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Autore: chos    25/09/2014    2 recensioni
Morgana infine era riuscita nel suo intento: Arthur era stato sconfitto.
Non l'aveva ferito, o quanto meno quello squarcio che sentiva dilaniargli il petto non era visibile ad occhio nudo e non una goccia di sangue fuoriusciva da esso; non l'aveva reso vittima di un incanto, forse perché il suo cuore era traboccante d'una magia ben più potente di qualsiasi altra, e la cosa peggiore era che riusciva a percepirla soltanto quando sorreggeva a stento la propria vita con mani tremanti e ricche d'un dolore che lo pervadeva tutto, senza lasciargli un singolo e misero spiraglio d'anima che non fosse avvelenata da quello strazio pulsante.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gold Embrace.

 

Morgana infine era riuscita nel suo intento: Arthur era stato sconfitto.
Non l'aveva ferito, o quanto meno quello squarcio che sentiva dilaniargli il petto non era visibile ad occhio nudo e non una goccia di sangue fuoriusciva da esso; non l'aveva reso vittima di un incanto, forse perché il suo cuore era traboccante d'una magia ben più potente di qualsiasi altra, e la cosa peggiore era che riusciva a percepirla soltanto quando sorreggeva a stento la propria vita con mani tremanti e ricche d'un dolore che lo pervadeva tutto, senza lasciargli un singolo e misero spiraglio d'anima che non fosse avvelenata da quello strazio pulsante.
Merlin era pallido, gli occhi chiusi celavano una minima speranza di sopravvivenza a cui si aggrappava con tutte le forze che piano piano lo abbandonavano, insieme all'oro delle sue iridi, che sotto le palpebre appariva-spariva sempre più debolmente, come il respiro ormai impercettibile del mago, il quale tentava di concentrarsi principalmente sulle lacrime che gli picchettavano le guance.
Queste scivolavano dagli occhi del re di Camelot come artigli di drago che gli rigavano le gote d'una ardente consapevolezza che lo privava del minimo criterio che poteva suggerirgli cosa fare per salvare la persona che più lo aveva aiutato nel suo cammino verso il trono, tenendolo per la mano per mostrargli la retta via ed aiutandolo a rialzarsi quando il peso delle responsabilità diventava troppo gravoso per le sue sole spalle.
Aveva condiviso con lui le gioie, aveva addolcito le sofferenze ed aveva tentato di neutralizzare le ansie che lo divoravano con la loro oscura veste; lo aveva salvato tante di quelle volte da pericoli esterni ed altrettante da se stesso che aveva perso il conto, e qualcosa gli diceva persino che il calcolo che avrebbe potuto fare non si sarebbe nemmeno avvicinato alla reale moltitudine di ringraziamenti che avrebbe dovuto rivolgergli prima che un'ultima volta sacrificasse la propria esistenza per permettergli di continuare a reggere il regno che, tuttavia, senza quel servo sfacciato e poco portato alla vita di corte, Arthur era sicuro sarebbe andato allo sfacelo.
E nonostante tutto, quel pianto disperato non riusciva ancora ad emergere da quelle labbra increspate come il mare in tempesta, ché veniva soffocato da un orgoglio pungente ed acre che non lo liberava neanche quando il proprio volere era quello di rimediare ai propri errori e lasciare che le parole che non aveva mai detto trovassero una via di fuga in quel piangere scomposto che gli batteva la cotta di maglia, sporca della battaglia appena avvenuta.
Il mago, dal suo canto, non sapeva come interpretare ciò che quei singhiozzi, inghiottiti a forza da chi lo stringeva tanto a sé da accartocciargli le spalle su se stesse, gli provocavano: mesto, aveva bisogno di svegliarsi per rassicurarlo ma ogni tentativo andava a vuoto; felice, poteva dire di aver finalmente avuto riscontro di tutto l'affetto che gli aveva dedicato in quegli anni, sempre con il dubbio di non essere abbastanza, costantemente assordato da quella voce che gli ripeteva dal di dentro di essere semplicemente un servo dalle dubbie credenziali, preso in giro da un destino troppo grande per lui.
Non avrebbe dovuto, ma trovava pace in quella pozza di tristezza che li copriva fin sopra i capelli, che li soffocava e li faceva annegare in quella stretta che avrebbe imporporato i suoi zigomi spigolosi se solo il sangue avesse avuto la spinta necessaria per essere pompato fin lì.
La sacerdotessa lo aveva colpito mortalmente, e l'unico motivo per cui lui era ancora in vita risiedeva nella sua reale natura che, seppur sfiancandolo, stava ripulendo lentamente il suo organismo di quella magia nera che gli scuriva il reticolo venoso ormai distinguibile attraverso la pelle di carta, ma che andava schiarendosi di più ogni attimo che passava.
Probabilmente, quindi, Arthur era troppo impegnato ad incolpare la propria persona tra le lacrime ed i singulti, troppo occupato a frenare quei sentimenti che solo allora avevano deciso di palesarsi, per rendersi conto di quei cambiamenti repentini, ed infine, della lieve ripresa di Merlin, il quale aveva schiuso gli occhi e si faceva notare con occhi di petalo portando fiaccamente una mano sul torace del re, che perse il respiro non appena intravide quelle dita di nuovo muoversi, di nuovo vive.
Un mezzo sorriso accese di mille sfumature dorate, per un istante soltanto, gli occhi del giovane servo, quando si ritrovò ad affondare il viso nell'incavo del collo del suo padrone preoccupato, che lo manteneva in quella posizione con una mano ferma sulla nuca e la gioia mista all'incredulità esplose in lui che gli facevano stringere le palpebre lasciando scorrere le lacrime d'un rinnovato significato che si schiantavano sulla schiena ricurva dell'altro.
“Credevate davvero stessi per morire, Arthur?”, chiese in un coraggioso tono di vetro, già incrinato nel momento in cui una tirata col naso venne malamente nascosta dall'intensificarsi di quell'abbraccio in cui il destinatario di quella frase affondò il mento.
“Siete proprio una testa di legno”, la sua voce di seta accompagnò il cuore che gli si ammorbidiva d'amore nel mentre che le dita si andavano ad intrecciare ai capelli di grano dell'amico ritrovato, il quale tentava di bilanciare il terribile sapore della perdita che aveva provato, con la contentezza che gli faceva galoppare i battiti come un cavallo impazzito. Questa non gli permise di ritornare pienamente in se stesso, quando si ritrovò a poggiare la propria fronte su quella dell'altro poco prima di ritrovarsi faccia a faccia con lui, con un'espressione offesa, adornata di gemme splendenti agli angoli dei suoi occhi, fin troppo poco credibile per dargli il benché minimo credito.
“Sei un idiota, Merlin”, l'apostrofò di rimando con la sfumatura di cattiveria che lo colpiva quando era arrabbiato con qualcuno, ed in quel momento lo era perché si rendeva conto quanto quello stupido, che riusciva a malapena a star seduto, poteva mettere a repentaglio per lui.
Proprio ciò che avrebbe fatto egli stesso.
Una soffice, sottile risata appena percepibile dall'orecchio del re, si fece largo tra le labbra del mago, che abbassò la testa giusto per un paio di colpi di tosse che divulgarono un allarme nell'aria che si spense dinnanzi alla tenerezza di quei tratti delicati e fragili, incorniciati in quei capelli di corvo.
“Davvero una squadra vincente, non trovi? Mr. Testadilegno ed il suo compare pronti per un'altra avventura”.
“Oh, sta' zitto”.
Avevano davvero dovuto aspettare di credersi spacciati, divisi per sempre, per l'ennesima volta, per dar fiato a quello sguardo che nel silenzio si espresse più di quanto Arthur avrebbe mai potuto fare in tutta la sua vita?
Davvero Merlin aveva dovuto ricacciar dentro quei pensieri ingombranti fino a quando aveva quasi perso l'opportunità di condividerli una volta e per tutte con il diretto interessato?
La prospettiva di una perdita definitiva rende chiaro a molti il sincero legame che li unisce alla persona che si sta perdendo, e probabilmente per questo era proprio necessaria una simile esperienza per far cedere del tutto quel velo che offuscava la loro vista e fargli comprendere cosa fossero stati davvero l'uno per l'altro per tutto quel tempo, senza averne alcuna coscienza.
Arthur si avvicinò a lui con lentezza disumana, accarezzandogli il viso che riacquistava finalmente un colorito vivace, trasportato da una intraprendenza che vacillò giusto a poche spanne dalle sue labbra. Anche allora Merlin si dovette far forza per indirizzarlo verso il raggiungimento di quella meta tanto attesa, e con un minimo movimento eliminò la distanza che li separava dando inizio ad un dolce e candido bacio che li coinvolse più di quanto si sarebbero mai aspettati, tra le chiare foglie di quercia che scricchiolavano sotto i loro movimenti che si sciolsero in un altro, confortante abbraccio, che ricordava ad entrambi che almeno per quel momento il pericolo era scampato e che gli addii erano stati rimandati, senza contare che quella posizione dava al re la possibilità di nascondere il proprio viso dall'analisi attenta del servo.
Quest'ultimo sorrise, rilassato come non lo era da anni per aver dato sfogo ad una tensione che si era accumulata troppo a lungo nel suo cuore, e con furbizia tentò di reprimere una risata che, sapeva, sarebbe uscita ben presto a causa della reazione che avrebbe avuto Arthur alle parole che stava per pronunciare.
“Vuoi parlare dei tuoi sentimenti nella via che riporta a Camelot?”.
Quello si indispose, stringendo le labbra ed aiutandolo ad alzarsi, porgendogli una mano che ritirò subito per raggiungere le briglie dei cavalli che erano stati testimoni di tutto e che Merlin avrebbe dovuto montare senza il suo aiuto, dopo ciò che aveva detto.
“Cos'è, senti la mancanza della gogna, Merlin?”.
La risata cristallina che aveva tentato di arrestare si spanse allora per la foresta, rimbalzando da tronco a tronco fino ad insinuarsi nelle orecchie di Arthur, che con la coda dell'occhio controllava se l'altro avesse la possibilità di mantenere il suo passo, con un sorriso ricolmo d'amore che solo il vento ebbe l'onore di sfiorare.

   
 
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