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Autore: Cassie chan    27/09/2014    14 recensioni
MISSING MOMENT DI HAVE A LITTLE FAIRY TALE
Dal capitolo 44 di "Have a little fairy tale" : Ho scritto una lettera per Alex, ci ho messo due ore e non sapevo che dirgli perché neanche lo conosco. Poi ho cominciato a scrivere e non smettevo più. .
Prima di affrontare Adamar, con la coscienza di non tornare vivo, Draco scrive una lettera al figlio che non ha mai conosciuto.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie 'THE "HAVE A LITTLE FAIRY TALE" SAGA. '
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Questa storia nasce da una domanda “Ma la leggeremo mai la lettera che Draco ha scritto ad Alex?”.

Una domanda che mi ha fatto partorire in un pomeriggio mozzicato tutto questo.

Dedico quindi questa storia a Francesca, che mi fa sempre le domande migliori del mondo, anche se mi trascinano ad un passo dalla psicanalisi. E come sempre a tutte le ragazze di “Put a spell on her eyes”, semplicemente per essere quelle che sono.

La migliore cosa da augurare ad una pseudo scrittrice.

 

Ps: il titolo di questa storia mi è venuto trovando una traduzione in inglese. “Sanguine” significa sanguigno, ma anche fiducioso e speranzoso. Mi sembrava l’aggettivo migliore per  riassumere questa storia.

 

 

 

Come si scrive una lettera ad una persona che non conosci?

Ad una persona di cui non hai mai visto viso, occhi, mani?

Ad una persona di cui non conosci neanche la voce, o come saluta gli amici, se con la mano, oppure con un cenno frettoloso del capo; di cui non sai con che mano mangia e scrive, se con la destra o con la sinistra.

Come si parla a qualcuno di cui sai così poco che, forse, conosci meglio un vicino di casa, un postino, un estraneo?

Forse per parlare a qualcuno che non conosci, magari ci si presenta prima.

Mia madre avrebbe detto così: “Dì il tuo nome con voce chiara e netta senza incertezze, Draco. Sei un Malfoy… ed il mondo deve sapere con chi ha a che fare”.

Conoscendo la tua di madre, - perché lei invece la conosco meglio delle mie tasche - so che ti ha insegnato la stessa cosa. Con accenti diversi, sicuramente: te l’avrà insegnato perché “così si fa, così tutti vedono quanto sei educato, devi portare rispetto alla gente in modo da averlo a tua volta”.

Lei la conosco molto più di quanto conosco me stesso, ormai.

Ma certe volte mi spaventa come tutte le madri del mondo si somigliano sempre. Persino la mia di madre e la tua, che non potrebbero essere più diverse.

Presentarmi allora.

Ed è assurdo scrivere su questa pagina stupida: buongiorno, mi chiamo Draco Lucius Malfoy e sono tuo padre.

Mi hanno insegnato che ai figli non si scrivono lettere neanche in punto di morte.

E mi hanno insegnato che non ci si rivolge a loro con questa familiarità e confidenza. Neanche e forse soprattutto, quando poi nemmeno ci si conosce. Neanche e forse soprattutto, quando potremmo passarci accanto e non riconoscere lo stesso sangue che abbiamo nelle vene. Quindi, magari è anche inutile scrivere questa lettera idiota, perché sicuramente se pensi ad un padre, ti vengono in mente decine di persone prima di me. Perciò se anche crepo, scrollerai le spalle e tanto basta, come ho scrollato io le spalle quando è morto mio padre.

Malfoy sempre, fatti e finiti.

Quindi facciamo così: facciamo che non mi interessa di come maledizione si scrivono le lettere, facciamo anche finta che un giorno te ne fregherà qualcosa di sapere chi ero, facciamo anche finta che ai figli le lettere si scrivono.

E facciamo anche contenta tua madre, che sicuramente mi direbbe con quel suo sorriso che magari hai anche tu – o forse no, chi lo sa, sei un estraneo – che ho fatto bene e che così si fa.

Non riesco nemmeno ad immaginarti bambino come sei adesso: a modulare le mie parole perché tu le capisca e comprenda, così da avere un buon ricordo di me.

Per me sei una nebbia luminescente come una meteora che sguscia e sguizza, inafferrabile come un mistero buffo. Ti vedo già uomo, alto, grande. Con le spalle larghe, la schiena dritta, la barba rada: malato d’amore e rabbia, e reso orfano e pazzo dalla morte mia e di tua madre. Anzi: dalla morte di tua madre, facciamo anche che non ci diciamo pietose bugie.

Non si sente la mancanza di ciò che non si conosce. La mia non la sentirai, e credo forse che sia la sola cosa bella in questa storia. Non te ne sentire in colpa, mai.

Ho passato una vita a non rimpiangere mio padre.

Ed ho passato una vita a rimpiangere di non rimpiangerlo.

È un gioco stupido, spero che scocci te prima di quanto abbia scocciato me che ci ho giocato per più di vent’anni. Però io, contrariamente al mio di padre, sono come un vecchio pieno di rimpianti. Ed ho la metà degli anni che aveva lui, quando è morto. Quindi, ancora, sopporta questi rimpianti stantii.

Sopportali… Alexander.

Mi dà i brividi scrivere il tuo nome, è come afferrarti un po’, trattenerti da quella nebbia amorfa che sei. Tua madre mi ha detto che è il nome di suo padre, di tuo nonno. Ti ha legato a lei per sempre con questo nome. Ma ti chiami anche Leo. Ed un fratello di mia madre, nato morto, fu chiamato Leo.

Ti ha legato per sempre anche a me.

Credimi: ho sempre amato tua madre, proprio per questo. Perché rende vero tutto ciò che desidero, prima ancora che io capisca che cosa voglio sul serio.  

Mi è capitata nel cuore ancora prima che lo volessi.

Come te.

Non so davvero perché ti sto scrivendo, Alexander. Non è che abbia molto senso o logica o decoro. Non è che io, ora, scrivo quattro parole in croce, le bagno con qualche lacrima sparsa e, miracolosamente, la distanza tra noi si colma e si annienta in uno slancio post mortem di affetto paterno e figliare. 

Forse ti scrivo per questo senso di colpa marcio che ho dentro. O per chiederti scusa. O per farmi perdonare. O per dirti chi sono. O per lasciarti insegnamenti di cui spero tu non abbia mai bisogno. O tutte queste cose assieme.

Non è stata colpa mia non poterti vedere nascere. Se devo dirla tutta, in un modo che per il momento non sono neanche disposto ad ammettere con me stesso ma solo con te, non è stata neanche colpa di tua madre. Sicuramente ti avranno raccontato tutto: dei Karkaroff, dell’ossessione malata di Dimitri per tua madre, del suo rapimento quando ti aspettava ancora inconsapevole, della fuga in Italia. E tu magari ti sei chiesto io dove dannazione fossi, perché non fossi corso a salvare tua madre e te, perché non l’abbia cercata, perché non le abbia stretto la mano mentre ti faceva venire al mondo.

Ed eccotelo qui, il mio primo insegnamento, Alexander.

L’amore non è la puttanata incrollabile ed inossidabile che ti raccontano le fiabe. L’amore fallisce, deperisce, marcisce: come noi. Mentre tua madre era prigioniera, mentre tu nascevi, mentre vivevi e crescevi, io non ho sentito dentro la sensazione che qualcosa stesse accadendo e che tua madre avesse bisogno di me, come una sorta di premonizione. Ero concentrato su me stesso, sul mio dolore, sulla mia rabbia, sulla mia sofferenza: sull’odio che provavo per lei, che mi aveva lasciato, ma che non sapevo smettere, mai, di amare. Mai.

Ed allora l’amore lo maledici, Alexander, ti fa schifo. E lo sporchi, infetti, guasti. E io l’ho fatto con la donna che ti ha rapito, Raissa Karkaroff.

Con lei ho vissuto cinque anni di stasi addormentata, dove bastava stare bene un giorno per tirare a campare per un mese intero.

Dove era lei, ma poteva essere un’altra.

Dove poteva essere un’altra, ma non era mai quella che volevo.

E quella che volevo è sempre stata tua madre, Alexander.

Non ho smesso un secondo di volere tua madre.

E spero sempre che tu non provi mai questo delirio: volere una persona che non puoi avere, neanche pregando, neanche maledicendo, neanche sperando, neanche bestemmiando.

Una carezza, una parola gentile, una notte diversa, allora, ti rendono supplice e schiavo come un mendicante coperto di stracci. Ed un Malfoy non mendica.

Io avevo Raissa.

Mi sono aggrappato a lei con tutte le mie forze, come un dannato pezzente. E così, se anche un segno del mio grande amore fosse sopravvissuto e mi avesse urlato nella testa che potevo avere un figlio da qualche parte, io l’avrei messo a tacere, soffocando nell’inedia di quel sentimento rattrappito che mi faceva scordare che tua madre era esistita. Ed allora quando in fondo lo sai che ti sei fatto schifo da solo per aver ammazzato giorno per giorno con cupa e preminente soddisfazione, il sentimento che professavi eterno ed incrollabile, quando hai già raggiunto le vette del disgusto per te stesso… che cosa ti importa che quella è anche un’assassina?

Non sono un santo, Alexander.

L’eccezione alla mia regola nello scegliere le donne, non è Raissa.

È tua madre.

Se le mie frequentazioni fossero state migliori, se le mie scelte in fatto di amicizie e compagnie fossero state oculate ed azzeccate, metà degli errori della mia vita non sarebbero esistiti. La madre di tua sorella Serenity sarebbe ancora viva. Così come il suo vero padre. Non sarei stato un aspirante Mangiamorte.

Quella delle scelte giuste, è sempre stata tua madre, non io: quella che ti ha scelto come padre sostituto Lenticc Weasley Ronald, che per te è stato quanto di migliore ci poteva essere, date le circostanze. Io, invece, sono stato con una donna che ti ha rapito e minaccia la tua vita, nonché quella di tua sorella.

In fondo, per me non è una novità, condannare con le mie scelte chi mi sta vicino. Speravo solo che, da quella scelta infinitamente giusta di amare tua madre, avessi perso il vizio e il gusto per le scelte sbagliate.

Ed invece, a quanto pare, non è così, Alexander.

Tu te la caverai, a prezzo della nostra morte , dicono. Ma te la caverai. Quindi, magari, è un stato un errore venale il mio che pago adeguatamente, secondo il giusto. Ma tua madre, almeno quest’errore non doveva pagarlo con me.

E io te lo giuro, Alexander: te lo giuro come l’uomo che non sono, e non come un Malfoy. Se ci sarà anche una sola possibilità di riportarla da te, morirò per questo.

Accetta questa sola promessa, da parte mia.

Per mia natura, non so minimamente che cosa può dire un padre ad un figlio che non conosce. Non so nemmeno e neanche se un Malfoy potrebbe e dovrebbe scrivere una lettera così ad un figlio.

So invece, per mia diretta esperienza, che cosa un figlio vorrebbe sapere da un padre. Se sono riuscito a rispondere alla tua domanda sul perché, nella tua vita, non ci sono mai stato e perché, al posto di tua madre, c’è stata quella che ti ruba ora libertà e pace, allora so anche che ti stai chiedendo adesso.

Sei nato da me in modo non programmato e casuale: ma se avessi potuto scegliere, ti avrei voluto?

Sì. Per sempre, direi sì, Alexander, non dubitarne mai.

Avere un figlio da tua madre, è una fantasia che non mi sono mai concesso. E pensare di avere un figlio mio, è ancora qualcosa che non mi sono permesso di desiderare. Ho sempre camminato su un terreno argilloso e paludoso, dove ogni mia volizione per il futuro mi sembrava una specie di arzigogolato gioco dialettico dove mi punivo in anticipo per quello che, sicuramente, mi avrebbero tolto.

Però, appena ho saputo di te, ho scoperto che quel desiderio, io, l’ho sempre avuto. Inesausto, inascoltato, inespresso ed inesprimibile… ma sempre lì era.

Lo vedi che tua madre realizza ciò che voglio anche prima che io stesso lo sappia?

Avere qualcuno che mi assomigli, mi faccia eco e specchio, è il desiderio fondo di ogni uomo. Avere qualcuno da educare alla nobiltà, alla virilità, all’orgoglio, è invece il bisogno estremo di ogni Malfoy. Avere qualcuno che mescoli nel sangue me stesso con la donna che ho sempre amato, purificando quello che sono in una forma da miracolo divino, come deve essere un Malfoy coraggioso, forte, intelligente e generoso, invece, è il desiderio di uno che si è innamorato di Hermione Granger.

Da quando ho saputo di te, ho saputo anche che non avrei davvero potuto avere un figlio da un’altra donna, neanche avendo mille anni e mille vite a disposizione. Ci hanno detto, a me e a tua madre, che sei nato anche per volontà di Adamar, che ha facilitato il tuo concepimento per dare un figlio mio ad Astoria Greengrass. Bè, Alexander, se avessi saputo che Adamar poteva farmi avere un figlio da Hermione Granger, forse lo avrei espresso io stesso questo desiderio.

Sei la sola cosa importante nella mia vita, adesso, con tua sorella.

E stanne certo: questo, un Malfoy a suo figlio non l’ha mai detto prima di ora.

So già e ancora che cos’altro ti stai chiedendo.

Come saresti cambiato se ci fossi stato io con te adesso o cinque anni fa, o in futuro, quando leggerai questa lettera e io, molto probabilmente, sarò morto per la maledetta prova con questo demone.

Ti saresti chiamato lo stesso Alexander, lo so. Tua madre mi avrebbe dato il tormento, se si era messa quest’idea nella testa. Avrebbe puntato i piedi, fatto quella faccia da pesce palla che conosci anche tu da quanto mi ha detto, e che ti posso garantire che è un tormento per il sistema nervoso centrale di ogni uomo. Le avrei dato questa soddisfazione per farla stare zitta e per prevenire la sequenza di ricatti e contrattazioni, a cui mi avrebbe sottoposto. Se non te la ricordi più tua madre, o se è sopravvissuta grazie a Dio, ed è fortunatamente cambiata ed invecchiata, te lo dico io, Alexander: lei vince sempre in questo gioco. Se vuole una cosa, la ottiene. È perfettamente capace di portare avanti una contrattazione per mesi, fino a quando, come in un assedio per fame, cedi su tutta la linea.

Quindi, mia volontà o meno, se ti dovevi chiamare Alexander, così ti avremmo chiamato. Però, a dirla tutta, mi piace come ti chiami. È un nome babbano d’accordo, ma in fondo sei un Mezzosangue, pace ai miei antenati. Ma è un nome da imperatore, da zar, da sovrano: ed un Malfoy, nel palcoscenico della vita, non può ambire a niente di meno.

Se ci fossi stato, chiedi… come saresti cambiato… come sarei stato con te… fa veramente schifo parlarne, Alexander. Davvero. Perché comunque vada, non ti avrò indietro mai: passi, parole, gorgheggi, risate, lacrime, scatti d’ira, giochi… li hai già spesi prima di me. Si sono già srotolati pigri, sono già prede della memoria ed incanto di rimpianto per me… ma, magari, nella fantasia di me che scrivo e te che leggi, possiamo avere un po’ di quello che non abbiamo avuto.

E se non ti serve a niente tutto questo… tira dritto, chiamami idiota ed andiamo avanti. In fondo, non cambierà niente.

Se ci fossi stato io, con buona pace di tua madre, avresti letto meno e saresti stato di più in giardino a giocare. Conoscendomi, non avresti neanche compiuto un anno ed avresti avuto già il tuo primo manico di scopa, di nuovo con buona pace di tua madre. Ti avrei spalleggiato nella tua crociata contro la verdura, specie quella arancione che mi dà l’ansia, perché mi ricorda non mi piace affatto. Ti  avrei viziato in modo vergognoso, perché tutti gli altri patetici padri con i loro inconsistenti figli, dovevano sbattersi dall’invidia e riconoscere in me e in te i migliori. Però, non appena tua madre ti avesse rimproverato per qualcosa, le avrei dato manforte immediatamente, sebbene pensassi che esagerasse o fosse troppo severa, perché sarei sempre stato convinto che lei era quelle delle scelte giuste, non io. Avresti avuto una camera verde ed argento, ma tua madre sicuramente avrebbe fatto storie, ed allora avremmo concordato sull’azzurro. Non ti avrei portato a pattinare, perché altrimenti avresti scoperto che ruzzolo come un idiota qualunque, ed un po’ della mia aura di fascino si sarebbe dissolta. Ma ti avrei insegnato a giocare a Quidditch, a nuotare, a tirare le punizioni a calcio, che, non so perché, ma è un mio talento particolare. Recite scolastiche, saggi musicali, partite: non me ne sarei perso una. E se me la fossi persa, tua madre doveva fare foto e video e diffonderli online, così che tutti sapessero che razza di figlio meraviglia avevamo messo al mondo. E se poi avessi perso… l’avrei preso come un affronto personale, avrei messo un teatrino con arbitri ed insegnanti, finché tua madre mi avrebbe ricordato a suon di meravigliose parole gentili, che ero un imbecille. Avrei lasciato a lei il discorso su come nascono i bambini. Avrei lasciato a lei anche i consigli sul tuo primo amore. Ne sarebbe stata più in grado di me, ha un cuore migliore del mio e parole più pure e sane. Ma è un incapace tua madre nel fare il nodo alla cravatta, e ci avrei pensato io il tuo primo giorno ad Hogwarts, che non sia mai che un Malfoy vada in giro come un Thomas qualunque disordinato.

Avrei accettato qualsiasi Casa dove fossi finito, basta che non fosse stata Tassorosso. Avrei accettato qualsiasi ragazza ti fossi innamorato, non prima che tua madre non me ne avesse fatto un degno resoconto.

E poi…

Poi non so dirti che nonno sarei stato, che suocero o che altro… ci sarebbe stata tua madre, e tanto bastava.

 

 

Ci ho messo un po’ a continuare, Alexander, dopo averti detto questo.

In fondo, avevi ragione o ce l’avevo io, non so. Comunque non serviva a niente fantasticare su queste cose. Fa male e probabilmente ne farà sempre.

O meglio ne farà fino a domani, quando sarò morto.

A te, spero che non farà male mai, spero di non mancarti, spero che Thomas e Pansy si siano presi cura di te al punto che non ti manchi mai niente. E se anche ti manco, se anche mi cerchi, ti chiedo scusa di non esserci stato.

Ti chiedo scusa di essere morto così, e di essermi trascinato dietro tua madre, se lei non c’è più ed è morta con me. Ti chiedo scusa per ogni cosa di cui, a ragione, negli anni mi darai la colpa e che ora, purtroppo, non posso immaginare e rendertela inoffensiva. E ti chiedo scusa di non essere stato il padre che meritavi.

Il padre che meritavi, era il padre migliore del mondo. Il padre che avresti avuto, sarebbe stato il padre meno infallibile del mondo.

Il padre che, in fondo dovevo essere, era esserlo e basta.

Ma hai il mio sangue, Alexander: il mio orgoglio, la mia presunzione, la mia arroganza. E la bontà, il coraggio e la determinazione di tua madre. Tirerai dritto, ce la farai, diventerai la persona che non sono mai diventato. E spero che, in tutto questo, serberai uno spazio intonso di rancore per me.

Se provi indifferenza, è giusta.

È il risentimento che me lo sentirei echeggiare da ogni parte dell’inferno.

Prenditi cura di tua sorella.

Ha avuto solo me. Solo me, e non so se sia mai davvero stato un bene.

Proteggila, custodiscila, amala, come se fosse carne della mia carne. Lo è stata, lo è. Nulla potrebbe farmi dire il contrario. Fa che non si getti sul primo uomo che capita, specie se è uno straccione che non è neanche la polvere delle sue scarpe.

Mi raccomando, Alexander. La affido a te.

So che cos’altro ti stai chiedendo, so anche che non ho voluto rispondere fino ad ora. So che rispondere sarebbe stato un altro inutile e raffinato esercizio masochistico. E so anche che, se non te lo dico, tu ci penserai per sempre, sentendoti il malato e marcio frutto di qualcosa di altrettanto malato e marcio.

So che vuoi sapere. Eccotela la risposta.

Tua madre è la cosa più bella che mi sia capitata, nonostante tutto.

Oggi morirò con la consapevolezza che, se lei non ci fosse stata, la mia vita sarebbe proseguita per anni e decenni senza sapere minimamente che cosa avesse senso.

Ora dorme vicino a me, Alexander, manca poco all’alba che ci consacrerà vittime designate.

Ed è bellissima come il giorno in cui l’ho baciata per la prima volta.

Arriccia sempre il naso quando dorme, si prende tutto lo spazio nel letto e mi relega, come una sovrana spodestata, al margine del materasso. E non ti dico come sono diventati i suoi capelli: se avesse preso la scossa li avrebbe più ordinati. Per non parlare di quando si sveglia ed inizia a parlare, pretendendo che io capisca tutto come se fossi pienamente lucido, e poi si offende, e si arrabbia, ed inizia a borbottare con quella faccia da pesce palla. Ed io chiedo solo tregua per svegliarmi, e non sia mai che lo capisca.

Ho vissuto solo dieci giorni con lei, eppure mi sembra che siamo stati sposati quindici anni, talmente mi ha traumatizzato.

L’avrai capito, no, Alexander?

Sarò sempre innamorato follemente di tua madre.

L’ho sempre amata.

Forse anche prima di rendermene conto e di sapere che era lei che volevo.

A te lo posso dire, prima di ammetterlo a me stesso e a lei. Prima di permettere che la rabbia e il rancore mi accechino, assieme alla gelosia per l’altro uomo che lei ha nella testa, e che ammazzerei con le mie mani. E quello, almeno, Alexander… va bene Weasl Ronald, va bene anche Thomas… ma Radcenko, per favore, tienilo alla larga.

Dicevo, a te posso dirlo.

Tanto, probabilmente, neanche la vorrai leggere questa lettera. E se anche la stai leggendo, non te ne frega niente. E se te ne frega qualcosa, allora è giusto che tu lo sappia.

La amo, figlio mio. Adoro tua madre qualsiasi cosa faccia o dica.

Nulla, neanche lei stessa, neanche i Karkaroff, neanche Adamar, neanche la morte, me la strapperanno dal cuore. Nulla.

Non esiste più un Draco Malfoy che non ami Hermione Granger.

Lei non lo sa, non lo saprà, non posso neanche immaginare se ora, mentre dorme, pensa che ciò sia ancora possibile. Che io l’ami ancora.

Ma lo sai tu. E per morire sereno questo basta.

Ti voglio b

Sii felice, Alexander. E, per la mia sola volta nella vita, lascia che mi firmi così.

 

 

 

Papà.

   
 
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