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Autore: Mirajade_    21/09/2014    4 recensioni
Anni di guerre e rivolte hanno portato a nulla… morte e sangue. Città oramai impossibili d’abitare e specie estinte da tempo, come la razza umana.
La Terra è completamente deserta e i pochi abitanti non sono umani e riempiono a mala pena una città. Una città che viene usata per allenare, per distruggere e uccidere, dove i bambini non conoscono i loro genitori e vagano da soli, cercando qualcosa in luoghi rivoltanti o uccidendo. Lì i ragazzi imbracciano armi e eseguono sacrifici. Lì gli adulti muoiono per pessime condizioni di vita.
Un mondo parallelo, diviso in quattro terre, rischia di cadere in mano a un dittatore che vuole solo potere, uccidendo… uccide, nella terra di cui è padrone, giovani ragazzi mandandoli in arene, alla ricerca di anime potenti. Lì sei ragazze sono diverse, e sperano di morire velocemente, chiudendo gli occhi e pregando che la lama che le trafiggerà sarà quella del proprio, fratello, amico, guerriero.
Nasceranno, vivranno , soffriranno, ameranno, moriranno e piangeranno sangue.
L’unico, loro, desiderio è quello di finire nell’Altro Lato della Luna.
***
Aulampia era il nuovo angelo, la nuova divinità, la nuova guerriera.
||SOSPESA||
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Dawn, Gwen, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Sometimes I don’t even know if I’m wrong or right
I try to drown the sorrow that surfaces every night
I’m moving at speed that makes everybody look slow

What happens if  I let it go?...
...
Magnetic (Light it up, live it up, but steady as we go)


-La Datura stramonium è una pianta molto velenosa a causa dell'elevata concentrazione di alcaloidi. Ha proprietà allucinogene e può portare alla morte. Ottima da usare in guerra soprattutto se ne viene estratto il veleno è usato per migliorare le armi. Sicuramente mortale se un soggetto viene colpito al cranio o alla gola con armi, rafforzate da questo tipo di veleno. Niente da togliere a l’Aconitum napellus, il cui veleno è dannoso al minimo contatto, per questo il veleno viene difficilmente estratto. In pochi sono riusciti a sopravvivere a questa pianta e al suo veleno…- Sierra si interrupe e mordendosi la lingua, cercò di ricordare le ultime parole del libro dei veleni. Ma neanche il costante muoversi le faceva ricordare e capire perfettamente quella relazione che non le sarebbe servita a nulla, secondo lei. Era rimasta una giornata intera rinchiusa nella grande e immensa biblioteca di cui usufruiva l’istituto, immersa in scaffali ricolmi di libri e scartoffie.
Guardò un ultima volta la pagina illustrata del libro scostando,stufa, un ammasso viola che rappresentava i suoi capelli, che l’avevano più volte fatta finire con il viso sul pavimento.
Si sedette sulla sedia e appoggiò la fronte sul manuale ingiallito prendendo a respirare lentamente e a sentire la bocca secca ed asciutta.
-Non dirmi che sei già stufa- disse Cody, che a capotavola di quel tavolo di legno vecchio era immerso in tomi e libri d’ogni genere. Sierra a quelle parole non sapeva se scaraventarlo fuori dalla finestra o rispondere con uno sbuffo assonnato. Erano passati circa sei giorni dall’arrivo dei guerrieri nell’istituto “femminile”, che ogni sera si dilettavano nella lotta o nelle simulazioni di guerre. Ma nonostante la sacerdotessa della telecinesi provava un senso di ripudio verso il suo guerriero anche se conoscendolo sentiva nascere una sorta di simpatia verso quel ragazzo che in ogni discorso cadeva sempre a parlare di libri o che al solo sentire “biblioteca” diventava euforico facendo accendere una strana luce nei suoi occhi. Quel ragazzo che avevo un canino più piccolo rispetto all’altro, che la superava di pochissimi centimetri e che veniva preso in giro per la sua conoscenza.
-E’ troppo per me- sospirò Sierra non alzando il viso dal libro, sentendo lo strano odore di muffa e libro vecchio. –Che cosa mi serve sapere se una fottuta pianta è velenosa? Non penso che resterei viva per fare un viaggio in qualche foresta o giungla… se ne esistono ancora- iniziò a massaggiarsi le tempie sentendo la morbidezza dei capelli tra le dita.
-Su questo hai ragione- proferì Cody, che con in mano i giganteschi volumi passava da uno scaffale all’altro, prendendo e posando libri –Insomma, non penso che sopravvivrai se continuai ad autolesionarti come se fosse una cosa normale-
Sierra alzò il viso dal libro rivelando uno sguardo sorpreso, furioso, forse dispiaciuto. Sapeva che il ragazzo davanti a lei aveva ragione.
-Non voglio parlarne- sussurrò sentendo le lacrime velare i suoi occhi e i ricordi di ogni taglio sanguinante, ogni ricordo di sua sorella, ogni lacrima versata sul suo corpo.
-Perché? Mi odi, lo so ma… voglio sapere il perché di questa malattia- pronunciò il ragazzo rimettendo l’ultimo libro in uno scaffale, tranquillamente.
-Non sono malata, chiaro?!- sbraitò Sierra, alzandosi dalla sedia con fare violento, guardando gli occhi del ragazzo con un’ intensità inquietante. Aveva quella voglia di prenderlo tra le sue mani e di strappargli le corde vocali per farlo stare zitto, quella voglia di gettarsi tra le sue braccia per piangere sapendo, che avrebbe scordato tutto.
-Strano, è proprio la frase che direbbe un malato!- ribatté il guerriero, non facendosi intimidire da gl’occhi della giovane che chiedeva silenzio e pace. Si avvicinò lentamente alla ragazza che aveva iniziato a respirare velocemente e a singhiozzare in silenzio. Vedeva la concentrazione che stava mettendo per trattenere la brama di morte. –Dimmelo- sussurrò appena, leccandosi subito dopo le labbra secche.
-Perché?- riuscì a dire la ragazza, distogliendo lo sguardo, concentrandosi su sua sorella defunta e sulle parole dell’imperatore “Tre settimane di tempo, per scoprire i punti deboli del vostro avversario”.
Qual’era il suo punto debole? Jacktleen. Non doveva fare o dire qualcosa che riguardasse la giovane sorella dai capelli verde muschio, dagl’occhi grigi senza colore, dai sorrisi spenti quasi sempre rivolti al nulla.
La sacerdotessa non ricevette nessuna risposta, si ritrovò il mento tra le dita del ragazzo che sorrideva rassicurante accompagnato da due occhi azzurro opachi. Si sentiva così protetta, accettata, aiutata.
“Mi sembrava di avere delle farfalle nello stomaco” si ricordò del discorso di una compagna che con facilità era caduta nella trappola di un corrotto, una trappola tessuta da menzogna e risate per quello che provava.
Lei non sentiva farfalle, sentiva fuoco e fiamme che si facevano spazio attraverso di lei come per mantenerla lucida, come se da qualche parte, la parte più profonda della sua anima, cercava di lottare per lei, per Jacktleen.
I visi delle due creature, tanto diverse, erano vicini, troppo vicini. Erano due corpi che si fondevano, che diventavano un’ unica cosa ma più la distanza si annullava più le fiamme si facevano avide dentro Sierra, la sua mano si mosse lentamente prendendo il polso del ragazzo come per non farlo andare via. Ogni sua parte fremeva di potere, quel potere incontrollato che aveva trovato la possibilità per attaccare e distruggere.
Le labbra delle creature si sfiorarono e le fiamme si fecero tropo intense per essere sopportate.
Sierra si tirò indietro quasi bruscamente sentendo il dolce piacere delle fiamme spegnersi e l’amarezza nel capire che cosa stava facendo. Infilò le mani nei capelli violacei, digrignando i denti e iniziando a pregare e supplicare sua sorella, i suoi genitori mai conosciuti e Aulampia sussurrando parole singhiozzanti: perdono per essersi abbassata a stringere e desiderare un guerriero, un servo, un succube dell’Imperatore.
Chiuse gl’occhi e congiunse le mani davanti al petto. Vedeva immagini false di sua sorella delusa, piangente che gridava “assassina”, evidenziando quello che si sentiva con sporchi insulti.
La sua mente riproduceva soltanto quello, accompagnata dai sussurri che riusciva a pronunciare tra i singhiozzi la ragazza.
“Scusa…scusa. Perdonami Jacktleen” solo quelle parole uscivano dalle labbra della ragazza noncurante dello sguardo stranito che le riservava il guerriero.
La litania che eseguiva Sierra fu spezzata da un rumore sordo, si bloccò, aprì gl’occhi e guidata da una strana forza si avvicinò ad un piccolo libriccino che era caduto da uno scaffale. Ammirò la copertina bordeaux e delle gocce rosse che erano state cristallizzate sulla superficie, dal tempo. Lo prese e aprì quasi con avidità l’oggetto tra le sue mani.
 
Diciannovesimo giorno. Terzo mese di luce.
2088. Terra del Nord.
Una settimana, ne manca soltanto una. Un altro massacro ma questa volta io non parteciperò; questo non è il volere di Aulampia.
Devo scappare e raccontare quello che so per evitare altre inutili morti.
Ventitreesimo giorno. Terzo mese di luce.
2088. Terra del Nord.
Secondo alcune lettere sono riuscito a capire il vero scopo di Christopher Lowchild. Il potere: dominare tutte le quattro terre.
Trae potere dalle anime dei defunti ma non le assimila completamente, l’ho visto mentre cercava di fare un incantesimo; i suoi occhi erano bianchi, la bocca spalancata verso l’alto e davanti a lui vorticava una sfera blu fatta di luce e fumo. Sono scappato ma sono riuscito a vedere delle strane forme uscire dalla sua bocca, erano fatte di fumo bianco e urlavano.
Non so cosa sia successo dopo ma sono riuscito a scoprire quantomeno che cos’è veramente,un Passante. Ma secondo le leggi del Conclave , i padroni delle Terre non posso essere creature al di fuori dai sacerdoti e guerrieri. Devo fare altre ricerche e scoprire il perché di questa situazione e soprattutto perché le anime che predilige appartengono a giovani diciottenni.
 
Sierra vide il libriccino, che si dimostrò essere un diario, scivolare dalle sue mani mentre cercava di assimilare quello che aveva letto. Era confusa: aveva visto sua sorella insultarla e infine sussurrare con pietà “Verità” e subito dopo vedere quel diario cadere dallo scaffale più in alto.
L’imperatore è un Passante e il Conclave è corrotto, si ripeteva,doveva parlarne con le sue compagne; se c’era un modo per rimanere viva e per dare il via ad una rivolta doveva approfondire quella questione.
Guardò Cody che con aria stupefatta sfogliava le pagine scritte con inchiostro nero. Aveva totalmente scordato quello che era accaduto pochi minuti fa, era stato soltanto un attimo di debolezza, si era lasciata trasportare dal dolore, dalla verità.
-Dobbiamo fare qualcosa- disse, guardando il guerriero in attesa di una risposta.
-Sono delle parole senza fondamento. Potrebbe essere uno scherzo- proferì Cody richiudendo il diario e porgendolo a Sierra, evitando di guardarla. Anche lui provava uno strano senso di vergogna, si percepiva dai movimenti tremanti e dagli sguardi impassibili.
-Le macchie di sangue sono cristallizzate sulla copertina e il colore dell’inchiostro è scolorito, troppo scolorito. Saranno passati circa dieci anni da quando è stato scritto- riprese il diario e lo strinse nella mano, conficcando le unghie nella copertina in pelle.
-E’ pericoloso. Quell’uomo e pazzo e se fosse veramente un Passante sarebbe mortale accusarlo di aver corrotto il Conclave- la guardò un ultima volta
-Tanto moriremo lo stesso… Sei il mio guerriero ma non intralciare i miei piani, se mai me ne verrà qualcuno in mente- quella frase suonava come una minaccia, e forse lo era.
Uscì dalla stanza assieme al diario e allo strascico di capelli viola che la caratterizzava tanto. Cody restò nella biblioteca, sapendo che la sacerdotessa non aveva voglia di discutere ne tantomeno di essere seguita.
Zoey teneva un passo affrettato seguita da Gwen. Il cuore che le martellava dentro la gabbia toracica, la paura che saliva
-Zoey calmati, sembra che tu abbia visto un fantasma- proferì Gwen girandosi di tanto in tanto sentendo, anche lei, una strana presenza.
Sentiva la confusione prendere il sopravvento, la paura di Zoey sopraffarla e leggeri bruciori alle gambe che non erano dovuti alla corsa. Il suo sguardo era rivolto alla sua compagna che senza accorgersene aveva cominciato a sanguinare dalle mani a causa delle lunghe unghie che scavavano il palmo della mano, riprendendo il colore rosso del sangue e dei capelli che senza volerlo bruciavano verso la fine, lasciando cenere sulla veste avorio della sacerdotessa.
Il dolore sulle gambe si fece più acuto, come piccoli graffi che le laceravano.
Gwen prese per un braccio l’amica, facendola fermare in quell’immenso corridoio vuoto, illuminato da gigantesche finestre. Gli unici suoni che si sentivano erano i respiri affaticati delle ragazze e la voce di qualche superiore che spiegava ai propri allievi nelle stanze vicine. Il dolore sulle gambe non si alleviava e Zoey stava iniziando a presentare tagli troppo profondi sull’avambraccio.
-Che succede?- chiese semplicemente, regolando il respiro, Gwen con uno sguardo furioso.
-Nulla, è tutto apposto- rispose Zoey sorridendo rassicurante passando una mano sui tagli, scagliando piccole fiammelle che si andavano ad insinuare tra i lembi di pelle come per ricucirli.
-Non è vero… In questi ultimi giorni sei più stressata e… impaurita. E soprattutto sanguini, da questi fottuti tagli che la notte ti fanno piangere, ti sento sai. Zoey se ti stai…-
-Io non mi autolesiono!- gridò Zoey infuriata –Non sono come Sierra- si morse subito dopo la lingua, aveva offeso  e evidenziato la malattia di una sua amica, di una sorella –Non ho nulla- inghiottì amaramente. Si levò dalla presa dell’amica bruscamente cadendo in un enorme silenzio in cui Gwen la guardava preoccupata e lei cercava di evitare il suo sguardo.
 
“Via di qui” si ripeteva Zoey stringendo la tovaglia rosa pallido intorno al suo corpo.
Le mani erano arrossate terribilmente e il suo cuore sembrava una macchinetta che si ripeteva fastidiosamente all’interno delle sue orecchie. Sentiva strani bruciori sui polsi e sulle spalle, bruciori che erano lontani da quelli provocati dal fuoco. Bruciori simili ai graffi causati da un felino sulla pelle scottata terribilmente al sole.
Si bloccò, tossendo aggressivamente sulla mano arrossata, la gola le bruciava e sapeva di metallo amaro, allontanò la mano dalla bocca e osservò un macchia di sangue che si espandeva. Voleva urlare ma avrebbe peggiorato la situazione.
Non doveva fermarsi doveva correre via, scappare rifugiarsi in una stanza a piangere impaurita come quando da piccola Bridgette tornava in stanza dopo le ore di lezione, singhiozzando per i terribili accanimenti che era costretta a subire.
Iniziò a correre asciugando il sangue sulla tovaglia ma il dolore d’intense stilettate sulla schiena la fecero rallentare lentamente. Erano ferite che si aprivano velocemente dividendo ogni tendine e muscolo. Alzò lo sguardo:l’edificio era poco distante ma più si avvicinava, più sentiva il calore del sangue espandersi su tutta la schiena, formando sulla tovaglia un disegno macabro.
Era lui, lo sapeva, sentiva quella strana energia mortale prendere il sopravvento, quella forza che sapeva di lui.
Chiuse gl’occhi e lasciò che il dolore viaggiasse intorno al suo corpo finché pian piano una sensazione di piacere la pervase, diffondendosi dalle gambe alle spalle. Sentì l’erba sotto di lei mancare,il freddo di una parete sulla sua schiena, la paura diffondersi, e una presenza dinanzi a lei.
Aprì gli occhi ritrovandosi davanti un ghigno, occhi scuri e felini che tendevano al grigiastro, capelli scuri e viso morbido ma spigoloso e un corpo che avrebbe fatto invidia alle più grande statue greche.
-Che fai, scappi?- chiese Mal ghignando e squadrandola da capo a piedi. Le sue mani erano ai lati della vita della ragazza, impedendole ogni via d’uscita.
-Per il volere d’Aulampia, copriti!- disse semplicemente Zoey guardando il sole eclissato sopra di lei, con una voce debole per la gola bruciante.
-E’ inutile fingere che tu non abbia paura, la sento- pronunciò il ragazzo avvicinandosi di più al viso della sacerdotessa. Il respirò era affannoso e il suo viso si deturpava ad ogni minuto, diventando più feroce, più animalesco.
-Tu non sei come gli altri vero?- disse la sacerdotessa guardandolo intimorita, in quel momento al solo pensiero d’usare i suoi poteri le pareva una pazzia. Gli occhi fissi sulla minuscola pupilla del guerriero che di tanto in tanto si ingrandiva… come quella d’un animale. Lui era un’animale, la forza, la paura, il potere.–Tu non sei maledetto- sussurrò appoggiando una mano arrossata accanto al suo corpo e alle mani di Mal, mentre l’altra stringeva sempre più forte la tovaglia.
-Sei perspicace, lo devo ammettere. Sfortunatamente detesto le ragazze troppo perspicaci e audaci- i visi vicini, il sangue che scorreva sulla schiena della ragazza e nessuno che fermava quell’opera di distruzione.
Se solo ne avesse avuto il coraggio, Zoey, avrebbe riempito quel viso scuro di fiamme, incenerendolo dall’interno, facendolo accasciare a terra mentre ogni organo,muscolo e osso bruciava e si tramutava in cenere. Guardò la guancia del ragazzo soffermandosi sull’ustione leggermente sbiadita mentre sentiva il dolore fisico spaccarla. Voleva piangere.
-Vuoi uccidermi? Fallo. Prima o dopo, sarà sempre la stessa fine- le unghie scavavano i mattoni, e ad ogni respiro le ferite si moltiplicavano fino a sentire piccoli e profondi tagli deturparle il viso mentre il guerriero davanti a lei ghignava accarezzando e delineando di tanto in tanto i tagli.
-Non ancora- sussurrò Mal –Voglio che vivi un’esistenza tormentata, sapendo che ogni giorno di vita potrebbe essere il tuo ultimo- i tagli si richiusero velocemente, quasi violentemente –Da questo momento, tu sei mia- soffiò sulle labbra della sacerdotessa, accarezzando le lunghe gambe bianche.
Una lacrima sfuggì dagl’occhi di Zoey, salata,calda e bruciante.
La sua tortura si allontanò velocemente sogghignando, riprendendo una sembianza quasi umana.
-Non pregare… non servirà a nulla- una folata di vento violenta, e una creatura correva velocemente a cercare un nascondiglio, una menzogna e un’altra preda. Poteva riprendere a respirare e piangere da sola, senza nessuno che l’avrebbe derisa.
La sacerdotessa si accasciò a terra, piangendo e percependo una rabbia che fino a pochi minuti fa era semplice paura.
 
-Finalmente ti ho trovato!- una voce spezzo il silenzio creatosi tra le due ragazze.
Era maligna, arrogante, sadica.
Zoey s’irrigidì, le palpebre serrate, i tagli che  si richiudevano, e il cuore che pompava velocemente.
Che cosa voleva ancora? Ogni giorno era costretta a sopportare quelle lesioni sempre più profonde e dolorose. Eppure ogni taglio provocato da lui la completava, adorava la sua paura, adorava essere una vittima maltrattata, adorava i suoi poteri deboli ad ogni sguardo e detestava non riuscire a giocare a quel gioco di tortura e piacere.
-Gwen devi venire con me- ordinò Isabella prendendo il polso della ragazza. I capelli ricci erano legati in un coda che metteva in risalto gli occhi verde acido e le unghie erano grigie, come se le avesse infilate dentro il fuoco vivo.
-Che cosa succede?- riuscì a chiedere la sacerdotessa indecisa se distogliere lo sguardo da Zoey.
-Qualcosa d’importante, per favore vieni, e non fare storie- la presa sul polso della ragazza si strinse. Gwen guardò un ultima volta la compagna che aveva ripreso a camminare velocemente, verso la sua stanza,stringendosi nelle braccia come se sentisse freddo.
Le sue gambe si mossero automaticamente, seguendo Isabella che con le unghie conficcate nel suo polso si apprestava a raggiungere la sua meta.
 
“Forse dovrei scappare o rinchiudermi in stanza, tutto pur di non vederlo” alzò lo sguardo e con rabbia si accorse d’aver sbagliato corridoio. Troppi pensieri su di lui, sul dolore. Chi è stato torturato rimane torturato. La tortura è marcata nella carne con ferro rovente, quelle parole sembravano così vere non stampate su un libro.
In un libro nonostante tutto, sai che finirà bene, lo scrittore e la forza oscura che decreta la vita di ogni personaggio ma che non riuscirà mai a far trionfare  il male che esiste. Vince il bene o non vince nessuno.
Chiuse gl’occhi facendosi una mappa dell’istituto e invocando lui che in pochi attimi si fece spazio tra i suoi pensieri.
-Sei sempre più debole. Non è divertente, come prima- alzò le palpebre notando Mal che con nolachance era appoggiato ad un muro, scrutandola di tanto in tanto. –Non ci provi neanche- si avvicinò alla sacerdotessa, le braccia erano incrociate e i muscoli degl’avambracci messi in risalto.
-Cosa vuoi ancora? Gwen e… le altre, vedono i tagli. Non riuscirò a nasconderli sempre-  disse indicando le leggere fiammelle che bruciavano e ricongiungevano la pelle.
-Lo dici come se fosse qualcosa di normale. Come se fosse un segreto, da tenere nascosto.-avvicinò una mano alle labbra, graffiando con un artiglio il labbro inferiore –Perché?- chiese mentre ripuliva il sangue con il dorso della mano.
“Perche?” si chiese la ragazza nuovamente. Non lo sapeva.
-Vuoi smetterla di farmi domande e ti decidi a darmi una risposta? E inoltre, smettila di prendertela con le mie compagne o giuro che…-
-Cosa?- fu interrotta bruscamente da un Mal ghignante.
Non poteva ferirlo, avrebbe peggiorato la situazione, doveva solamente incutere timore ma Mal era il timore, il suo timore.
Velocemente quasi aggressivamente prese la maglia nera del ragazzo attirandolo a se con occhi di fuoco e le mani accaldate.
-Ogni giorno soffrirò sempre di più finché non sentirò più dolore e verrò a cercarti per strappare i tuoi occhi e incenerire ogni singola parte di te, da far scomparire addirittura le tue ceneri- sussurrò la ragazza, assottigliando gl’occhi- E adesso… cosa vuoi?!-
Il guerriero ghignò, per niente imbarazzato dalla poca vicinanza che li distanziava.
-Bene sweetheart, vuoi saperlo veramente?-
-Ora- disse convinta la sacerdotessa aspettandosi parole taglienti come le lesioni sul suo corpo.
Sentì un’aggressiva pressione all’altezza della vita, mentre lunghe zanne affondavano sul suo collo rilasciando puro dolore e male. Ma mentre il dolore l’attraversava da un parte, il piacere carnale si faceva spazio dall’altra facendola gemere e stringere di più al ragazzo.
Ecco cos’era Mal, piacere carnale senza sentimento, il suo momento di svuotamento mistico,un piacere che non doveva finire.
-Izzy, dove mi stai portando?- chiese Gwen, alzando lo sguardo dai piedi nudi che con passo svelto erano in perfetta sincronizzazione.
-Portami più rispetto- sussurrò la Passante – Per te sono Isabella- girò verso un altro corridoio, superando una serie di scalinate.
Le pareti lì erano leggermente scrostate lasciando intravedere le pietre calcaree in parte sbriciolate accompagnate da una serie di archi. Le porte si distinguevano dalle più vecchie alle più nuove. Alcune erano di legno opaco e piccole, altre erano grandi in legno massiccio e scuro con rifiniture dorate.
Attraversarono una di quelle porte grandi e imponenti, rivelando una stanza illuminata da un enorme lampadario in bronzo e vetro soffiato. Da delle sfere di vetro,pendenti, si riuscivano a scorgere fiamme blu che insieme alla luce solare, provenienti da centinaia di piccole finestre, formavano una serie di giochi di luci e colori.
La stanza era vuota, riempita soltanto da qualche panca in legno scuro impolverata come il pavimento, di marmo giallastro.
Gwen guardò a lungo quel luogo, soffermandosi su ogni minimo dettaglio col suo occhio d’artista. Ogni cosa era perfetta seppur sporca.
Sentì qualcuno spingerla bruscamente e il freddo del marmo sulle ginocchia; ringhiò voltandosi verso Isabella che sogghignava divertita accanto ad una guardia imperiale.
I capelli neri le coprirono la visuale, coprendo la smorfia infuriata e i denti digrignati.
Percepì una presa sul braccio e qualcuno che gentilmente l’aiutava e toglieva la poca polvere che le era finita sulla veste bianca. Una ragazza dalla pelle molto scura e dalla corporatura poco slanciata.
-Dannazione Isabella, cerca di smetterla!- sbottò la ragazza tenendo Gwen per le spalle e lanciando stilettate alla Passante.
-Cosa ci faccio qui?- chiese un’altra ragazza dietro Gwen, bionda e dagl’occhi azzurro cielo. –Izzy, mi avevi detto che c’era una piccola festicciola tra amiche- il tono usato era quello di una bambina.
-Zitta, Lindsey, tu non dovrai fare nulla… e adesso mettetevi tutte in fila- ordinò la Passante guardando di sottecchi le cinque ragazze che con passo svelto e stanco si disponevano in fila. Tutte portavano lunghi capelli, la stessa espressione stranita e lo stesso cognome.
Quando nella stanza regnò il silenzio, Isabella, iniziò a girare intorno alle ragazze soffermandosi sugl’occhi, la corporatura, i capelli e il viso.
-Ricordami i capelli della cercata, Brick- disse infine voltandosi verso la guardia imperiale che precedentemente aveva gettato Gwen per terra. Il volto fiero era rivolto verso l’alto portando con onore quella che doveva essere un’armatura che copriva solamente il petto e la vita, sottile e di un vecchio materiale che sembrava essere un tutt’uno con la pelle del ragazzo.
-Neri- rispose voltandosi verso la passante, con sguardo devoto. Gli occhi erano neri opachi come i capelli corti, tagliati malamente. –Mia signora- terminò
-Signorina prego, e grazie- ringraziò Isabella non togliendo lo sguardo dalle poche ragazze. Alzò la mano, facendo segno a Brick di avvicinarsi –Porta le due bionde fuori e fa entrare la signora- disse guardando soddisfatta i movimenti di Brick che prendevano Lindsay ed un'altra ragazza.
-Togli quelle mani, schiavetto, esco da sola- enunciò la ragazza accanto a Lindsey, avviandosi velocemente fuori, incrociando le braccia infastidita.
“Jo Smith. Sacerdotessa. Orfana” , una soave e fluida voce che si diffondeva nella mente della sacerdotessa d’acqua. Una voce strana che pareva dominarla, che le diceva ogni stato d’animo incerto attraverso colori.
“Nero” sentì ancora.
Dalla grande porta in legno comparve un’altra figura seguita da Brick che, titubante, controllava ogni movimento della donna dagl’indumenti polverosi, sgualciti e bucati. I capelli erano lunghi, neri e sbiaditi, legati in una coda bassa che accarezzava la schiena attraverso la camicia bianca sporca.
-Hanno  i capelli lunghi, non sono loro, non posso ricordare- disse la donna freddamente, quasi con furia per essere stata costretta da una ragazzina a presentarsi in quell’istituto e uscire dalla suo dimora, calda e protettiva.–Posso andare adesso?- chiese. Mostrava una cinquantina d’anni ma aveva occhi scaltri, furbi e vivaci dal color indaco che in pochi avevano il piacere di portare.
Occhi così familiari a Gwen: erano glaciali come quelli di Heather ma trasmettevano ogni singola sfumatura di tristezza, agonia, potere svanito.
La sacerdotessa strinse le mani: lo strano pensiero era insopportabile, pulsava ed era un incrocio di mille parole e colori, un pensiero mai sentito che ad ogni respiro trasparente, faceva picchiare l’organo all’interno della gabbia toracica, scudo e protezione talvolta inutile contro il male della gente.
Isabella guardò a lungo la donna, memorizzando ogni singolo dettaglio, come farebbe un artista alle prese con un dipinto e un paesaggio. Riuscì a percepire i battiti veloci della donna che cercava di proteggersi in un involucro di braccia, trasfigurate da cicatrici che continuavano sotto la veste lurida.
-Brick… potresti risolvere il problema- sogghignò la passante guardando Gwen sprezzante.
La sacerdotessa perse un battito al solo pensiero di essere toccata, sfiorata, dal ragazzo che con egocentrismo nascosto mostrava lunghi e penetranti marchi neri che consistevano in lunghe spirali e incroci netti. Sentì il rude toccò della mano sulla spalla, dapprima titubante poi aggressivo.
Senza protestare si ritrovò in ginocchio, inghiottendo amaramente la saliva, concentrandosi sul pensiero insopportabile.
Un soffio di aria gelida le accarezzò la nuca, sentendo un dolore simile a mille aghi conficcati sulla testa che segnavano il cranio. I capelli lunghi sembravano un tutt’uno nella mano del guerriero che guardando la sua “signora” aspettava un consenso.
-Procedi- soffiò Isabella.
Gwen si promise di non singhiozzare, quando la cascata di capelli neri scivolò via perdendo colore a vista d’occhio, quella protezione che si era portata fino a quel momento, che la riscaldava nei tempi freddi e che la faceva sembrare simile alle altre. L’unica somiglianza che legava la sacerdotessa a quel mondo.
Ammirò un’ultima volta quelli che erano i suoi capelli, ora grigi, forse argento.
Gli aghi si smaterializzarono sul capo della ragazza, tremante. Il viso rivolto al pavimento polveroso di marmo giallastro, gl’occhi brucianti, il pensiero che si faceva sempre più intenso. Respirava a fatica e automaticamente si ritrovò ad accarezzarsi la nuca, sentendo sei, piccole,ruvide sporgenze che si muovevano ritmicamente e debolmente.
-Le vedranno… le vedranno- mormorava  girando lo sguardo verso le altre ragazze che, con sguardo fermo, guardavano Isabella noncurante dei loro capelli grigi tagliati nettamente, sul pavimento.
Gwen ammirò il collo perfetto delle sacerdotesse: liscio e morbido… uguali.
Un segreto nascosto per anni a tutti, verrà ricordata come figlia del sbagliato, del male e della morte.
L’unica soluzione era agire. Congiunse le mani, portandole a livello delle labbra e chiudendo gl’occhi come una perfetta statua raffigurante un angelo senza ali. Sotto lo sguardo di tutti la pelle si face più dura e smerigliata.
Isabella si fermò a guardarla con le mani fumanti di potere, non avrebbe permesso ribellioni ne tantomeno uccisioni dolose. Dietro di lei, due occhi indaco ammiravano quella trasformazione.
“Cercano te!” riprodusse il pensiero con un eco perseguitante.
Liberò le mani in un forma animalesca. Rilasciò l’ondata di potere, accompagnato da occhi opachi… scappò correndo attraverso le urla di paura,dolore e protesta piangendo lacrime amare mentre il soffocamento iniziava, rallentò il passo appoggiandosi ad una parete scrostata implorando mentalmente aiuto.
Andò avanti nonostante la vista sfocata e le gambe dolenti… non bloccava la sua tortura. Si accasciò lentamente, ammirando le mani squamose e diafane. Chiuse gl’occhi e sentì soltanto urlare il suo nome supplicante… da lontano.



LITTLE WONDERLAND
Buonsalve dolci Cupcakes? Come va? 
Tutto bene con la scuola, e per chi come me ha iniziato le scuole superiori?
Perdonatemi per il mio enorme ritardo ma, sarò onesta con voi, la scuola  iniziata e il pomeriggio sono un completo zombie XD Quindi sono riuscita a scrivere poche volte.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto per i moemnti MalxZoey, SierraxCody e la scoperta del piano "malefico" di Chris.
Ringrazio i recensori e i lettori... e vi porgo una domanda? Siate sinceri u.u Le mie descrizioni sono pesanti,noiose, orripilanti? Perchè sono disposta a rimediare ^^
E siate anche gentili XD Ho appena fatto un anno e un mese (quasi) su EFP :3
Sorvolando... la canzone che ho scelto  "Magnetic" di Jessie.J che come sempre potete sentire cliccando il titolo :)
L'ho scelta per una particolare strofa che avrete letto all'inizio ^^ spero che vi piaccia.
Ora vado e mi duole dirvi che gli aggiornamenti non avverrano frequentemente (so cosa vi state chiedendo... "perchè prima lo erano?") a causa della scuola ^^'
Ora svanisco lasciandovi con l'immagine di Bridgette e chiedendovi (ancora) un consiglio... ci sarà un OC (molto più avanti) ma non so che nome darLE... aiutatemi please ^^'... deve essere un nome ribelle, da capo e preferibilmente straniero.
Inoltre... 1se volete seguire alcuni miei lavori e news (che poi non sono tante XD) cliccate qui ---->
A_J.E
2 Ecco a voi il trailer, creato dalla sottoscritta per questa storia ---> TOSOTM
Bene... Alla prossima Cupcakes.

 (attrice:Jemima West)

 

 
   
 
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