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Autore: giascali    21/09/2014    1 recensioni
I cristiani credono che, dopo la morte, a seconda del nostro comportamento, andiamo o all' Inferno (che, quando diciamo "va all' inferno!", sia una specie di predizione?) o in Paradiso. Gli Indù, invece, pensano che ci reincarniamo. Gli antichi greci avevano una visione più complicata, ma anche molto più interessante (o quanto meno per me). Gli ebrei, invece, non credono nella vita dopo la morte. Ma tutte queste teorie si sono rivelate false ed Ellison Hyde, sedicenne ragazza inglese, grande amante dei libri e incapace di vivere nell' ordine, sta per scoprirlo. E così, tra amici che fanno sedute spiritiche, il fantasma del nonno della tua migliore amica e molto altro, Nellie troverà un mondo che sembra uscito dall' immaginazione di Tim Burton e scoprirà che, dopotutto, non è l'unica con una vita complicata, sopratutto se si parla di un estroverso ragazzo che non ricorda niente della sua vita...
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10
La biblioteca dei vivi
 
 
 
Non avrei saputo dire cosa avessi sognato quella notte, dire di non averlo fatto per niente sarebbe stata solo una mera bugia, siccome sapevo benissimo che non funzionavano affatto così le cose, probabilmente per la stanchezza che sentivo addosso, quasi fosse una coperta bagnata, adagiata sulle mie spalle.
Dopo aver passato quella che era sembrata una mezz’ora a capire come funzionasse effettivamente la biblioteca dell’Oltretomba, avevamo cominciato a catalogare i libri che avevo letto, perciò inutili, nonostante non fossi molto favorevole a questa opinione.
Proprio la mia testardaggine nel difendere il mio pensiero a proposito che la lettura era uno dei fondamenti della società contro la pigrizia di Percy e Bree, che erano stati proprio loro a lamentarsi della quantità di materiale, ci aveva fatto spendere altri dieci minuti.
Dopo l’intervento di Peter, che era riuscito ad acquietare gli animi di noi tre, ancora non avevo capito come, avevamo iniziato seriamente a dividere i libri utili alla nostra ricerca, definizione che preferivo di gran lunga anche se, a detta di Percy, non differiva molto da quella precedente, dagli “altri”. Ed era stato dopo alcuni minuti che avevo iniziato a sentire la ormai familiare sensazione che preveniva ogni mio viaggio attraverso le dimensioni. Le prime due volte che avevo sentito quella specie di strappo allo stomaco, ero riuscita ad evitare il “salto dimensionale” soltanto concentrandomi sul titolo che avevo sotto gli occhi, ovvero l’edizione spagnola de “La città delle bestie”, “La ciudad de las bestias” (a quanto pareva, la biblioteca forniva i libri anche nelle lingue che il possessore del momento conosceva e questo mi aveva portato a maledire non poco il giorno in cui avevo deciso che imparare lo spagnolo con David sarebbe stato divertente) per poi perdere l’attenzione e quindi scomparire senza un briciolo di dignità nel bel mezzo di una risata, è imbarazzante dirlo ma forse mi era scappato anche un grugnito, scatenata dalla caduta di Percy da una sedia.
Dopo essere ricomparsa nel cimitero, Abraham non c’era, probabilmente mi aspettava a casa, siccome si era fatta sera, avevo provato a ritornare indietro, più che altro per un proprio capriccio personale, visto che per il resto di quel giorno non avrei potuto continuare le mie ricerche.
Quando ebbi compreso che probabilmente la stanchezza fisica, e anche mentale, a questo punto, influiva sulla mia capacità di andare da una dimensione all’altra, mi ero trascinata fino a casa mia, come e con quali forze non avrei saputo dirlo, con sincerità.
Comunque, il giorno dopo, venni svegliata da una doccia decisamente indesiderata.
Mi alzai di scatto e sbattei la fronte contro qualcosa, o forse qualcuno, siccome sentii un “Ahi” che io non avevo decisamente pronunciato.
Al che, misi a fuoco la persona che molto probabilmente aveva appena causato l’improvviso calo del mio Q.I.: mia madre.
Stava massaggiandosi con espressione dolorante la fronte. – MA SEI IMPAZZITA?! – esclamai.
Prima di allora era successa solo una volta che mia madre mi svegliasse con una secchiata d’acqua ma erano passati almeno cinque anni e credo che la mia reazione fosse piuttosto ragionevole e giustificabile. Mi guardai attorno e con sollievo constatai che l’acqua non aveva arrecato nessun danno: nessun libro zuppo o mp3 affogato, solo una me fradicia.
-Visto che non sono ancora stata internata in un ospedale psichiatrico, credo che la risposta sia no, Ellison. – mi rispose lei, con fare tranquillo, forse un poco seccato dalla mia reazione.
-Allora speriamo che, se ancora non ti è stato diagnosticato niente, non sia ereditario! – replicai, alzandomi dal letto. Presi un asciugamano, mia madre lo aveva portato ed appoggiato sulla sedia di fronte alla scrivania, per asciugarmi i capelli. – Potevi bagnare i libri. – aggiunsi poi con tono infastidito.
Anche mia madre si alzò dal mio letto. Scosse la testa. – Li ho tolti apposta. Non permetterei mai che un libro si rovini per colpa mia, soprattutto se tuo. –
-Oh. – okay, era già stata perdonata per questa sua gentilezza, dopo di che una domanda mi sorse spontanea: - Perché mi hai svegliata? –
Mia madre alzò il pollice della mano destra. – Primo perché non puoi dormire per tutto il dì, l’altro giorno te l’ho permesso e hai quasi perso metà giornata. – sollevò l’indice. – Secondo perché i tuoi amici stanno suonando al campanello da venti minuti. –
-Ah. – mi limitai a rispondere. – Dì loro che arrivo subito. –
Mi guardò alzando un sopraciglio, le mani ai fianchi. Sollevai subito le mani. – Oppure posso farlo benissimo io. –
Sembrò soddisfatta della mia ripresa, perché mi sorrise e diede un buffetto sulla guancia. – Sbaglio o è da un po’ che non li vedi? –
Mi morsi l’interno della guancia. – Non sbagli. –
Con tutta quella storia dell’Oltretomba, avevo trascurato i miei, e soli, amici, era vero e me ne vergognavo. In quel momento decisi subito che avrei rimediato quel giorno, magari distogliendomi dalla mente pensieri che includessero ragazzi morti, biblioteche magiche e membri del Consiglio di una cittadina morta che sembravano conoscere il mio cognome.
Corsi alla porta d’ingresso per accogliere i miei amici. Non appena mi vide, Dominique mi squadrò dalla testa ai piedi, per poi dire: - Hai le occhiaia. – con tono serio e forse un poco preoccupato. Sorrisi, probabilmente era così: Dominique era cambiata molto crescendo, dimostrava raramente  affetto per i suoi cari ma si preoccupava sempre per loro. David ridacchiò, al commento della fidanzata. – Fatto tardi, Hyde? –
Portai gli occhi al cielo. – Non immagini quanto. – mormorai ed in effetti era così, la sera prima ero ritornata a casa alle sette circa, fortunatamente mia madre non si era preoccupata e mia aveva lasciato andare a dormire direttamente, ma mi ero addormentata solo dopo troppo tempo.
-Oh, qualcosa di interessante? – si intromise Jenna, entrando in casa e buttandosi sul divano. Mi feci da parte per far entrare anche David e Dominique.
Scossi la testa, avevo capito benissimo cosa intendesse Jenna. – No, nessun nuovo libro. – La mia amica mi guardò alzando un sopraciglio. – Strano. -
Tossicchiai, leggermente imbarazzata ed andai in camera mormorando un “arrivo subito”.
 
Sono sempre stata una ragazza introversa. In vita mia non ho mai avuto molti amici. In parte perché tendo a legare con poche persone e queste devono avere almeno una passione in comune con me e la pazienza per sopportare i miei ritardi. E, beh, ne avevo trovate poche in sedici anni di vita, ovvero: David, Dominique e Jenna. Avrei affidato la mia vita a loro. Ognuno di noi sapeva tutto degli altri tre. Ad esempio, loro sapevano che avevo paura che il cancro che uccise mio padre potessi averlo anch’io, un giorno, e questo potesse negarmi di esaudire i miei sogni di viaggiare per il mondo e trovare nelle librerie libri scritti da me.
Di Dominique sapevamo che un giorno avrebbe voluto lavorare per la Picture, oppure per un’altra importante casa cinematografica; di David che aveva una cotta per la sopracitata dall’età di quattordici anni ma che solo dopo un anno aveva avuto il coraggio di chiederle d’uscire e solo perché aveva scommesso con Jenna che lo avrebbe fatto una volta che Dominique avrebbe avuto i capelli viola.
E, beh, di Jenna sapevamo della sua omosessualità.
Ce lo aveva detto in un pomeriggio d’autunno, poco dopo l’inizio della scuola. Eravamo tutti a casa di David a guardare la prima puntata della seconda stagione di Sherlock (BBC). David ed io stavamo discutendo su con chi potesse stare realmente Sherlock, con Dominique che ogni tanto ci interrompeva dicendo che John era la sua anima gemella e cose del genere. David preferiva Irine, io Molly, di gran lunga.
-Beh, sono belle tutte e due. – si era poi intromessa Jenna. – Ma io preferisco Molly. –
A quel punto ricordo di essermi voltata verso il mio amico per esclamare un “Ah!” di vittoria. Ricordo che poi David aveva borbottato qualcosa contro la solidarietà femminile. – Chissà se anche lei è lesbica. – aveva continuato intanto Jenna, facendoci impietrire tutti e tre.
Dopotutto avremmo dovuto aspettarcelo che avrebbe fatto una “rivelazione” del genere in questo modo, Jenna era il tipo che preferiva non mentire e, se proprio doveva nascondere la verità, allora preferiva tacere ma, se voleva, cosa che era assai più probabile, ti diceva tutto con una naturalezza, quasi parlasse di cose banali, tipo “Ah, ho iniziato un libro nuovo” o “Oggi devo andare a comprare il latte”, esattamente come aveva appena fatto.
C’erano stati alcuni minuti in cui tutti e quattro tacemmo, limitandoci a guardare attentamente Sherlock che scopriva la password di Irine Adler, poi David aveva parlato: - Irine di sicuro. –
Alla sua, pessima, battuta, Jenna scoppiò a ridere, presto seguita da me e Dominique.
Ricordo che, dopo quel pomeriggio, avevo trovato Jenna più spensierata, quasi si fosse levata un peso di dosso. Con quella frase, David le aveva fatto capire che ciò che aveva appena detto non era importante, le volevamo bene.
Per questo mi sentivo tremendamente in colpa per non aver detto subito loro che potevo andare da una dimensione all’altra, come una specie di Caronte che traghetta però solo la sua, di anima, compresa di corpo dal mondo dei vivi a quello dei morti.
Eppure non me la sentivo di rivelare il mio segreto. Soprattutto per Dominique, che era una scettica nata. Non mi avrebbe creduto, avrebbe potuto benissimo pensare che mentivo, la prendevo in giro, e non volevo questo. Era la mia migliore amica. E non potevo neanche dirlo a David e Jenna, che sarebbero stati sicuramente affascinati dalla cosa, perché sarebbe stato ingiusto verso Dominique.
Scossi la testa, sottraendomi a quei pensieri che mi tormentavano da quando Abraham aveva pronunciante le parole “Elly, sei appena stata in un’altra dimensione, è da lì che provengo e vanno inesorabilmente tutti, una volta morti”.
-Dove si va? – domandai non appena varcai la soglia del salotto.
Dominique sollevò gli occhi grigi, prima posati sulla finestra della stanza, e li puntò su di me. Indicò il suo ragazzo. – In biblioteca. Sta andando in paranoia per i compiti delle vacanze. – spiegò con tono seccato. – Per lo più per la ricerca che la Parrish ci ha dato da fare, quella sulla riproduzione cellulare. –
Mi grattai la guancia. – E allora? – lanciai un’occhiata a David. – Tu vai bene in scienze, è la tua materia preferita, fa’ la ricerca e basta, no? –
-Bisogna farla in gruppo, genio. – aggiunse Jenna con tono divertito.
-Ah. – caddi dalle nubi, per poi maledire la mia pessima abitudine di dimenticare cose importanti come quella. – Ma è ancora metà luglio. Abbiamo tempo. –
Il mio amico scosse la testa. – No, fra qualche giorno parto con i miei  e i gemelli per il resto dell’estate. Andiamo in Cornovaglia, dai nonni. – il padre di David era originario di quella zona, la madre invece era dello Yorkshire. Si strinse nelle spalle e fece un sorriso triste a Dominique. – Non ci vedremo per il resto delle vacanze. – storse il naso. – Cioè, ritorno solo alla fine di agosto e io non ho voglia di passare gli ultimi giorni a dannarmi con voi due – indicò me e Jenna- che vi dimenticherete puntualmente di portare il materiale. – Succedeva sempre.
 Arrossii. – Okay, non c’è bisogno di fare certe accuse! – borbottai. – Vado a prendere quello che ci serve. – feci per andare di nuovo in camera mia ma dovetti ritornare sui miei passi e riaffacciarmi sul salotto. – Che ci serve per fare la ricerca? –
Dalla cucina, fu mia madre a rispondermi: - Che ne pensi di un cervello? –
 
Non appena realizzai, sarebbe meglio dire “ricordai”, che in biblioteca c’erano anche delle copie di giornale piuttosto vecchie. Un giorno ne avevo sfogliata una che risaliva a dieci anni prima. Mi sarebbero potute servire per il favore che mi aveva chiesto Percy…
 
-Ellison. – attirò la mia attenzione Percy, distogliendola da una pila di libri che parlavano di come tenere ordine nella propria vita, partendo dai propri spazi personali. Non avevo idea di averne bisogno. Mi voltai verso di lui, era proprio dietro le mie spalle. Come avevo fatto a non notarlo? Feci un passo indietro, per non essere costretta ad alzare la testa per guardarlo in faccia. – Dimmi. – lo incoraggiai.
Si grattò con visibile imbarazzo il capo, prima di parlare: - Io non so perché stia cominciando a ricordare cose del mio passato ma non mi bastano. Mi ritornano in mente solo aneddoti, non volti. Non ricordo neanche la faccia di mia madre. Non so se sono cresciuto, con una madre. –
Spalancai gli occhi. – Mi dispiace. – gli dissi colta da una profonda pietà nei suoi confronti. Alzai una mano e la posai sul suo braccio. Ancora una volta, constatai che avevamo temperature differenti ma la sua sembrava essersi alzata, dall’ultima volta che l’avevo toccato.
Scosse la testa. – Non è colpa tua, non devi. Però… potresti fare qualcosa per me? –
Annuii, senza pensarci troppo.
Si concesse un sorriso lieve. – Qui il tempo funziona in maniera diversa che nel mondo dei vivi. – si mordicchiò il labbro. – però sono riuscito a farmi dire da Oliver come e ho fatto i miei calcoli. Sono morto quattro anni fa’. Io vorrei…ti sarei per sempre grato se facessi delle ricerche su di me, sulla mia scomparsa. – il suo tono a quel punto si fece più deciso. – Voglio sapere come sono morto, che facce avevano i  miei famigliari. Potresti farlo per me? –
Sorrisi. – Certo. A che altro servirebbero gli amici, sennò? – risposi a quel punto, lieta di poterlo aiutare, per poi stupirmi della mia stessa affermazione. Eravamo davvero amici. Quel pensiero mi piacque. Avere Percy come amico mi rincuorava, rendeva tutta quella faccenda più rassicurante, grazie al pensiero di avere una persona accanto, lui, in quel caso.
Un sorriso prese piede sul suo volto, sebbene non fosse bello come quelli di Peter, lo trovai lo stesso piacevole.
Grazie, Ellison. –
 
Non appena entrammo nella biblioteca, buttai lo zaino sul primo tavolo che trovai libero e mi eclissai con la scusa di andare in bagno. Presi la strada per andarci, per poi svoltare verso la stanza in cui tenevano i giornali. Subito mi accolse un forte odore di carta invecchiata ed inchiostro. Dentro non c’era nessuno, all’in fuori di me, ovviamente, e una vecchietta vestita di rosa.
Non vi badai e corsi alla sezione degli scaffali in cui c’erano i giornali risalenti a quattro anni fa. C’era una sola copia per ogni giorno ed era riposta ordinatamente in uno scomparto.
Purtroppo per me, Percy non aveva calcolato anche il mese in cui era morto, e così le mie ricerche si fecero più difficili e lunghe. Con uno sbuffo mi misi al lavoro, contando sul fatto che la morte di qualcuno sarebbe stata messa sicuramente in prima pagina, visto che Broseley era una cittadina piccola. Adoperano quel metodo, ci misi poco per trovare una copia di giornale, pubblicata nell’Aprile del 2009, in cui il titolo in prima pagina recitava: “Scomparso sedicenne”.
La sfilai dallo scomparto per trovarmi di fronte ad una versione di Percy viva. Mi fece un certo effetto, per essere sinceri. E chi lo immaginava che da vivo fosse più carino. Mi maledii all’istante per quel pensiero e stessi ancora un po’a contemplare la foto.
Era indubbiamente lui. Il ragazzo fotografato aveva i suoi stessi capelli castano scuro arruffati, forse leggermente più corti ma avevo letto da qualche parte che i capelli e le unghie, una volta morti, continuavano a crescere, e gli occhi inusuali, allegri, dietro degli occhiali a televisione. Sorrisi al pensiero che Percy portasse gli occhiali in vita. Lo rendeva tenero.
Sì, occhiali a parte, si capiva perfettamente che fossero la stessa persona, il naso era affilato, gli zigomi alti e le labbra piene. Solo il colore della pelle poteva far nascere qualche dubbio, siccome il Percy che conoscevo io non era abbronzato, ma era proprio lui.
Non appena mi assicurai di averlo riconosciuto, portai la mia attenzione all’articolo, qualche pagina dopo. Diceva:
“Ieri, dopo quattro ore che non era ritornato a casa, è stata denunciata la scomparsa di Percy G. L. Arrow (16 anni). La madre (Lauren Cremer) afferma che il ragazzo avesse detto che sarebbe uscito con alcuni amici, prima di scomparire. Ma i suddetti, Michael Shearer e Jonathan Stohl (entrambi coetanei di Percy) hanno risposto alle domande dei detective dicendo che quel giorno non avevano alcun impegno con l’amico. Ci si domanda dunque se il ragazzo non avesse un appuntamento che teneva a tenere segreto. A queste insinuazioni, la famiglia ha subito risposto che Percy non è un drogato e nemmeno un criminale, infatti la perquisizione nella camera dei ragazzi ha dimostrato che il ragazzo non nascondeva droga. Gli investigatori hanno quindi supposto che la sparizione del ragazzo possa avere a che fare con dei rivali del padre, Richard B. Arrow, proprietario della famosa industria Arrow.”
Aggrottai la fronte. Avevo vaghi ricordi della scomparsa di un sedicenne poco prima che mio padre morisse ma, siccome non ne ricordavo il nome, non avrei mai collegato il caso alla situazione di Percy. Quindi esisteva davvero. Ne avevo la prova proprio tra le mani.
-Carino. Chi è? – chiese una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare, per la sorpresa.
Finii con il far cadere la copia del giornale che Dominique raccolse. Studiò la pagina che stavo leggendo. – Oh, ricordo il caso. È stato prima di tuo padre, no? –
Annuii.
-Se non sbaglio, andava alla Winston Churchill. – in quel momento invidiai non poco la mia amica per la sua memoria. Io, un dettaglio come quello, non me lo sarei mai ricordato. Poi, la ringraziai mentalmente: quella era un’altra buona scoperta da riferire a Percy.
-La scuola privata per figli di papà? – domandai, anche se ero quasi certa di non essermi sbagliata.
Dominique fece un cenno d’assenso. – Mio cugino Henry ci andava ma non erano nella stessa classe. Percy era più piccolo di qualche anno ma lo conoscevano tutti, lì. – fece una smorfia. – Per suo padre. – spiega poi.
Storsi il naso al pensiero di essere famosa solo per un genitore, sebbene il mio fosse un caso simile: a Broseley non erano molti i morti di cancro. Presi il giornale dalle mani di Dominique e lessi le ultime righe: “Ad ogni modo, la famiglia di Percy sta organizzando delle ricerche per il ragazzo e rende disponibile il numero dei telefoni di Lauren e Richard in caso qualcuno trovasse indizi sull’attuale ubicazione del ragazzo.”
Sotto vi erano i  numeri di telefono. Come se fossi in trance, ignorai la mia amica e andai subito a fotocopiare la pagina appena letta.
-Perché ne stai facendo una fotocopia? – domandò Dominique. Mi aveva seguita.
-Eh? – non avevo pensato ad una risposta in caso mi facessero domande, ma ad essere ancor più sinceri, non mi aspettavo che nessuno mi trovasse a leggere l’articolo di quattro anni prima riguardante la scomparsa di un ragazzo che non avevo mai conosciuto, prima di sei giorni prima. Era così strano pensare che fino a una settimana fa’ la mia vita fosse così banale.
-Allora? – mi incalzò la ragazza.
-Non lo trovavi carino? – le feci un sorriso malizioso, sventogliandole sotto il naso la fotocopia ed eludendo con maestria la sua domanda. Rise. – Come mi hai trovata? – le chiesi dopo aver messo a posto il giornale e riposto il foglio nella tasca dei miei jeans, mentre tornavamo da Jenna e David.
Si strinse nelle spalle. – Non ti ho trovata subito. Prima ho pensato che fossi veramente in bagno ma ci stavi mettendo troppo e Jenna ha insinuato che fossi scappata dalla finestra per non fare la ricerca. – Feci uno sbuffo, sentendo cosa avesse detto la mia amica. Quella era una cosa che avrebbe potuto fare più lei, che odiava stare troppo tempo ferma. – Ho vagato un po’ tra gli scaffali ma poi pensato che di sicuro ti eri nascosta da qualche parte a leggere, perché avevi trovato qualcosa di interessante. – Sì, quello era più probabile. – E sono andata nella stanza dei giornali. – fece spallucce.
-Sì, è successo più o meno questo. – mormorai, leggermente a disagio, e sperando che Dominique non si insospettisse. Mi sedetti al tavolo ed aprii il primo libro che mi trovai davanti. – Allora? Cominciamo questa ricerca di geografia. – tentai di avere un tono allegro, spensierato, sebbene i miei pensieri fossero più concentrati su di un ragazzo dagli occhi con le pagliuzze dorate.
-Scienze. – mi corresse David.
Sbuffai. – Stessa roba. -


Note dell'autrice:
Allora, innanzitutto mi scuso per non aver nè pubblicato nè risposto alle recensioni ma sono stata una settimana in vacanza e la rete wifi faceva schifo, inoltre dopo pochissimi giorni è iniziata la scuola (auguro un buon lunedì a tutti, a proposito) e quindi non ho avuto molto tempo libero per pubblicare, anche perché avevo intenzione di finire di scrivere il prossimo capitolo! *^*
Prometto che il prossimo aggiornamento sarà più veloce e che risponderò appena possibile alle vostre recensioni e vi ringrazio :)
Prima di passare ad altro, tengo ad aggiungere un'altra cosa per coloro che seguono la mia altra storia, I Sei Elementi: ovviamente non l'ho abbandonata, mi trovo, purtroppo, afflitta dal tipico blocco dello scrittore ma OVVIAMENTE non ho abbandonato la storia, in caso qualcheduno lo avesse pensato. Credo che non potrei mai farlo.
Ad ogni modo, in questo capitolo sono riuscita a tener fede a due promesse che mi ero fatta, ovvero di far ricomparire Helen e gli amici di Ellison *^* E per questo sono molto soddisfatta. Ora devo solo pianificare la prossima apparizione... Ugh.
Al prossimo capitolo :)


 
   
 
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