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Autore: Val Nas    23/09/2014    2 recensioni
-Lagertha
-Rollo
-Ragnar
"Lei era una ragazza dello scudo, così aveva scelto di vivere e avrebbe onorato quella scelta ogni giorno della sua vita terrena."
Genere: Generale, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Trickster
 
Il crepitio delle fiamme la ridestò da un sonno agitato. Le fiamme le lambivano il volto e le braccia nude che stringevano la coperta di pelle di orso in cui era infagottata. Guardinga, cercò di mettere a fuoco l’ambiente. Riconobbe subito l’unico grande locale che formava la casa di suo padre e sua madre e la propria.
Lagertha sentiva la testa come spaccata in due. Provava un senso di oppressione al petto e aveva le cosce indolenzite.
«Tuo padre arriverà quanto prima» la informò una voce fuori dal suo campo visivo. Era sua madre, chinata su una tinozza a strizzare una pezzuola immacolata. Come una creatura sfuggente, strisciò fino al suo giaciglio. Mentre le metteva il panno fresco sulla fronte, le rivolse uno sguardo impaziente.
«Tu farai morire me e tuo padre prima che gli Dei lo desiderino. Cosa ti è saltato in mente figlia mia?»
«Non ho fatto niente di cui dobbiate vergognarvi» affermò Lagertha ricambiando determinata lo sguardo della madre.
«Ti sei tuffata nel cerchio di Thor» la redarguì la madre, «senza il consenso delle anziane. Questo ti porterà sventura».
«Non ho offeso gli Dei. Che io possa morire fulminata da Thor in questo istante, lo giuro».
Non provò a mentire, non ne aveva alcun bisogno. Lagertha era convinta, anzi certa, che gli  Dei sarebbero stati indulgenti. Non avevano forse mandato un mortale in suo soccorso?
«Dov’è colui che mi ha salvata?»
Contrastando il volere di sua madre, si mise seduta. Si sentiva stordita, vedeva i contorni degli oggetti sfocati e il pavimento ondeggiava sinistramente. Ma non era sua intenzione rimanere inerme distesa sotto le pelli, tra le amorevoli coccole di sua madre. Lagertha non era più una bambina, era una ragazza dello scudo.
La madre le rifilò uno sguardo atroce. «Non lo so Lagertha».
«Mio padre lo ha ringraziato o si è comportato da animale come al solito?»
«Lagertha! Ricordati il tuo posto!»
«Me lo ricordo ogni giorno, madre».
Scalciò via le lenzuola, ergendosi nuda e perfetta nella luce calda del fuoco. Le sue forme adolescenziali erano divenute più armoniche, più morbide e voluttuose. La vita si era allargata e svasata, la curva dei fianchi addolcita e la schiena si era curvata in un sedere sodo e muscoloso.
Suo padre entrò in quell’istante, gettando sul tavolo la carcassa di un cervo e pestando i piedi per liberarli dalla neve.
«Sei viva» commentò soltanto senza far trasparire alcun segno della sua preoccupazione.
«Lo sono» rispose altrettanto seccamente.
La madre le porse la sottoveste di lana grezza e poi una tunica che rifiutò, chiedendo con un cenno delle braghe di cuoio. «Dov’è lui?»
Suo padre si limitò ad alzare un dito duro e calloso per puntarglielo contro. «Non c’è nessun lui. Tua madre mi ha detto che pensi che qualcuno ti abbia salvata dalle acque di Thor. Ma gli Dei ti hanno fatto impazzire».
Lagertha strinse gli occhi turchesi in un espressione confusa e sospettosa. «So ciò che ho visto, l’ho provato sulla mia pelle».
Ricordava braccia forti che la sollevavano e un odore umano, pungente e maschile.
«Ma davvero? Mostra un po’ di discernimento».
«Cosa stai insinuando, vecchio?»
Suo padre fece per colpirla, ma la madre si frappose fra loro. Quei due erano troppo simili, se fossero rimasti da soli troppo a lungo si sarebbero uccisi a vicenda. «Finitela. O mi arrabbierò sul serio con tutti voi due!»
Il grosso omone Vichingo ritrasse la mano ma lo sguardo rimase puntato su Lagertha, come quello di un leone di montagna pronto a sbranare la sua preda.
«Sei arrivata da sola a cavallo. Eri priva di sensi».
Quelle parole non avevano senso. «No» rispose fermamente, «vi dico che un uomo mi ha salvato la vita».
«Non c’era nessuno» ribadì il padre piantando il coltello nel tavolo di legno.
«Che cosa hai fatto?»
«Cosa intendi dire? Non ho fatto nulla»
Lo sguardo di Lagertha saettò da suo padre a sua madre. La donna chinò la testa, come se all’improvviso si vergognasse di guardarla negli occhi.
«Il Veggente ha visto» le disse, «ha visto ogni cosa, non puoi sfuggire al tuo destino».
L’aria nella capanna ebbe una brusca mutazione. Uno spirito gelido sembrò penetrare tra loro facendo tremolare le candele e guizzare le fiamme del camino che s’impennarono per bruciare con più impeto. Tremò come se piccoli artigli di ghiaccio si fossero conficcati nel suo ventre. Sentiva scorrere nel suo corpo neve fredda, ghiaccio tagliente, sangue solido che si rapprendeva nelle sue viscere per farla contorcere. Seppe che le parole di suo padre erano vere. Lo sapeva perché era come se le sentisse anche lei, proprio in quel momento.
«Il tuo fato funesto sarà legato a un discendente di Odino».
 
***
Sua madre l’aveva spedita al mercato nella piazza principale del villaggio.
Suo padre era partito con alcuni uomini per consultare i sacerdoti circa la previsione dell’oracolo e le aveva proibito di seguirlo.
Era una mattina gelida e ventosa, il cielo terso e luminoso non dava speranze di ripararsi dal sole che le accecava gli occhi. Avventori e venditori sgomitavano per acquistare o vendere la merce migliore, cercando di arrivare per primi. Camminare tra la folla, così come sottoporsi agli sguardi delle sue coetanee, le risultava indigesto. Non aveva amiche donne. Le donne del villaggio si tenevano distanti da Lagertha, la ragazza che aveva scelto di razziare e combattere come un uomo. In altri villaggi di ragazze delle scudo ce ne erano molte, ma non lì. Era l’unica e anche se si sentiva giudicata e trattata con indifferenza, preferiva mille volte la sua condizione a quella delle altre donne.
«Quel quarto di coscia» ordinò indicando un taglio di maiale.
«E con cosa intendi pagare?»
La domanda del macellaio, panciuto e con le mani unte di grasso e sangue fino ai gomiti, aveva un “non sapeva cosa” di inquisitorio.
«Con delle monete. O del latte di capra, se lo gradisci di più».
L’omaccione piantò le sudicie braccia sui fianchi, lasciando impronte scarlatte sulla stoffa che gli circondava la vita, ideata per proteggere i suoi “preziosi” indumenti dagli schizzi di sangue.
«Mmm» mormorò l’uomo.
Lagertha incrociò le braccia sul petto, mascherando così la vista del suo petto florido, stretto in un corpetto di cuoio. Era abituata agli sguardi viscidi degli uomini, sapeva gestirli senza sforzi. Non era raro che qualcuno provasse a portarsela a letto anche contro la sua volontà. Quindi il tronfio macellaio sarebbe stato soltanto l’ennesimo uomo a cui avrebbe spaccato la faccia con un colpo di gomito.
«Forse te lo vendo pollastrella, o forse no. Offrimi qualcosa di meglio».
Il grassone si chinò sul bancone con i gomiti immersi in frattaglie e sangue, e un nugolo di mosche si alzò in volo, ronzando in protesta.
«Mi stai facendo perdere tempo, Garlh!»
Aveva delle cose da fare. Nessuno credeva che un uomo l’avesse salvata dalle acque di Thor, eppure lei sapeva cosa aveva visto, aveva sentito la consistenza di un vero corpo issarla come un sacco e metterla sul cavallo. Non erano stati gli dei o gli spiriti, o qualsiasi cosa credesse suo padre.
Aveva solo bisogno di prove e per averle doveva tornare sul luogo in cui tutto era accaduto.
La sua testa non riusciva a staccarsi da quel giorno e nemmeno dalle parole dell’oracolo.
E approfittando della sua distrazione, il macellaio si era avvicinato. Ora poteva sentire il suo alito rancido sul viso.
«Dicono che vuoi diventare una ragazza dello scudo Lagertha. E’ così? Ti piace la lotta?»
La vichinga caricò il braccio, pronta a colpire, ma prima che potesse farlo e mettere al tappeto quel lurido ciccione, un uomo venuto dal nulla prese le sue difese, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno.
«Cedi quel pezzo di carne» ordinò una voce graffiante, «devi sempre importunare le belle donne?»
Sulla scena del diverbio arrivò un volto che a Lagertha apparve sconosciuto.
Aveva un volto dai lineamenti spigolosi ma ben cesellato, un naso dritto e grandi occhi chiari, intensi e che non lasciavano scampo all’oggetto a cui rivolgevano le loro attenzioni e il quel preciso momento l’oggetto preso in esame era proprio lei. Lagertha provò una stretta allo stomaco. «Non ti immischiare» lo apostrofò sgarbata.
«Vuoi picchiare il mio amico?»
«Il tuo amico è un viscido maiale»
«Non lo siamo tutti?» domandò il nuovo arrivato, inchiodandola con uno sguardo inequivocabile.
«Tu sicuramente lo sei così come lui» gli rispose facendo un cenno con la testa. «Volevo solo il mio pezzo di maiale. Ma lui non se lo sa tenere nei pantaloni».
Con una mossa fulminea Lagertha si allungò verso il bancone, afferrò i pendagli tra le gambe del macellaio e poi strinse con foga. Lui vibrò, gridando come uno di quei maiali che gli piaceva tanto sgannare.
«Allora me lo dai o no il mio pezzo di  carne?»
«Lo hai già in mano» riuscì a rispondere ironico il macellaio, nonostante la tagliola delle mani di Lagertha.
Lei strinse di più e stava per snudare l’ascia, ma l’impicciono gettò delle monete sul bancone.
«Basta così» disse con un tono che non ammetteva replica, «molla quella taglio Garl. Inizio anche io a perdere la pazienza».
«Non voglio i tuoi favori, levati dalla mia strada»
La voce vibrante dello sconosciuto le scaldò il collo. «Se lo lasci non dirò a nessuno che hai sfidato gli Dei bagnandoti nelle loro acque».
Il colpo per quelle parole ebbe l’effetto sperato. Lagertha mollò la presa e seguì lo sconosciuto che s’inoltrava verso un punto isolato della piazza del mercato.
Si dimenticò del macellaio, del taglio di maiale, persino del cesto  con dentro il formaggio, il latto di capre e le erbe aromatiche.
«Fermati! Ho detto di fermarti!»
Ma lui continuava a camminare. Aveva crespi capelli biondi tenuti alti sul capo altrimenti rasato e tatuato. Era lui l’uomo che l’aveva salvata? Certo, non poteva essere altrimenti.
Lo seguì, fino a ritrovarsi sul retro della bottega del conciatore. «Fermati o ti squarcio la gola» sfilò l’ascia dal fodero, ma ancor prima di compiere il movimento si ritrovò alla gola quella di lui.
«Sei veloce» notò senza scomporsi, «ma puoi migliorare».
Si scansò senza mostrare il minimo timore.
«Eri tu al cerchio di Thor» affermò Lagertha senza abbassare l’ascia, «mi hai fatto passare per visionaria».
Invece non si sbagliava, ne era sicura. Quello era un uomo, in carne e ossa. Era vero. Sentiva il suo sguardo bramoso percorrerla.
«Non ho detto che ero io» rispose enigmatico. Aggirandola su un fianco ciondolando per guardarla meglio da ogni lato. «Ma se ne sei certa, allora sono io. Hai trovato il tuo uomo».
«Lo dirai a mio padre» lo minacciò, «adesso. Muoviti».
«No» affermò strafottente.
«No?»
«Non ci conosciamo abbastanza per conoscere tuo padre. Passiamo un po’ di tempo assieme prima» la canzonò con un ghigno sghembo, mentre le andava incontro a braccia aperte.
Lagertha lo spintonò con forza, facendolo barcollare all’indietro. «Che tu possa essere maledetto dagli Dei».
Rinfoderò l’ascia e si voltò. «Aspetta come ti chiami?»
«Non mi chiamo, non ho nome».
«Io sono Ragnar Lothbrok, sono incantato dall’eleganza delle spalle che mi rivolgi».
Le labbra di Lagertha s’incurvarono, suo malgrado, in un sorriso.
Ma non si voltò. 

 
Note: non so una storica, aimè, quindi non so con precisione che sistema monetario avessero o se usassero fare mercato nei villaggi. Chiedo scusa eventualmente per queste imprecisioni. S.
  
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