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Autore: flatwhat    22/09/2014    1 recensioni
Montparnasse e quel ragazzo, quel- come si chiama?- Jehan Prouvaire erano più simili di quanto si immagini.
E questa non era soltanto un’illusione di Montparnasse, ripetuta all’infinito nella sua testa, no.
I fatti parlavano da soli.
Prima di tutto, Jehan Prouvaire era bello. Non poteva essere altrimenti: Montparnasse non si sarebbe innamorato del primo mostriciattolo che passava- o può essere che la fisionomia di una persona sembri più bella, quando si è innamorati, chissà.
E, naturalmente, Montparnasse era bello a sua volta, se non di più, e tutti a Parigi lo sapevano perfettamente. O avrebbero dovuto saperlo. Anche quel Prouvaire.
Seconda cosa: Jehan Prouvaire amava la vita.
Anche Montparnasse amava la vita.
Certo, la differenza, forse, stava nel come, ognuno di loro, dimostrava questo amore.

(onesided!Montparnasse/Jehan; Combeferre/Jehan)
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a Titanium_P.
Capitano, mio capitano!
A proposito, come già ho detto a lei, questa storia può sembrare simile in modo inquietante al suo lavoro più recente ("You looked into the eyes of men above you..."), e mi posso discolpare solo dicendo che questa idea mi è venuta prima di leggere la sua storia, quindi, se sembra una copia, non era mia intenzione. ;_;


Montparnasse e quel ragazzo, quel- come si chiama?- Jehan Prouvaire erano più simili di quanto si immagini.
E questa non era soltanto un’illusione di Montparnasse, ripetuta all’infinito nella sua testa, no.
I fatti parlavano da soli.
Prima di tutto, Jehan Prouvaire era bello. Non poteva essere altrimenti: Montparnasse non si sarebbe innamorato del primo mostriciattolo che passava- o può essere che la fisionomia di una persona sembri più bella, quando si è innamorati, chissà.
E, naturalmente, Montparnasse era bello a sua volta, se non di più, e tutti a Parigi lo sapevano perfettamente. O avrebbero dovuto saperlo. Anche quel Prouvaire.
Seconda cosa: Jehan Prouvaire amava la vita.
Anche Montparnasse amava la vita.
Certo, la differenza, forse, stava nel come, ognuno di loro, dimostrava questo amore.
Montparnasse se la godeva nei vestiti nuovi, e nell’orgoglio.
Jehan Prouvaire vestiva male, e questa, nonostante Montparnasse avrebbe fatto volentieri a meno di ricordarlo a sé stesso, non era l’unica differenza nei loro stili di vita.


Era riuscito ad approcciarlo, qualche volta, avendo scoperto la strada che faceva dopo ogni sera al ritorno del Cafè Musain.
Le prima volta, Jehan Prouvaire aveva avuto un po’ paura, a sentire uno sconosciuto rivolgergli la parola in un vicolo buio, ma le volte successive, avevano parlato di più.
Non facevano chissà che gran conversazione, all’interno di quel vicolo: Prouvaire aveva fretta di tornare a casa e a Montparnasse non piaceva trattenersi in un posto troppo a lungo.
In ogni caso, era riuscito a scoprire cosa combinavano, Jehan e i suoi amici, in quelle riunioni.
Aveva sorriso con i suoi denti splendenti e aveva esclamato “Meraviglioso!”.
E Prouvaire aveva sorriso a sua volta, quando Montparnasse gli aveva detto che apprezzava tutto ciò.
Ma, probabilmente, non aveva capito nulla del sorriso di Montparnasse.


Entrambi sentivano il bisogno di uccidere.
Ciò significava che il tanto innocente Jehan Prouvaire non era poi così irraggiungibile, per Montparnasse.
Peccato che ci fosse di mezzo quell’altro.
Montparnasse si morse il labbro, alla terza sera che Prouvaire prendeva una strada differente dalla solita, in compagnia di quello lì, quel Combeferre.
Li osservò da lontano, mentre camminavano mano nella mano e ridevano come due idioti. Che schifo.
Cosa ci poteva vedere, Jehan Prouvaire, in quel tizio, si chiedeva Montparnasse, rigirandosi il cilindro tra le mani e schiumando di rabbia.
Erano troppo diversi, quei due.
Jehan Prouvaire era alto e bello, Combeferre era più basso, robusto e brutto- o magari era l’odio a rendere la sua faccia orribile, chissà.


Riuscì a parlare con Jehan, altre volte.
Era ovvio che il ragazzo credesse che anche Montparnasse fosse interessato alla Rivoluzione, tanto da invitarlo direttamente alle riunioni.
Montparnasse fu tentato di accettare, non perché gliene importasse qualcosa della Rivoluzione, ma per avere la scusa di vedere Jehan più a lungo e non doversi nascondere.
Poi pensò all’odiosa faccia di Combeferre, e di come, magari, lo avrebbe visto fare il dolce e il carino con Jehan, e allora declinò l’offerta.
Prouvaire sembrò rimanerci male, e Montparnasse si sentì pure in colpa.
Stupido ragazzino e stupide sensazioni che riusciva a dargli.
Montparnasse si sentiva un idiota, a perdere la testa, giorno dopo giorno, per un insulso individuo come lui.
E, allo stesso tempo, non poteva non pensare che Combeferre fosse un maledetto fortunato. 
Cosa ci poteva mai trovare, in lui? Era tentato di chiederglielo, ma Jehan si era già allontanato.


Prouvaire aveva già ucciso, nell’anno 1830. La rivolta che progettavano lui e i suoi amici non sarebbe stato il suo battesimo di sangue.
Montparnasse accolse anche questa nuova informazione con una gioia gelida.
Erano uguali, dopotutto, e Jehan nemmeno se ne accorgeva. 
Dovevano essere uguali.


Eppure, lui amava Combeferre.
Combeferre che sembrava tanto buono e gentile anche lui, ma in realtà era così diverso da Jehan. Non aveva senso che Jehan lo amasse, perché Jehan amava la vita in un modo troppo differente.
Li aveva seguiti, ogni tanto, Montparnasse, e aveva ascoltato le loro conversazioni.
Combeferre era un uomo di scienza, la stessa scienza che un Romantico come Jehan avrebbe dovuto considerare una nemica, la fredda scienza che vuole la distruzione delle emozioni, alla ricerca delle quali era votata la vita di Jehan Prouvaire. E quella di Montparnasse. 
Eppure, era Combeferre a ricevere i suoi sguardi teneri e i suoi baci. E lui, Montparnasse, non li avrebbe mai ricevuti.
Inammissibile.


Finché, una sera, furibondo, non glielo disse.
“Non ti rendi conto che tu e Combeferre siete troppo diversi?”, gli aveva quasi gridato, fermandolo per un braccio.
La bocca di Jehan Prouvaire si era spalancata, tradendo la sorpresa e la paura di essere stato spiato.
“Come lo sai?”.
“Lo so e basta”, tagliò corto Montparnasse. Poi cerò di assumere l’espressione più dolce che riusciva a fare, volendo tranquillizzarlo.
“Lui è tutto ciò che tu non sei, lui dovrebbe disprezzarti e tu dovresti disprezzarlo, eppure lo ami”.
Jehan era indietreggiato di due passi, la fronte corrugata.
“Perché dovrei? Combeferre è un brav’uomo”.
Montparnasse avrebbe voluto ridere.
Non riusciva neanche più ad assumere un atteggiamento diverso da quello spaventoso che stava allontanando Jehan.
Così Combeferre era un brav’uomo. 
Certo, in fondo, avrebbe dovuto saperlo, che in questo non avrebbe potuto vincere. 
Ma non era detta l’ultima parola.
“È davvero questo il motivo per cui non ami me?”.
Prouvaire sussultò, nuovamente sorpreso.
“Cosa…?”. 
“È perché Combeferre è un brav’uomo e io no”, qui, Jehan indietreggiò ancora, finalmente compreso chi aveva davanti, “Ma, Jehan, non conta questo, conta la libertà che lui ti lascerebbe”.
“Cosa…? Io…”, era chiaro che se ne volesse andare, e alla svelta. Montparnasse si dovette trattenere dal bloccarlo fisicamente.
“Lui ti annullerebbe, Jehan. Io so come sei veramente, e lui non lo permetterebbe. Io, invece, io ti offrirei un amore libero”.
Lo sguardo di Prouvaire era sempre più confuso e Montparnasse sapeva di sembrare pazzo e disperato, in quel momento, e , perché no, forse lo era diventato sul serio. Ma doveva fare in modo che Jehan comprendesse.
“Tu ami il bello, Jehan. Anche io amo il bello”, tirò fuori il suo pugnale da sotto la giacca, “Ed è per questo che uccido, Jehan. Perché così posso vestire bene. Tu non lo fai, accetti di vestire male, ma è solo questione di tempo, anche in te scorre la sete di sangue, me lo hai detto tu”.
“Io non ti ho…”.
“Non fare il finto tonto! Parli della Rivoluzione con toni fin troppo altisonanti, sembra che ti piaccia molto l’idea di uccidere i soldati che ti manderanno contro, è per questo che hai combattuto due anni fa ed è per questo che lo rifarai. Dopotutto, sei un Romantico, Jehan, e vuoi amare la vita in tutte le sue forme, no? Vuoi trovare il bello in tutto, no? Allora unisciti a me e-”.
Non finì la frase.
Jehan Prouvaire lo aveva raggiunto in un balzo e lo aveva afferrato per il colletto.
I loro volti erano incredibilmente vicini, ma era tutto il contrario di come Montparnasse aveva immaginato un momento intimo tra di loro.
Gli occhi di Prouvaire mandavano lampi di pura ira.
La sua bocca era contratta in una smorfia, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa o di fare di peggio.
Montparnasse deglutì. Parte di lui lo considerava attraente ancora adesso. Parte di lui voleva che Jehan lo colpisse forte, anche solo per dare ragione ai suoi deliri.
Ma Jehan Prouvaire inspirò e espirò e lo poso giù.
“La Rivoluzione non è la mia scusa, o la scusa di nessuno dei miei amici, per spargere sangue. Non hai capito niente, Montparnasse, o forse non vuoi capire”, disse in tono secco.
Poi la sua espressione cambiò, e da furia si trasformò in pena. Lo stomaco di Montparnasse si contrasse. Odiava quella espressione.
“Quello che sto andando a fare è orribile, e se necessario accetterò la mia punizione. Ma, purtroppo, è quello che si deve fare, per il bene della Francia. Su una cosa hai ragione, Montparnasse. Non sarò libero con Combeferre. Ma non sarò libero con nessuno, finché l’intero Paese non otterrà la sua libertà”.
Stavolta era Montparnasse ad ascoltare ammutolito. Ma distoglieva testardamente lo sguardo da lui, forse cercando di dire a se stesso che non stava, in realtà, ascoltando quelle parole. 
Balle.
“In ogni caso, io e te non siamo uguali, affatto. Mi dispiace per te”, concluse Prouvaire.
Poi si avvicinò a Montparnasse e lo costrinse a rivolgergli lo sguardo.
Senza dire una parola, gli posò un bacio sulla fronte.
Poi si allontanò, con un’espressione indecifrabile che poteva essere disgusto come poteva essere compassione, girò sui tacchi e se ne andò.
Montparnasse rimase in quel vicolo per qualche minuto, incapace di muovere un muscolo.


E così, Jehan Prouvaire andò a morire.
Combatté per il bene del Paese e morì, insieme al suo amato Combeferre.
Fortunati loro.
Montparnasse pulì il sangue sul suo pugnale e si allontanò furtivamente, stringendo gli inutili guanti nuovi, e cercando invano di ignorare il dolore al petto.

 
Se ritenete che io debba alzare il raiting, fatemi sapere.
E anche se devo mettere l'avvertimento OOC. Mi piace pensare di aver giustificato un eventulae strano comportamento di Monty, ma potrei star peccando di troppa fiducia :v
Btw, questa fic ruota attorno al modo in cui vedo la ship. Li vedo molto come un Angel-Devil Pair, e in particolare, volevo sottolineare un aspetto di Jehan che trovo bellissimo, in canon. Come si legge nel libro:
"Soprattutto, era buono"
Diciamo che, se shippo Jehan con un numero spropositato di gente, la maggior parte di essi (Combeferre incluso, la mia OTP con lui) essendo per lo più Amis (non volete sapere con chi altri shippo Jehan XD) hanno in comune l'altruismo e i motivi nobili che sono proprio ciò che li spinge a imbracciare le armi e combattere (anche se un leggero contrasto c'é comunque: pensate al "Soprattutto, era buono" di Jehan con il "capace di essere terribile" di Enjolras. Sì, lo shippo anche con lui, ops).
Ma quello che mi interessa così tanto è proprio la differenza abissale che c'è tra Montparnasse e Jehan, anche se per molte cose potrebbero somigliarsi, ed è ciò che in questa fic non li fa funzionare. Perdonatemi, avevo voglia di angst e ho scelto il peggiore dei finali, per questa coppia. Ma, di nuovo, li shippo e questo è ben lontano da essere un tentativo di bashing!
Ultima cosa: questa fic potrebbe essere ambientata nello stesso universo di How Much Do I Know, I Wonder e Unsolved, poiché l'ho scritta un po' con lo stesso "feeling" in mente, ma potrebbe anche non esserlo, dato che veri e propri riferimenti non ce ne sono.
Grazie per la lettura!
  
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