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Autore: zeroborine    23/09/2014    7 recensioni
Rockstar's girlfriend AU. La loro non è una storia d’amore. Harry detesta le storie d’amore. La loro è una storia di degrado, ed umiliazione, e depressione. È una canzone scritta da una rock star suicida, una di quelle che nessuno canta più, forse perché sono troppo tristi. La loro è sicuramente una storia triste. Ad Harry piacciono le storie tristi. [ ATTENZIONE! Non per stomaci delicati ] [ Autore: JohnnyMignotta ]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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...Ciao.
Lo so, lo so. Vi abbandono per mesi e poi torno con una cosa tristissima di meno di 2k. Mi dispiace. ♥
In compenso, ehi, vi beccate una storia ispirata un po' a Touching from a distance (leggetelo, mado', che aspettate?), un po' alla pluridetestata (da me X'D) We come in pieces (che trovate sul mio archivio, sì, ma non c'ho lo sbatti di linkarvela alle quattro del mattino) ed un po' a Honest eyes di Lady Gaga. Immaginate il fantafigio e gioite, anche perché *O* ...è dedicato a Felicia. Beloved ♥♥♥, grazie mille per quello che fai per me e per le mie bimbe ;_;! ...E NO-OH, i "grazie" non sono mai abbastanza, così scrivere cose tristi ed angst per te mi pare (honestly) il minimo. :***
Adesso vi saluto, perché sì, e spero di rivedervi qui su Zeroborine per l'#halloweenbingo. Chiedetemi cos'è su Twitter: sono (da qualche tempo) @johnnymignotta (e non più zeroschiuma *_*;;).


Questa storia, scritta da JohnnyMignotta per The Zeroborine Project, contiene:

  • Sesso non esplicito tra personaggi dello stesso sesso (M/M)
  • Infedeltà coniugale
  • Abusi verbali e sessuali
Se queste cose non ti piacciono o ti infastidiscono - e chi ti biasima XD - non procedere con la lettura di questa storia. Thanks.
Gli One Direction, infine, non appartengono ad S., anche perché teneteveli, ma questa storia è sua e dedicata a Felicia. Le recensioni mi fanno piacere, grazie ♥, specie quelle negative! u_u Solo, magari, firmatevi col vostro nick di Twitter (@esempio), così che possa ringraziarvi pubblicamente. Grazie again.
Ora, be', buona lettura eccetera. ♥



ROCK 'N' ROLL SUICIDE
Di JohnnyMignotta (zeroschiuma)




La loro non è una storia d’amore. Harry detesta le storie d’amore. La loro è una storia di degrado, ed umiliazione, e depressione. È una canzone scritta da una rock star suicida, una di quelle che nessuno canta più, forse perché sono troppo tristi. La loro è sicuramente una storia triste. Ad Harry piacciono le storie tristi.




L’una e tredici. Cena da solo, in penombra. Il telefono non squilla. Niall pubblica una foto, e nell’angolo a destra ci sono i capelli di Harry. Tutto il resto è sconosciuti ammassati, sudati, divertiti.
Mezzanotte meno cinque. Mette su un tè. In TV, solo The X-Factor. Harry ha detto solo “esco”. Resta sveglio per abitudine. Lascia che il tè si freddi e poi lo butta via.
Mezzanotte e ventisette. Si chiede Harry dove sia, e con chi, e quando tornerà. Una volta sola, poi torna in sé. Non spegne le luci.




Louis conobbe Liam come si conoscono tutti: per caso; andava a prendere le sorelline a scuola di danza, di tardo pomeriggio, e l’insegnante usciva con Liam.
Chiacchieravano del più e del meno, di solito, e chissà perché Liam finiva sempre per menzionare Harry Styles.
Un pomeriggio stava piovendo e Liam disse “te lo presento”. Poi sorrise, con la sigaretta a mezz’aria, e “vi piacereste” aggiunse.
Louis era stato convinto di essere attratto da Liam per mesi, fino a quel pomeriggio; ripensando alle loro interminabili ore insieme a ritroso, tuttavia, capì che era Harry, incredibile susseguirsi di bizzarri aneddoti e follie insensate, a destare irrimediabilmente il suo interesse.
Insieme, Liam e Louis aspetavano Harry Styles. Senza saperlo.




La vita, pensa Louis, non è fatta a compartimenti stagni, ma di cose che si toccano, che si scontrano, che inavvertitamente collidono, di giunture e rammendi.




Harry non gli chiese mai di uscire, in realtà. Parlava poco, specie quando era fatto. Prendeva a calci le cose, per la maggior parte.
Louis non sapeva neanche cosa gli piacesse di Harry, in realtà: le camicie fuori moda, probabilmente, o forse il modo in cui parlava del proprio futuro come se l’avesse già vissuto.
Il futuro del quale Harry parlava, poi, da un giorno all’altro diventò il loro futuro nei suoi discorsi e Louis, che del futuro non si era mai curato, accettò la cosa senza entusiasmo né avversione.
Non dovette mai chiederglielo, di smettere di vedere Stan, Hannah ed Eleanor: la sua presa su Louis era tale che non si accorse di trascurarli, di mancare agli appuntamenti, né di dimenticarli.
La scuola, stessa cosa. Louis capì da solo che per metter su casa insieme ad Harry aveva bisogno di soldi che non aveva, che era necessario quindi trovarsi un lavoro, e che i suoi A-Levels non s’intonavano poi molto col futuro che Harry aveva in mente per loro.
I suoi genitori passarono velocemente dal trovare Harry eccentrico al detestarlo. Improvvisamente trovavano i suoi capelli troppo lunghi, i suoi vestiti vecchi e lerci, la sua igiene personale poco curata, le sue abitudini discutibili. Louis annuiva, in silenzio, ma neanche li ascoltava.
Persino Liam, inspiegabilmente, lasciò la scena. Harry non diede peso alla cosa; di conseguenza, neanche Louis.




Due meno un quarto. La batteria è scarica, il cellulare si spegne. Tanto Harry non chiamerà. A volte scrive poesie, quando è fatto ma non abbastanza; non lascia quasi mai che Louis le legga.




Se c’è poesia nella bruttezza, c’è poesia anche nelle periferie. Nei palazzi tutti uguali, nelle squallide oasi verdi vuote, nei muri scribacchiati, nei vicoli che puzzano di piscio.
Harry vedeva quella poesia; Louis si convinse in fretta che è questo che fa un poeta: trova la bellezza in luoghi in cui tutti gli altri non vedono altro che degrado, e violenza, e tristezza.




Liam aveva smesso di fumare. Louis non aveva mai fumato.
Le prove per il saggio delle bambine si protraevano. Liam, con le dita che spasimavano per stringere una sigaretta, “il mio amico Harry” disse a Louis “ha un’ossessione per le rock star suicide”. Fece una pausa, come per aspirare del fumo dalla sua sigaretta immaginaria, e “successo e morti premature” concluse: “hai inquadrato il personaggio?”.




Aveva un’orrenda camicia hawaiiana, scarpe probabilmente originariamente appartenute a sua madre, o a sua sorella. I suoi capelli, lunghi fin oltre le spalle, puzzavano di birra ed erba.
Louis lo accompagnava alle feste di Zayn nonostante Harry neanche gli chiedesse di andarci; lo portava come un accessorio carino ma non indispensabile e, proprio come un oggetto, a metà serata lo dimenticava da qualche parte, inerte.
Louis non parlava con nessuno per non rischiare di infastidirlo.
Quella sera Louis pianse senza neanche rendersene conto, e senza nessuno se ne curasse, al centro di un salotto gremito. Cercò Harry per ore, tormentato dal mal di testa, confuso e triste.
Lo trovò in giardino, con la testa di una ragazza troppo bionda tra le gambe. Niall, seduto lì accanto su un tronco mozzo, rise di Louis.
Louis disse solo: “voglio tornare a casa”. Passò la notte tra due ubriachi ed un cane sul divano di Zayn, invece.




Harry gli diceva sempre “sei mio”. Louis non si chiedeva a chi appartenesse Harry, ma d’istinto deduceva quanto poco suo fosse.




Harry non leggeva la musica, non suonava nessuno strumento, non sapeva cantare. Diceva di voler diventare una rock star. Louis era convinto potesse riuscirci.




Non gli perdonò mai l’averlo lasciato.
Tornò con Louis senza il suo consenso, così come ci si era messo insieme.
Louis, come sempre, lo lasciò fare.




Non era cattivo con lui, anzi. Era dolce, ed attento, e sensibile.
Leggevano insieme ad alta voce, sul divano sfondato e decadente della mamma di Harry, abbracciati; passeggiavano per le strade buie e deserte mano nella mano, e Louis si sentiva al sicuro; quando Louis cominciò a lavorare al negozio di giocattoli, Harry gli portava il pranzo al sacco tutti i giorni.
Louis neanche si accorgeva del fatto che leggevano solo libri che Harry approvava, che per la strada a notte fonda Harry era così fatto che non riusciva neanche a parlare, e che nessuno dei suoi colleghi osava avvicinarlo.
Harry non l’aveva mai picchiato, d’altronde.




Tre e dodici. Ripensa per la prima volta al giorno dei suoi diciott’anni. Al suo entusiasmo, quando “cosa mi hai preso?” chiese ad Harry. Ad Harry che gli mise in mano l’accendino senza neanche guardarlo. Cinquanta centesimi al negozio aperto anche di notte. Al fatto che Louis neanche fumava, allora.
Tre e quindici. Si accende una sigaretta.




Rubava più per piacere che per necessità. A volte indossava vestiti da donna. L’avevano cacciato da tutte le scuole che aveva frequentato. Aveva fumato, tirato, calato ed iniettato in vena di tutto. Si era rotto la testa tre volte, le braccia sette in tutto, due costole, entrambe le gambe. Si ispirava ad Ian Curtis ed, ovviamente, Kurt Cobain. Si era fatto la maggior parte dei propri tatuaggi da sé. Non aveva la patente, ma una volta diventato una rock star avrebbe comprato una Lamborghini. Adorava sua sorella. Era stato arrestato una volta sola, per atti osceni in luogo pubblico. Aveva subito un solo processo, ed era stato assolto.
Liam gli diceva queste cose, di pomeriggio, e Louis si chiedeva se fosse possibile innamorarsi di un’idea soltanto. A volte, a pensarci bene, se lo chiede anche adesso.




Non gli ha mai perdonato l’averlo lasciato subito dopo l’esser andati a vivere insieme, nel loro microscopico appartamento in periferia.
Harry lo scopò, quella notte. Louis piangeva, gli chiedeva di smettere, ma Harry non smetteva. Louis allora lo lasciò, nonostante fosse la loro prima notte nella loro casa con l’intonaco staccato, la muffa nella credenza, le ragnatele tra le molle del materasso.
Louis gli disse “tra noi è finita”; Harry sembrò ignorarlo, ma non lo perdonò mai. Ancora oggi, mentre lo fotte, “non puoi lasciarmi” gli dice, a volte, “chi vorrebbe una cosa di seconda mano come te?”.
Louis gli crede. Perché non dovrebbe?




Liam è venuto al negozio coi suoi due figli, qualche giorno fa. Danielle ha smesso di ballare; le sorelline di Louis hanno smesso di studiare danza, ma Louis non le vede né sente da mesi. I loro bambini si chiamano Michael e Vanessa. Hanno gli occhi di Danielle, ma somigliano a Liam. Sono educati, e graziosi.
“Come stai?” Liam ha chiesto a Louis. Ha rasato i capelli, si è fatto crescere la barba. Indossava un completo grigio. Ha fatto per allacciare un braccio intorno alle spalle di Louis e Louis si è ritratto: Harry si sarebbe sicuramente infastidito. L’espressione di Liam si è fatta aspra, allora: “ti ha fatto del male, vero?”. Si è agitato, ha lasciato la mano della sua primogenita, si è allentato il nodo della cravatta. “Ho sempre sospettato abusasse di te” ha avuto il coraggio di dire, “non me lo perdono”. Ha fissato Louis per un tempo infinito, come per sincerarsi della sua salute, e poi “quel giorno all’ospedale” gli ha confessato “avrei dovuto baciarti”.
Louis ha solo riso. Stupido, stupido Liam. Non ha mai più ripreso a fumare. Alla cassa Louis fa applicare lo sconto dipendenti ai giocattoli che hanno scelto i bambini. Li saluta con la mano. Non degna Liam neanche di uno sguardo.




Harry non è diventato una rock star, ma di certo ha insegnato a Louis a trovare la poesia nell’orrore, nella depressione, nella violenza: la loro tristezza, in qualche modo, somiglia all’amore.




Liam telefonò a casa di Louis dall’ospedale. Louis prese l’autobus, poi il treno. Lo raggiunse col fiatone.
“Sai” gli disse Liam, come faceva sempre, ma senza sigaretta tra le dita: “il mio amico Harry fa volontariato qui per rubare lo Xanax”.
Quel giorno, in ospedale, Liam non lo baciò; gli presentò Harry Styles, in compenso.




Quattro ed un minuto. Harry apre la porta del loro appartamento. Entra in camera loro con le pupille dilatate, la t-shirt a brandelli, le braghe già calate.
Quattro e sei. “Quanto sei brutto” dice a Louis. Gli lascia un bacio a stampo sulle labbra strette. Si chiude la porta del bagno alle spalle.
Quattro e dodici. Si addormenta. Louis è lieto di non dover neanche toccarsi, così non rischierà di svegliarlo.




Harry lavora in fabbrica, ma parla ancora del suo futuro come fosse una cosa certa. Di dischi, di macchine costose, di Londra. Louis lo ascolta ed a volte, persino, gli crede ancora. Gli crede di più, forse, quando torna dal lavoro e se la prende con gli oggetti, ma non con lui. Mai con lui.




La loro, infondo, è una storia di degrado, ed umiliazione, e depressione. È una delle poesie di Harry, che non è diventato una rock star e che forse, chissà, si suiciderà. È una poesia brutta, per tutti gli altri, ma che in qualche maniera a Louis parla d’amore. È una poesia triste, e bella. È la vita.

  
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