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Autore: ohfreakingbambi74    23/09/2014    4 recensioni
Una mattina Stiles si sveglia con una sorpresa...
“COSA DIAVOLO DI UN DIAVOLO E’ SUCCESSO?!?”
"Confuso ma stranamente calmo tornò allo specchio.
Ok. Ci doveva essere un errore. Lui non aveva le ciglia così lunghe, i lineamenti così dolci… il seno.
Lui-non-aveva-il-seno!"
Sterek ambientata tra la prima e la seconda metà della terza stagione.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CHE FINE HA FATTO STILES JUNIOR?


“COSA DIAVOLO DI UN DIAVOLO E’ SUCCESSO?!?”
Quella mattina Stiles si era svegliato stranamente riposato. Aveva dormito bene. Anzi benissimo! Finalmente nessun mostro squamato a cui dare la caccia, nessun pazzoide che ammazzava gente a destra e a manca.
Ora che le vacanze estive erano iniziate, passava le giornate a gironzolare con Scott e Isaac, ogni tanto si univano a loro le ragazze e, quando non erano troppo impegnati ad amoreggiare, anche Danny e Ethan.
Qualche volta persino Cora si presentava alle loro uscite, invitata da Allison o Isaac.
Gli Hale non erano stati lontani da Beacon Hills per molto. Cora aveva raccontato che erano stati in giro per il paese, come una piccola vacanza di famiglia.
Cosa che aveva strappato al giovane Stilinski non poche imprecazioni, dato il modo tutto suo in cui aveva salutato quel musone di licantropo.
Stiles aveva seriamente cominciato a pensare di potere finalmente vivere una vita normale.
Per quanto poteva essere la vita di un poveraccio circondato da lupi mannari, cacciatori, druidi e chi più ne ha più ne metta.
Quel risveglio quindi era stato come un calcio in culo giù da quella nuvoletta di semi serenità che si era costruito.
Aveva aperto gli occhi esasperato da una mosca –la terza volta in quella settimana; quell’insetto doveva morire- era andato in bagno e, nel lavarsi il viso, gli era parso strano vedere le proprie mani così… piccole.
Dando la colpa alla stanchezza non se ne curò poi tanto, dirigendosi verso il water.
Lì avvenne lo shock.
Il suo Stiles junior era sparito. Puff!
Confuso ma stranamente calmo tornò allo specchio.
Ok. Ci doveva essere un errore. Lui non aveva le ciglia così lunghe, i lineamenti così dolci… il seno.
Lui-non-aveva-il-seno!
Posandosi le mani aperte sul petto continuò ad osservare l’immagine riflessa dallo specchio. Era lui. Sapeva di essere lui. Ma allora… perché non era… lui?!
Ricordandosi dell’assenza del padre, già impegnato col lavoro, corse in camera e chiamò il primo numero che gli venne in mente.
“Hey bello! Già sveglio?”
“Scott! Porta subito il culo qua!”
“Ci… conosciamo?”
“Sono io. Cioè… non lo so più alla fine ma… -si passò una mano tra i capelli- non so cosa sia successo! Sono io ma non sono io!”
“Signorina, le posso consigliare l’ospedale?”
“Sono Stiles! Sono io, muoviti!”
“Un gruppo d’ascolto forse…?”
“In terza elementare eri cotto di Elynor Connie ma quando le hai lanciato sul banco un bigliettino con la dichiarazione lei ci ha starnutito sopra e l’ha buttata via.”
Un pesante silenzio si prolungò dalla parte opposta della cornetta, tanto che Stiles pensò fosse caduta la linea, almeno finché non sentì la voce di Isaac chiedere chi fosse al telefono.
“Ok.” Riprese l’amico, “Ora vengo a casa tua. Se scopro che è uno scherzo ti brucio gli X-men.”
Detto ciò riattaccò.
Il ragazzo prese a camminare nervosamente per tutto la stanza, evitando come la peste qualsiasi superficie riflettente.
‘È sicuramente un sogno. Uno di quelli lunghi un’infinità che ti intrippano il cervello. Se papà mi vede in questo stato che gli dico?! Non me ne devo preoccupare, tanto è un sogno!’
Quando Scott arrivò a casa Stilinski si precipitò al piano di sopra, spalancando poi la porta della camera del migliore amico, seguito da Isaac.
Stiles se ne stava sdraiato sul letto a guardare fisso il soffitto, come se l’intonaco potesse rivelargli chissà quale arcano mistero.
“Stiles…?” chiese titubante il moro avvicinandosi lentamente alla figura che, non fosse stato per il respiro, sarebbe parsa morta da qualche ora.
La ragazza dai capelli castani voltò di scatto la testa verso il suo interlocutore, procurandogli un sussulto.
“Perché capitano tutte a me?” chiese con un lamento.
“Come… come ti senti?” domando nuovamente il ragazzo, fulminato da uno sguardo ovvio,
“Femminile.”
“Non ti sono cresciuti i capelli.” Constatò Isaac seduto alla scrivania.
“Per fortuna!” continuò a lamentarsi la ragazza portandosi le mani sul capo.
“Ti porto da Deaton.” Sentenziò Scott tirando l’’amico’ per un braccio, facendolo così alzare dal materasso.
Per tutta la durata del viaggio da casa Stilinski all’ambulatorio del veterinario, Isaac non distolse gli occhi da Stiles, studiandolo in ogni minimo dettaglio.
“Isaac, amico, sei inquietante.” Disse l’oggetto di studio una volta giunti a destinazione.
“E tu hai un culo niente male.” Sentenziò l’altro mentre Stiles scendeva dall’auto, puntandogli subito contro l’indice.
“Stai molto lontano da me.”
Vedendoli entrare, l’uomo fece loro un cenno col capo verso la stanza sul retro. Dopo tutto quello che era successo in quel ambulatorio, il medico non si sprecava nemmeno più a fare domande.
Quando i ragazzi gli ebbero spiegato la situazione, il veterinario si rivolse con sguardo severo a Stiles.
“Ieri sei venuto in ambulatorio per cercare Scott, vero?”
“Sì…” rispose incerta la ‘ragazza’.
“Hai toccato qualcosa? Qualche vaso o bottiglia in particolare?”
“Beh… Scott mi aveva chiesto di aiutarlo a riordinare, così ce ne saremmo andati prima. Mentre lui dava acqua e il resto agli animali io cercavo di riordinare qui… -un sonoro schiaffo da parte di Deaton si infranse contro la nuca del ragazzo moro- c’era un… vaso… un’urna, non saprei, tra i piedi e l’ho spostata. Ma mi è caduta.”
“Perché la cosa non mi sorprende?” commentò Isaac, meritandosi così il secondo schiaffo del veterinario.
“Mi sai indicare qual’era?” chiese poi l’uomo, Stiles subito indicò un’urna di finta terracotta poggiata su uno degli scaffali più alti.
Prendendolo di sorpresa il medico gli donò una delle ‘carezze’ che aveva riservato ad Isaac poco prima.
“Quella polvere è un esperimento! Dovevo ancora testarla!”
“Beh direi che ora conosciamo i suoi effetti!” constatò Scott.
“Sì ma io intanto che faccio? Cosa dico a mio padre?!” si lamentò la ragazza massaggiandosi il capo.
“Ci penso io a parlare con lui.” Rispose Deaton. “Per stasera potresti stare a dormire da Scott?”
“Isaac mi inquieta. Mi fissa il sedere.”
“Posso chiedere ad Allison.” Propose il ragazzo dai capelli scuri.
“Torna domani dalle vacanze.” Gli ricordò il biondo, “Proviamo con Lydia.”
 
“No, fermi un momento.” La ragazza dall’altra parte del cellulare era indecisa se ridere o mettersi le mani tra i capelli, “Stiles… è diventato una… donna??”
“Sì e ha bisogno di un tetto per stanotte. Puoi ospitarlo?” tagliò breve Scott camminando velocemente avanti e indietro per l’ambulatorio, mentre Isaac, seduto accanto a Stiles, continuava a farsi –e fargli- domande:
“Ma te lo senti il seno? Cioè… senti che sono, tipo… in più?”
“E tu te lo senti il cervello?”
“Ok.” Li interruppe l’amico finita la telefonata, “Ti porto da Lydia e domani ti sappiamo dire come l’ha presa tuo padre.”
 
“Sei fottutamente adorabile” Lydia lo guardava quasi schifata mentre Stiles usciva dal bagno con uno dei pigiami della ragazza addosso.
“Grazie…?”
“Domani ti vestirai come dico io e ti truccherò.”
“Assolutamente no!”
“Ti sto ospitando. Il minimo che puoi fare è diventare la mia testa di barbie personale.”
“Sono quasi contento che mi sia passata la cotta per te.”
“Ti sembrerà strano” cominciò la rossa mettendosi sotto le coperte, “ma è la prima volta che qualcuno me lo dice.”
“Non avevo dubbi.” Commentò l’altra raggiungendola a letto.
“Ma… sicura che posso dormire nel tuo letto?”
“Sei una ragazza e… il mio migliore amico in un certo senso… quindi zitto e dormi.”
“Sono il tuo migliore amico?”
“Zitto.”
“Il tuo migliore amico ha le tette.”
“Se quelle tu le chiami tette…”
 
Lo sceriffo Stilinsky prese abbastanza bene il ‘piccolo cambiamento’ del figlio. Certo, la prima volta che l’aveva visto si era messo a ridere, ricordandosi solo dopo che probabilmente non era il caso di prenderla così alla leggera.
Fortunatamente la cosa pareva essere temporanea, qualche giorno e tutto sarebbe tornato alla normalità. Il problema era: Quanto tempo era esattamente ‘qualche giorno’? Sarebbe tutto finito prima dell’inizio della scuola, vero?
“È lucidalabbra quello?” chiese Scott smorzando la tensione, indicando la bocca di Stiles.
“È colpa di Lydia.” Si giustificò lui schiaffeggiandogli la mano, mentre la ragazza al suo fianco sorrideva orgogliosa.
“Scommetto quanto volete che potrei farle trovare un ragazzo nel giro di una settimana.”
“Quanto vuoi?” domandò Isaac con un sorriso, subito smorzato dallo sceriffo.
“Mio figlio non-troverà-nulla!”
“Vi ricordo che sono ancora nella stanza.”
“Intanto oggi lo porto a fare shopping.” Riprese la rossa afferrando Stiles per un polso e trascinandolo verso la porta.
“Non potete prestargli qualcosa voi ragazze?” chiese il padre del ragazzo evidentemente a disagio.
“Possono stargli alcuni dei nostri pantaloni o delle gonne –“Che non metterò mai!” – ma è talmente piatta che le nostre maglie non le starebbero mai bene.”
Detto ciò uscì dalla clinica portandosi una strisciante Stiles appresso.
 
Alle porte del centro commerciale Allison e Cora stavano aspettando Lydia e Stiles. Erano al corrente di ciò che era successo al ragazzo; Isaac e Scott avevano provveduto a raccontare loro tutto fin nei minimi dettagli e morivano dalla voglia di vederlo.
Quando gli si trovarono davanti non riuscirono a trattenere una piccola risatina.
“Sei… adorabile.” Commentò Allison coprendosi il sorriso con la mano, mentre Cora si avvicinava per annusarlo.
“L’odore è sempre quello. Si sono solo aggiunti i feromoni.”
“Dici poco!” commentò Stiles agitando le mani davanti a sé per allontanarla.
In quel momento una mano afferrò il braccio di Cora per tirarla indietro. Derek fulminava la sorella con lo sguardo, manco avesse avuto di fronte un lebbroso.
“Non doveva essere un giro ‘tra ragazze’?” chiese Stiles guardando l’uomo con nervosismo.
“Avere la vagina non fa di te una ‘ragazza’.” Gli ricordò Lydia prima di trascinarlo dentro il centro commerciale.
 
Dopo appena mezz’ora Derek e Stiles se ne stavano seduti esasperati su un divanetto nell’area camerini di uno dei negozi, mentre le ragazze gironzolavano tra le file di vestiti alla ricerca di qualcosa che si intonasse col tono delle pelle o degli occhi dell’ultimo.
“Allora…” sospirò la ragazza dai capelli corti ad un certo punto guardando il moro che le sedeva a fianco, “come mai qui?”
“Cora non guida.” Rispose l’altro gelidamente, continuando a guardare davanti a sé.
“Derek… se ti disturba quello che… il modo in cui ti- ci siamo salutati-” senza fargli finire la frase Lydia lo spinse in uno dei camerini con un vestito non ben definito tra le mani.
“Grazie Lydia!” commentò la ragazza sarcastica, mentre dalla fessura della porta gli veniva porto un reggiseno.
Afferrando schifato l’indumento ringraziò quella che pensava fosse l’amica dai capelli rossi. Quando a rispondergli fu la voce del licantropo, Stiles imprecò nascondendo il volto tra le mani e, di conseguenza nel reggiseno. Accorgendosene lanciò per terra l’indumento intimo come scottato.
Uscendo dal camerino Lydia batté le mani soddisfatta mentre Allison e Cora guardarono compiaciute la loro ‘creatura’.
“Godetevi lo spettacolo signore perché questo” indicò l’abito con la gonna svolazzante che si ritrovava addosso, “non lascerà mai il negozio.”
I consigli di Cora si rivelarono più utili e, senza dubbio, ben accetti; un paio di semplici magliette e dei jeans –Sebbene l’imposizione da parte di Lydia dell’acquisto di almeno un paio di shorts­–.
 
Una volta tornato in casa si ritrovò faccia a faccia con suo padre. Per la prima volta da soli da quando Stiles non era più Stiles.
“Figlio…lo?”
“Papà. Hai… ceni a casa oggi?” chiese la ragazza cercando di mantenere la conversazione il più naturale possibile.
“Sì. Più tardi passa Parrish per vedere dei documenti…”
“Tranquillo. Me ne starò in camera senza fiatare.”
Dopo qualche instante in cui i due si guardarono negli occhi, Stiles si diresse verso la cucina per preparare la cena come tutte le sere.
“Allora…” riprese lo sceriffo, “ti sei divertito a fare shopping con le ragazze?”
“Non proprio.”
“Hai comprato qualcosa di carino?”
La ragazza si voltò lentamente verso di lui con sguardo sconcertato, “’Qualcosa di carino’? Papà, sei serio?”
“Non so come parlarti ora!”
“Come prima va benissimo! Non abbiamo mai fatto discorsi misogini e, in ogni caso, il cervello è ancora il mio! Essenzialmente sono cambiate solo un paio- no… tre cosette!”
L’uomo si passò una mano sul volto, tornando poi a guardare il figlio.
“Assomigli molto alla mamma così, sai?”
“Sì… l’ho notato mentre mi cambiavo nei camerini oggi.”
Tempo qualche minuto e i due tornarono a parlare come al solito, con la familiare complicità che distingueva quella loro piccola famiglia.
Dopo cena Stiles si chiuse in camera, raggiunto poco dopo da Scott.
Il licantropo lo trovò intento a imbottirsi il reggiseno appena comprato di fazzoletti di carta. Senza farsi sentire comparve alle sue spalle facendolo sobbalzare a metà dell’opera.
“Che stai facendo?” chiese indicando il finto seno dalla forma indistinta sulla destra.
“Nulla.” Replicò velocemente la ragazza sfilandosi velocemente tutti i fazzoletti da sotto la maglietta.
“Ti stavi… imbottendo?”
“Come se tu non l’avessi mai fatto!”
“Non li sopra!” gli indicò il petto l’amico con un ampio gesto delle mani.
“Grazie al tubo! Scherzi a parte, ho bisogno di un favore.” Si fece seria la ragazza.
“Spara.”
“È imbarazzante… senti, lascia stare.” Cambiò idea dirigendosi verso la scrivania.
“No, dai. Voglio saperlo. Se è una cosa che posso fare la faccio volentieri!”
Stiles guardò l’amico esitante per poi arrendersi con uno sbuffo nervoso. Cogliendo Scott di sorpresa la ragazza si mise le mani a coppa sul seno.
“Mi sapresti dire se sono accettabili?”
“Cosa?” domandò il moro dopo qualche momento di pura confusione. Il suo migliore amico gli aveva appena chiesto se il suo sena poteva essere considerato ‘accettabile’. No, non era possibile!
“Lydia e le ragazze continuavano a prendere in giro le gemelle e voglio sapere se, dal punto di vista maschile, sono accettabili. Io non so dirlo, sono le mie!”
“Io…” cominciò Scott, “proprio non saprei…”
“Puoi toccarle se vuoi non mordono.”
“SEI RINCRETINITO?!?”
“Non sei Isaac! Sei il mio migliore amico e hai il mio permesso. Avanti. Giudicale!”
A malincuore il licantropo posò delicatamente le mani sul seno della ragazza, che continuava a guardarlo in attesa. Scott si prese qualche secondo per valutare le ‘gemelle’ poi azzardò: “Beh… di certo non ci si può fare molto. Ma di sicuro vanno bene. Voglio dire, esistono, no?” Stiles annuì poco convinto. “Sono carine, ok?” sentenziò McCall mettendosi di scatto le mani in tasca, “Dillo ad Allison e sei morto.”
“Che ti ho dato il permesso di toccarmi le tette e l’hai fatto o che hai detto che sono carine?”
“Tutte e due.”
 
Il giorno dopo Stiles venne svegliato da dolorose fitte al ventre e una strana sensazione. Scostando le lenzuola quasi svenne. Intorno alle sue gambe si apriva una pozza di sangue abbastanza grande da fargli credere di stare per morire da un momento all’altro. Con un urlo disumano chiamò il padre che, scivolando lungo il corridoio, si precipitò nella sua stanza con la pistola carica in mano.
“Cosa c’è?” chiese l’uomo entrando nella stanza puntando l’arma verso il nulla.
“Sto morendo! Ti lascio i miei risparmi, puoi vendere tutti le mie cose, a parte i fumetti che lascio a Scott, i miei libri di scuola che lascio ad Isaac –Dio solo sa quanto ne ha bisogno– e il mio PC. Lo voglio nella bara con me!”
“Santo cielo Stiles copriti!”
“Hai solo questo da dire a tuo figlio mentre sta morendo?!”
“Non stai morendo!”
“Guarda la morte negli occhi! Sii uomo!”
“Chiamo Melissa.” Borbottò lo sceriffo chiudendosi la porta alle spalle mentre usciva.
Pochi minuti dopo, quando Melissa McCall bussò alla porta di Stiles, questo le diede il permesso di entrare mentre, raggomitolando in posizione fetale, parlava in un piccolo registratore.
“A Lydia lascio la mia macchina fotografica e la gonna che mi ha costretto a comprare –dato che ti piaceva tanto prenditela! – a Cora i jeans che mi ha consigliato. A Derek nulla perché è stronzo.”
“Stiles…?” gli si avvicinò la donna, “Stai registrando un testamento?”
“So cosa mi sta succedendo. Il mio organismo sta rifiutando questa mia condizione, anche se non permanente. Non vedrò la luce del sole di domani mattina, me lo sento.”
“Hai solo il ciclo mestruale, Stiles.”
Dopo qualche istante di silenzio, puntò gli occhi in quelli della madre di Scott e, deglutendo, rispose con voce incerta: “Ho… che cosa?”
“Le mestruazioni. Non ti serve un testamento ma solo un assorbente.” Disse sventolandogliene uno sotto al naso.
Afferrando l’oggetto con due dita la ragazza lo guardò schifata, “E… cosa dovrei farci?”
“Devo farti un disegnino, Stiles?”
 
Una mattina di qualche giorno dopo, Stiles venne svegliato da una cuscinata dritta sul naso. Lydia se ne stava in piedi davanti al letto con le braccia incrociate, guardandolo in cagnesco.
“Pensavo fossimo amici.” Lo accusò avvicinandosi.
“Aspetta.” La bloccò il ragazzo sollevando di scatto le coperte e guardandoci sotto speranzoso, alla ricerca del suo caro Junior, “Ancora non è tornato.” Affermò deluso mettendosi seduto, tornando poi a preoccuparsi dell’amica, “Qual’è il problema?”
“Ti ho dato un paio di giorni per chiamarmi e raccontarmi tutto e non l’hai fatto.”
“Raccontarti cosa?”
“Quello di cui parlavi con Derek al negozio l’altro giorno. Del modo in cui vi siete salutati. Sbaglio o tu non c’eri quando sono partiti? Cora ci aveva avvertiti ma tu non sei venuto a salutare.”
Il volto della ragazza dai capelli corti assunse ogni tonalità di rosso possibile mentre cercava di evitare lo sguardo della rossa, ormai seduta accanto a lei.
“Li ho raggiunti prima che uscissero dalla città e… li ho salutati.”
“Lo hai picchiato?”
“Cos-no! Come se fosse possibile, mi romperei una mano!”
“E allora qual è il problema? Li hai offesi? Hai tirato loro dietro delle uova marce? Sarebbe da te ma ti prego, dimmi che non l’hai fatto-“
“L’ho baciato.”
Lydia rimase impietrita per qualche secondo, guardando l’amico negli occhi come fosse ancora in attesa di una risposta.
“Hai fatto cosa?”
“L’ho baciato. Gli ho tagliato la strada con la jeep e quando si è fermato ed è sceso dall’auto l’ho raggiunto. Volevo parlargli, solo salutarlo da persone civili, una volta tanto, ma mi ha aggredito come suo solito e… sono stato preso dal panico. Gli ho afferrato il volto e l’ho baciato e… mi è pure sembrato ricambiasse ad un certo punto. Poi mi sono reso conto di quello che stavo facendo e sono scappato. Non so nemmeno cosa gli ho detto, penso ‘ciao’, sono salito in macchina e ho guidato fino a casa. Mi sono nascosto sotto le coperte e non ho chiuso occhio per tutta notte. Pensavo entrasse dalla finestra per picchiarmi… ma non l’ha fatto.”
“Ti piace Derek?”
Dopo uno sguardo tagliente rispose, “No. Avevo solo voglia di rischiare la vita. Sì! Mi piace e… non so nemmeno da quanto. Una mattina mi sono svegliato e quando l’ho visto… ho capito che mi piaceva. Il modo sufficiente in cui mi guardava mi dava ancora sui nervi ma… non vedevo l’ora mi guardasse. Spesso sparavo minchiate solo per fargli notare che ero presente. –nascose il viso tra le mani– È deprimente e… mi faccio pena da solo.”
La rossa gli diede un paio di buffetti sul ginocchio senza sapere cosa dire. Non si era mai trovata in una situazione del genere. Tutte le persone che le erano piaciute le si erano automaticamente dichiarate e tutto quello che aveva dovuto fare era dire ‘ok’.
“Non ti ha sbranato ieri.”
“Ma non mi ha nemmeno rivolto la parola.”
“Risolveremo questa cosa. Te lo prometto.”
A quelle parole Stiles sollevò lo sguardo dalle proprie mani per guardare l’amica nel panico.
“No. Tu non farai nulla.”
“E come conti di fare, quindi?”
“Nulla! Non conto di fare nulla. Me ne starò buono, per quanto mi sarà possibile.”
“Non per molto quindi.”
Dopo qualche minuto la ragazza prese a sghignazzare.
“Quindi… sei diventato una signorina? Bisogna festeggiare.”
“Festeggiare?”
“Quando io ho avuto il ciclo per la prima volta mio padre mi ha pagato una cena a base di sushi e mia madre ha deciso che ero abbastanza grande per stare alzata fino alle 11 e mezza di sera.”
“Non mi interessa.” Dopo qualche secondo, però, aggiunse: “Mio padre è dovuto andare a comprarmi gli assorbenti, penso non dimenticherò mai la sua faccia di quando è tornato a casa.”
 
Dopo la visita di Lydia, Stiles pensò spesso a ciò che provava per Derek.
Non era sicuro di come fosse veramente nato quel sentimento. Non sapeva spiegarselo. Un giorno il solo vederlo gli faceva saltare i nervi e il giorno dopo il non vederlo lo metteva in ansia.
Quando si erano incontrati, al ritorno di Derek e Cora, i loro sguardi si erano inevitabilmente incrociati e Stiles era stato assalito da una nausea incontrollabile. Era fottuto.
Aveva fatto quella cosa –come preferiva ricordarla lui– convinto che non avrebbe mai rivisto il licantropo; e invece rieccolo lì. Bello come il sole a squadrarlo da capo a piedi, giudicandolo come al solito.
Non era più riuscito a guardarlo in faccia né, tantomeno, a rivolgergli direttamente la parola.
Cora sembrava a proprio agio nella situazione, anzi, probabilmente si divertiva pure; tale sadismo doveva per forza averlo ereditato dal ramo ‘Peter’ della famiglia.
Pensava che la prima persona, oltre agli Hale, a venire a conoscenza dei suoi sentimenti sarebbe stato Scott, non Lydia. Si pentì subito di aver confessato ciò che provava all’amica, pensando l’avrebbe messa a disagio, ma si sbagliava. La rossa l’avrebbe aiutato, almeno così ripeteva, ed era convintissima di avere avuto la più meravigliosa delle idee organizzando una festa di fine estate (nonostante fossero nel mezzo della stagione) quella settimana.
 
Il piano era semplice: con l’aiuto di Cora, lei ed Allison avrebbero trovato un modo per rinchiudere i due piccioni in una stanza qualsiasi. A quel punto Derek sarebbe stato costretto ad ascoltare ciò che Stiles aveva da dirgli… sempre se la neo-ragazza si decideva ad uscire dal guscio.
Per tutta la serata non aveva fatto che starsene in un angolo a parlare con Scott e gli altri ragazzi, quando questi la raggiungevano per chiedere se andasse tutto bene.
“È un disastro.” Sentenziò Allison raggiungendo l’amica in cucina, “E dove cavolo sono Derek e Cora?”
“Arriveranno. Intanto prova a chiedere a Stiles di ballare, tanto per fargli fare qualcosa.”
“Qualcuno ti ha già rubato l’idea.” Disse Scott raggiungendo la fidanzata e cingendola per i fianchi.
“Chi? Derek?” chiesero speranzose le due ragazze, subito smontate dal moro,
“No. Un tizio amico di Greenberg.”
“Greenberg…!” lo maledisse la rossa schiacciando involontariamente la bottiglia di aranciata che teneva in mano.
 
Quel ragazzo era piacevolmente strano, quel tipo di stranezza che fa venir voglia di ridere e condividere cavolate come se ci si conoscesse da anni. Aveva chiesto a Stiles di ballare, fregandosene quando l’interpellata gli aveva detto di non fidarsi molto delle proprie gambe (“Prima volta sui tacchi, mi spiego?”)
Seguendo il consiglio di quel ragazzo ora Stiles stava ballando a piedi nudi con lui.
“Sai, ti ho prestato le scarpe perché tu le indossassi.” Si annunciò Lydia, raggiungendoli con le braccia incrociate.
“Dammi tregua Lydia, ti prego. I piedi mi stavano uccidendo!”
“È solo abitudine. Questo chi è?” domandò indicando il ragazzo accanto a Stiles senza la minima delicatezza.
“Un amico di Greenberg… com’è che ti chiami?”
“Cameron.” rispose lui con un sorriso, “Festa fantastica comunque.”
“Lo so.” Gli rivolse un sorrisetto acido la rossa, cercando di trascinare via l’amico. Stiles, però, si divincolò chiedendo altri dieci minuti di libertà.
“Solo cinque minuti.” Acconsentì la ragazza allontanandosi.
In quel momento Cora le balzò di fronte. La vittima numero 1 (meglio conosciuta come Derek) era stato rinchiuso nella camera degli ospiti, in attesa della vittima numero 2.
In meno di un minuto Stiles era stato rapito e trascinato nella stanza in fondo al corridoio del piano.
“No.” Si lasciò sfuggire la ragazza nel vedere chi l’aspettava all’interno, “Nononononono!” cominciò a dare pugni alla porta ormai chiusa, “Lydia, tirami-subito-fuori-di-qui. Lydia?” chiese poi sentendo i passi dell’amica allontanarsi.
Voltandosi con molta calma, Stiles cercò di dipingersi in faccia il sorriso più rilassato che riusciva. Ovviamente i risultati non furono granché soddisfacenti.
“Giuro che non c’entro nulla.” Tentò di giustificarsi, mentre Derek si arrendeva, sedendosi sul materasso.
Dopo qualche istante di silenzio in cui il maggiore si stupì del mutismo improvviso dell’altro, Stiles scoppiò: “Dimenticalo.”
“Cosa?” chiese il ragazzo sinceramente confuso.
“Quello che è successo. Non pensavo a quello che facevo, è una cosa che faccio spesso. Non baciare la gente, ovviamente, agire senza pensare, dico. So che non si dovrebbe fare ma capita che mi si spenga il cervello e vado in tilt. Quindi… so che ciò che ho fatto ti ha infastidito parecchio e capisco anche il perché. Ti chiedo solo di tornare a odiarci come facevamo prima. Io ti rompo le palle con le mie chiacchiere e tu minacci di azzannarmi alla gola. Tutto come prima. Quella sera non è mai esistita. Dopotutto non era qualcosa di importante, no? –sbuffò divertita– solo un bac-non lo chiamerei manco bacetto! È stato un leggero scontro di labbra, nulla di cui preoccuparsi. In realtà volevo solo… sai… abbracciarti e basta-mamirendoconto –prese fiato– che anche in questo caso la cosa può suonare strana. Facciamo una cosa. Non ci siamo mai salutati. Ok? Tu sei tornato adesso e ciò che è successo fin’ora non esiste più.”
Per un attimo Stiles chiuse gli occhi traendo un profondo sospiro, poi li riaprì porgendo la mano tesa a Derek.
“Ciao, bentornato! Era da un bel po’ che non ci si vedeva! Sono Stiles, so che è strano, non dirlo a me! Sai, è successo un casino con degli esperimenti di Deaton e-”
“La vuoi smettere?”
Derek lo zittì con tre parole che la fecero impietrire sul posto.
“Senti, –cercò di riprendersi– io sto facendo del mio meglio ma tu mi devi venire incontro.”
“Stai zitto cinque secondi.”
“Perché? Così comincia a sputarmi addosso minacce? Notiziona: Sono femmina ora. Le donne non si possono picchiare.”
“Tu non sei una femmina!”
“Bhè le gemelline la pensano diversamente.” Si indicò il seno con sguardo fiero e compiaciuto.
“Le cosa?!”
“Lascia stare, non puoi capire.”
“Sei un maschio Stiles! Questo –le diede una spinta al petto con un dito– è solo uno stato temporaneo!”
“È per questo che non vado bene?” Si pentì subito di ciò che aveva detto. Per tutto il tempo era riuscito a comportarsi come se non gliene fregasse nulla ma era bastato poco per farlo distrarre. Con rabbia si tolse dai capelli una delle mollette che l’amica le aveva messo cercando di dare una minima parvenza di ordine alla zazzera castana, e tentò di usarla per forzare la serratura. Non voleva restare in quella stanza un minuto di più. 
“Stiles…” iniziò il maggiore ma non riuscì a terminare la frase che la porta era già bella che spalancata.
“Dimentica quello che ho detto.” Ripeté la ragazza, questa volta seriamente, “Dimentica quello che è successo e quello che ti ho detto oggi. Non ti romperò più le scatole. Non seguirò più Scott quando vi vedrete per gli allenamenti-addestramenti-come-diavolo-vi-piace-chiamarli. Me ne starò buono buono a fare l’umano.”
Detto ciò uscì dalla stanza.
In fondo alle scale Lydia, Allison e un ignaro Scott si fecero seri vedendo l’amico scendere le scale coi grandi occhi castani perfettamente asciutti ma privi della loro solita allegria. Non provarono a fermarlo quando, ancora scalzo, si avvicinò nuovamente a Cameron, l’amico di Greenberg, afferrando poi un bicchiere di coca e rum.
 
Qualche giorno dopo Scott chiamò l’amico per un incontro a casa Hale. Nulla di particolare, solo una delle solite riunioni settimanali. Il rifiuto di Stiles lasciò il lupo stranito, ma non si azzardò a chiedere. Allison e Lydia l’avevano messo al corrente della situazione e, appena capito tutto, il ragazzo si era precipitato a casa dell’altro. Una volta arrivato, però, l’aveva trovato impegnato nell’organizzazione di un appuntamento con un ragazzo.
“È Cameron, quello della festa.” Spiegò poi Stiles una volta attaccato il telefono, “Mi trovo bene con lui…”
“Stiles…” iniziò cautamente il lupo, “non sarai sempre una ragazza, lo sai vero?”
“Voglio solo divertirmi finché ne ho l’occasione. Come ragazzo non ho grandi chance ma come ragazza ho scoperto di essere, diciamo, piacente… so che sto sbagliando.” Aggiunse vedendo lo sguardo dell’amico, “Voglio solo distrarmi e Cameron mi piace. Certo, non nel modo giusto… ma non penso esista un ‘modo giusto’ a questo punto.”
 
***

“Stasera ha un appuntamento.” Disse Cora di punto in bianco mentre leggeva una rivista stesa sul divano, accanto a lei Peter guardava una delle sue puntate preferite di Sex and the City.
“Chi?” chiese Derek, impegnato nel preparare la cena, con tanto di grembiule rosso con scritta ‘bacia il cuoco’.
“Stiles.”
“Davvero?” domandò l’uomo col pizzetto piacevolmente stupito, “Sì è dato alla caccia sfrenata?”
“Esce con un tizio conosciuto alla festa di Lydia.”
“E brava la nostra Stiles!” gongolò compiaciuto Peter guardando la reazione del nipote.
“Perché dovrebbe interessarmi?” domandò Derek, versando lo zucchero al posto del sale nell’acqua di cottura, “Bene! Mi avete distratto! Sarete soddisfatti! Ordinatevi una pizza ora, mi è passata la voglia di lavorare per voi!” detto ciò si strappò di dosso il grembiule.
Non lo avrebbe mai ammesso ma il pensiero di Stiles, il suo Stiles, con qualcun altro gli faceva salire la voglia di trovare questo tizio e morderlo alla gola.
Non voleva crederci all’inizio, ma non aveva granché scelta. Era innamorato di Stiles. Lo aveva capito in quell’ascensore mentre era svenuto e, aprendo gli occhi, aveva visto l’umano prenderlo a pugni. Avrebbe potuto scappare, chiedere aiuto. Ma non sarebbe stato Stiles. Da quel momento il solo saperlo vicino bastava a rendere il lupo che era in lui tranquillo come un bambino. Il suo odore aveva la capacità di tranquillizzarlo e, contemporaneamente, farlo infuriare. Non voleva amarlo. Ogni persona di cui si innamorava finiva per scoprirsi una psicopatica… o moriva. Non voleva nessuna delle due cose per il ragazzo.
Quando lo aveva baciato, quella sera, gli era sembrato impossibile. Aveva tentato in tutti i modi di allontanarlo e, invece, eccolo lì. Con le labbra premute sulle sue e il lupo in lui pronto a saltargli addosso. Nemmeno lui riuscì a spiegarsi come fece a rimanere perfettamente immobile mentre il ragazzo gli sorrideva imbarazzato e se ne andava, salutando impacciato sua sorella.
Avrebbe voluto picchiarsi quando si rese conto di non poter stargli lontano, di aver fisicamente bisogno della sua vicinanza, anche solo di vederlo parlare con Scott o litigare con Peter.
Appena tornati a Beacon Hills era andato sotto casa sua, ascoltandolo ridere col migliore amico e Isaac per chissà quale film.
Il giorno in cui lo rivide, notò la sua freddezza e il disagio, ma non cercò di parlargli. Se ne restò a distanza, salutando gli altri e guardandolo sorridere imbarazzato a Cora.
La seconda volta che si videro dopo il suo ritorno, al centro commerciale, aveva già l’aspetto di una ragazza, gli sembrò strano. Non era lo Stiles che amava ma il suo istinto gli diceva che non era cambiato nulla. Da una parte si era trovato a pensare fosse meglio così, con una ragazza sarebbe stato tutto più naturale. Ma più guardava quella giovane donna dai grandi occhi castani che la facevano somigliare ad un cerbiatto colpito in pieno dai fari di un’auto, più sentiva la mancanza del ragazzo che non faceva altro che stordirlo di parole inutili.
La sera in cui Cora aveva insistito per farsi accompagnare alla festa a casa di Lydia, sentiva che la sorella aveva qualcosa in mente; lo capiva da quella luce che le faceva brillare gli occhi anche se tentava di nasconderla. La stessa di quando, da bambina, nascondeva un muffin e lo sfidava a ritrovarlo, altrimenti se lo sarebbe mangiato tutto da sola.
Appena entrati in casa, Derek percepì subito l’odore di Stiles, coperto da uno strano profumo –probabilmente spruzzatogli addosso a tradimento da Lydia– ed infatti eccolo là. Ancora con le sembianze di quella ragazza mingherlina, ballava a piedi nudi con un ragazzo alto dai capelli biondi e un gran sorriso. Il piccolo folletto dai corti capelli castani si stava divertendo. Guardava quel ragazzo senza quella malizia che la maggior parte delle ragazze avevano nello sguardo quando ci provavano con qualcuno. Tutto il contrario del biondo che non faceva che fissarle il fondoschiena e avvicinarsi sempre di più. Il puzzo dei suoi ormoni impazziti stava dando a Derek il mal di stomaco. Ancora pochi minuti e non sarebbe più riuscito a trattenersi e gli avrebbe staccato la testa con le proprie mani.
Per fortuna del ragazzo Cora lo trascinò con una scusa al piano di sopra e, ancora non si spiegava come, lo chiuse a chiave nella stanza degli ospiti.
Tempo pochi minuti e la porta si aprì nuovamente per pochi istanti, giusto il tempo di spingere Stiles all’interno.
Quando gli occhi della ragazzina si incrociarono con i suoi, Derek non vide più le lunghe ciglia, i lineamenti dolci e tutte quelle caratteristiche che la rendevano una ragazza. Davanti a lui c’era solo Stiles. Lui, i suoi occhi e il suo odore.
Prima che potesse mandare a quel paese l’orgoglio per parlargli, il ragazzino cominciò a sputare la sua solita valanga di parole. Gli chiese di dimenticare tutto. Di fare come se non fosse successo niente, di tornare ad odiarsi. Derek pensò fosse meglio così. Guardò Stiles andarsene, portandosi dietro il dolciastro odore delle lacrime che non erano state versate.
Quella notte lo sognò. Sognò di baciarlo e di stringerlo, di vederlo sorridere e sorridergli a sua volta mentre tornava a morderlo delicatamente in quella zona di pelle tra il collo e l’orecchio.
Stiles non si presentò agli incontri col branco, proprio come aveva promesso. Scott non faceva che guardarlo di traverso, come se la colpa fosse stata solo sua e la cosa lo faceva andare in bestia.
 
Senza rendersene conto Derek era entrato in macchina ed era partito. Aveva guidato per quasi un’ora, senza una meta precisa da raggiungere. O forse sì?
Si accorse di dov’era solo quando, alzando lo sguardo dal volante, vide casa Stilinsky completamente buia, fatta eccezione per la luce accesa in camera di Stiles.
Sbuffando frustrato decise di uscire dall’auto per avvicinarsi. In quel momento si accese la luce del salotto, al piano inferiore. Arrampicandosi sul muro di mattoni entrò dalla finestra aperta, aspettando poi il ragazzo seduto sul suo letto.
 
***
 
Come la maggior parte delle volte Stiles non lo notò subito, preso dal bere con la cannuccia il suo tè freddo.
“Non avevi un appuntamento?” chiese all’improvviso divertendosi nel vedere l’altro rovesciarsi parte della bevanda sulla maglia dopo un sobbalzo.
“E tu non hai ancora imparato a usare le porte?”
Non era una sua impressione. Davanti a lui c’era Stiles, il vero Stiles.
Allargando le braccia il ragazzo rispose: “Non penso al mio appuntamento sarebbe piaciuto vedermi arrivare così. L’ho chiamato e gli ho detto che mia cugina era tornata a casa.” Aggiunse con un veloce gesto della mano.
“Come mai qui?” domandò poi sedendosi sulla sedia girevole della scrivania, cercando di non guardarlo negli occhi.
“Volevo…” iniziò cercando le parole che non lo facessero sentire un ragazzino senza speranza alla sua prima cotta, dopotutto aveva una certa reputazione da mantenere.
“Comprare il mio silenzio?” lo bloccò Stiles con un falso sorriso sarcastico, “Vai tranquillo, non ti rovinerò la nomea di dongiovanni-conquistatore-di-psicopatiche -”
“Cristo, Stiles vuoi farmi finire una frase e stare zitto per cinque secondi?!”
La bocca del ragazzo si spalancò come per ribattere ma poi si serrò mentre il suo proprietario faceva gesto al maggiore di continuare.
“Volevo chiederti scusa.” Ammise con un borbottio, “Non volevo comportarmi da… come mi sono comportato– non sperare che mi dia dello stronzo. Non riesco e… non voglio dimenticare e non voglio che tu faccia l’umano. Non posso tornare ad odiarti perché non ti odio. Forse all’inizio non ti sopportavo ma non ti ho mai odiato. Voglio che torni ad accompagnare Scott ovunque come un cagnolino, anche se la cosa mi dà fastidio e voglio che torni a rompermi le scatole. L’altra sera… quando hai detto che non mi andavi bene, avevi ragione. Non mi andavi bene come ragazza perché…  –sbuffò– perché non eri tu.” Dopo qualche istante continuò, “Erano anni che non parlavo così tanto e spero tu apprezzi lo sforzo perché, fidati, non sentirai mai più tante parole uscire dalla mia bocca tutte insieme.”
Molto lentamente Stiles si alzò dalla sedia e gli si avvicinò. Quando fu a pochi centimetri da lui si fermò. Con un piccolo movimento delle dita sfiorò la mano del maggiore prima di incatenare con decisione gli occhi ai suoi. Con incertezza posò le labbra su quelle di Derek, lasciando che il sottile strato di barba che gli copriva il volto gli solleticasse il viso. Fu un bacio leggero, piccolo e dolce come quello di un bambino. Le labbra di Stiles tremavano ma non si ritrasse subito. Rimase fermo qualche istante, cercando di memorizzare ogni caratteristica delle labbra sottili e tese del maggiore.
Quando vide l’immobilità dell’altro si allontanò, chiedendogli silenziosamente se avesse frainteso. Non ricevendo risposta fece un passo indietro abbassando le spalle.
In un attimo Derek gli afferrò il volto con una mano in un gesto che di dolce aveva forse solo l’intenzione iniziale e premette forte la bocca sulla sua, chiedendo subito l’accesso con la lingua.
Le mani di Stiles si strinsero alla maglia del lupo mentre decideva di partecipare attivamente a quella danza che stava avvenendo all’interno della sua bocca.
Prima che se ne rendessero conto erano stesi sul letto, Stiles a cavalcioni di Derek, impegnato nel far toccare ogni parte dei loro corpi. Dopo un sospiro particolarmente rumoroso del minore, il moro fece allontanare i loro volti spingendolo gentilmente da parte.
“Non c’è bisogno che vai in apnea Stiles.” Disse con un piccolo sorriso a increspargli le labbra.
Il ragazzo cominciò a ridere, accasciandosi sopra di lui e nascondendo il volto contro il suo collo. Poco dopo stavano entrambi ridendo, ancora stretti l’uno all’altro.
“Sai vero che non sarà facile? Per te, intendo.” Chiese Derek dopo un po’.
“Di sicuro sarà più facile che sopportare l’assorbente con addosso una gonna in un giorno con 40°. –Riprese a ridere– O sconfiggere un branco di alfa, un nonno e due tue ex psicopatiche, una delle quali ha cercato di uccidere mio padre.” Terminò la frase facendosi più serio.
“Probabilmente no. Vuoi lo stesso essere il mio compagno?”
Come risposta Stiles si sporse verso di lui e lo baciò di nuovo.
“È una decisione definitiva, non puoi tornare indietro. – Altro bacio – Non potrai decidere di lasciarmi da un momento all’altro. – Bacio – Non potrai innamorarti di nessun’altro e se mai succederà, potrei uccidere quest’altra persona.”
“Ok.”
“Ok? Tutto qui? ‘Ok’?!”
“Sì.” Sollevò le spalle soddisfatto.
 
Sapeva che ci sarebbero stati problemi, alcuni più soprannaturali di altri, ma per ora era solo felice di poter stare sdraiato sul suo letto con Derek senza dover temere il suono della sveglia che avrebbe fatto finire tutto da un momento all’altro.
Dopotutto erano a Beacon Hills, il maledettissimo buco dell’inferno; altro che Sunnydale! Buffy e allegri vampirelli potevano andare a quel paese!
Qualsiasi problema si sarebbero trovati davanti lo avrebbero affrontato insieme.
Primo in cima alla lista: dire tutto allo sceriffo, appena rientrato dal lavoro.












NdA:

Buonciao!

E' la prima cosa sul fandom di Teen Wolf che scrivo,  spero non faccia troppo schifo.
Se volete lasciarmi un commento (anche per dirmi che fa cagare) fatelo! Mi piace sapere cosa pensate e se ho sbagliato qualcosa.

Dato che non so che altro scrivere mi rintano nella mia caverna della vergogna e... sì.

Ciao!

Fede
  
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