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Autore: madewithasmile    23/09/2014    1 recensioni
Il testo fa riferimento al discorso funebre che Pericle fa ai cittadini ateniesi, ricordato da Tucidide.
Ho provato a rivivere quel momento, quel discorso. Ciò che Pericle voleva trasmettere al suo popolo.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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<< Cittadini, comandanti di una terra antica, con testimonianze di grandezze passate, saggi nel giustiziare i falsi miti, apprendete ciò che la mia bocca sospirerà. In tempo assai remoto, veniva assegnato il titolo di eroe, a tutti coloro i quali combattevano di fianco agli dei, nostri protettori, vicini alle nostre sofferenze. Eroi gloriosi, discendenze mitiche si mescolavano per dare vita ad eventi epocali. Ed ecco che quelli stessi eroi sono sepolti sotto di noi, sono parte integrante del territorio ateniese, della loro patria. Il loro sangue si ricongiunge alla terra, le loro membra ricadono stanche, ma vittoriose. Eroi senza dei e senza regalità, ma con pari dignità. Eroi di cuore e di mente. Eroi ateniesi. Il nostro destino fu scritto prima ancora che nascessimo, Zeus glorioso, garante di giustizia, pesa nella bilancia della vite le nostre sorti. Gioca con i nostri destini. E la fortuna scappa furbescamente, nascondendosi alle nostre povere vite. Cosa dunque ci rimane se non la gloria? 

La gloria viene istituita come baluardo di speranza, come idealizzazione di libertà. Fratello di questa è il coraggio, unico in ognuno di noi, eterno nelle nostre azioni. I nostri eroi si circondarono di queste premesse, combatterono fino allo stremo. Eroi dunque nell'animo. In cerca di pace, con il cuore alla famiglia, alle mogli amate e ai figli ancora in grembo materno e altri pronti ad imitare i padri. Con la paura di fallire, ma la forza nelle vene. Mai vi rinunciarono, mai si fermarono, lottarono fino alla morte. O, che morte gloriosa che ebbero in terra. Dei protettori di questo demo, consacrate questa caduta, purificate i cittadini stanchi di patire sofferenze. Quindi rallegrate gli animi, cacciate le lacrime e ascoltate il muto silenzio dei morti, che sereni riposeranno in pace, colmi di sicurezza per l'attacco portato a termine.

Un giorno quando il nemico sarà stato abbattuto, potremo innalzare inni di festa e cantare, fino a che Bacco non ci assopisca con il suo magico vino. Fin che anche il giorno non ritorni e il buio scompaia, bruciato dalla perpetua luce. 

Dunque cittadini, io che sono il vostro comandante, colui che vi condurrà alla vittoria, io Pericle, discendente dall'antica famiglia degli Alcmenoidi, vi esorto a sperare nei vostri cuori, a vincere i mostri che aleggiano all'interno del vostro io e all'esterno nel vostro territorio. 

Che la dea Atena, saggia nell'essenza, possa curare le vostre ferite, in memoria della sua antica fondazione, della lotta contro il grande Poseidone. Il sacro ulivo riposa eterno nella città, simbolo di eterna vittoria, simbolo della tua protezione.

Dei, uniti in concilio, ascoltare le nostre preghiere, perdonate le nostre empietà.

Cittadini con queste parole ricucio le mie labbra, che forse troppo impunemente hanno parlato. >>.

Così dunque Pericle parlò. La folla sentiva ancora l'eco delle sue parole, delle sue preghiere. Gli sguardi colmi di lacrime investivano tutti i cittadini, nessuno escluso. Così anche il primo di loro, che eccelse sempre, pianse in silenzio, ricordando il grande sacrificio compiuto. Non fu visto dai più, ma solo dai più attenti.

Così un grido di vittoria, poi un altro fino ad espandersi in tutta la piazza, spezzarono quell'acqua amara, che bagnava il volto di Pericle. Un sorriso, sempre velato, si poteva scorgere in lui.

Il popolo fu grato per le sue parole.

  
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