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Autore: Nemainn    24/09/2014    10 recensioni
Ai confini della galassia l'ordine che detiene il segreto dei viaggi spaziali è scosso da un terribile accadimento.
Sacrificio, una vita dedicata al bene della Lega dei Sistemi, rinuncia feroce ad ogni umanità.
Genere: Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il canto delle stelle'
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Fuori dalle finestre dell’ufficio della Superiora, nella casa madre di Cottman IV, chiamata dagli abitanti Confine Rosso per la sua posizione esterna rispetto alla galassia che l’ospitava, solo la sabbia si stendeva a perdita d’occhio oltre i confini della città. Solo  sabbia rossa e gigantesche colonne fino a dove si poteva spingere lo sguardo. Erano i residui che aveva lasciato la civiltà che aveva abitato quel pianeta in un tempo remoto. Megaliti di altezza immensa, protetti da quella luce scura e impenetrabile, di un nero luminoso che non erano mai riusciti a penetrare, simbolo del potere dell’ordine delle Donne Rosse. Solo loro, solo il loro ordine sentiva le voci degli antichi abitanti di quel pianeta: addestrate fin da bambine, trovate seguendo quelle indicazioni misteriose e portate lì, al grande tempio, da ogni angolo della galassia.
Solo loro possedevano i segreti per il viaggio senza tempo che, istantaneamente o quasi, divorava distanze di decine di anni luce.
Eppure stavano perdendo il controllo del loro potere, sempre più giovani si ribellavano alla regola delle Donne Rosse, al sacrificio di un’intera esistenza per il più grande bene di tutta la Lega dei Sistemi, di tutte le razze sotto quella bandiera.
La Superiora socchiuse gli occhi fissando i lontani pilastri che, nell’ultima luce della stella rossa che illuminava la volta celeste, sembravano artigli puntati al cielo.
La più grande delle sei lune, simile ad un immenso teschio in quel gioco di ombre e luci e talmente grande e vicina da dar l’impressione di poter essere sfiorata con un dito, dominava il lontano orizzonte. Un mostro nero e bianco che si levava su un oceano di sangue.
Le mani secche, quelle dita dalle unghie laccate di scarlatto che emergevano dalla pesante stoffa dello stesso colore della sabbia che dominava quel pianeta, si aggrapparono al davanzale: unico gesto che sembrava mostrare una qualche emozione. Il viso era sereno, serafico, lo sguardo perso nella contemplazione… eppure quelle dita avvinghiate alla pietra rosata dicevano altro.
Parlavano di rabbia, furore, di emozioni ribollenti e furiose.
“Superiora..?” La voce di una giovane novizia, poco più di una bambina, la fece voltare.
“Dimmi bambina.” Calma, senza alcuna inflessione e quasi fredda, quella voce sembrò mettere ancora più a disagio la ragazzina.
“Noi, io… non troviamo più Adamante, signora.” Gli occhi della donna guardarono nella penombra oltre la tenda che chiudeva l’accesso al suo ufficio, leggermente scostata per permettere alla piccola di parlarle.
“Avete cercato anche nel giardino interno?”
“Sì, solo i luoghi proibiti mancano e…”
“Se li chiamiamo proibiti un motivo c’è. Avete fatto bene a non andare lì ubbidendo alle regole. Ora vai, arriverò tra poco.” La bambina sparì oltre la tenda che si richiuse, l’unica concessione all’intimità era quella e veniva data solamente quando si raggiungeva un certo rango. La donna chiuse gli occhi, le piccole rughe attorno a essi si inspessirono per un attimo mentre li stringeva.
Ora doveva pensare ad Adamante, alla ragazza che non voleva seguire il suo destino. Ma nessuno poteva sfuggire ad esso, mai. Sopratutto quando il destino era legato a doppio filo con così tanti esseri, tanti quanti ne esistevano nell’intera galassia.
Li riaprì, serafici e distanti, uscendo dalla piccola stanza di pietra con passo lento e cadenzato, simile a una danza antica e sacra. Per decenni aveva percorso quei corridoi con quella cadenza e la casa madre non aveva segreti per lei.
Silenziosa le si affiancò Pandora, la sua accolita personale.
La ragazza, avvolta dall’abito da capo a piedi, mostrava solamente il viso al mondo. Le ampie maniche scarlatte come quelle della Superiora nascondevano le mani snelle, agili e forti. Il frusciare della pesante stoffa dell’abito che si apriva sui fianchi, rivelando alti stivali neri e pantaloni dello stesso colore infilati in essi, era l’unico suono che si avvertiva nel corridoio al passaggio delle due donne, così diverse eppure così simili l’una all’altra.
Era lei che, un giorno, avrebbe sostituito la Madre Superiora.
La migliore tra le migliori, sapeva compiere balzi immensi senza apparente sforzo; la mente era ferrea e determinata, disciplinata oltre ogni dire. Pandora era silenziosa, precisa, efficiente e assolutamente fedele al credo del loro ordine. Era lei che le sarebbe succeduta come Superiora il giorno che si sarebbe incamminata, sola, tra le antiche rovine sfiorando quella nera energia che le chiamava continuamente, sussurrando loro l’antico sapere e la via tra le stelle, prendendo infine la via luminosa per unirsi a quel coro che non abbandonava mai nessuna di loro.
Tentazione e follia, conoscenza e verità, fola e miraggio tessuti indistricabilmente con il sapere che agognavano e custodivano per il bene della galassia stessa. Il prezzo di tutto quello era una lotta sul filo della più profonda pazzia, un distaccarsi inesorabile e inevitabile dall’umanità e dalle emozioni. Una vita di rinuncia umana a cui poche sapevano resistere.
“Credo sia nella biblioteca, Superiora.”
“Lo immagino anche io, Pandora.” L’anziana sospirò appena. Adamante voleva di più, voleva quella che credeva essere libertà. Cercava quella che, secondo lei, era una via di fuga. Era convinta che chiunque potesse guidare una nave tra le stelle, anche gli uomini, senza bisogno della loro discipilna, delle rinunce, della disumanizzante solitudine e regola imposta alle donne dell’ordine. Che chiunque potesse udire la voce di quell’antico popolo che, in modo ancora inspiegabile, solo loro potevano ascoltare e che, come un radiofaro, le guidava facendo da riferimento in quei salti nell’ignoto buio nel non-spazio.
La biblioteca era uno dei posti a cui l’accesso era libero solo in presenza della bibliotecaria, quindi la notte rimaneva chiusa e vuota. La Superiora sapeva che sarebbe stata lì, come sempre, del resto. Svoltò l’angolo, seguita da Pandora quando un urlo stridulo e acuto le accolse. La maschera imperturbabile dell’anziana donna si incrinò per meno di un secondo mentre affrettava il passo, raggiungendo l’origine del suono. Al centro della biblioteca, dove la stella d’argento a dodici punte simbolo del loro ordine era impressa nel pavimento di pietra rosata, la bibliotecaria stringeva tra le braccia il corpo di Adamante. La veste sembrava solo bagnata, il sangue che si camuffava perfettamente con il colore della stessa; ma lo squarcio che si apriva in essa, all’altezza del petto, raccontava qualcosa di spaventoso.
Tra quelle mura che non avevano mai conosciuto violenza si era consumato l’omicidio di una delle novizie.
“Pandora, allontana tutte le novizie che stanno arrivando per le lezioni mattutine e manda a chiamare Ofelia.” Dopo aver impartito l’ordine in tono neutro, sicura di essere ubbidita all’istante, l’anziana Superiora si diresse dalla bibliotecaria in lacrime, afflitta dal dolore, chinandosi accanto a lei.
“Calmati, non lasciare che le emozioni ti stringano nella loro morsa, falle scivolare.” La voce della donna blandì, come un balsamo, le emozioni in tumulto della bibliotecaria. “Lascia che fluiscano, non farle stagnare, non trattenerle. Guardale scorrere sulla superficie della tua anima, Andromeda. Sono acqua pura che lava la tua luce, lasciandola trasparente. Lasciale, non trattenerle, non farle tue. Non sono tue. Lasciale…” I singhiozzi della donna si quietarono mentre la calma e l’impassibilità tornavano sul suo viso. Il ferreo controllo che si era incrinato si riprese con un ultimo guizzo emotivo che fece scorrere una lacrima su quel viso non più giovane, ma neppure anziano.
“Chiedo scusa, Superiora.” La donna annuì, osservando il corpo di Adamante, così sottile e fragile nella morte.
“Cosa è successo?”
“Sono entrata per prepararmi a indirizzare le novizie alle lezioni, come ogni mattina, e arrivata qua… lei era al centro della stella, morta.”
Il suono di passi frettolosi, quasi di corsa, annunciarono l’arrivo di Ofelia. La donna, alta e slanciata, l’unica ad indossare un abito completamente nero con la stella d’argento sul petto, si avvicinò a controllare il corpo.
“Dalla rigidità muscolare del cadavere direi che la morte è avvenuta almeno tre ore fa, il tempo che il rigor mortis subentri.” Distaccato, l’esame della donna continuò. “La ferita sembra causata da qualcosa di affilato, forse pesante. È stata inferta con forza. Non mi pare ci siano segni di lotta e la ferita è sul petto, quindi si fidava o conosceva la persona che le stava davanti. Ma anche se avesse urlato, la biblioteca è lontana dai dormitori e nessuno avrebbe sentito.” Si rialzò, incurante del sangue che le macchiava le mani, guardandosi attorno, focalizzando poi gli occhi acuti sulla madre dell’ordine.
“Superiora, chiedo scusa per i modi bruschi.” L’anziana assentì con un vago movimento del capo.
“È qua per essere efficiente, non ossequiosa, Inquisitrice Ofelia. Chieda tutto l’aiuto che le serve, siamo qua per darglielo.”
“Vorrei dare ordine perché il corpo sia portato nei miei studi, Superiora. E poi vorrei il suo permesso per interrogare alcune persone.”
“Vi ripeto, avete il via libera. Nessuna violenza è mai stata perpetrata tra quest mura e un simile atto va punito. Voglio il colpevole.” L’unica dell’ordine che portava il capo scoperto, Ofelia annuì. Lo stretto nodo dietro la nuca in cui la chioma fiammeggiante era costretta pareva tirare i lineamenti di quel viso spigoloso, cosparso di lievi lentiggini. Non si sarebbe potuta mai definire bella. Di spicco, quello sì, ma bella, no.
La carica di Inquisitrice era retaggio di un’epoca lontana in cui spie si infiltravano nell’ordine alla ricerca dei loro segreti, prima che la Lega dei Sistemi desse origine alla lunga pace che tutt’ora perdurava. Con il cessare dei conflitti anche la necessità di possedere il segreto del viaggio senza tempo per avvantaggiarsi sui nemici cessò e la figura di Inquisitrice mantenuta con altri scopi. La neutralità dell’ordine era sacra, ormai sancita da innumerevoli accordi, ma di quell’antico retaggio era rimasto l’incarico ed era ora, a tutti gli effetti, l’unica forma di polizia all’interno dell’ordine stesso. Un ruolo apparentemente privato di ogni scopo, inutile, ma che in quel caso era l’unico a cui potersi appellare. L’unico ruolo che aveva la speranza di scoprire le origini del misfatto, il colpevole dell’omicidio della ragazza.
La donna annuì, mentre Andromeda appoggiava delicatamente il corpo a terra, alzandosi e guardandolo con sguardo distaccato.
“Sospendiamo le lezioni per oggi, Superiora?” L’anziana scosse il capo, spostandosi assieme all’altra di alcuni passi.
“No, tenetele all’aperto, nel cortile delle essenze. È lontano da qua e saranno al riparo dalle turbolenze emotive.”
“Come desiderate.” La bibliotecaria accennò un saluto con il capo e si diresse fuori dalla biblioteca, radunando le giovani che, tenute lì da Pandora, si stavano agitando.
L’Inquisitrice guardò per un lungo momento l’accolita personale della Superiora, studiandone il volto assolutamente inespressivo e gli occhi che, attenti, passavano al vaglio ciò che la circondava. Con le mani infilate nelle ampie maniche era l’espressione dell’essenza stessa del loro ordine.
Calma, quiete, ferrea volontà e perfezione.
Nulla, in Pandora, era meno che eccellente. Eppure Ofelia aveva sempre trovato, in lei, qualcosa di talmente freddo da inquietarla.
L’Inquisitrice si diresse alla stanza dove il corpo di Adamante era stato portato facendo un giro diverso. Esplorò attentamente la biblioteca, cercando indizi di una presenza esterna ma sapeva, fin dal principio, che era impossibile. Nessuno poteva entrare dai cancelli e solo la Superiora poteva concedere l’accesso a persone al di fuori dei membri della Casa. Controllò le registrazioni ma solo l’ingresso era sorvegliato e, da lì, non era entrato nessuno. Non c’erano altri accessi, quindi il dubbio che l’assassina fosse una di loro divenne una certezza.
Sospirando, la donna si aggirò tra gli scaffali raccogliendo le idee su ciò che conosceva della ragazza.
Un’allieva sveglia, ma profondamente infelice, che non desiderava servire ma trovare anzi il modo di liberare da quello che chiamava un fardello non necessario tutto l’ordine.
Ofelia insegnava le scienze, la biologia e la medicina alle studentesse e la ragazza era tra quelle con i migliori risultati.
Incappava spesso in punizioni per il suo comportamento, infrangeva le leggi dell’ordine continuamente, disubbidiente eppure talmente brillante, perfino geniale. Tanto che la Superiora non riusciva a fare quello che la sua accolita, più volte, sostenuta dal collegio intero, aveva proposto. Bruciare ad Adamante i centri del cervello che ricevevano i messaggi degli Antichi e lasciarla tornare a casa. Solamente che quell’operazione avrebbe compromesso anche la brillante mente della ragazza e la Superiora rifiutava, adducendo come motivazione il non voler un simile spreco.
La Superiora aveva cercato di parlare molte volte alla giovane, blandendola o minacciandola  con quella soluzione che era stata più volte ventilata per lei. Eppure Adamante continuava a cercare la sua strada e le sue risposte, sfidando l’anziana più e più volte.
Ogni volta che si nominava la ragazza la maschera di impassibilità della Superiora si incrinava per una frazione di secondo, segno di quanto quella ragazza, in vita, avesse avuto il potere di muovere le sue emozioni.
Ofelia passò le lunghe dita magre sui dorsi dei tomi più antichi, ancora di carta, gelosamente custoditi e curati con dedizione e amore. Amava l’odore che c’era in quei sentieri tra le alte scaffalature, quel sentore antico e che le portava alla memoria i suoi giorni d’infanzia.
Allontanò quel guizzo d’emozioni, riportando la mente al problema e analizzandolo nuovamente con attenzione, rigirandolo nella sua mente come un  solido sfaccettato.
Adamante voleva sovvertire, in qualche modo, le leggi che dominavano l’Ordine.
Pandora voleva allontanarla.
La Superiora riponeva in lei grandi speranze.
Chi altri aveva connessioni significative con la ragazza?
Si spostò rapidamente, fino a raggiungere una delle
pietre della biblioteca, punti d’accesso alla memoria dell’intero ordine, poggiando i polpastrelli sulla superficie simile a uno specchio d’onice di forma vagamente ovale.
Immediatamente la sua mente entrò in collegamento con la banca dati e cominciò a sfogliare tutti i dati e i filmati in cui era presente la ragazza dal suo primo giorno alla casa madre, quando aveva cinque anni.
Con attenzione seleziono ogni file in cui entrava in contatto con qualcuno, suddividendoli in categorie: casuali, volute, frequenti. A loro volta ogni categoria era divisa nelle frequentazioni volontarie o obbligate dallo studio e da esse cominciò ad emergere uno schema preciso, sopratutto negli ultimi anni.
Adamante, appena ventenne, aveva cominciato da due anni esatti a entrare a giorni alterni e specifici nella biblioteca, apparentemente in solitudine, nei momenti in cui ne era proibito l’accesso.
Inoltre, con cadenza bisettimanale, le poche telecamere di sorveglianza la notte coglievano fotogrammi della novizia che si dirigeva verso il cortile sul retro, privo di qualunque telecamera e usato come una specie di ripostiglio. Dava direttamente sulle cucine e ospitava un piccolo orto, non aveva sbocchi all’esterno e le mura della casa madre lo circondavano.
Ampliò la ricerca, cercando eventuali altri movimenti che avrebbero indicato un appuntamento o altri indizi utili per capire a quale scopo Adamante si dirigesse in quel cortile.
Passò ore, immobile, collegata grazie alla
pietra alla memoria della Casa Madre mentre la sua mente sosteneva uno sforzo che avrebbe portato allo sfinimento e a condizioni ben peggiori, fino ad una irrecuperabile demenza, menti meno addestrate.
Sbatté le palpebre, per la prima volta da quando si era collegata, e fece un passo indietro togliendo le dita dalla superficie, che smise immediatamente di irradiare la lieve luminescenza che fino a quel momento la circondava.
Decise che valeva la pena recarsi direttamente al cortile sul retro. Osservare di persona un luogo, a volte, dava soluzioni e punti di vista che altrimenti potevano sfuggire.
Si avviò con passo leggermente rigido a causa della lunga immobilità, seguendo il percorso che Adamante faceva, cercando di calarsi nei panni della ragazza.


 

 


Con il senno di poi si rese conto dell’errore presente nelle sue azioni.
Chi compiva un simile gesto, una brutalità che incrinava così profondamente la legge del loro ordine, non aveva più limiti. Aveva perso i freni ed era preda della follia degli Antichi.
Sdraiata nell’infermeria, viva più per caso che grazie ad altra motivazione, Ofelia sospirò. Il respiro profondo le causò una fitta al fianco ferito ma, grazie alla chirurgia d’emergenza e al pronto intervento di una sorella era sana e salva, viva.
Non aveva visto la persona che l’aveva aggredita, ma questo non significava che non avesse capito chi fosse o che le telecamere che aveva attivato non avessero registrato la scena.
Ne aveva accese alcune per registrare la sua indagine, per poter consultare in seguito i filmati. Da un lato una vera fortuna, era grazie a ciò che Domizia, di controllo nella sala dei monitor, aveva visto la scena ed era intervenuta tempestivamente.
“Ofelia?” L’Inquisitrice aprì gli occhi, fissando la figura della Superiora all’entrata della piccola stanza.
“Sono cosciente, Superiora.” La donna avanzò e per la prima volta da quando Ofelia la conosceva, vide il suo passo stanco. Sembrava portare il peso di tutti i suoi anni sulle spalle, o forse era la prima volta che, per lei, il peso era così gravoso da non poterlo celare. La donna avanzò, sedendosi sulla sedia accanto allo stretto letto.
“Spiegatemi, Ofelia. Mi serve conoscere le vostre conclusioni.”
“Immagino Pandora sia sotto custodia, ora.” Osservò le rughe a lato degli occhi della Superiora intensificarsi appena, nel viso pallido.
“Non andrà da nessuna parte. Ora siate così gentile da parlare.” Ofelia annuì e cominciò a raccontare le sue ultime ore.
“Non immaginavo di correre rischi. Volevo controllare di persona il giardino sul retro, Adamante era solita recarsi lì. Sembra vi incontrasse un uomo, Superiora.” La donna annuì.
“Ne ero a conoscenza, prosegui.” Sorpresa da quell’ammissione l’Inquisitrice proseguì, la voce sottile per via della sofferenza tenuta strettamente sotto controllo dalla volontà.
“Ho trovato un piccolo angolo cieco e lì l’evidenza dei movimenti illeciti dei due. La ragazza stava cercando di condividere il suo, il nostro sapere, con un uomo. Sapeva anche questo, Superiora?” La voce di Ofelia si fece affilata. Indagatoria.
“Sì, lo sapevo.” Un lento sospiro. “Sono davvero poche le cose che non so. Molto poche.”
“Lo sapevate e non avete fatto nulla.” Non era una domanda, ma un’affermazione colma di un rimprovero sottile ma evidente.
“Non ha mai avuto speranze e sogni quando era novizia, Ofelia? Non ha mai voluto usare il nostro dono solo per esplorare, ad esempio? Libera da vincoli?” Lo sguardo ferreo dell’Inquisitrice per un attimo venne meno, mentre una luce dimenticata negli anni sfiorò quello sguardo severo, riportando a galla una scintilla di passato. “Nessuna di noi è immune ai sogni. Almeno una volta tutte, durante l’apprendistato, abbiamo sognato e lottato per le nostre speranze, qualunque fossero. Io avevo le stesse speranze di Adamate. Volevo un mondo dove il nostro sacrificio non fosse necessario, dove l’isolamento autoimposto del nostro cuore e del nostro corpo non fosse fondamentale, la base della civiltà della galassia. Quale prezzo paghiamo, Ofelia, per la sicurezza dell’intera Lega dei Sistemi? Siamo venerate come dee, omaggiate, osannate, rispettate… finché ci manteniamo lontane e fredde, senza amore, senza cuore, per poter servire gli scopi della lega. Capivo Adamante, e sapevo che sarebbe giunta alla mia stessa risposta, prima o poi. Gli Antichi non accettano mezze misure, donano il loro sapere solo a chi è completamente votato a loro e solo nelle donne quel tipo di sacrificio è possibile. Genetica. Pura genetica. Le femmine sono la metà che porta avanti a qualunque costo la razza. Capaci di ogni sacrificio se adeguatamente indirizzate.”
“Ma Pandora non poteva capire.” Il sospiro della Superiora incrinò ancora di più quella maschera perfetta e all’apparenza priva di ogni emozione all’affermazione dell’altra.
“No.” Il capo dell’anziana madre si chinò in avanti in un gesto colmo di un dolore che l’altra non poteva capire. “Lei non ha mai avuto un cuore, ecco perché sono sempre stata restia a lasciare a lei il mio posto, nonostante la stanchezza. Chiudere le emozioni fuori di noi non significa non provarle, ma controllarle. Lei non ha mai avuto amore nel cuore; lei si è sempre nutrita del potere, della gloria, degli inchini. Quando la omaggiano, quando si piegano come canne al vento al suo passaggio, lei si ciba di quell’oscura luce. E non è così che si può guidare il nostro ordine.”
“Credo di capire.” Eppure in contrasto con quell’affermazione il dubbio persisteva in quegli occhi. “Pandora aveva capito che Adamante aveva qualcosa che a lei mancava. Era gelosa. Era spaventata all’idea di perdere la sua posizione e il suo potere. Voleva il vostro posto e lei era una rivale”
“Esattamente. Adamante avrebbe preso il posto di Pandora, avrei atteso fino a quel momento per intraprendere il sentiero luminoso.” La superiora squadrò di nuovo le spalle e fissò con durezza l’Inquisitrice. “Ma continuate pure, Ofelia.”
“Dai fatti pare che Pandora abbia iniziato a seguire Adamante, ho trovato nei file nella sua stanza, li ho decriptati facilmente. Pare che l’accolita fosse ricattata da Pandora. Voleva costringerla ad abbandonare l’ordine ma Adamante non voleva, il suo desiderio era cambiare le cose. Amava l’ordine ma non il sacrificio che chiede, ritenendolo un inutile e vuoto retaggio del passato.”
Ma non era andata così, purtroppo. L’Inquisitrice narrò gli eventi alla Superiora, immobile come una statua. Al vertice della sua follia Pandora aveva cominciato a seguire Adamante, assillandola e minacciandola, fino a quando non aveva deciso di eliminarla. Non poteva accettare quell’ostacolo sulla strada della grandezza che aveva scelto, nella sua ottica lei incarnava la perfezione mentre la novizia era solamente una piaga per l’ordine. La ragazza non si aspettava certo un’aggressione quando l’accolita della Superiora l’aveva avvicinata nella biblioteca, quella notte. Non si era difesa e così la scheggia di ossidiana larga e pesante che Pandora aveva usato era affondata in quel petto con facilità.
“Quale punizione spetterà all’assassina, Madre?”
“Quella che lei stessa ha deciso.” In risposta all’espressione interrogativa di Ofelia la Superiora proseguì. “Si è uccisa, Inquisitrice. Ha fermato il suo steso cuore con le tecniche del viaggio… ma al di fuori del viaggio senza tempo dove va usata è mortale.”
“Non ha preso la via luminosa.” Una dose inaspettata di sofferenza emerse dalla voce di Ofelia. Togliersi la vita senza percorrere la via degli Antichi, quella strada che si addentrava tra le antiche torri di quel nero luminoso, il luogo da cui per tutta la galassia si spargeva la loro voce, voleva dire perdersi. Essere solo un suono solitario nel vuoto, non entrare in quella voce corale che segnava il loro ultimo passo.
“La follia era un seme, ma il sangue di Adamante lo ha nutrito e fatto germogliare.”
La donna si alzò, dritta, una colonna di cui ora Ofelia conosceva le crepe nascoste. Il dolore e l’amore. Guardò la Superiora con occhi nuovi e annuì.
“La via è lunga.”
“Lunga e colma di misteri, Ofelia. Non date mai nulla per scontato. Ora vi lascio riposare, Inquisitrice.”
La donna si avviò al di fuori della piccola stanza sterile, i pavimenti e le mura che per tutta la vita erano stati la sua casa, per la prima volte le parvero una prigione.
Quanti anni, ancora, prima che un’accolita potesse essere addestrata e prendere il suo posto?
Il peso della sua lunga vita, ancora una volta, si fece sentire e lei strinse le labbra.
Avrebbe aspettato, guidando l’ordine nella speranza di poter finalmente percorrere anche lei il sentiero e trovare lì, infine, il riposo a cui agognava

 

 

 

Sì, ci sono citazioni e cammei.
Sì.
Storia che partecipa al contest del gruppo FB "Io scrivo su EFP"
Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia, se vi piace fatemelo sapere, fa bene alla mia autostima!



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