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Autore: chocobanana_    23/09/2014    3 recensioni
[Sousuke/Rin][Romantico/Introspettivo][What if!][Shonen Ai]
Conta quindici stupidissimi giorni, contali partendo dal giorno seguente a quello in cui hai mandato la tua lettera (non mi aspettavo che arrivasse così presto, così spero che anche la mia faccia così in fretta). Perché sto tornando. Non per il tuo stupidissimo egoismo, ma perché abbiamo troppe cose da dirci.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I’m counting the days between us;
 
 
 Sospirò, poggiando la matita ormai rovinata sul foglio al centro di quella grigia e triste scrivania. Non c’era nessun rumore in quella stanza, si percepiva solo il vento sbattere contro le finestre, così fastidioso e perpetuo.
Era da giorni che andava avanti così ed erano ore che se ne stava seduto a quella scrivania, osservando uno stupidissimo foglio bianco.
Le parole continuavano a nascondersi, a non voler uscire dalla sua testa, mentre Sousuke si grattava nervosamente il capo, leggermente irritato da quell’incapacità di comunicare. Non era mai stato bravo ad esprimere i propri sentimenti, ma alle lettere si era abituato grazie alla prima partenza di Rin verso l’Australia. E ora, in quel preciso istante, Rin era di nuovo lì, in quel paese circondato dall’oceano così pericoloso ed invincibile. Ma non era da solo. Già, non lo era affatto. Probabilmente, Sousuke avrebbe preferito che lo fosse. Invece no, Rin era con Nanase. A migliaia di chilometri da lì, dal Giappone, da lui. Quel pensiero lo irritava e lo agitava non poco. Era bloccato lì, lontano, e non avrebbe potuto evitare nulla.  Aveva solo un modo per far sentire a Rin la propria presenza: le lettere.
Perché quelle righe, qualsiasi cosa Sousuke avesse scritto, sarebbero state importanti, avrebbero accompagnato Rin, nonostante quella che sembrava un’infinita distanza.
Il ragazzo dagli occhi color ghiaccio riprese la matita, se la rigirò tra le dita, per poi riappoggiarla sulla superficie liscia su cui si trovava in precedenza.
Sousuke si guardò un po’ intorno, finché non scorse una penna; era inutile scrivere per poi correggere, gliel’avrebbe mandata senza alcun cambiamento. Riflessioni istintive e genuine, nessun ripensamento.
Avrebbe iniziato con un semplicissimo e scontatissimo “Caro Rin”, seppur gli sembrasse ridicolo. Quando erano bambini era tutto più facile, anche troppo.
Sospirò, lanciando un altro sguardo al foglio ancora immacolato.
 
 
Caro Rin,
È da un po’ di tempo che cerco di scriverti, ma non trovo la una cosa facile; quando eravamo piccoli era tutto più semplice. Le parole da dire erano meno difficili da trovare, meno pesanti e, forse, meno significative.
Ti ricordi la mia prima lettera? Quella arrivata dopo settimane? Spero che questa non faccia la fine di quella, spero arrivi in fretta, spero ti faccia compagnia nel caso ti sentissi solo.
Sai, l’Australia mi sembra davvero lontana in questo momento, molto più di prima, molto più di quando ero bambino.
Forse perché i miei sentimenti nei tuoi confronti sono cambiati, e lo sai bene. Mi spiace averti detto quello che provo in quel modo brusco, mentre eri in partenza. Ma non potevo aspettare il tuo ritorno, non sapendo che avresti compiuto questo viaggio da solo. Non con Nanase lì con te. Ho dovuto farlo.
Magari tu, ora, hai un motivo in più per tornare in Giappone.
Pensavo che solo nei film contassero i giorni mancanti ad un ritorno importante, invece ho scoperto che succede anche nella realtà.
Lo ammetto, li sto contando. Ti sto aspettando, così come attendo il momento in cui torneremo a condividere qualcosa (anche una cosa stupida, come la mia, anzi, la nostra camera).
Si sente la tua mancanza, non sono solo io ad accorgermene. Spero con tutto me stesso che questa lettera arrivi a destinazione, che potrai leggerla tra qualche giorno. Non la mando per farti sentire in colpa o altro.
Ti sto solo dicendo che qui, sì, proprio qui, c’è qualcuno che attende il tuo volo di rientro. Forse per egoismo, o forse per altro. Tieni a mente la nostra discussione all’aeroporto, quello che è successo.
Pensaci e, se anche non dovesse arrivare una tua lettera, capirò lo stesso la tua decisione. Basterà interpretare gli eventi, no?
Ora, seriamente, non saprei cos’altro scriverti. Sarebbe troppo ingiusto scriverti che, per me, sei molto più che un amico? Forse sentirtelo dire ancora una volta potrebbe confonderti le idee, quindi lascerò perdere.
Aspetto tue notizie.
Tuo,
Sousuke

 
****************
 
Continuava a rigirarsi tra le mani quel pezzo di carta, indeciso. Non aveva idea di come dovesse reagire. L’aveva letta, più e più volta. Non aveva indugiato nemmeno un istante quando aveva scorto il nome di Sousuke sulla busta, l’aveva aperta d’impulso.
E mai si sarebbe aspettato quelle parole da parte del suo caro amico. Mai.
Non bastava la dichiarazione in aeroporto, quel abbraccio così caldo da far vacillare la sua determinazione. Non era abbastanza quel contatto di labbra così fugace che c’era stato; avevano chiamato il suo volo proprio in quel momento. L’aveva lasciato lì mentre, per un’ultima volta, si specchiava nei suoi occhi così azzurri e intensi.
Si era sentito in colpa, ma a quel punto non poteva più tornare indietro. Per tutto il viaggio, Haruka l’aveva osservato con attenzione, aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Ma non aveva parlato, era rimasto in silenzio. Sapeva benissimo che Rin non avrebbe risposto a nessuna delle sue domande, avrebbe subito cambiato argomento, come ad esempio come fosse bella l’Australia, come fosse limpido ma pericoloso l’oceano, ed altre cose che, sinceramente, Haruka aveva già ascoltato.
«Se è Sousuke, dovresti scrivergli» mormorò, lanciandogli un’occhiata piuttosto neutra, come suo solito.
Rin rimase interdetto, con la lettera tra le dita.
«Sì, dovrei…» rispose, con tono basso e dubbioso, «dovrei proprio farlo.»
 
*****************
 
Sousuke aprì con noncuranza la cassetta delle lettere, ci infilò una mano dentro, sicuro di trovarla vuota ancora una volta.
Invece, le sue dita sfiorarono qualcosa. Sentì un vuoto nel petto, solo per un attimo. Tirò fuori la busta e la girò.
Rin Matsuoka. Proprio quel nome era inciso sulla busta. Sousuke aveva aspettato due settimane, una lunga e intensa sequenza di giorni. Ma alla fine era arrivata. Gli tremavano appena le mani, l’aprì subito, senza nemmeno entrare in casa. Senza nemmeno sedersi per leggerla con calma.
 
Caro Sousuke,
probabilmente questa lettera farà ritardo come tutte le altra, ma pazienza.
Vorrei semplicemente farti notare una cosa.. come diamine fai a contare i giorni che mancano al mio ritorno in Giappone? Non ho stabilito nemmeno io una data precisa o, almeno, non l’avevo decisa fino a ieri. Conta quindici stupidissimi giorni, contali partendo dal giorno seguente a quello in cui hai mandato la tua lettera (non mi aspettavo che arrivasse così presto, così spero che anche la mia faccia così in fretta). Perché sto tornando. Non per il tuo stupidissimo egoismo, ma perché abbiamo troppe cose da dirci. Perché non ti ho ancora dato la mia risposta e, attraverso parole scritte, non è la stessa cosa. Mi aspetto anche un “grazie” nei confronti di Haruka, è stato lui a convincermi di quanto la mia decisione fosse giusta. Mi ha fatto capire che io non sto tornando  in Giappone, io sto tornando da te, il che da un tono più importante alla cosa, non credi?
Be’, quindi. Quindici giorni. Ricorda questo numero, e non azzardarti a mancare al nostro appuntamento. Il volo arriva in serata, verso le nove. Non addormentarti, perché a quel punto sarò io ad aspettarti…
Ci vediamo presto,
Rin
 
Sousuke rimase interdetto. La sua mente si era bloccata sul quel quindici. Quel numero che, in quel momento, amava più di ogni altra cosa.
Quindi, facendo il conto, sedici giorni da quando aveva inviato la propria lettera. Il suo cuore fece una capriola quando realizzò che da quel momento ne erano passati quattordici di giorni. Due settimane colme di speranza. Sì, quello sembrava proprio un film americano. Assolutamente.
Avrebbe rivisto Rin, avrebbe avuto l’opportunità di vederlo. Bastava resistere solo un giorno. Solo uno.
Ringraziò che la posta non avesse fatto ulteriore ritardo. Rilesse ancora una volta le parole di Rin, per essere sicuro. Accennò un sorriso, mentre alzava gli occhi al cielo. Il vento gli scompigliava i capelli e gli punzecchiava la pelle. Entrò di corsa in casa. Si buttò sul letto, pensieroso. Doveva riordinarsi ancora una volta le idee. Doveva decidere cos’altro dire a Rin. Finalmente ne aveva l’occasione. La prima, vera, occasione da quando Rin aveva deciso che la cosa migliore era trasferirsi in Australia insieme a Nanase. Non era stata una delle notizie migliori che potessero arrivargli, ma l’aveva buttata giù, come tutte le sfortune che aveva ricevuto.
 
*************
 
Camminava nervosamente, strisciando i piedi contro il pavimento grigio e lucido dell’aeroporto.  Era arrivato in anticipo, decisamente.
L’ansia non smetteva di assillarlo, non era riuscito a dormire, non riusciva a non pensare. Era impaziente.
E l’impazienza è complice dell’ansia. Entrambe, insieme, portano a comportamenti a dir poco assurdi.
Sousuke, alle sette di sera, faceva su e giù per quel grande edificio, incapace di darsi una calmata. Eppure non era mai stato un tipo ansioso o, almeno, non così tanto.
Due ore di attesa. Sembravano davvero un’eternità, anche se messe a confronto con l’ultima volta in cui aveva visto Rin, un mese e mezzo prima.
L’orologio continuava a ticchettare, a scandire i minuti, i secondi. E, lentamente, il tempo passava.
 
Una voce interruppe il brusio che si creava per via delle chiacchiere delle persone: si annunciava un atterraggio.
Sousuke si alzò di scatto. Ma sapeva benissimo di dover aspettare ancora un bel po’. Bisognava ritirare i bagagli e, spesso, quella non era un’operazione così veloce.
Si avvicinò alla porta da cui sarebbe uscito Rin, rimase lì, mentre l’impazienza continuava a divorarlo.
Cosa gli avrebbe detto? Come doveva accoglierlo?
Sousuke si maledisse: quelle domande non avrebbero potuto tormentarlo la notte? Tanto l’aveva passata in bianco, aveva avuto abbastanza tempo per pensare.
E invece no, ecco arrivare i dubbi proprio in quel momento. Sousuke si passò una mano sulla fronte, stanco.
Mezz’ora. Dopo circa trenta minuti ecco che la porta si aprì. La gente iniziò ad uscire, portando dietro di sé grosse valigie; figli che abbracciavano genitori, padri che baciavano le mogli, turisti in cerca di indicazioni, amici che si battevano il cinque. Gente che rideva, piangeva, si amava.
E lui? Perché era lì?
I suoi occhi azzurri intravidero una chioma violetta tra la folla. Eccolo, era proprio lì, a pochi passi da lui.
« Sousuke » sentì pronunciare il suo nome, in quel momento il moro si rese conto che gli era mancata perfino la sua voce.
Il corvino si voltò, incrociando gli occhi rubino di Rin, che l’osservavano seri.
Al suo fianco c’era Haruka, che lo guardava con poco interesse. Rin gli aveva detto che avrebbe dovuto ringraziarlo, ma Sousuke la trovava una cosa davvero scocciante.
«Io torno a casa» Haruka ruppe il nuovo silenzio che si era creato. Non aveva assolutamente voglia di ascoltare una discussione tra quei due. Che fosse finita bene o male. Tanto Rin, appena possibile, gli avrebbe raccontato sicuramente tutto.
Il violetto non disse nulla, si limitò ad annuire appena, per poi osservarlo andare via, e sparire oltre l’uscita dell’aeroporto.
«Tornerà con te a Sidney?» Fu la prima cosa che disse, quando poteva dirne tante altre.
«Be’, sì.» rispose Rin, piatto. Poi alzò lo sguardo verso Sousuke, «Davvero ti interessa così tanto? Avremmo altro di cui parlare» aggiunse, con una nota di irritazione ad alterargli il tono di voce.
«Andiamo fuori.» si limitò a dire l’altro, poi allungò la mano per prendere la valigia di Rin.
Il ragazzo dagli occhi rossastri strinse la presa attorno al manico del proprio bagaglio, e prese a camminare anche lui verso l’uscita.
Sousuke sospirò, per poi seguirlo senza ribattere o aggiungere nulla.
Il cielo era scuro, ma sembravano non esserci nuvole. Si riuscivano ad intravedere le stelle, la fioca luce che emanavano, mentre di fronte ai due ragazzi si imponeva un’enorme e tonda luna bianca.
C’era solo un po’ di vento, a spazzare via il calore e l’umidità.
«Perché sei tornato?» chiese improvvisamente Sousuke, incrinando quell’atmosfera di apparente calma che si era creata.
«Te l’ho scritto» rispose l’altro, alzando le spalle, «per darti una risposta».
Ed ecco che tornava l’ansia, quella maledetta sensazione che non risparmiava nessuno.
«Ti ascolto.» mormorò Sousuke, alzando gli occhi al cielo.
«È stato scorretto. Molto scorretto. Mi hai fatto sentire in colpa per un sacco di tempo. Mi sono chiesto se la mia scelta fosse stata davvero quella giusta» cominciò Rin, stringendo i pugni e arrossendo leggermente, «pensavo fossimo amici... ne ero convinto».
«E ora?» Sousuke non poté non interromperlo, non riuscì a tenersi quella domanda per sé. Già, ora cos’erano?
Le gote di Rin presero ancora più colorito ma, fortunatamente, con il buio combattuto solo con la fioca luca di alcune lampade  non si vedeva poi così tanto. La notte nascondeva il suo rossore, il suo imbarazzo.
«Ora noi non siamo amici, non possiamo esserlo.» abbassò ancora di più la voce, insieme allo sguardo.
Sousuke sentì una stretta al cuore, ebbe la sensazione di aver sbagliato tutto, di aver rovinato tutto. Aveva perfino rovinato la loro lunga amicizia. Cos’erano ora? Semplicemente niente.
Ma, mentre il ragazzo dagli occhi azzurri si perdeva nei propri pensieri, cercando di non far trapelare nessun’emozione, Rin strinse tra le dita un lembo della sua giacca. Voleva attirare la sua attenzione.
I loro occhi si incrociarono per un istante.
«Non possiamo essere amici perché… l’amicizia non è quel sentimento che ti rende insicuro, che ti spinge a fare pazzie, a tornare ancora una volta in Giappone. Per l’amicizia bastano le lettere, credo» spiegò Rin. E ci credeva in quelle parole, sì che ci credeva.
«Stai cercando di dirmi qualcosa?» domandò Sousuke, sperando di arrivare alla risposta che attendeva da tempo. Ma provava a non illudersi troppo, se fosse rimasto deluso? Forse stava interpretando in malo modo le parole dell’amico.
«Probabilmente sì, ma ti credevo più intelligente» gli scappò un risolino, «davvero non hai capito?»
«Non ti credevo capace di dire certe cose» Sousuke accennò un sorriso, lentamente  cominciava a sentirsi meglio. Chissà, forse era davvero merito di Rin. Della sua presenza.
«Nemmeno io. Però non credevo tu fossi capace di scrivere lettere del genere» ribatté l’altro, «sono rimasto stupito».
Adesso fu Sousuke ad arrossire, «sorpreso?»
Rin annuì, poi lanciò uno sguardo alla strada davanti a loro. Si morse il labbro inferiore, mentre nella sua mente si teneva una battaglia tra il razionale e l’irrazionale. Sousuke non riusciva a capire cosa stesse succedendo, osservava l’espressione corrucciata dell’altro, senza poter fare nulla.
La presa intorno alla sua giacca si fece più forte, Rin avvampò di colpo, solo pensando a quello che avrebbe voluto fare.
Poi fu un attimo, un secondo in cui maledisse l’altezza del proprio  “amico”.
Alzò il viso verso quello dell’altro, velocemente, per evitare che qualcosa lo frenasse. Così come aveva fatto Sousuke il giorno dell’aeroporto, Rin diede un piccolo, fugace, bacio all’altro, lasciandolo interdetto.
Poi tornò a fissare l’orizzonte, incapace di dire qualsiasi cosa. Il corvino non aprì bocca, si limitò ad accarezzargli leggermente una guancia, poi si chinò su di lui, facendo aderire le proprie labbra su quelle morbide dell’altro. Un bacio desiderato, che pian piano diventava sempre più umido e soffocante. Mentre le mani di Rin si intrecciavano tra i capelli di Sousuke, mentre le dita del più grande carezzavano con delicatezza la schiena di Rin. Mentre le loro lingue strusciavano l’una contro l’altra, incapaci di separarsi.
Il ragazzo dai capelli viola allontanò il viso, ansimando appena, «sono qui perché ti amo» soffiò contro le sue labbra, prima di essere interrotto nuovamente.
Perché Sousuke era lì? Perché anche lui amava Rin. Cos’erano ora? Semplicemente due ragazzi che si amavano.
Alla fine, quelle risposte non erano state così difficili da trovare.
 
 *************
 
Caro Sousuke,
come te la passi in Giappone? Io, qui, sto bene. L’università è fantastica. Così come le persone, la mia famiglia, il mare.
È tutto incredibilmente stupendo.

Però, devo ammetterlo, qui manchi proprio tu. Certo, Haruka mi fa compagnia, è pur sempre il mio migliore amico… Ma non è la stessa cosa.
Perché Haruka non sei tu. Sto cercando la prima data utile per tornare a trovarti (o magari un biglietto per l’Australia, così mi vieni a trovare e conosci questo bellissimo posto). 
Poiché il giorno non è poi così indefinito, facciamo una cosa. Una semplicissima cosa.
Contiamo ancora una volta i giorni. Viviamoli al meglio, per l’altro. Sono venti più o meno. Quindi, non ti dimenticare di contare. E inizia da domani (sperando  che questa stupida posta riprenda a funzionare per bene).
Mi ricordo una tua lettera, dicevi che era inutile scrivere a penna qualcosa di così importante, è meglio usare la voce.
Ma, come ben sai, in questo momento ho solo una stilografica nera, quindi non posso che stilare parole. Ti amo. E questo può bastare.
Non vedo l’ora di averti di nuovo al mio fianco (e non emozionarti troppo leggendo questa lettera!).
Tuo,
Rin

 
Sousuke lesse la data. Ridacchiò, facendo un paio di conti.
Dieci giorni non erano poi così tanti.
 
Fine~
 
//Angolo dell'autrice;
Hola, questa è la mia seconda fic nel fandom (e chissene--) e tipo mi sto di nuovo fissando con Free (ma è tipo i feels).
Ultimamente mi sono innamorata della SouRin, io boh li amo (anche se così vedo le mie otp cadere in pezzi sigh)
comunque, dopo anni di controlli sono riuscita a pubblicare (aaaansia)
e tipo doveva essere una flashfic mmmh. 
L'idea mi è venuta grazie a Memosan che mi ha illuminata eheh, mentre Akachan me l'ha controllata (e la amo, perché lei odia la SouRin ma me l'ha vista lo stesso) cvc e poi ringrazio anche la Zis che mi ha aiutata parecchio (dai, anche tu sei una persona decente be', spero vi piaccia!
a presto (ma si dai), 
camy
   
 
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