Questa storia nasce da una domanda “Ma la leggeremo mai la lettera che
Draco ha scritto ad Alex?”.
Una domanda che mi ha fatto partorire in un pomeriggio mozzicato tutto
questo.
Dedico quindi questa storia a Francesca, che mi fa sempre le domande
migliori del mondo, anche se mi trascinano ad un passo dalla psicanalisi. E
come sempre a tutte le ragazze di “Put a spell on her eyes”, semplicemente per
essere quelle che sono.
La migliore cosa da augurare ad una pseudo scrittrice.
Ps: il titolo di questa storia mi è venuto trovando una traduzione in
inglese. “Sanguine” significa sanguigno, ma anche fiducioso e speranzoso. Mi
sembrava l’aggettivo migliore per
riassumere questa storia.
Come si scrive una lettera ad una persona che non
conosci?
Ad una
persona di cui non hai mai visto viso, occhi, mani?
Ad una
persona di cui non conosci neanche la voce, o come saluta gli amici, se con la
mano, oppure con un cenno frettoloso del capo; di cui non sai con che mano
mangia e scrive, se con la destra o con la sinistra.
Come si
parla a qualcuno di cui sai così poco che, forse, conosci meglio un vicino di
casa, un postino, un estraneo?
Forse
per parlare a qualcuno che non conosci, magari ci si presenta prima.
Mia
madre avrebbe detto così: “Dì il tuo nome con voce chiara e netta senza
incertezze, Draco. Sei un Malfoy… ed il mondo deve sapere con chi ha a che
fare”.
Conoscendo
la tua di madre, - perché lei invece la conosco meglio delle mie tasche - so
che ti ha insegnato la stessa cosa. Con accenti diversi, sicuramente: te l’avrà
insegnato perché “così si fa, così tutti vedono quanto sei educato, devi
portare rispetto alla gente in modo da averlo a tua volta”.
Lei la
conosco molto più di quanto conosco me stesso, ormai.
Ma
certe volte mi spaventa come tutte le madri del mondo si somigliano sempre.
Persino la mia di madre e la tua, che non potrebbero essere più diverse.
Presentarmi
allora.
Ed è
assurdo scrivere su questa pagina stupida: buongiorno, mi chiamo Draco Lucius
Malfoy e sono tuo padre.
Mi
hanno insegnato che ai figli non si scrivono lettere neanche in punto di morte.
E mi
hanno insegnato che non ci si rivolge a loro con questa familiarità e
confidenza. Neanche e forse soprattutto, quando poi nemmeno ci si conosce. Neanche
e forse soprattutto, quando potremmo passarci accanto e non riconoscere lo
stesso sangue che abbiamo nelle vene. Quindi, magari è anche inutile scrivere
questa lettera idiota, perché sicuramente se pensi ad un padre, ti vengono in
mente decine di persone prima di me. Perciò se anche crepo, scrollerai le
spalle e tanto basta, come ho scrollato io le spalle quando è morto mio padre.
Malfoy
sempre, fatti e finiti.
Quindi
facciamo così: facciamo che non mi interessa di come maledizione si scrivono le
lettere, facciamo anche finta che un giorno te ne fregherà qualcosa di sapere
chi ero, facciamo anche finta che ai figli le lettere si scrivono.
E facciamo
anche contenta tua madre, che sicuramente mi direbbe con quel suo sorriso che
magari hai anche tu – o forse no, chi lo sa, sei un estraneo – che ho fatto
bene e che così si fa.
Non
riesco nemmeno ad immaginarti bambino come sei adesso: a modulare le mie parole
perché tu le capisca e comprenda, così da avere un buon ricordo di me.
Per me
sei una nebbia luminescente come una meteora che sguscia e sguizza,
inafferrabile come un mistero buffo. Ti vedo già uomo, alto, grande. Con le
spalle larghe, la schiena dritta, la barba rada: malato d’amore e rabbia, e
reso orfano e pazzo dalla morte mia e di tua madre. Anzi: dalla morte di tua
madre, facciamo anche che non ci diciamo pietose bugie.
Non si
sente la mancanza di ciò che non si conosce. La mia non la sentirai, e credo
forse che sia la sola cosa bella in questa storia. Non te ne sentire in colpa,
mai.
Ho
passato una vita a non rimpiangere mio padre.
Ed ho
passato una vita a rimpiangere di non rimpiangerlo.
È un
gioco stupido, spero che scocci te prima di quanto abbia scocciato me che ci ho
giocato per più di vent’anni. Però io, contrariamente al mio di padre, sono
come un vecchio pieno di rimpianti. Ed ho la metà degli anni che aveva lui,
quando è morto. Quindi, ancora, sopporta questi rimpianti stantii.
Sopportali…
Alexander.
Mi dà i
brividi scrivere il tuo nome, è come afferrarti un po’, trattenerti da quella
nebbia amorfa che sei. Tua madre mi ha detto che è il nome di suo padre, di tuo
nonno. Ti ha legato a lei per sempre con questo nome. Ma ti chiami anche Leo.
Ed un fratello di mia madre, nato morto, fu chiamato Leo.
Ti ha
legato per sempre anche a me.
Credimi:
ho sempre amato tua madre, proprio per questo. Perché rende vero tutto ciò che
desidero, prima ancora che io capisca che cosa voglio sul serio.
Mi è
capitata nel cuore ancora prima che lo volessi.
Come
te.
Non so
davvero perché ti sto scrivendo, Alexander. Non è che abbia molto senso o
logica o decoro. Non è che io, ora, scrivo quattro parole in croce, le bagno
con qualche lacrima sparsa e, miracolosamente, la distanza tra noi si colma e
si annienta in uno slancio post mortem di affetto paterno e figliare.
Forse
ti scrivo per questo senso di colpa marcio che ho dentro. O per chiederti scusa.
O per farmi perdonare. O per dirti chi sono. O per lasciarti insegnamenti di
cui spero tu non abbia mai bisogno. O tutte queste cose assieme.
Non è
stata colpa mia non poterti vedere nascere. Se devo dirla tutta, in un modo che
per il momento non sono neanche disposto ad ammettere con me stesso ma solo con
te, non è stata neanche colpa di tua madre. Sicuramente ti avranno raccontato
tutto: dei Karkaroff, dell’ossessione malata di Dimitri per tua madre, del suo
rapimento quando ti aspettava ancora inconsapevole, della fuga in Italia. E tu
magari ti sei chiesto io dove dannazione fossi, perché non fossi corso a
salvare tua madre e te, perché non l’abbia cercata, perché non le abbia stretto
la mano mentre ti faceva venire al mondo.
Ed
eccotelo qui, il mio primo insegnamento, Alexander.
L’amore
non è la puttanata incrollabile ed inossidabile che ti raccontano le fiabe.
L’amore fallisce, deperisce, marcisce: come noi. Mentre tua madre era
prigioniera, mentre tu nascevi, mentre vivevi e crescevi, io non ho sentito
dentro la sensazione che qualcosa stesse accadendo e che tua madre avesse
bisogno di me, come una sorta di premonizione. Ero concentrato su me stesso,
sul mio dolore, sulla mia rabbia, sulla mia sofferenza: sull’odio che provavo
per lei, che mi aveva lasciato, ma che non sapevo smettere, mai, di amare. Mai.
Ed
allora l’amore lo maledici, Alexander, ti fa schifo. E lo sporchi, infetti,
guasti. E io l’ho fatto con la donna che ti ha rapito, Raissa Karkaroff.
Con lei
ho vissuto cinque anni di stasi addormentata, dove bastava stare bene un giorno
per tirare a campare per un mese intero.
Dove
era lei, ma poteva essere un’altra.
Dove
poteva essere un’altra, ma non era mai quella che volevo.
E
quella che volevo è sempre stata tua madre, Alexander.
Non ho
smesso un secondo di volere tua madre.
E spero
sempre che tu non provi mai questo delirio: volere una persona che non puoi
avere, neanche pregando, neanche maledicendo, neanche sperando, neanche
bestemmiando.
Una
carezza, una parola gentile, una notte diversa, allora, ti rendono supplice e
schiavo come un mendicante coperto di stracci. Ed un Malfoy non mendica.
Io
avevo Raissa.
Mi sono
aggrappato a lei con tutte le mie forze, come un dannato pezzente. E così, se
anche un segno del mio grande amore fosse sopravvissuto e mi avesse urlato
nella testa che potevo avere un figlio da qualche parte, io l’avrei messo a
tacere, soffocando nell’inedia di quel sentimento rattrappito che mi faceva
scordare che tua madre era esistita. Ed allora quando in fondo lo sai che ti
sei fatto schifo da solo per aver ammazzato giorno per giorno con cupa e
preminente soddisfazione, il sentimento che professavi eterno ed incrollabile,
quando hai già raggiunto le vette del disgusto per te stesso… che cosa ti
importa che quella è anche un’assassina?
Non
sono un santo, Alexander.
L’eccezione
alla mia regola nello scegliere le donne, non è Raissa.
È tua
madre.
Se le
mie frequentazioni fossero state migliori, se le mie scelte in fatto di amicizie
e compagnie fossero state oculate ed azzeccate, metà degli errori della mia
vita non sarebbero esistiti. La madre di tua sorella Serenity sarebbe ancora
viva. Così come il suo vero padre. Non sarei stato un aspirante Mangiamorte.
Quella
delle scelte giuste, è sempre stata tua madre, non io: quella che ti ha scelto
come padre sostituto Lenticc Weasley Ronald,
che per te è stato quanto di migliore ci poteva essere, date le circostanze.
Io, invece, sono stato con una donna che ti ha rapito e minaccia la tua vita,
nonché quella di tua sorella.
In
fondo, per me non è una novità, condannare con le mie scelte chi mi sta vicino.
Speravo solo che, da quella scelta infinitamente giusta di amare tua madre,
avessi perso il vizio e il gusto per le scelte sbagliate.
Ed
invece, a quanto pare, non è così, Alexander.
Tu te
la caverai, a prezzo della nostra morte , dicono. Ma te la caverai. Quindi,
magari, è un stato un errore venale il mio che pago adeguatamente, secondo il
giusto. Ma tua madre, almeno quest’errore non doveva pagarlo con me.
E io te
lo giuro, Alexander: te lo giuro come l’uomo che non sono, e non come un
Malfoy. Se ci sarà anche una sola possibilità di riportarla da te, morirò per
questo.
Accetta
questa sola promessa, da parte mia.
Per mia
natura, non so minimamente che cosa può dire un padre ad un figlio che non
conosce. Non so nemmeno e neanche se un Malfoy potrebbe e dovrebbe scrivere una
lettera così ad un figlio.
So
invece, per mia diretta esperienza, che cosa un figlio vorrebbe sapere da un
padre. Se sono riuscito a rispondere alla tua domanda sul perché, nella tua
vita, non ci sono mai stato e perché, al posto di tua madre, c’è stata quella
che ti ruba ora libertà e pace, allora so anche che ti stai chiedendo adesso.
Sei nato
da me in modo non programmato e casuale: ma se avessi potuto scegliere, ti
avrei voluto?
Sì. Per
sempre, direi sì, Alexander, non dubitarne mai.
Avere
un figlio da tua madre, è una fantasia che non mi sono mai concesso. E pensare
di avere un figlio mio, è ancora qualcosa che non mi sono permesso di
desiderare. Ho sempre camminato su un terreno argilloso e paludoso, dove ogni
mia volizione per il futuro mi sembrava una specie di arzigogolato gioco
dialettico dove mi punivo in anticipo per quello che, sicuramente, mi avrebbero
tolto.
Però,
appena ho saputo di te, ho scoperto che quel desiderio, io, l’ho sempre avuto.
Inesausto, inascoltato, inespresso ed inesprimibile… ma sempre lì era.
Lo vedi
che tua madre realizza ciò che voglio anche prima che io stesso lo sappia?
Avere
qualcuno che mi assomigli, mi faccia eco e specchio, è il desiderio fondo di
ogni uomo. Avere qualcuno da educare alla nobiltà, alla virilità, all’orgoglio,
è invece il bisogno estremo di ogni Malfoy. Avere qualcuno che mescoli nel
sangue me stesso con la donna che ho sempre amato, purificando quello che sono
in una forma da miracolo divino, come deve essere un Malfoy coraggioso, forte,
intelligente e generoso, invece, è il desiderio di uno che si è innamorato di
Hermione Granger.
Da
quando ho saputo di te, ho saputo anche che non avrei davvero potuto avere un
figlio da un’altra donna, neanche avendo mille anni e mille vite a
disposizione. Ci hanno detto, a me e a tua madre, che sei nato anche per
volontà di Adamar, che ha facilitato il tuo concepimento per dare un figlio mio
ad Astoria Greengrass. Bè, Alexander, se avessi saputo che Adamar poteva farmi
avere un figlio da Hermione Granger, forse lo avrei espresso io stesso questo
desiderio.
Sei la
sola cosa importante nella mia vita, adesso, con tua sorella.
E
stanne certo: questo, un Malfoy a suo figlio non l’ha mai detto prima di ora.
So già
e ancora che cos’altro ti stai chiedendo.
Come
saresti cambiato se ci fossi stato io con te adesso o cinque anni fa, o in
futuro, quando leggerai questa lettera e io, molto probabilmente, sarò morto
per la maledetta prova con questo demone.
Ti
saresti chiamato lo stesso Alexander, lo so. Tua madre mi avrebbe dato il
tormento, se si era messa quest’idea nella testa. Avrebbe puntato i piedi,
fatto quella faccia da pesce palla che conosci anche tu da quanto mi ha detto,
e che ti posso garantire che è un tormento per il sistema nervoso centrale di
ogni uomo. Le avrei dato questa soddisfazione per farla stare zitta e per
prevenire la sequenza di ricatti e contrattazioni, a cui mi avrebbe sottoposto.
Se non te la ricordi più tua madre, o se è sopravvissuta grazie a Dio, ed è
fortunatamente cambiata ed invecchiata, te lo dico io, Alexander: lei vince
sempre in questo gioco. Se vuole una cosa, la ottiene. È perfettamente capace
di portare avanti una contrattazione per mesi, fino a quando, come in un
assedio per fame, cedi su tutta la linea.
Quindi,
mia volontà o meno, se ti dovevi chiamare Alexander, così ti avremmo chiamato.
Però, a dirla tutta, mi piace come ti chiami. È un nome babbano d’accordo, ma
in fondo sei un Mezzosangue, pace ai miei antenati. Ma è un nome da imperatore,
da zar, da sovrano: ed un Malfoy, nel palcoscenico della vita, non può ambire a
niente di meno.
Se ci
fossi stato, chiedi… come saresti cambiato… come sarei stato con te… fa
veramente schifo parlarne, Alexander. Davvero. Perché comunque vada, non ti
avrò indietro mai: passi, parole, gorgheggi, risate, lacrime, scatti d’ira,
giochi… li hai già spesi prima di me. Si sono già srotolati pigri, sono già
prede della memoria ed incanto di rimpianto per me… ma, magari, nella fantasia
di me che scrivo e te che leggi, possiamo avere un po’ di quello che non
abbiamo avuto.
E se
non ti serve a niente tutto questo… tira dritto, chiamami idiota ed andiamo
avanti. In fondo, non cambierà niente.
Se ci
fossi stato io, con buona pace di tua madre, avresti letto meno e saresti stato
di più in giardino a giocare. Conoscendomi, non avresti neanche compiuto un
anno ed avresti avuto già il tuo primo manico di scopa, di nuovo con buona pace
di tua madre. Ti avrei spalleggiato nella tua crociata contro la verdura,
specie quella arancione che mi dà l’ansia, perché mi ricorda non mi
piace affatto. Ti avrei viziato in modo
vergognoso, perché tutti gli altri patetici padri con i loro inconsistenti
figli, dovevano sbattersi dall’invidia e riconoscere in me e in te i migliori.
Però, non appena tua madre ti avesse rimproverato per qualcosa, le avrei dato
manforte immediatamente, sebbene pensassi che esagerasse o fosse troppo severa,
perché sarei sempre stato convinto che lei era quelle delle scelte giuste, non
io. Avresti avuto una camera verde ed argento, ma tua madre sicuramente avrebbe
fatto storie, ed allora avremmo concordato sull’azzurro. Non ti avrei portato a
pattinare, perché altrimenti avresti scoperto che ruzzolo come un idiota
qualunque, ed un po’ della mia aura di fascino si sarebbe dissolta. Ma ti avrei
insegnato a giocare a Quidditch, a nuotare, a tirare le punizioni a calcio,
che, non so perché, ma è un mio talento particolare. Recite scolastiche, saggi
musicali, partite: non me ne sarei perso una. E se me la fossi persa, tua madre
doveva fare foto e video e diffonderli online, così che tutti sapessero che
razza di figlio meraviglia avevamo messo al mondo. E se poi avessi perso… l’avrei
preso come un affronto personale, avrei messo un teatrino con arbitri ed
insegnanti, finché tua madre mi avrebbe ricordato a suon di meravigliose parole
gentili, che ero un imbecille. Avrei lasciato a lei il discorso su come nascono
i bambini. Avrei lasciato a lei anche i consigli sul tuo primo amore. Ne
sarebbe stata più in grado di me, ha un cuore migliore del mio e parole più
pure e sane. Ma è un incapace tua madre nel fare il nodo alla cravatta, e ci
avrei pensato io il tuo primo giorno ad Hogwarts, che non sia mai che un Malfoy
vada in giro come un Thomas qualunque disordinato.
Avrei
accettato qualsiasi Casa dove fossi finito, basta che non fosse stata
Tassorosso. Avrei accettato qualsiasi ragazza ti fossi innamorato, non prima
che tua madre non me ne avesse fatto un degno resoconto.
E poi…
Poi non
so dirti che nonno sarei stato, che suocero o che altro… ci sarebbe stata tua
madre, e tanto bastava.
Ci ho
messo un po’ a continuare, Alexander, dopo averti detto questo.
In
fondo, avevi ragione o ce l’avevo io, non so. Comunque non serviva a niente
fantasticare su queste cose. Fa male e probabilmente ne farà sempre.
O
meglio ne farà fino a domani, quando sarò morto.
A te,
spero che non farà male mai, spero di non mancarti, spero che Thomas e Pansy si
siano presi cura di te al punto che non ti manchi mai niente. E se anche ti
manco, se anche mi cerchi, ti chiedo scusa di non esserci stato.
Ti
chiedo scusa di essere morto così, e di essermi trascinato dietro tua madre, se
lei non c’è più ed è morta con me. Ti chiedo scusa per ogni cosa di cui, a
ragione, negli anni mi darai la colpa e che ora, purtroppo, non posso
immaginare e rendertela inoffensiva. E ti chiedo scusa di non essere stato il
padre che meritavi.
Il
padre che meritavi, era il padre migliore del mondo. Il padre che avresti
avuto, sarebbe stato il padre meno infallibile del mondo.
Il
padre che, in fondo dovevo essere, era esserlo e basta.
Ma hai
il mio sangue, Alexander: il mio orgoglio, la mia presunzione, la mia
arroganza. E la bontà, il coraggio e la determinazione di tua madre. Tirerai
dritto, ce la farai, diventerai la persona che non sono mai diventato. E spero
che, in tutto questo, serberai uno spazio intonso di rancore per me.
Se provi
indifferenza, è giusta.
È il
risentimento che me lo sentirei echeggiare da ogni parte dell’inferno.
Prenditi
cura di tua sorella.
Ha
avuto solo me. Solo me, e non so se sia mai davvero stato un bene.
Proteggila,
custodiscila, amala, come se fosse carne della mia carne. Lo è stata, lo è.
Nulla potrebbe farmi dire il contrario. Fa che non si getti sul primo uomo che
capita, specie se è uno straccione che non è neanche la polvere delle sue
scarpe.
Mi
raccomando, Alexander. La affido a te.
So che
cos’altro ti stai chiedendo, so anche che non ho voluto rispondere fino ad ora.
So che rispondere sarebbe stato un altro inutile e raffinato esercizio
masochistico. E so anche che, se non te lo dico, tu ci penserai per sempre,
sentendoti il malato e marcio frutto di qualcosa di altrettanto malato e
marcio.
So che
vuoi sapere. Eccotela la risposta.
Tua
madre è la cosa più bella che mi sia capitata, nonostante tutto.
Oggi
morirò con la consapevolezza che, se lei non ci fosse stata, la mia vita
sarebbe proseguita per anni e decenni senza sapere minimamente che cosa avesse
senso.
Ora
dorme vicino a me, Alexander, manca poco all’alba che ci consacrerà vittime
designate.
Ed è
bellissima come il giorno in cui l’ho baciata per la prima volta.
Arriccia
sempre il naso quando dorme, si prende tutto lo spazio nel letto e mi relega,
come una sovrana spodestata, al margine del materasso. E non ti dico come sono
diventati i suoi capelli: se avesse preso la scossa li avrebbe più ordinati.
Per non parlare di quando si sveglia ed inizia a parlare, pretendendo che io
capisca tutto come se fossi pienamente lucido, e poi si offende, e si arrabbia,
ed inizia a borbottare con quella faccia da pesce palla. Ed io chiedo solo
tregua per svegliarmi, e non sia mai che lo capisca.
Ho
vissuto solo dieci giorni con lei, eppure mi sembra che siamo stati sposati
quindici anni, talmente mi ha traumatizzato.
L’avrai
capito, no, Alexander?
Sarò
sempre innamorato follemente di tua madre.
L’ho
sempre amata.
Forse anche
prima di rendermene conto e di sapere che era lei che volevo.
A te lo
posso dire, prima di ammetterlo a me stesso e a lei. Prima di permettere che la
rabbia e il rancore mi accechino, assieme alla gelosia per l’altro uomo che lei
ha nella testa, e che ammazzerei con le mie mani. E quello, almeno, Alexander…
va bene Weasl Ronald, va bene anche Thomas… ma Radcenko, per favore,
tienilo alla larga.
Dicevo,
a te posso dirlo.
Tanto,
probabilmente, neanche la vorrai leggere questa lettera. E se anche la stai
leggendo, non te ne frega niente. E se te ne frega qualcosa, allora è giusto
che tu lo sappia.
La amo,
figlio mio. Adoro tua madre qualsiasi cosa faccia o dica.
Nulla,
neanche lei stessa, neanche i Karkaroff, neanche Adamar, neanche la morte, me
la strapperanno dal cuore. Nulla.
Non
esiste più un Draco Malfoy che non ami Hermione Granger.
Lei non
lo sa, non lo saprà, non posso neanche immaginare se ora, mentre dorme, pensa
che ciò sia ancora possibile. Che io l’ami ancora.
Ma lo
sai tu. E per morire sereno questo basta.
Ti
voglio b
Sii
felice, Alexander. E, per la mia sola volta nella vita, lascia che mi firmi
così.
Papà.