La voce calma e profonda di Dimitri mi costrinse a calmarmi a mia volta e tornai a focalizzarmi su di lui, prima di commettere qualche gesto irreparabile; tipo assestare un bel pugno in faccia a Mia, cosa che mi avrebbe fatta apparire decisamente immatura agli occhi saggi di Dimitri.
Gli rivolsi un sorriso sincero di scuse, che lui ricambiò. «Rose, la tua risposta è giusta.» Continuò quindi, con voce dolce, utilizzando il mio nome, il che mi fece fremere dalla voglia di sporgermi dal banco e baciarlo con foga.
«Ma non è solo questo, vero?» Andò avanti, passeggiando tra i banchi e rivolgendosi all'intera classe. «Non c'è nessun'altro che abbia voglia di elaborare questa interessante equazione?»
Interessanti sarebbero state le sue grandi mani sopra il mio corpo, ma questo pensiero lo tenni per me, ovviamente.
«Otto più otto,» saltò su Mason.
Probabilmente non aveva la più pallida idea di ciò di cui stava blaterando, ma aveva parlato quasi sicuramente per pararmi il culo e distogliere l'attenzione del professore dalla sottoscritta. Credo che Mason avesse una specie di cotta per me ormai da anni. Era un ragazzo davvero carino, con folti capelli rossi e l'espressione gentile e al tempo stesso furba. Solo che io ero troppo presa a fantasticare sul mio professore di algebra per badare a lui.
A volte mi domando perché io non possa essere un'adolescente normale, una di quelle che si innamora di un ragazzo della sua età, magari uno carino e disponibile come Mason, senza andare a cacciarsi in guai senza senso; come quella volta in cui spezzai il braccio a Dawn, mandandola inavvertitamente a sbattere contro un albero (e chi se lo immaginava che rompere un braccio fosse così facile?), beccandomi un'intera settimana di sospensione. Be', probabilmente si cresce così, quando si ha una madre con l'istinto materno di una pietra e un padre assente, che riappare magicamente nel tuo diciottesimo anno di vita, professandosi importante boss della mafia russa.
Assurdo, vero?
«Spiegati meglio,» lo incitò Dimitri con pazienza.
«Voglio dire … cioè, potrebbe …» balbettò Mason, confermando la mia teoria sul suo presunto atto da cavaliere volto a distogliere l'attenzione da me. Gli rivolsi un sorriso amichevole, come misera ricompensa per la sua cavalleria.
«Vuoi che ti presti il mio vocabolario, Ashford?» Sussurrò Mia, non così forte da farsi sentire da Dimitri, ma abbastanza da far ridacchiare metà classe e far arrossire il povero viso lentigginoso di Mason.
«Vuoi che ti presti un pugno sul naso?» Sibilai, voltandomi per la seconda volta verso l'odiosa faccia di Mia, senza curarmi di essere udita dal resto dei compagni.
«Basta così, Rose. Se non hai intenzione di rispondere alla domanda, limitati a non parlare.» Mi ragguagliò Dimitri.
Gli rivolsi uno sguardo astioso, che lui ignorò bellamente e con la coda dell'occhio vidi Mia sorridere soddisfatta, o almeno lo fece finché Dimitri non chiese a lei di risolvere l'equazione.
Il resto della lezione passò relativamente tranquillo, io mi concentrai nei vari modi in cui avrei potuto uccidere Mia. Non che oggi la piccola bastarda ci fosse andata giù pesante. Aveva dato il meglio di sé quando, a inizio anno, era riuscita a spargere voci infondate riguardo alcune mie presunte relazioni sessuali con … be' con chiunque, facendomi guadagnare la reputazione di ragazza facile. Me l'avrebbe pagata, prima o poi. Dovevo solo attendere il momento opportuno per attuare la mia vendetta. Avrei potuto spingerla inavvertitamente contro uno degli alberi del cortile, magari anche il suo braccio si sarebbe magicamente spezzato come quello della povera Dawn …
Lissa si accorse del mio turbamento interiore, perché mi sillabò con le labbra un avvertimento: lascia perdere. Roteai gli occhi al cielo. Lissa e io eravamo una coppia inseparabile, solo che lei era la parte debole del duo, perciò toccava a me tenere duro e non permettere a personaggi di dubbio gusto come Mia Rinaldi di infangare la nostra reputazione.
La campanella e la voce di Dimitri mi riportarono bruscamente alla realtà.
«Bene, per oggi abbiamo finito. I vostri tentativi di ragionamento non finiranno mai di stupirmi.» Concluse con l'accenno di un sorriso, congedandoci formalmente.
I miei compagni si fiondarono nei corridoi, mentre io mi alzai dal banco lentamente, raccogliendo la borsa da terra e le mie cose sparse sul banco. Avrei dovuto aspettare fino all'indomani per rivederlo, il che sarebbe stato un vero strazio.
«Non tu, Rose. Fermati un istante, per favore.»
Cosa?
Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi marroni di Dimitri. Mi stava fissando con quel cipiglio composto e distaccato che non lasciava trasparire alcuna emozione e io immaginai già la ramanzina che mi aspettava per chissà cosa. Insomma, non ero una studentessa modello come Lissa, ma avevo imparato che se un professore ti chiede di rimanere dopo l'orario di lezione, non c'è nulla di buono che ti aspetta all'orizzonte. Mi avviai verso la cattedra, lo sguardo basso, già sconfitta in partenza. Quando la raggiunsi, non era rimasto più nessuno nella classe. Questo, in altre circostanze, mi avrebbe resa una ragazza molto felice.
«Allora, che ho combinato questa volta?» Mi strinsi nelle spalle con spavalderia, appoggiandomi ad un lato della cattedra.
In quella posizione ero pericolosamente vicina a lui e potevo percepire distintamente il suo odore, osservare la linea dei suoi pettorali sotto la camicia, l'accenno di barba sulle guance. La sua vicinanza mi scaldava ogni cellula del corpo, mi faceva smettere di pensare lucidamente e di respirare.
«Sei una studentessa a posto, Rose.» Disse lui, posando entrambe le mani sulla cattedra, con i palmi rivolti verso il basso. Il suo naso era a pochi centimetri dal mio. A posto non era propriamente uno dei complimenti migliori che io avessi ricevuto fino ad allora. Avrei preferito mi appellasse come "studentessa straordinaria", oppure come "mente brillante e fuori dal comune".
«Anche tu sei un professore a posto, immagino.» Borbottai a caso, distogliendo lo sguardo dalle sue labbra tentatrici.
Dimitri mi rivolse un'espressione beffarda. «Ma devi imparare a controllare la parole e anche a gestire le tue emozioni.» Continuò, ignorando il mio commento di poco prima.
«E tu vorresti forse offrirti volontario per darmi ripetizioni di autocontrollo?»
Porca miseria. Stavo flirtando apertamente con il mio professore?
«Rose?»
La sua voce mi avvolse come velluto. Alzai gli occhi da terra e il cipiglio severo di poco prima era scomparso, lasciando spazio a una espressione intensa, un'espressione insolita per lui.
«Io stavo solo scherzand-»
Venni interrotta. Più precisamente dalle dita di Dimitri, che si posarono leggere come farfalle sopra la mia bocca, zittendomi all'istante. Sgranai gli occhi e rimasi a fissare il suo viso dai lineamenti dolci. La sua espressione, di solito così seria e distaccata, ora sembrava ardere di desiderio. I suoi occhi scuri fissi sulla mia bocca. Tracciò la linea delle mie labbra con i polpastrelli, mandandomi scosse elettriche attraverso ogni nervo del mio corpo.
«Sei una tale bellezza, Roza» sussurrò, spostando le dite fra i miei capelli, sistemandomi ad arte un boccolo castano sopra la spalla.
Poi la sua bocca fu sulla mia, le nostre lingue si toccarono e si intrecciarono e l'intensità del bacio divampò come una miccia. I nostri corpi aderirono l'uno all'altro e quando guardai nei suoi occhi, scorsi l'amore che provava per me, quello che non poteva esprimere a parole, a causa della nostra attrazione proibita. Questo mi mandò in estasi; avevo sempre saputo, dentro di me, che lui nutrisse sentimenti speciali nei miei confronti e questa ne era la prova inconfutabile. Mi abbandonai fra le sue braccia e affondai le dita fra i suoi capelli, testandone la morbidezza come sognavo da tempo di fare. L'energia del nostro bacio continuò a crescere, diventando famelica e arrivando ad un punto di non ritorno. Non avrei mai immaginato che la mia prima volta sarebbe accaduta in un aula, sopra una cattedra. Ma il luogo non aveva importanza, non contava niente. Mi sfilò la camicia della divisa e mi attirò a sé, senza smettere di baciarmi. Le sue mani vagarono sul mio corpo in modi che non avevo mai conosciuto prima di allora, ma che spesso avevo immaginato, si mossero sulla mia pelle con una sorta di devastante fiducia, sollevandomi il mento per guidarmi nel  bacio, tenendomi entrambi i polsi con una mano, mentre l'altra scorreva sulle mie gambe. Mi sussurrò all'orecchio fiabe perverse, togliendomi il respiro e facendomi vacillare. Le mie ginocchia tremavano e dovetti aggrapparmi a lui per mantenere l'equilibrio. I vestiti continuarono a volar via, finché tutti gli indumenti non furono sparsi a terra. La sua pelle mi scaldava dal freddo del sotterraneo. Mi sentivo così nervosa, eccitata, instabile e …
«Rose, vuoi darti una mossa? Faremo tardi a Biologia!» La voce secca e anche un po’ preoccupata di Lissa mi strappò da quelle sensazioni magnifiche.
Mi guardai attorno, con aria persa e spaesata. L'aula era completamente vuota, ad eccezione di me stessa, ancora seduta al banco e di Lissa, in piedi accanto alla porta, in fervente attesa di un mio segnale di vita. Per lei arrivare tardi a Biologia equivaleva a commettere un omicidio.
«Ma che ti prende? Lo sai che la professoressa Karp non tollera il ritardo. E poi hai intenzione di stare lì imbambolata per sempre? » Mi chiese nervosamente, saltellando da un piede all'altro.
Deglutii a fatica. «Uhm, no, a-arrivo subito. Tu vai.» Risposi con voce stridula.
Sbattei le palpebre e crollai con la testa sul banco.
Era tutta finzione? Non c'era niente di reale? Tutto quel vortice di sensazioni si era per davvero svolto solamente nella mia stupida testa?
   
 
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