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Autore: Ainely    26/09/2014    1 recensioni
2022. Il punto di non ritorno è stato superato e la Terra è sull'orlo di un imminente collasso e c'è solo una possibilità per l'umanità: riuscire ad essere selezionati per il progetto "La Culla", un'isola artificiale nel mezzo del Pacifico dove una cerchia ristretta di scienziati dà la possibilità di creare un secondo Eden per non far estinguere l'uomo. Tuttavia strani segreti si celano dietro a questo progetto tanto ambizioso ed altruista che vedrà coinvolte tre persone trecento anni dopo per smascherare i reali intenti del Concilio dei Sette a sua volta in lotta con un "esperimento" sfuggito al loro controllo assetato di vendetta.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Piccola premessa dell'autrice

Prima di tutto vorrei ringraziare tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fino a questo capitolo e ad apprezzare l'opera. La Culla è un progetto a cui tengo molto e che prima o poi verrà pubblicato con la realizzazione di un prodotto innovativo -per quanto riguarda il mercato e lo stile italiano- e a tal ragione credo che il quinto capitolo sarà l'ultimo che pubblicherò su EFP proprio per tutelarmi da eventuali plagi.
Non per questo non sarà possibile scoprire come si svilupperanno le cose sulla misteriosa isola artificiale perchè, su questo potete starne certi, prima o poi lo troverete disponibile in internet o nelle librerie/fumetterie.
In una recente recensione mi è stato detto che i miei capitoli sono troppo lunghi, ebbene non è semplice descrivere una società futuristica con delle caratteristiche psicologiche e storiche particolari e mi sono dovuta dilungare eccessivamente proprio per non lasciare nulla senza un motivo. Chiedo perdono per questo capitolo, nel scriverlo mi sono resa conto che è davvero molto, ma molto, lungo sebbene ricco di avvenimenti più che mai decisivi per quanto riguarda lo sviluppo dei personaggi principali.
Mi auguro che la lettura della mia cronaca vi sia piaciuta e che continuiate ad attendere l'evolversi della storia.

PS: L'illustrazione del capitolo arriverà a giorni!




 

Capitolo 5

641





 

La stanza era poco illuminata e l’aria era fresca e pungente come se in entro quelle mura non vi fosse stata alcuna fonte di calore od alcuna presenza, eppure vi erano seduti ad un tavolo ben sette persone, intente a discutere intensamente su ciò che li preocupava, su come organizzarsi in vista dei disordini che sarebbero presto insorti.

La grande porta a doppia anta lentamente si aprì lasciando che la luce del corridoio esterno corresse ad illuminare i loro profili mettendoli in luce come se fossero stati degli orribili segreti ed in un certo qual modo era proprio così. Nessuno all’interno della Culla sapeva della loro esistenza ad eccezione degli alti sacerdoti e, sfortunatamente per loro, la Madre stessa.

Il Concilio dei Sette era una piccola cerchia ristretta di famiglie che da innumerevoli generazioni gestivano ed organizzavano qualsiasi cosa all’interno di quel piccolo paradiso artificiale, erano i discendenti dei folli che avevano voluto avviare tutto quello che era successo nel mondo più di trecento anni prima e continuavano a perseguire quel macabro scopo senza alcuno scrupolo manipolando, sfruttando ed uccidendo.

La vita del Concilio si limitava a quell’intricato sistema di corridoio e stanze sotto il livello dell’acqua, dove mai nessun Cradeliano avrebbe pensato od osato di guardare, la maschera dorata di quella splendida gabbia era solamente un’ottima copertura per i loschi affari di quelle sette famiglie, che vendevano al mondo esterno ciò che veniva prodotto dai loro “fedeli sudditi” a prezzi esorbitanti in un mercato quasi esclusivo e ristretto ai potenti del mondo ricavandoci vere e proprie fortune.

Era questo il vero volto della Culla, una grande fabbrica di eccezionale qualità, con elementi scelti addirittura attraverso la traccia genetica, per produrre e vendere oggetti di lusso e ricercatissimi a persone altrettanto meschine.

Una gabbia dorata per degli schiavi che avevano legato ai loro stessi piedi catene pesanti.

Tuttavia qualcosa era andato fuori dal loro controllo, erano stati avvisati ma non avrebbero mai immaginato che avrebbero cominciato a temere il potere di una loro stessa creatura.

 

La Madre si trovava proprio lì, davanti ai Sette, con un sorriso freddo e cinico mentre li osservava uno ad uno per la prima volta.

Accanto a lei vi era Aalim, il giovane assassino pronto ad esaudire qualsiasi desiderio della sua Dea, pronto con estremo piacere a macchiarsi di sangue le mani.

Lei indossava una semplice veste di lino stretta in vita da una rigida cintura d’oro decorato con pietre preziose mentre sulle spalle e sul capo portava un velo dal colore viola pastello che le conferiva un aspetto quasi innocente ed etereo sebbene la sua espressione fosse tutt’altro che ingenua e gentile, misericordiosa.

La Madre si voltò per dare un’occhiata ad Aalim, era sempre stata compiaciuta nell’averlo scelto come propria guardia e come propria mano, si ricordava ancora quando, circa due anni prima, era stato portato di forza dentro al suo palazzo per poter essere riformato.

Gli addetti al riformazione le avevano riferito che aveva aggredito ed ucciso sette persone nel cerchio dei Maestri con una ferocia inaudita e che nel sentire le loro urla di dolore e di disperazione s’era messo a sorridere con un’espressione di soddisfazione e di autocompiacimento da far rabbrividire ed inorridire chiunque.

Aalim era la persona che faceva al caso della Madre, lo aveva preso sotto la sua protezione e dopo averlo addestrato nell’arte del peccato di morte gli aveva consegnato le vesti nere con il suo stemma personale, appositamente per lui aveva fatto creare un bellissimo abito nero dai ricami perfetti rappresentati dei crisantemi rossi: le lacrime del sangue.

Erano passati due anni e lui avrebbe dimostrato per sempre quella più totale fedeltà nei suoi confronti tanto da darle la certezza e la consapevolezza che poteva tenere in pugno quei sette senza alcuna difficoltà.

Qualcuno dei Sette cominciò a mormorare a bassa voce qualcosa nell’orecchio della persona sedutagli accanto fino a quando una voce ferma e cavernosa non decise di prender parola a nome del Concilio.

 

“Abbiamo tollerato per troppo tempo la tua condotta, abbiamo ignorato i tuoi capricci e le tue ostentate azioni ribelli, ma non tollereremo anche questo affronto. E’ proibito venire qui, è proibito sapere.”

 

Il silenzio calò pesante nella stanza mentre il Concilio teneva gli occhi puntati sulle due figure ancora in piedi sull’uscio, immobili e pazienti come se in realtà non fossero che statue, poi all’improvviso la Madre scoppiò in una fredda risata mandando in frantumi la maschera di bellezza e purezza che era stata scelta per il suo volto.

La sua voce era stranamente androgina, leggermente gutturale e profonda ma armoniosa e carezzevole e, nonostante questo connubio, le parole che disse parvero essere dure e mincaciose come una vera e propria dichiarazione di guerra.

 

“Peccato che io sappia, peccato che io voglia vincere. Non ho timore di voi, luridi vecchi. Credete davvero di farmi paura? E’ da quando ho aperto gli occhi che non ho intenzione di farmi sottomettere al potere di chichessia e di certo non comincerò ora a farmi da parte, credevate davvero di poter tenere tutto sotto controllo per sempre? Non avete mai pensato che io prima o poi avrei saputo? Sarà estremamente divertente vedere i risvolti di queste vicende specialmente adesso che il tipo proveniente dall’esterno è fuggito.

Chissà che cosa potrebbe accadere se lo prendessi prima io di voi?”

 

Gli occhi della madre parvero brillare di una luce inquietante mentre finiva di parlare, sapeva che la maggior preoccupazione dei Sette era quel ragazzo che era fuggito dal loro controllo e che avrebbe potuto disseminare il panico oppure, ancor peggio, dire al mondo esterno che cosa aveva visto e quali erano i rapporti tra la Culla e i loro clienti.

 

“Il soggetto non è un pericolo, qualora dovesse parlare la gente non potrebbe credere alle sue parole e verrebbe immediatamente conseguato al tempio invocando la riformazione e noi ce ne saremo riappropriati senza alcuno sforzo. Nessuno può lasciare l’isola così come tu non puoi dare a noi degli ordini”

 

Replicò gelidamente uno dei Sette, ma venne subito sostenuto da un’altra voce, questa vota femminile ma non per questo più accomodante o gentile.

 

“Insolente. Oltraggioso. Ricorda che è grazie a noi se tu esisti.”

 

Un duro colpo per la Madre ma non sembrò darlo a vedere e fece lentamente un passo in avanti come per accettare e per rilanciare la loro sfida, ma questa volta non si trattava più di semplici scontri: quella era una guerra. Se era grazie a loro che viveva allora sarà grazie a lei che moriranno. Tutti e sette.

Con eleganza sembro riprendere il proprio atteggiamento dignitoso e fiero posando una mano sul fianco sinuoso coperto dalla sottile stoffa di lino e pochi istanti dopo la sua voce risuonò come un’anatema su tutte le pareti di quella lugubre stanza.

 

“Sì, lo so bene. Ed è per questo motivo che l’elemento 641 vi strapperà via ogni cosa. La vostra era è finita. Andiamocene, Aalim. Non ho altro da dire a questi pagliacci.”

 

Il giovane dai capelli rossi si voltò non appena la Madre lo precedette nel corridoio con passo tranquillo e cadenzato, come se stesse facendo una delle sue solite passeggiate all’interno del Palazzo della Luce, tuttavia il silenzio che si lasciarono alle spalle sembrava l’inizio di una guerra, uno scontro che stava su un altro piano, al di là dei problemi che avrebbero dovuto affrontare se il giovane Esterno avesse avuto modo di lasciare l’isola.

 

Il corridoio era deserto e di tanto in tanto si poteva sentire il rumore costante e perforante di una luce al neon che stava mano a mano per spegnersi conferendo un’atmosfera inquietante ed opprimente al corridoio.

Poco dopo si ritrovarono di fronte ad un ascensore, lo stesso che avevano preso per scendere così in profondità, ed in silenzio tornarono ai primi piani del Palazzo della Luce, come se nulla fosse accaduto la Madre tornò alle proprie stanze ma prima di richiudere alle spalle la porta volle guardare in viso il suo prezioso assassino.

 

“Portami qui il fuggitivo. Lo voglio vivo e fai in modo da essere tu a trovarlo per primo.”

 

Il giovane si posò la mano sul petto ripetendo il suo giuramento prima di congedarsi con passo veloce.

 

“Fedeltà e sangue.”


______________



 

In un altro posto all’interno del Palazzo vi era Shun-Yo, un uomo sulla trentina dai tratti asiatici abbigliato elegantemente con una veste che rispecchiava perfettamente lo stile dei suoi antenati con un colore verde smeraldo e decorazioni dorate molto simili alla pelle di un serpente. Se ne stava in piedi davanti alla grande vetrata delle sue stanze mentre ad un passo indietro da lui vi era un altro uomo, di qualche anno più giovane dell’asiatico, con gli occhi di ghiaccio e dei biondi capelli dal taglio piuttosto corto, simmetrico e preciso quasi fino alla perfezione maniacale, più in là ancora doveva esserci il loro ospite, uno dei soldati mercenari assodati dalla Culla per intraprendere alcuni affari scomodi, l’uomo era molto alto e sulla sua pelle color dell’ebano spiccavano alcune rughe creatasi in seguito alla sua aria sogghignante e divertita, oltre che soddisfatta, per l’incarico che aveva appena ricevuto.

Shun-Yo era stato chiaro e preciso sul suo incarico e soprattutto sul suo pagamento, dopotutto non era qualcosa di semplice da portare a termine. Lo stesso asiatico aveva riflettuto abbastanza prima di poter agire: l’invito e la sollecitazione del Concilio erano arrivate non appena la Madre aveva lasciato la loro sala e si erano premurati a ribadire che lei non avrebbe dovuto avere il fuggitivo e che il suo cane da guardia andava eliminato in modo celere e silenzioso.

 

“Mi auguro che tu svolga il tuo compito in maniera impeccabile. Aalim è molto abile oltre che completamente imprevedibile, Jean lo conosce e sa che è da considerarsi come un folle a piede libero. Non mi aspetto un fallimento, non vieni pagato profumatamente per fallire, intesi?”

 

La sua voce era risuonata ferma ed autoritaria, aveva dato già troppe informazioni e secondo i suoi gusti stavano addirittura perdendo tempo prezioso a discutere su quelle cose, ma Syn, il suo mercenario di colore, pareva aver compreso quel che doveva fare così come si ricordava di quel ragazzino, un tipo niente male a suo dire, e si disse che sarebbe stato eccitante provare ad ucciderlo.

 

“Ho capito. Mi libero di quel tipo e ricevo un sacco di denaro. Niente di più, niente di meno.” -replicò lui con una veloce scrollata di spalle, il “mister stratega” stava cominciando ad annoiarlo terribilmente, credeva che non fosse in grado di fare il suo lavoro?! - “Devo anche andare a ripescare il tizio che vi è sfuggito da sotto il naso? Perchè in tal caso la somma raddoppierebbe, mi pare equo.”

 

Shun-Yo assotigliò lo sguardo fino a tenere gli occhi a fessura e con un’espressione davvero sinistra e furiosa non fece che inveirgli contro con una minaccia sibilata.

 

“Va’ e fai in fretta. Ci penserà lui al prigioniero.”

 

Detto ciò Syn si congedò con un gesto della mano molto alla buona, dopotutto era un uomo assodato dall’Esterno e non conosceva i modi o le consuetudini della Culla né tanto meno s’era mai impegnato ad apprenderne almeno gli atteggiamenti per poter comunicare con maggior facilità senza creare troppi equivoci.

Qualche istante dopo calò nuovamente il silenzio nella stanza e rimasero da soli i due uomini. Jean si mosse e si avvicinò all’asiatico sussurrandogli qualcosa all’orecchio che stranamente lo fece sorridere e con un’espressione languida il biondo gli leccò con la punta della lingua la pelle dietro l’orecchio stringendogli le mani sulle spalle in un gesto disperato e di lussuria.

 

“Non ora, Jean. Segui quell’idiota e poi vedi di tornare per dirmi che cosa sta facendo.”

 

Un attimo dopo Jean era già sparito, l’ordine del suo Maestro era stato più che chiaro.


______________



 

Lo sciabordio dell’acqua era una cantilena costante mentre la sua carezza si prendeva cura della morbida e serica pelle della Madre che se ne stava in silenzio immersa nella grande vasca adornata di conchiglie e coralli affinché la potessero rappresentare come una venere alla sua nascita dalla spuma del mare.

Non vi era alcun rumore, solo il semplice respiro di lei e di tanto in tanto qualche sospiro, la Madre stava pensando a quanto stava accadendo e a quello che era stato nel passato. Come non poteva provare odio, come non poteva ribellarsi?

Sembrò addormentarsi ma in realtà la sua mente era lucida mentre viaggiava indietro nel tempo con i ricordi.



 

I suoi occhi erano aperti da diverso tempo e non c’era nessuno, perchè si trovava lì dentro? Quel liquido vischioso avvolgeva il suo corpo interamente e dava la strana sensazione di restare sospeso in una pozza di gelatina.

Dalle proprie braccia, dal petto e dalle cosce partivano degli strani cavi che salivano e salivano fino alla cima di quella colonna di vetro, a che cosa servivano? Erano parte del suo corpo? Provò a muoversi e con fatica riuscì a posare una mano sul vetro della sua prigione, lasciò che lo sguardo corresse da destra a sinistra e poté vedere che altri erano chiusi, prigionieri come lui, ma che cosa significava essere prigionieri? Era così che doveva essere? Non aveva né domande né risposte sapeva solo che non era quello il posto in cui voleva stare.

Qualche tempo dopo un movimento rubo la sua attenzione, i suoi occhi saettarono in quella direzione e vide immediatamente che quella creatura aveva delle mani uguali alle sue e che aveva anche un paio di gambe. Erano forse dei simili? Cercò di sforzarsi per capire che cosa fosse fino a quando non furono l’uno di fronte all’altro.

 

Per la luce! Tu…”

 

Il dottor Ross era rimasto immobile davanti alla colonna di vetro, sconcertato e al tempo stesso meravigliato per ciò che stava vedendo.

Il soggetto che avrebbe dovuto tirare fuori dalla sua incubatrice era già desto e cosa sorprendente lo stava fissando! Il dottore si immaginò e si domandò se poteva sentirlo e se era come trovarsi nel ventre materno in cui tutto può essere udito, imparato e compreso.

Allungò una mano per posarla nello stesso punto del soggetto 641.

Fu solamente questione di qualche frazione di secondo che Ross vide 641 portarsi una mano ala gola mentre numerose bolle d’aria stavano salendo verso l’alto dela colonna dalla sua bocca spalancata. Stava soffrendo, stava soffocando! Più velocemente possibile cercò di trafficare con le centinaia di pulsanti e di programmi che avrebbero attivato lo scarico del liquido simile a quello amniotico per poter poi alzare la campana di vetro, ma al dottore sembrava avvenire tutto troppo lentamente e preso dal panico prese la propria sedia e la scaraventò contro l’incubatrice mandando così in frantumi tutto mentre litri di quella gelatina vischiosa colava per terra inondando buona parte del laboratorio.

Il genetista si affrettò a liberare 641 dai cavi che monitoravano costantemente le sue funzioni vitali e la trattenne tra le braccia per poterne guardare il volto, qualcosa nel suo petto stava tremando così come le sue mani. C’era qualcosa di tremendamente sbagliato in tutto quello ma sapeva che per lui sarebbe stato inevitabile ogni conseguenza di quell’incontro a partire dal momento in cui i loro occhi tornarono a fissarsi.

 

Nei giorni a seguire il dottor Ross s’era completamente dedicato nell’assistere 641 in ogni cosa, aveva avuto il compito di spiegare ogni cosa alla nuova Madre mantenendo però segreti alcuni tabù.

L’aveva chiamata Iris proprio perchè a differenza delle altre Madri aveva degli splendidi occhi viola e le aveva insegnato ogni cosa, le aveva mostrato l’arte e la scienza, le aveva mostrato come poteva essere facile conversare conoscendo i modi per capire la psiche del proprio interlocutore e poi le aveva mostrato che cosa significava amare.

Il pensiero che 641 fosse un esperimento geneticamente fallito lo faceva sprofondare in un’ansia soffocante, tutti quei difetti non sarebbero passati di certo inosservati ma il Concilio aveva ribadito che se ne sarebbero presi le loro responsabilità, tuttavia il pensiero che quella creatura potesse un giorno sparire lo fece diventare cupo, geloso ed ossessivo.

La mattina dell’insediamento di Iris era stata preceduta da una notte quanto mai scomoda e tetra, non potevano esistere due Madri sulla culla e Ross aveva preso parte al ciclico rituale di sostituzione e nel farlo si immaginò in un futuro prossimo a dover nuovamente compiere quel gesto.

Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo della Madre che, ingenuamente, aveva seguito i suoi gran sacerdoti per giungere in una fredda stanza con un lettino chirurgico.

Ripensò a quella stessa notte quando vide varcare la soglia del Palazzo della Luce alla sua preziosa 641 per mostrarsi ai cradeliani in uno nuovo splendore come se nulla fosse successo, come se quella giovane e bellissima donna fosse rimasta immutata per secoli.

Il suo lavoro non poteva mai avere fine, avrebbe dovuto nuovamente tornare nel laboratorio e provvedere a controllare gli sviluppi degli altri embrioni che circa una decina di anni dopo avrebbero sostituito il soggetto 641. Si portò davanti alla colonna 642 e ne osservò l’ospite, ordinario e con funzioni vitali nella norma. Non aveva nulla di simile alla sua Iris sebbene in realtà fossero due gocce d’acqua con alcune evidenti differenze.

Esisteva un modo per poterla tenere con sé? Stava solamente sognando eppure i suoi sentimenti erano veri, s’era davvero lasciato coinvolgere dalla sua stessa creazione ed in cuor suo sapeva che era sbagliato oltre che insensato.

 

Passarono i mesi ed Iris non smise di vederlo, era diventato difficile per Ross rispondere a tutte le sue domande ed era diventato molto difficile gestire il suo carattere indomabile. Era stato difficile prevedere una cosa simile, ma la Madre aveva un carattere moto dominante e non lasciava che le si tenessero cose all’oscuro rivelandosi essere un vero fastidio per il Concilio che non riusciva ad attuare le proprie decisioni in maniera veloce e pulita. Iris voeva conoscere, comprendere e distruggere. Assaporava il potere che le era stato dato e ne voleva altro per poter sentire cadere in frantumi quelle catene invisibili che le legavano mani e piedi.

Spesso raccontava a Ross che c’era qualcosa che non riusciva a capire, perchè non poteva decidere in prima persona come gestire gli abitanti della Culla? Perchè doveva sempre attendere i suggerimenti del suo alto sacerdote quando non le si ripeteva altro che era lei la creatrice di quel paradiso?

Il genetista evitava di rispondere pur non sentendosi a proprio agio, se le avesse confessato tutto avrebbe potuto dire addio ad ogni cosa, anche alla propria vita, tuttavia non avrebbe mai potuto immaginare che…



 

“Dimmi la verità, Karl… quanto mi ami?” - una voce androgina risuonò languidamente nella stanza semibuia - “Staremo insieme per sempre, complici l’uno dell’altra, ma tu dovrai eliminare tutti i segreti che ci dividono altrimenti che cosa significa concedersi completamente?”

 

Un sommesso sospiro si levò dalle labbra di un uomo che passò le mani lungo la schiena liscia e perfetta della Madre, stesa nel suo nudo splendore nel suo misero letto di scienziato.

L’uomo era ormai al limite della follia, aveva perso ogni cognizione di razionalità da quando Iris aveva scelto una strada inaspettata. Aveva sentito dire dal Concilio che dai sacerdoti che la Madre aveva mostrato il suo vero carattere, il suo vero volto. Era una presenza forte e violenta, sadica e totalmente fuori controllo, ma con lui no: era tutto diverso. Lei lo amava, ne era certo e quello gli aveva dato un briciolo di forza per non perdere completamente il senno.

 

“Tu mi chiedi qualcosa che non posso fare. Amami e basta. Perchè tu mi vuoi ancora, dimmi che è così! Dimmelo, Iris. Dimmelo.”

 

Negli occhi del dottore apparve il velo della disperazione ed afferrò per le spalle la donna per scuoterla leggermente affinché capisse le sue parole, affinché comprendesse il suo disagio e la sua paura. Che avrebbe dovuto fare? Si trovava a metà strada tra il Concilio e la Madre, a metà tra il dovere ed il piacere.

La Madre parve essere divertita da quell’espressione come se godesse nel vederlo così disperato e, con voce rassicurante e materna, gli accarezzò la guancia ruvida per l’accenno di barba incolta.

 

E’ così. Ti voglio ancora. Ma io ho bisogno di te…”

 

Sarebbe stato facile per lei manipolarlo, talmente facile da farle assaggiare perfino il gusto della noia in quei minuti che seguirono.

Lui la prese ancora, quasi con violenza e desiderio ignorando -come sempre- il suo difetto più grande. Iris finse di godere, finse di dirgli doci parole d’amore all’orecchio e lo implorò di raccontarle la verità.

Alla fine Ross, tra un ansimo ed un sospiro, cedette.

Raccontò della vera organizzazione della Culla, le raccontò dei collegamenti con l’esterno e dei loro rapporti commerciali, spiegò chi erano e cosa erano i Sette, ma ciò che lasciò sconvolta la Madre furono queste parole.

 

“... ogni dieci anni la Madre viene sostituita da una nuova. E’ questo ciò che faccio, devo occuparmi dello sviluppo degli embrioni per garantire sempre un elemento pronto per ogni sostituzione. Tu… tu saresti stata scartata perchè sei un errore, ma mi dissero ugualmente di renderti attiva. Tra qualche anno dovrò avviare le procedure per svegliare il numero 642 che ti sostituirà… sarà difficile per me assistere alla tua morte, ma sono i Sette che lo vogliono. Sono loro a decidere ogni cosa.”

 

La Madre era rimasta stranamente impassibile sebbene dentro di sé infuriasse una tempesta di emozioni che l’avrebbero portata su una strada violenta.

Sarebbe dovuta morire a causa di quei vecchi? La sua esistenza era completamente nelle loro mani in tutto e per tutto? No, non lo avrebbe permesso, nessuno poteva più ordinarle qualcosa.

Portò le mani sulle spalle di Ross mentre continuava a giacere in lei e lentamente la sua carezza risalì fino alla gola dove, all’improvviso, la presa si fece ferrea e stretta e l’uomo colto completamente alla sprovvista ebbe un singulto e provò a liberarsi dale sue mani, inutilmente.

Negli occhi viola della Madre apparve la scintilla dell’odio e della follia mentre continuava a stringere sulla sua gola, mentre continuava a trattenerlo con una forza inaspettata.

Ross cercò di lottare per sopravvivere, afferrò i lunghi capelli corvini di lei e glieli tirò con forza, cercò di prenderla a pugni ma mano a mano le sue forze svanirono insieme alla sua vita fino a quando non rimase inerme, esanime, nello stesso letto in cui poco prima aveva detto di voler fare l’amore.


________________


Jean stava camminando con passo lento e tranquillo per le strade della città. Aveva ricevuto il compito di seguire il mercenario per controllare che svolgesse al meglio il suo incarico.

La sua vita era semplicemente fatta di ordini a cui obbedire e non poteva chiedere niente di più. Adorava sentire la voce decisa ed autoritaria del suo padrone così come adorava nascondere il loro rapporto agli occhi di tutti, non avrebbe apprezzato l’idea di condividere quell’intimità con qualcun altro, non avrebbe mai lasciato che toccassero il suo Master per portargli via il piacere che riusciva a dargli.

Ad ogni modo il compito che gli era stato affidato gli dava una certa soddisfazione, il poter vedere Aalim morire gli faceva nascere un sadico e freddo sorriso sulle labbra. Non sopportava quel galoppino, non si erano mai piaciuti da quando era stato portato all’interno del palazzo al fianco della Madre. Jean non avrebbe saputo dire in quale delle tante occasioni fosse nato il suo disprezzo ed il suo odio per il rosso ma sapeva che avrebbe riso e sputato volentieri sul suo cadavere una volta che Syn avesse finito.

Il problema era quello di riuscire ad individuare entrambi, per quanto potesse disprezzare Aalim sapeva che era un tipo molto capace e silenzioso e dubitava che perfino Syn fosse in grado di trovarlo in mezzo a tutta quella gente.

Scostò con la mano un paio di giovani ragazze che s’erano fermate per discutere sulla bellezza dei cristalli del Palazzo e decise di superare il ponte per raggiungere l’anello appartente ai Gialli e non si accorse che dal tetto di un’abitazione vi era appostato Aalim che aveva avuto l’intuizione giusta nel sentirsi seguito.

Il fulvo sorrise tra sé e sé compiacendosi nel vedere la faccia svogliata e nervosa di Jean cercarlo tra la folla ma non poté formulare altri pensieri che sentì il sibilo di una lama scendere velocemente vicino al suo orecchio.

Con un movimento repentino evitò il peggio rotolando sul fianco per poter guardare chi fosse stato il suo assalitore e non appena alzò lo sguardo rimase stupito nel vedere il mercenario che restava sempre nei sotterranei in attesa di andare nelle spedizioni esterne.

 

“Sei stato veloce, moto bravo.” -disse l’uomo sorridendogli con aria decisamente divertita- “Mi hanno detto che devo ucciderti ma immagino che tu non sia disposto a collaborare, vero?”

 

In tutta risposta Aalim si diede uno slancio con un colpo di bacino e si rimise in piedi pronto a contrattaccare provando a colpire Syn al fianco con un calcio. Il mercenario schivò, anche se di poco, il colpo e provò ad afferrare il ragazzo per la caviglia fallendo miseramente.

Il sicario della Madre era furioso, poteva immaginare chi fosse il mandante e giurò di fargliela pagare in un modo o nell’altro, ma in quel momento preferì dare ascolto alla sua voglia di sangue piuttosto che a congetture per vendicarsi e così liberò la fredda lama di un pugnale ricurvo, adatto per lavori veloci e atroci, e con agilità felina si portò alle spalle del mercenario per poterlo ferire pugnalandolo nel costato, tuttavia Syn non rimase fermo e cercò di evitare il peggio finendo solamente con una ferita piuttosto profonda all’altezza della milza.

Lo scontro cominciò ad infuriare tra sibili di lame nell’aria e di corpo a corpo che li fecero balzare da un tetto all’altro fino ad arrivare al limite tra la zona verde e quella gialla. In strada c’era sempre troppa gente e non sarebbe stato consigliabile gettarsi in mezzo a loro per continuare quel folle combattimento e così restarono sui tetti completamente alla pari.

 

“Maledetto. Non crederti che ti sarà facile uccidermi. Sarebbe troppo bello per te e sarebbe umiliante per me perchè girano voci che sei anche un pervertito. Che faresti del mio cadavere, eh?”

 

La voce di Aalim era ansante per il continuo e frenetico muoversi, colpire, schivare e ritirarsi. D’altro canto Syn aveva ugualmente il suo stesso fiato grosso, ma sul suo volto vi era sempre un sorriso perverso e malizioso che non gli permetteva di togliergli gli occhi di dosso.

 

“Non posso farci niente, le rosse mi eccitano.”

 

Aalim strinse le mani in pugni, sentirsi dare indirettamente della donna lo faceva perdere il controllo e si mosse velocemente per ricominciare ad attaccare l’uomo ma inaspettatamente non provò a pugnalarlo o a tagliargli la gola, bensì si accucciò per tirargli un colpo basso provando a fargli perdere l’equilibrio per farlo cadere nel giardino retrostante ad un’abitazione.

Come previsto Syn si ritrovò a cadere e a scivolare verso il basso ma ebbe la prontezza di afferrare con forza la caviglia del rosso per trascinarlo giù con sè, precipitarono ed andarono a cadere sopra una siepe ben curata che attutì il colpo ma quello non bastò per calmare l’animo del giovane assassino.

Provò ancora una volta a piantargli la sua lama in gola la mano grande e forte di Syn gli impedì ogni movimento tanto da fargli perdere la presa sul manico, con aria stupita Aalim guardò l’uomo di colore con un’ombra di paura. Doveva davvero morire? Avrebbe comunque lottato, ma in quel momento Syn cambiò totalmente le carte in tavola e in maniera totalmente inaspettata lo baciò con passione fino a quando non si sentì senza fiato.

 

“Lasciami andare, troglodita!” - minacciò Aalim mentre cercava di tenere a distanza l’uomo che d’al canto suo voleva continuare a tenere stretto a sé il ragazzo - “O ti spacco la testa!”

 

Syn non parve avere alcuna reazione alla sua minaccia e si ritrovò a ridere mentre continuava a baciargli il collo -tenendogli con forza entrambi i polsi, non voleva farsi fare un sorriso rosso sulla gola-.

Aalim tremò appena, per nulla interessato a contraccambiare quelle attenzioni visto che fino a qualche attimo prima stavano cercando di uccidersi a vicenda, ma al mercenario quello pareva essere solamente un preliminare e ben presto Aalim si ritrovò coinvolto più del dovuto in una serie di carezze e di baci frenetici che sembrarono accenderlo come una scintilla sulla benzina.

Aveva già visto Syn in giro per il palazzo e nelle poche vote che avevano potuto parlare o lavorare assieme aveva avuto modo di capire che c’era una certa tensione con lui, un po’ per i suoi modi di fare, un po’ perchè lo ammirava per il lavoro che faceva. Era una stima/odio reciproco che li faceva sempre fare frecciate l’uno contro l’altro ma mai il ragazzo avrebbe immaginato che da parte del mercenario vi fosse un altro tipo di interesse e mai si sarebbe aspettato da se stesso una simile arrendevolezza.

Quanto era durata la sua resistenza? Troppo poco.

Cominciò a sentire il respiro affannoso sul proprio collo e poco dopo anche la sua mano correre sulla pelle che mano a mano veniva denudata dalla veste tanto preziosa con i suoi crisantemi rossi.

Aalim provava uno strano imbarazzo misto ad una frenesia che poche volte aveva conosciuto e si ritrovò seduto sulle sue gambe intento a spogliarlo a sua volta, non temeva che qualcuno potesse vederli e dunque continuò imperterrito a studiare il suo corpo massiccio e muscoloso, pieno di cicatrici che al suo tocco sembravano così suadenti e virili. Ogni segno chiaro e traslucido sulla pelle d’ebano di Syn trasmetteva una sorta di storia nascosta che avrebbe voluto sentirgli raccontare per potersi eccitare nell’immagine orribile di chissà quante morti violente.

 

Jean nel frattempo se ne stava accucciato sul tetto intento a guardarli, alla fine la sua attenzione era stata attirata da degli strani movimenti sui tetti ed era stato in quel momento che era riuscito ad individuarli e quello strano risvolto lo lasciò sconcertato.

La loro “fuga romantica” era stata scoperta ma Shun-Yo non gli aveva ordinato di ucciderli ma bensì di essere i suoi occhi e le sue orecchie, avrebbe dovuto solamente attendere per potersi ritirare e riferire ogni cosa allo stratega.

Alcuni ansimi raggiungsero il suo orecchio e provò a sporgersi di qualche centimetro per guardare i due intenti in quel loro famelico e focoso amplesso, osservò i capelli fulvi di Aalim scompigliarsi man mano e vide il suo corpo fremere insieme a quello dell’altro. Si morse il labbro fino a farlo quasi sanguinare ogni volta che lo sentiva gemere, lo odiava: sapeva solo questo.

Dovette trattenersi dal scendere nel giardino per poterli uccidere entrambi, avrebbe risolto molti problemi alla radice ma si trattava pur sempre di uno schiavo fedele agli ordini del suo padrone e dunque si ritirò silenziosamente per poi correre verso il Palazzo della Luce.


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“Pensi che riusciremo ad entrare senza problemi?”

 

Chiese Arthur con aria piuttosto pensierosa e preoccupata mentre camminava accanto a Dee lungo la strada del quartiere Verde. Stavano parlando di come poter recuperare i suoi effetti personali che comprendevano anche di documenti capaci di comprovare che cosa fosse in realtà quel posto. Era sicuramente un’impresa azzardata ma Dee era intenzionato a portare a termine la cosa, era diventata una questione di principio.

 

“Che ne posso sapere io? Sicuramente non sarà facile ma se sono riuscito ad uscire senza problemi non vedo perchè la cosa dovrebbe essere del tutto impossibile. Tu hai detto di avere un amico che lavora nel palazzo, no? E allora chiediamo a lui di aiutarci.”

 

Dee aveva sempre quell’atteggiamento da spaccone e da ragazzo di strada che lo faceva apparire completamente estraneo a quell’ambiente nonostante i vestiti che indossava, qualche d’uno lanciava loro delle occhiate ma che presto si perdevano nel nulla sentendosi troppo in imbarazzo a causa dello sguardo quasi omicida dell’Esterno che immancabilmente intercettava il loro sguardo. Ed irrimediabilmente Arthur voleva sprofondare nel terreno per la vergogna, non era affatto abituato a frequentare persone simili e sapere che cosa avrebbero potuto pensare di lui lo metteva in uno stato di ansia incredibile.

 

“Perchè non cerchi di sorridere? Insomma, cerca di amalgamarti. Sei… sei troppo appariscente con quella faccia.”

 

Arthur cercò di rimbeccarlo ma servì a ben poco perchè il giornalista sogghignò passandogli un braccio alla vita per sussurrargli all’orecchio qualche cosa come “sei forse geloso?” ed immediatamente il giovane si ritrasse diventando di tutti i colori fino a quando non riuscì a sentire le guance tornare fresce e rosee.

 

“No che non sono geloso! Sei tu quello che si fa i castelli in aria! E ora fammi pensare a qualcosa…”

 

Dee se la rise sotto i baffi mentre si godeva la cittadella curiosando davanti all’ingresso di qualche negozio per vedere che tipo di roba poteva mai produrre una società tanto strana come quella, ma si perse un tizio che, correndo verso di loro, andò a scontrarsi con la spalla di Arthur e questi mormorò qualcosa sconcertato per la fretta e per l’impertinenza di quel tizio dai capelli biondi tagliati di netto appena sotto l’orecchio.

 

“Tutto bene?” - chiese Dee tornando vicino ad Arthur per poi voltarsi a guardare il tizio che era venuto loro addosso continuare a correre. Scosse il capo e gli posò la mano sulla spalla - “So che tu ancora non credi alle mie parole ma se mi aiuterai a riprendere la mia roba potrò fornirti tutte le prove di cui necessiti. Quei bastardi li prenderò a calci nel culo dal primo all’ultimo, così vedremo un po’ a chi faranno quel cazzo di lavaggio del cervello.”

 

Le sue parole erano diventate da gentili a grossolane ed Arthur impallidì di fronte a quel linguaggio così scurrile, non era affatto abituato a sentire termini del genere e se ne vergognò profondamente cercando in tutti i modi di far calmare il ragazzo dai capelli lunghi.

 

“Parla più piano! Vuoi farti scoprire?! Hai mai sentito qui dire quelle cose? No. Quindi comportati di conseguenza.” - Arthur sospirò per poi indicargli un ponte - “Di là… la strada per  il Palazzo è questa. Nahuel lavora nei giardini della Madre, forse lui sa come farci entrare ma una volta dentro dovrai pensarci tu, non voglio che lui venga coinvoto in qualcosa di cui non ha alcun legame. Non dovresti nemmeno mettere me in mezzo… per essere pignoli…”

 

Dee fece finta di non averlo sentito parlare, sapeva benissimo che non doveva mettere nei problemi persone ignare e sapeva anche che avrebbe dovuto pagarne le conseguenze ma purtroppo per lui era un amante del rischio e quella causa se l’era legata al dito, non che avesse mai avuto dei principi di giustizia o una coscienza rivolta al sociale ma proprio non poteva buttar giù l’idea che nel mondo c’erano persone convinte di esser gli ultimi esseri umani e di dover adorare una bugia. Era il suo concetto di libertà che prevaleva e che lo aveva spinto a cacciarsi in quella situazione scomoda, con tanto di taglia sulla testa.


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Delle mani forti le stavano massaggiando le spalle mentre s’era lasciata andare alla sensazione di benessere e di piacere che quel bagno le stava offrendo, poteva semplicemente godersi ogni cosa senza il minimo disturbo fino a quando non sentì aprirsi la porta delle sue stanze.

Il ricordo di Ross era svanito con quel rumore inaspettato e l’incanto del passato s’era dissolto come nebbia al sole estivo.

La Madre aprì gli occhi e con uno sguardo irritato osservò uno dei suoi sommi sacerdoti entrare seguito da uno dei suoi servitori.

 

“Perdonate la mia intrusione, Madre, ma lo stratega desidera disquisire con voi.”

 

Con aria più che innervosita la Madre immerse una mano nell’acqua per poi tirar fuori la testa di un altro servitore tenendolo stretto per i capelli, questi si lasciò sfuggire un lamento mentre cercava di riprendere fiato ma lei lo scostò malamente facendolo quasi scontrare con il bordo della profonda vasca.

Si alzò sollevando un gran numero di gocce d’acqua che andarono a bagnare il pavimento di marmo tirato a lucido e senza il benché minimo pudore si mostrò al sacerdote che restò di certo sconvolto nel guardare il suo corpo nudo stupendosi di vedere che fosse un’ermafrodita.

Con grazia ed agilità la Madre uscì dal suo bagno restando in attesa che le fosse portata una leggera veste di lino per coprirsi e nonostante fosse ormai coperta con quella leggera tunica si poteva ancora vedere la sua erezione attraverso le trasparenze del lino.

 

“Spero che voglia riferirmi qualcosa di estremamente importante, non mi piace essere interrotto durante le mie faccende personali.”

 

Nessuno osò fiatare, nessuno osò anche solo pensare che parlava al maschile anche perchè la prova evidente era il suo sesso ambiguo ed il suo carattere possessivo ed aggressivo. Chi mai l’avrebbe detto che una così splendida creatura si sentisse più uomo che donna?

Il sacerdote lanciò un’occhiata al servitore che era stato fatto emergere dalla vasca con la forza e non poté fare a meno di arrossire al pensiero di quel che stava facendo tra le gambe della loro divinità.

Ai due servi se ne aggiungero altri che provvidero velocemente a sistemare ori e gioielli sulle braccia snelle della Madre mentre altri si occuparono dell’acconciarle i capelli fino a quando non fu pronta per ricevere lo stratega, una figura indispensabile per gestire quella popolazione verso i loro scopi, e non appena fece il suo ingresso la Madre non poté non inspirare il profumo degli incensi che sembravano far parte di quell’uomo.

La sua veste verde smeraldo ed il suo serpente dorato spiccavano in mezzo a tutto quello sfarzo in cui lei viveva ed il suo sorriso, freddo come il sangue di un rettile, colpì il suo sguardo come uno spillo.


“Perdonate la mia irruzione, ma credo che sia necessario il mio consiglio… molte cose stanno per cambiare, dico bene?”
   
 
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